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AFFONDANO NEL SECOLO XVIII LE ORIGINI DEL SORBETTO E DEL GELATO

      

   

Antologia

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Massimo Iacopi


Una invenzione Napoletana coltivata da tutte le classi sociali e divenuta subito moda

 

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NAPOLI SEC. XVIII VENDITORE DI GELATI


Le Storie Sconosciute

AFFONDANO NEL SECOLO XVIII LE ORIGINI DEL SORBETTO E DEL GELATO

Una invenzione Napoletana coltivata da tutte le classi sociali e divenuta subito moda

(Assisi PG, 25/02/2021)

 LE ORIGINI DEL SORBETTO E DEL GELATO
Premessa

Nel XVII secolo la borghesia delle grandi città europee cominciava la sua iniziazione ai piaceri della vita sociale, sotto tutte le sue forme: passeggiate, teatro, musica, circoli letterari, ecc.. Ma il piacere più semplice rimaneva, come ancora oggi, quello di ritrovarsi intorno ad una tavola imbandita. Se in altre epoche si sceglieva piuttosto di consumare bevande alcooliche nelle taverne, spesso poco raccomandabili, nel Secolo dei Lumi si preferisce, invece, degustare un tè, il caffè o del cioccolato caldo, altrettanti prodotti esotici diffusi in Europa dal commercio coloniale. I palati raffinati apprezzano molto anche il gelato, all’epoca denominato “sorbetto”, una delizia anch’essa altrettanto recente ed esotica, come il caffè, contrariamente a quello che si potrebbe pensare. Prima dell’invenzione del frigorifero, si era sviluppato, in numerose regioni d’Europa, tutto un sistema di rifornimento del ghiaccio. Nel momento in cui le vette vicine alle città si coprivano di bianco, si usciva a raccogliere la neve, che veniva trasportata con panieri o sacchi, prima di depositarla in pozzi, scavati in genere in zone d’ombra. La neve vi veniva pressata, formando strati di ghiaccio, inframmezzati da strati di foglie o altri vegetali, in modo da produrre come prodotto finito: blocchi di ghiaccio. Questi blocchi, conservati per buona parte dell’anno, venivano incamminati a dorso di mulo fino alle città e stoccati in locali denominati ghiacciaie, spesso chiamati anche “magazzini della neve”, per essere poi venduti attraverso una rete di mercanti ambulanti o per strada o direttamente a domicilio. Anche ad Assisi ha prosperato fino agli inizi del secolo scorso questa attività, che è durata, con alterne vicende, fino a poco dopo la fine della 2^ Guerra Mondiale. L’attività era alimentata dai nevai dei grandi canaloni del Monte Subasio, che costituivano la riserva di ghiaccio della città.

Virtù medicinali

In alcune città, il commercio della neve veniva persino regolamentato dalle autorità, che ne fissavano il prezzo, sanzionando con severe ammende la sua vendita illegale. Per fare un esempio, nel 1806, i 43 “venditori di neve”, censiti nella città di Napoli, erano tenuti a garantire il rifornimento per tutto l’anno e non solamente per il solo periodo estivo. Il ghiaccio giocava, in effetti, un ruolo essenziale nella vita quotidiana, sia per la conservazione degli alimenti al fresco (1), come anche per curare: era, in effetti, sempre opportuno aver un po’ di ghiaccio a disposizione a fini anestetici, per arrestare emorragie o alleviare bruciature. A tal fine, numerosi medici hanno pubblicato trattati consacrati alle proprietà medicinali del ghiaccio, come ad esempio, “Carta al doctor Pedro de Parraga Palomino... en que se trata del arte y orden para conservar la salud... y buen uso de bever frio con nieve”, di Alonso González, stampato a Granada nel 1612,  “Breves advertencias para bever frio con nieve”, del medico castigliano Matias de Porres, stampato dall’editore Geronimo de Contreras a Lima nel 1621, “Utilidades de la nieve, deducida de la buena medicina”, stampato nel 1622 dal sivigliano Juan de Carvajal. Fra il raffreddamento delle bevande, al quale serviva, evidentemente, l’equivalente dei nostri cubetti di ghiaccio e la preparazione del gelato si sarebbe indotti a pensare che bastava solo un semplice passo. Ma per scatenare la reazione fisica che consentiva di conseguire il punto di congelazione, occorreva dominare una tecnica, che sembra sia comparsa nel mondo arabo già nell’epoca medievale. Il passo successivo per raggiungere questo traguardo consisteva nel porre un apparecchio in un recipiente cilindrico in metallo (ad esempio in stagno), a sua volta posto in un secchio di legno che veniva riempito di ghiaccio mescolato, con un altro ingrediente dalle proprietà raffreddanti, come, ad esempio, il salnitro o, più semplicemente, il sale. La più antica testimonianza che ci è pervenuta sull’utilizzazione di questa tecnica in Europa risulta in un opuscolo pubblicato nel 1550 da Blasius Villafranca, un medico spagnolo, residente a Roma. Dopo la sua rapida diffusione in Italia, questo processo di congelazione viene dettagliato in tutti i suoi particolari, nel 1598, dal napoletano Giambattista Della Porta (morto a Napoli nel 1615): “Poiché nulla è più desiderato nelle feste che il vino freddo come il gelato, specialmente in estate, ecco dunque come raffreddare o addirittura congelare il vino, in modo che possa essere degustato solo succhiandolo o centellinandolo: versate il vino in un flacone ed aggiungetevi un po’ di acqua affinché questo geli più rapidamente. Disponete un poco di neve in un secchio di legno e spargetevi della polvere di salnitro. Agitate il flacone nella neve ed il suo contenuto congelerà progressivamente”. Questo dunque il metodo con il quale si preparavano anche i “sorbetti” del XVII e del XVIII secolo. L’origine di questo termine, derivato dall’arabo Shrabat (bevanda fresca), che è giunto sino a noi attraverso i Turchi, corrobora la tesi di un metodo messo a punto in Oriente. Il gelataio componeva i sorbetti a suo piacimento, a partire da “succhi di frutta o di legumi o di essenze e di aromi o ancora con latte vegetale o animale a base di grani”, come si può leggere in un manuale di gastronomia della fine del XVIII secolo e zuccherava la sua preparazione. Lo zucchero, molto caro, nel XVII secolo é stato probabilmente surrogato con gli edulcoranti tradizionali, come l’uva fermentata, ma la caduta del suo prezzo contribuirà a generalizzarne l’uso a partire dalla seconda metà del XVIII secolo. A quel punto, appare sulle tavole e sulle strade una grande varietà di sorbetti, come è testimoniato da libri di ricette posteriori alla fine del XVII secolo. In un opera del napoletano Antonio Latini (1642-1696), figurano “diverse specie di sorbetti o di acque ghiacciate”, a cominciare dal sorbetto al limone, il più semplice ed il più popolare, seguito da altri alla fragola, al cioccolato, alla ciliegia o alla cannella.

Napoli, città regina del sorbetto

Nel 1690 compare a Napoli la prima raccolta interamente dedicata ai gelati, per i quali la pubblicazione proponeva ben 23 ricette e come conseguenza, si impadronisce della città una viva infatuazione per il gelato. Nel suo libro di ricette, Antonio Latini, sopra ricordato, afferma che “ tutti vi sembrano dotati di un talento innato per la preparazione dei gelati”. Gli stranieri vi scoprono, per la stragrande maggioranza, una abitudine completamente inedita, come, ad esempio, per lo scrittore inglese Henry Swinburne (1743-1803). Questi che visita Napoli nel corso degli anni 1770, constata che “la passione per l’acqua ghiacciata risulta così potente e generalizzata che solo i semplici mendicanti (erano costretti a) consumarla al naturale e che una penuria di pane non si sarebbe fatta sentire più duramente di una carenza di neve”, vale a dire della materia prima per la preparazione dei sorbetti. Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), nel suo Viaggio in Italia, descrive anche lui i mercanti di sorbetti (acquaioli) (2), che si appostavano lungo le strade con le loro “sorbettiere” piene di gelato e che con l’aiuto di mestoli riempivano piccole coppette che tendevano ai passanti. Nella sfera privata, venivano di norma consumati gelati per concludere un pasto di famiglia, oppure una ricezione mondana. Nel XVIII secolo, prestigiose manifatture di porcellana, come quella di Sevres, nei pressi di Parigi, o di Capodimonte, a Napoli, produrranno stoviglie specialmente concepite per il consumo del gelato, composte, in particolar modo, da coppette o “tazze da gelato”, di recipienti per conservarle al fresco e secchi per il gelato. A Napoli, si poteva degustare il gelato anche in luoghi specializzati alla sua produzione e vendita, detti “botteghe dei gelati”. Come i caffè, questi locali eleganti, venivano riservati per una clientela borghese. Nel 1807, Napoli contava ben 15 botteghe del gelato contro i 206 caffè. In un breve saggio del 1775 sui benefici sanitari del sorbetto, il medico napoletano Filippo Baldini (3) dichiarerà, non senza ragione, che i gelati “costituivano un prodotto fra più raffinati della ragione umana e rappresentavano una delle numerose conseguenze di una società ben organizzata, che sapeva unire l’utile al dilettevole”.

NOTE

(1) Già dalla fine del 1400 esistevano, all’interno dei palazzi signorili, locali adibiti a ghiacciaie, dove nel vuoto, predisposto all’interno di strati di neve alternati a paglia o altri vegetali, venivano conservati o appesi alimenti o selvaggina. L’esempio più interessante è quello rappresentato dalla ghiacciaia del palazzo dei Montefeltro ad Urbino;

(2) In un guaccio della fine della fine del 1700 è stato rappresentato il gelataio napoletano della fine del 1700, seduto sopra uno sgabello, con la sua sorbettiera, posta all’interno di un secchio di legno (contenente ghiaccio con polvere di salnitro) con, nella mano destra, il mestolo di legno, con il quale riempie la coppetta, che tiene nella mano sinistra. Tratta da una serie Coppette che egli trasporta, a parte, in un paniere;

(3) Baldini Filippo (1750 circa-1830), autore di un lavoro a stampa dal titolo “De’ Sorbetti, della natura ed efficacia delle varie bevande ghiacciate. Saggio medico fisico, 1775, Stamperia Raimondiana a Napoli.

BIBLIOGRAFIA

Goethe, Johan Wolfganf, Viaggio in Italia


Massimo Iacopi

 

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