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L’EROE SUDISTA JOSE’ DE SAN MARTIN

      

   

Antologia

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Massimo Iacopi


Difensore dell’emancipazione dell’America del Sud, oscurato dalla fama di Simon Bolivar

 

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JOSÉ DE SAN MARTIN (ATTRIBUITO AL MADOU)


Un Personaggio Storico fondamentale nella Guerra d’Indipendenza Americana

L’EROE SUDISTA JOSE’ DE SAN MARTIN

Difensore dell’emancipazione dell’America del Sud, oscurato dalla fama di Simon Bolivar

(Assisi PG, 24/06/2021)

STORIA DELL’EROE SUDISTA JOSE’ DE SAN MARTIN

Nel corso degli anniversari patriottici, l’America del Sud evoca, da due secoli, la sua guerra d’indipendenza; ogni paese racconta la sua nascita, guerriera e gloriosa, per l’intervento di un grand’uomo. Due personaggi occupano specialmente le celebrazioni: Simon Bolivar per la Grande Colombia, che darà vita a Panama, Colombia Venezuela ed Ecuador e José de San Martin per il cono sud ed il Perù. La bilancia non è pari fra di loro: dopo dieci anni di combattimenti, il secondo si è eclissato a vantaggio del primo. San Martin merita, tuttavia, di uscire da un pantheon di seconda categoria.

José de San Martin (1778-1850), spagnolo, figlio di un ufficiale nasce nel 1778 nel territorio di Missiones, nel Vice Regno del Rio de la Plata, in un paese guaranì in una località che era la sede delle missioni gesuite, espulse dall’America dieci anni prima. All’età di sei anni, suo padre viene trasferito in una sede della Spagna e la famiglia ritorna conseguentemente nella metropoli. In Spagna il giovane riceve una educazione, curata ed integra e da adolescente entra in un reggimento come Cadetto. In questa situazione egli si guadagna le sue prime esperienze nella lotta contro i Barbareschi ad Orano e contro i Francesi nel Rossiglione (Roussillon). Diventato ufficiale di cavalleria, egli si arruola nella fanteria di marina per prepararsi ad affrontare l’esercito inglese dopo un nuovo rovesciamento di alleanze nel corso degli ultimi anni del secolo. José partecipa alla difesa delle città fortificate e prende parte a scontri secondari fino a quando, la battaglia di Baylen del 1808, durante la guerra d’indipendenza spagnola, gli consente di accedere al grado di teniente coronel. Egli accumula, in tal modo, più di venti anni di esperienza nell’ambito dei reggimenti spagnoli, dalle guerre della rivoluzione francese fino a quelle dell’impero napoleonico.

Figura di primo piano nella rivoluzione

Nel momento del disastro di Trafalgar, nel 1805, San Martin si trova a Cadice. Egli vi torna nuovamente nel maggio 1808, quando Madrid rifiuta di di cambiare dinastia e si solleva. A differenza di bolivar,che non ha altra formazione militare al di fuori di quella acquisita nelle milizie di Caracas, San Martin è il prodotto di un esercito regolare, di cui egli ha assimilato la disciplina e le tattiche. E se egli ha meno viaggiato rispetto agli aristocratici americani della sua generazione, appassionati d’Europa e della filosofia dei Lumi, egli ha percorso prima di loro le tappe di una rivoluzione democratica, nata a Cadice, questo bastione roccioso circondato dal mare, diventato capitale politica della Spagna e del suo Impero. Questo sconvolgimento risulta poco conosciuto fuori dal mondo ispanico. Occupati a seguire il fracasso delle guerre dell’Impero, la maggior parte degli storici non hanno attribuito molto interesse a questo processo inedito che si conclude con l’indipendenza di un sub continente e con la sua frammentazione politica. Nel giro di qualche settimana, durante l’anno 1808,la Spagna conosce ben tre monarchi. Carlo IV (1748-1819) ha abdicato nel marzo a vantaggio di suo figlio Ferdinando VII (1784-1833), che Napoleone, nel maggio seguente, costringerà, a sua volta, a cedere la corona a suo fratello Giuseppe Bonaparte (1768-1844), inviandolo prigioniero nel castello di Talleyrand a Valençay. In nome del giovane re nascosto, ornato di tante virtù, che si mostreranno una nullità al suo ritorno, viene organizzata una resistenza massiccia e popolare, che partecipa alla lotta armata, mettersi d’accordo con l’esercito britannico, che nel frattempo sbarcato in Portogallo, guerreggia contro i Francesi nella penisola ed inventare una rappresentanza politica per incarnare la nazione spagnola che lotta contro l’invasore. Una guerra d’indipendenza, raddoppiata da una rivoluzione politica ha sostituito al diritto divino dei re, la sovranità popolare basata sul suffragio fra i più ampi fra quelli praticati in questa epoca (1). A Cadice, il tenente colonnello San Martin scopre l’effervescenza di una città gonfiata di rifugiati, assediata e bombardata, al cui interno si moltiplicano assemblee e dibattiti. Egli frequenta le logge e le società di pensiero, in cui si discute delle ineluttabili riforme della Spagna e del futuro politico dell’impero. Il paese insorto, diretto da una Giunta, lancia un processo elettorale inedito che deve riunire a Cadice gli eletti della penisola, a dispetto della sua occupazione. E del possedimenti d’oltremare, dall’America alle Filippine, nonostante la catastrofe della flotta. Ripartito in campagna, San Martin osserva come si sviluppano queste elezioni generali e precarie e constata l’importanza delle guerriglie locali, i cosiddetti “Corsari terrestri”. Ma la sorte di un impero, così vasto e lontano, non può essere regolato da una assemblea penosamente riunita a Cadice, mentre ancora la guerra è in pieno svolgimento. Sin dai primi mesi dell’occupazione, se più ricche città americane hanno inviato somme considerevoli per alimentare la resistenza della metropoli, alcuni hanno approfittato della crisi per esprimere la loro volontà di emancipazione: a Dolores (Messico), a Caracas, a Santa Fé de Bogotà, a Quito, a La Paz ed a Chuquisaca (Alto Perù, che diventerà Bolivia), nel Cile, nel Paraguay, una serie di giunte hanno tentato di diventare indipendenti, ma la maggior parte hanno fallito. A Buenos Aires, le cose sono però andate molto più avanti. Nel 1806,quindi nel 1807, le milizie borghesi hanno respinto gli attacchi britannici – la Gran Bretagna non aspettava altro che un indebolimento della Spagna per cercare di accaparrarsi i suoi possedimenti più interessanti. Nel porto di Buenos Aires, capitale del vicereame del Rio de la Plata, sboccano i prodotti di un interno di campagne prospere e soprattutto i lingotti d’argento del Potosì. Al primo attacco della squadra inglese, il viceré si è dato alla fuga e la guarnigione si è sbandata. Ma i Porteños in armi, galvanizzati da un successo che è solo frutto della loro determinazione, da quel momento iniziano ad amministrarsi come una nazione indipendente ed iniziano ad estendere la loro autorità all’interno del Paese.

La rivoluzione sbarca in America

Nel gennaio 1812, convinto di portare la rivoluzione al di là della metropoli (non si sa bene il come ed il perché), San Martin lascia la Spagna e si unisce ai combattenti del Rio de la Plata. Viene immediatamente accettato ed un matrimonio, concluso rapidamente, integra questo nativo della frontiera alla buona società di Buenos Aires. I nuovi dirigenti si attendono da lui che possa raddrizzare una situazione compromessa. Il loro obbiettivo sarà sempre quello di ristabilire a loro vantaggio le frontiere del vicereame che si estendevano attraverso la pampa fino al cuore delle Ande. Ma il Paraguay sfugge a loro nel 1811 e ben due spedizioni verso l’altipiano andino si concludono con un fuggi-fuggi e due ritirate poco onorevoli. Da un terzo tentativo, effettuato nel 1815, San Martin trae la certezza che gli occorre concepire un piano più vasto per aggirare i suoi avversari, prima di impossessarsi di Potosì e che, comunque, non potrà conseguire questo obiettivo prima di aver eliminato il bastione realista di Lima. Occorreva, a tal fine, operare con l’effetto sorpresa. Prima di dare inizio ad una manovra che nessuno poteva prevedere (essa consisteva nel portare la guerra in Cile, per poi servirsene come base d’attacco per il Perù, al fine di conquistare Lima e quindi riprendere la conquista delle Ande peruviane), San Martin mette in sicurezza, in maniera imprevista, la frontiera nord dell’Argentina, che lascia alla guardia dei clan di gauchos ed incoraggia bande di irregolari, fragili, ma sempre pronte a rientrare in battaglia, onde tenere impegnata una parte delle forze realiste nell’Alto Perù. Pochi ufficiali erano capaci di concepire una guerra affidando un compito importante a forze ausiliarie così poco affidabili come i gauchos ed i montoneros. Lasciando a questi alleati il compito di inventare una guerra territoriale, San Martin fissa il suo comando ai piedi delle Ande, a Mendoza. Sull’altro versante della cordigliera si trova il Cile. Il generale passa due anni a preparare la sua campagna. Addestrare i fanti - quasi un terzo mulatti o neri (2) fondere i cannoni necessari, montare ed addestrare la cavalleria, ottenere fondi da Buenos Aires ed integrare nei suoi battaglioni gli indipendentisti cileni rifugiati nella provincia del Cuyò. Nel gennaio 1817 il suo esercito, forte di circa 5.500 uomini (una miseria se confrontata al livello degli effettivi nelle guerre europee), attraversa le Ande, attraversando passi posti a 5 mila metri di altitudine, ai piedi dell’Aconcagua (6.959 m.). L’impresa sorpassa sotto questo aspetto tutto quello che la storia militare del Mondo Antico aveva conosciuto. Una volta che il Cile diventa indipendente e comandato dai Cileni - San Martin concepisce la sua missione come quella di un Soldato e non come quella di un uomo di Stato o di un conquistatore - l’esercito delle Ande prepara la tappa seguente::la neutralizzazione di Lima per mezzo di una operazione che combina azioni di terra e di mare. Grazie al Cile egli riesce a recuperare una squadra navale, nuove reclute ed ulteriori risorse. Il Rio della Plata intanto viene coinvolto in lotte furibonde contro le province dell’interno. Nel Perù inizia a delinearsi una forte discordia interna nel campo realista. Intanto, nel 1820, l’Esercito, a Cadice, impone il ritorno ad un regime liberale ed i simpatizzanti della Spagna, in America, si dividono da quel momento fra partigiani dell’Assolutismo e difensori della Costituzione. Nel luglio 1821, le forze di San Martin entrano in Lima, mentre l’esercito pro-Ppagna ripiega sulle Ande. Le forze liberali con il Viceré si schierano fra Jauja e Cuzco e gli assolutisti a sud Est marciano verso l’Alto Perù (3). Sulla costa, San Martin dispone di un sufficiente arsenale per arruolare ed equipaggiare gli schiavi fuggiti dalle Haciendas e, nelle province liberate, egli organizza la difesa, affidandola a qualche notabile che nomina comandante, con il compito di arruolare truppe locali, a loro spese. Le notizie su quanto sta avvenendo, nel frattempo iniziano a diffondersi ed il nome di Simone Bolivar, fino a quel momento ignorato nelle Ande, diventa popolare. Le sue forze liberano la Colombia ed avanzano verso Sud.

La guerra diventa difficile da concludere

San Martin, a quel punto, viene a trovarsi senza risorse e la congiuntura politica ha il sopravvento sulla sua visione militare. Egli deve far fronte a due partiti spagnoli con dei caudillo di provincia che si battono per conto proprio. La composizione del suo esercito é cambiata con l’afflusso di nuove reclute e la scomparsa dei più vecchi sul campo di battaglia. Alla fine del suo percorso, nono rimangono più molti soldati dell’Esercito delle Ande per ottenere l’ultima vittoria. San Martin si reca, a quel punto a Guayaquil, in Ecuador, per richiedere l’aiuto di Bolivar. L’incontro fra i due uomini ha fatto colare molto inchiostro, ma non esiste alcuna traccia del loro colloquio e l’immaginazione corre libera nell’aria. San Martin ritorna a Lima, dove è stata effettuata su sua sollecitazione, una assemblea delle migliori menti del Perù, per discutere sul regime che dovranno adottare gli Stati indipendenti, ma le raccomandazione di San Martin per una monarchia moderata non verranno prese in seria considerazione. San Martin si ritira, mentre l’esercito di Bolivar, facendo saltare il bloccaggio dell’Alto Perù, scopre ben presto le difficoltà a governare; l’indipendenza si è giocata decisamente meno come opposizione nei confronti della metropoli, ma piuttosto come opposizione al livello superiore più vicino. Stati come il Paraguay, l’Uruguay, la Bolivia si consolidano contro i loro vicini più potenti; la Grande Colombia aspetta solo la morte di Bolivar per disintegrarsi. Quelli che sono stati denominati Libertadores difendevano una geopolitica di grandi spazi federati, ma questa prima generazione di capi di guerra cittadini, colti, viaggiatori, ideologi, scompare rapidamente a vantaggio dei caudillos, nati dalla guerra,ancorati al territorio che sono in condizioni di controllare, ripiegati sulle campagne e sull’universo dell’hacienda per circa 650 anni. Prima di questo epilogo, San Martin ha lasciato Lima per tornare a Buenos Aires, invischiata in interminabili dispute. All’inizio del 1824, San Martin si imbarca per Le Havre. In effetti, dopo un tentativo senza successo, egli si è rassegnato definitivamente all’esilio. Morirà nel 1850 a Boulogne sur Mer, in Francia, dove un Museo gli rende omaggio ancora oggi. NOTE

(1) Avevano diritto al voto tutti gli uomini che disponevano di un domicilio e di una occupazione conosciuta, indipendentemente dei loro entrate o stipendi;

(2) Si trattava di schiavi liberati;

(3) I soldati ed una parte degli ufficiali dell’esercito reale risultano, tuttavia, di origine americana;

BIBLIOGRAFIA

Abad de Santillán Diego (1965). Historia Argentina (in Spagnolo). Buenos Aires: TEA (Tipográfica Editora Argentina)

Camogli Pablo; de Privitellio Luciano (2005). Batallas por la Libertad (in Spagnolo). Buenos Aires: Aguilar. ISBN 978-987-04-0105-6.

García Hamilton José Ignacio, Don José, la vida de San Martín

Lynch John, San Martin, Argentinian Soldier, American Hero, Yale University Press, 2009; e The Spanish American Revolutions 1808–1826 (2nd ed. 1986)

Mitre Bartolomé, Historia de San Martin y de la emancipation sudamericana, Buenos Aires Felix Lojovane Editor, 1887;

Pasquali Patricia, San Martin, Planeta, 1999;

Pérez Pardella Agustín, José de San Martín, el libertador cabalga

Roca José Luis, Ni con Lima, ni con Buenos Aires, Lima, IFEA, 2016.

Rojas Ricardo, El santo de la espada


Massimo Iacopi

 

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