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La supplenza del Giudice

      

   

Diritto

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Avv. Olinto Petrangeli


Nulla possono i Giudici se il popolo disprezza la legge

 

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La supplenza del Giudice

Nulla possono i Giudici se il popolo disprezza la legge

(Rieti, Oct 31 2005 12:00AM) Anno 1835. Nel suo La democrazia in America Alexis de Toqueville scriveva che non è un privilegio permettere ai Tribunali di punire gli agenti del potere esecutivo quando violano la legge: al contrario, sarebbe togliere loro un diritto naturale il proibirglielo. Alle rimostranze di taluno replicava affermando che non gli sembrava che gli americani, rendendo tutti i funzionari responsabili davanti ai Tribunali, avessero indebolito la forza del governo. Qui da noi, da qualche tempo ed in conseguenza di noti episodi, emerge una preoccupazione generalizzata (a destra come a sinistra) per la tendenza della magistratura a mettere sotto processo la politica, la finanza, l'organizzazione sportiva e a sostituirsi agli altri poteri dello stato o comunque istituzionali. In una parola, quando leggiamo di inchieste sulle scalate bancarie o addirittura di interventi sul calcio , ricorriamo tutti alla espressione supplenza del giudice. Non v'è dubbio che i repentini mutamenti della società moltiplicano i vuoti normativi, intesi come vuoti di tutela, e che il ritardo della risposta politica finisce per dare alla magistratura una delega impropria per riscattare il paese dalla illegalità. Ma di supplenza si parla spesso a sproposito. V'è supplenza solo quando la magistratura si sostituisce agli organi preposti non inattivi mentre non può parlarsi di supplenza quando c'è inattività o inadeguatezza delle altre istituzioni. Il sistema funziona - come dice il Prof. Flick - se la magistratura rappresenta solo uno spicchio di controllo sociale e interviene in un contesto in cui funzionino altri strumenti. Gli scandali finanziari sui quali la magistratura ha acceso i riflettori ma anche la corruzione nei campi di calcio rivelano invece che gli altri strumenti non funzionano e che v'è una caduta dell'etica pubblica che è all'origine della caduta di legalità nel nostro paese e questo rende inevitabile e doveroso l'intervento giudiziario. La lotta all'illegalità, alla mafia, alla corruzione funziona se c'è un'azione sinergica dei soggetti istituzionali da cui dipende anche l'equilibrio di una società democratica. Nell'intervento del magistrato, al di là di una percentuale fisiologica di errori, ai quali l'ordinamento reagisce con i normali strumenti delle impugnative, quando nessun altro interviene non mi pare si possa parlare di interferenza o di supplenza. Che il giudice intervenga in questi casi non solo è normale ma addirittura auspicabile per la tenuta democratica del sistema; ciò che è inaccettabile nel nostro sistema è semmai la insopportabile lentezza della giustizia. La verità, per tornare a Toqueville, è che i giudici non possono nulla se il popolo disprezza la legge se cioè non riconosce alle leggi e a chi le elabora la necessaria forza morale.

Avv. Olinto Petrangeli

 

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