Presupposti ideologici. Continua il mio
impegno di riflessione alla ricerca dei “Perché?” rimasti senza risposta nella
storia della Chiesa; di quei “Perché” che si sono fatti ormai urgenti e
prepotenti, specie in chi non vuol rassegnarsi a vivere l’intera vita in una
condizione di costante disagio, alla ricerca di risposte che vengono invece
regolarmente eluse proprio da quei ministri del culto cui spetterebbe
risolverle. Sta di fatto che i ministri del culto si limitano ad imporre alle
comunità cristiane la pratica quotidiana delle attività religiose ed a queste
non resta altro da fare che osservarle, senza porsi domande, facendo finta che
tutto sia chiaro e che non serve alcuna spiegazione. Ma sappiamo tutti che si
tratta di un Grande Bluff.
E’ ormai evidente che il potere di
amministrare i sacramenti, affidato ai ministri del culto ed esercitato in nome
di Dio, è stato utilizzato, storicamente, come arma impropria per coartare ed
umiliare la naturale inclinazione delle coscienze alle libere scelte.
I sacramenti vengono ancora oggi spiegati
mediante il ricorso ad immagini allegoriche e la loro sostanziale credibilità
fonda le sue radici in ragionamenti contorti, neanche assimilabili alle teorie
proposte dai filosofi. Per quanto
riguarda invece la liturgia, si accreditano come ascrivibili ad una fonte
soprannaturale brani di scritture appartenuti a civiltà ed epoche disparate,
accortamente organizzati e coordinati, tratti da manoscritti accostati
artificiosamente ed assemblati con una logica partigiana e con criteri
utilitaristici, che propongono conclusioni predeterminate e predispongono
finalità precostituite, opportunamente ideate ancor prima di aver individuato i
singoli brani che potessero dimostrare i fondamenti storici e filosofici che si
volevano esaltare. Si tratta di brani e citazioni estrapolati da scritti
arcaici elaborati in epoche remote da civiltà geneticamente diverse e lontane
tra loro in ordine di tempo e di spazio, i cui enunciati sono stati
forzosamente accostati e le cui logiche, rielaborate in base a più recenti
principi, sono divenute estranee alle logiche cui appartenevano originariamente
gli estensori ed i destinatari del prodotto. E’ certo che gli adattamenti delle
varie scritture alle finalità che si era stabilito di raggiungere, nonché i collegamenti
tra queste scritture provenienti da diverse epoche, sono stati creati “a
tavolino” con lo scopo di costruire un quadro operativo artificioso, ideato e
realizzato più per soddisfare logiche liturgiche ed esigenze legate
all’esercizio del potere ed al conseguimento della sottomissione delle
coscienze, che non nell’intento di guidare alla salvezza le anime del Popolo di
Dio.
Non si vuol certo fare un processo alle
intenzioni a posteriori. Qui non si dubita dell’esistenza di Dio, né si vuole
mettere in discussione l’intenzione di santificare il genere umano e di volerlo
condurre alla salvezza. Piuttosto si vogliono esprimere opinioni circa la
strada prescelta per raggiungere lo scopo. I ministri del culto forse avrebbero
dovuto limitarsi a guidare, massimamente con l’esempio, i convertiti lungo la
via della salvezza; ma non organizzare trappole e trabocchetti per irretirli,
radicare nelle loro anime la paura, il complesso della colpa infinita e
incancellabile, terrorizzarli con la minaccia di pene spropositate ed
umiliarli fino ad abusare del loro
pensiero, dei loro beni e talvolta dei loro corpi. A margine di ciò, ma di
importanza non minore, non sfugga quell’imponente dose di teatralità
scenografica con la quale ancor oggi vengono di volta in volta presentate le
varie sessioni delle liturgie ed in genere quegli aspetti di pubblicità del
culto che la prassi ci ha tramandato. La cosiddetta “sedia gestatoria”, per
esempio, non è altro che il retaggio di una politica tendente ad impressionare
e sottomettere i fedeli, coltivata ed esercitata in nome di un Dio, buono o
cattivo a seconda dell’occasione, illustrato e strumentalizzato in vista del
raggiungimento di scopi contingenti non proprio salvifici, ma quasi sempre
temporali e terreni.
Ruolo del Clero oggi. Riflettevo sul
ruolo del Clero oggi, anche sulla scorta delle molte esperienze negative
maturate nella mia vita di Cristiano ed ormai definitivamente turbato dalle
pessime notizie che la stampa continuamente riporta, che danno un quadro non
certo esaltante di molti di coloro i quali, essendo stati investiti dell’alto
magistero del sacerdozio, ne contraddicono vistosamente, coi loro
comportamenti, le premesse che, nelle aspettative dei fedeli, dovrebbero invece
essere confermate con l’esempio e l’orientamento spirituale.
E’ perfettamente inutile enumerare i
capitoli di tale sfacelo; essi sono perfettamente noti, perché opportunamente
divulgati dalla jungla dei mezzi mediatici. Si opporrà che non sono soltanto
queste le notizie riguardanti il Clero e che, su altri versanti, spesso si
registrano notizie di innocenti religiosi uccisi da ribelli e terroristi, di
missionari votati al soccorso ed all’assistenza di derelitti poveri e malati in
terre disagiate e miserabili. Ma non è una buona politica quella di pensare di
poter tacitare le perplessità che i comportamenti esecrabili di una parte del
Clero ingenerano nelle coscienze dei fedeli, con le beatificazioni delle
vittime dei fanatismi e delle persecuzioni. Al contrario, pare che si voglia
ignorare il problema.
L’analisi dei miei convincimenti mi offre
in proposito un quadro preoccupante. Manca nel Clero la capacità di valutare
con giudizio privo di condizionamenti i moti dell’animo, le aspirazioni, le
istanze e le personalità dei soggetti, definiti nella pratica ecclesiale
“fedeli”, ma ritenuti ideologicamente “peccatori” e “sudditi”, fruitori di
sacramenti in cambio di simoniaci corrispettivi monetari o per tacitare ricatti
vessatori; proprio per questo motivo, molti fedeli si sono allontanati dalle
pratiche religiose. In realtà sembrerebbe che
l’intelligenza sia ritenuta un ostacolo alla santificazione.
Generalmente i fedeli che manifestano una
capacità di ragionamento di livello superiore alla media, vengono etichettati
come “peccatori” ed emarginati, mortificati, tenuti in penitenza, fino a che
non divenga chiara la loro sottomissione e la loro capacità di avere assimilato
le tipologie comportamentali gradite alla Chiesa. Una sorta di Guantanamo o di
“carcerazione preventiva” in chiave clericale. Se non superano la prova,
saranno irrimediabilmente esclusi dalla comunità che, evidentemente, li aveva
accolti “con riserva”.
Ipotesi ricostruttive. Il Clero è
precipuamente conservatore, intransigente ed esclusivo ed è governato
concettualmente da limitazioni intellettuali ed ideologiche che esercitano
tutto il loro ruolo negativo proprio nell’esercizio del magistero. Ma la Chiesa non è la sola a
tipicizzare gli interlocutori. Questo problema ha interessato da sempre il
popolo Ebraico, ed oggi interessa in modo particolare gli Islamici e trova
sviluppo principalmente nelle aree dell’integralismo e del fondamentalismo. I
Protestanti invece hanno risolto i motivi del dissidio nati intorno alla
concezione conservatrice, separandosi dalla madre Chiesa proprio per i disagi
indotti nel mondo cristiano dalla rigidità della struttura cattolica.
Ma quelle difficoltà di dialogo furono
interpretate come estremismi ed eresie e
divennero quindi separazioni. Oggi credo siano maturati i tempi per un
confronto e per la ricerca di quegli estetismi sostanziali che possono essere
condivisi, affidando forse a commissioni congiunte di studio e ricerca le
proposte di risoluzione delle diversità che hanno causato nei tempi passati una
enorme quantità di scismi e separazioni.
Ripartire insieme dalla dottrina
condivisibile, operare qualche rinuncia ragionata e supportata da garanzie che
chiamerei impropriamente “costituzionali”, per giungere insieme all’unità dei
fini da perseguire. Ciò che divide dovrebbe essere inizialmente e temporaneamente
accantonato, messo in mora, per essere gradualmente riesaminato in tempi
successivi. Le soluzioni condivisibili dovrebbero essere adottate nelle nuove
Comunità e non dovrebbero costituire motivo di dissidio o testimonianza
negativa.
La Chiesa Cattolica ha ormai
acquisito l’abitudine di lasciare decantare i problemi ed attendere che essi si
risolvano da soli. Perché avere fretta di risolvere i problemi? Il punto di
riferimento della Chiesa Cattolica è l’Infinito. Ma l’avere applicato questo
metodo anche alle questioni che dividono le varie chiese Cristiane, non ha
prodotto risultati esaltanti.
Ci sarà pure una serie di principi
evangelici sui quali esiste un accordo completo. E’ da questi che bisogna
partire per coinvolgere gradualmente le varie Chiese fino a realizzare la
riconciliazione dei Cristiani. Né gli estremismi ideologici, né la rigidità
interpretativa potranno mai condurre a quello che dovrebbe essere l’obiettivo
primario della Chiesa Cattolica e del Clero.
Di questo si dovrebbe discettare, in un eventuale
Concilio Ecumenico Vaticano Terzo, che dovrebbe essere inaugurato con un solo
proposito: ripartire insieme dalla fede delle origini, ripercorrere tutti i
nodi che hanno modificato gli itinerari nella Storia e giungere all’unità,
instaurando un percorso sicuramente lungo e difficile che tenga soprattutto
conto del progresso compiuto dall’umanità e della pari dignità che deve essere
riconosciuta ad ogni essere umano, sia esso ministro del culto o fedele,
ortodosso o protestante.
Attualità incombente. Per affrontare il
nodo della riconciliazione fra i Cristianesimi del mondo è però necessario
normalizzare prima l’attualità del Cristianesimo Cattolico al suo interno,
facendo ricorso alla semplicità della predicazione del Messaggio delle origini,
con il sostegno di un radicale accantonamento di tutte quelle strutture che nei
secoli hanno irrigidito il rapporto Chiesa-Fedeli e reso negletta la
comprensione del messaggio evangelico.
In altre parole bisognerebbe girare
pagina e, partendo dalla stessa organizzazione ecclesiastica, che dovrebbe
innanzitutto rieducare i propri ministri, offrire ai Cattolici un tangibile
quadro di riforme che li riavvicinino ai sacramenti ed al clero, fornendo così
ai Cristiani di tutto il mondo un segno che lasci intravedere l’apertura alla
comprensione ed al dialogo e dia loro l’opportunità del reciproco
riconoscimento.
L’esercizio del magistero ecclesiastico
dovrebbe intanto obbedire al presupposto-dovere di operare una stima naturale
preventiva nei confronti di chi si avvicina alla Chiesa, che preluda ad una
conoscenza completa e graduale dell’interlocutore-fedele, piuttosto che offrire
un approccio di disistima che evidenzia come i rappresentanti del Clero siano,
per acquisita inclinazione, ancorati ad un estremismo ideologico
discriminatorio assoluto che ha costantemente preteso di classificare il Popolo
di Dio con dei criteri, forse necessari in epoche remote, ma divenuti ormai
anacronistici: “i buoni da una parte e i cattivi dall’altra; il Clero,
comunque, al di sopra di tutti”.
Questo modo arcaico ed estremo di
proporre la Fede,
sempre e soltanto “ex-Cathedra”, porta il Clero a subordinare la valutazione
dei soggetti che interloquiscono con loro per cose di culto, ai meri principi
egoistici e contingenti della struttura ecclesiastica ed utilizza come modello di vita parametri di valutazione
discriminatori ed inadeguati rispetto alla natura ed alla formazione sociale
dei destinatari della catechesi, chiamati ad armonizzare e sviluppare il
conseguente rapporto “umanità-sacralità”. La Chiesa ha stabilito, forse inconsciamente, di
perseguire i suoi scopi adottando logiche di “esclusione” al limite del
paranoico, nei confronti dei soggetti portatori di atteggiamenti non
sottomessi. L’interpretazione dei fatti, ogni volta che si è reso necessario, è
stata magistralmente adattata e piegata a conclusioni predefinite, comunque
intercambiabili a seconda dell’occasione di riferimento e a seconda della
categoria predefinita degli interlocutori, “buoni o cattivi”.
Se ne ricava una visione statica e
caratterizzata da estrema rigidità, che danneggia aprioristicamente il rapporto
Chiesa-Fedeli ed allontana dalla fede il Popolo di Dio.
Analisi del problema. La staticità
complessivamente utilizzata dalla Chiesa nell’interpretazione del messaggio
divino, primariamente e di preferenza destinata all’allestimento figurativo di
piedistalli e/o strutture, difensive del potere temporale, che contrastano con
la comprensione senza dogmi, la comunione senza ipocrisie e la parità almeno
morale tra Fedeli e Sacerdoti, pur se riconosciuta e criticata dall’universo
clericale, solo talvolta, e per iniziativa di qualche volenteroso illuminato,
quale fu Giovanni XXIII, viene sottoposta al vaglio e confrontata con la realtà
dell’evoluzione e con il vissuto comprensibile dell’Umanità. Raramente persone
di Chiesa sono state capaci di ammettere gli errori compiuti dai ministri del
culto nella valutazione delle coscienze e nelle decisioni definitive; la
funzione sostanziale esercitata dai ministri del culto è invece quella di
incanalare senza altra via d’uscita l’esercizio del diritto naturale dell’uomo
entro la sfera delle interpretazioni dogmatiche e filosofiche statiche,
ignorando del tutto il progresso della società civile.
Ma il nascente bisogno di chiarezza nel rapporto
Chiesa-Fedeli e di concreta accessibilità del messaggio, cui le coscienze dei
soggetti che costituiscono il Popolo di Dio comunque aspirano, viene
continuamente mortificato dalla frapposizione da parte dei ministri del culto
di ostacoli, paletti e ancoraggi che impediscono un dialogo leale tra i
sacerdoti ed i soggetti cui è destinata la Pastorale e che vanificano di fatto l’istanza
generale dell’interpretazione del Messaggio divino alla luce dell’evoluzione
del genere umano. Questa istanza riformatrice non viene dunque indirizzata
verso soluzioni di possibile comprensione universale, ma ne viene soffocato
ogni anelito nell’immobilismo, nella staticità degli enunciati e nella
negazione del bisogno di comprendere, cui gli uomini invece non possono per
loro stessa natura rinunciare.
Si realizza così in definitiva la
mortificazione dell’Essere e interviene la negazione della facoltà di ricevere,
con la predisposizione naturale insita in ogni uomo, il messaggio a lui
destinato. Oltre a questo, opera negativamente l’impedimento psicologico di
potersi confrontare liberamente con tale messaggio e quindi valutarne il contesto sociologico ed elaborare nella luce
dei suoi contenuti i propositi esistenziali.
In effetti si è perso il contatto con la
spiritualità e nessun esempio positivo ha più marcato la quotidianità del
rapporto che si instaura tra le cose sacre, chi le amministra ed i fedeli
calati nel loro destino. Nel contempo il senso del peccato si è rarefatto e si
è passati da un eccesso ad un altro, tant’è che è sentita come anacronistica e
mortificante l’imposizione di dover illustrare ad un altro uomo, col quale il
più delle volte si intrattengono rapporti di relazione all’interno della
Comunità, i propri comportamenti naturali e le proprie pulsioni personali. Non
si comprende quanto l’assunto “A chi li rimetterete saranno rimessi ecc.” possa
autorizzare una invasione della privacy ed una umiliazione delle coscienze
talmente dirompenti e anacronistiche da avere causato nella maggior parte dei
casi l’allontanamento dei fedeli, provvisti di amor proprio e di senso della
responsabilità, dalle pratiche religiose, e creato, per una parte di fedeli,
forse la più sfrontata e cinica, l’assuefazione delle coscienze e l’abitudine
delle pratiche e di conseguenza la dissoluzione del senso del peccato. Mi
riferisco a quelle partecipazioni in massa al sacramento dell’Eucaristia, in
occasione di funerali o festività, senza che sia intervenuta la preventiva
confessione, percepita dalla maggior parte dei fedeli come una mortificante
esclusione dalla Mensa comune, se non come una anacronistica barriera alla
Partecipazione, alla Condivisione e quindi alla Comunione.
Rapporti tra Clero e Fedeli. Manca ormai la
capacità, da parte del Clero, di porsi, davanti ai millenari problemi
dell’uomo, rimasti del tutto insoluti nei convincimenti di ciascun soggetto
autonomo, con la stessa umiltà che invece si pretende dai Fedeli. Manca inoltre
la capacità di limitare all’essenziale le soluzioni dogmatiche alle millenarie
domande dell’uomo e manca la sensibilità di offrire ai fedeli la disponibilità
necessaria ad affrontare tali irrisolte istanze mettendosi dalla parte di chi
chiede una risposta adeguata alla sua personale intelligenza, senza essere
costretto per convenienza a dover rinunciare alla sua libertà di dubitare e
poter almeno valutare con razionalità gli assiomi che nel corso dei secoli sono
stati formulati nella forma libera in cui sono stati tramandati e non
necessariamente in quella imposta dalla Chiesa, che è il risultato di forzature
che hanno dato luogo ad interpretazioni utilitaristiche, piegando il messaggio
alla ragion di Stato, per assecondare esigenze di potere temporale ed in minima
parte liturgiche o rappresentative.
Mancano nei tempi attuali dei veri Padri
della Chiesa, capaci di comprendere l’evoluzione intellettuale e sociale che
gran parte del genere umano ha compiuto, sensibili al concomitante espandersi
di un sentire più accentuato che soffre di una patologia che si identifica nel
diffuso senso di inutilità che domina le coscienze. Inutilità radicata e
strettamente connessa, è vero, al progresso spasmodico del mondo circostante,
ma anche attonita e stupita, perché sovrastata dalla imprevedibilità e dalla
ineluttabilità degli avvenimenti. Questo senso di inutilità che pervade
l’essere moderno, deriva dall’ancestrale, atavica sensazione di mistero che
avvolge l’immaginario degli uomini. Ma a questa considerazione deve replicarsi
che gli ideali vanno purtroppo scomparendo dalla cultura moderna e nessuno di
quelli che ne auspica il rifiorire e ne decanta i valori si domanda se il seme
della parola di Dio possa ancora essere effettivamente impiantato nell’arida
coscienza del mondo contemporaneo globalizzato, insensibile al concetto di
amore e quindi incapace di praticare la pietà e la carità verso il prossimo;
sentimenti questi che sono fondamentali per il riconoscimento del diritto di
ogni essere alla vita, così come sono essenziali i concetti di speranza e di
giustizia per tutelare la qualità della vita.
Non si chiede a questi Padri della Chiesa
contemporanei di modificare l’originario Messaggio Divino, la cui attualità è
insieme escatologica e trascendente e non può quindi essere separata dalla
Storia degli uomini e dalle loro aspirazioni. Semmai si chiede che questo Messaggio
venga attualizzato e riportato alla sua essenza primaria, mondato insomma dalle
visioni dogmatiche e dalle esplicazioni aggiuntive ed interpretative che nel
corso dei secoli sono state
ideologicamente erette a sua
difesa con il risultato tangibile nella corrente società degli uomini di aver
separato ed allontanato l’individuo dal culto.
Si auspica in definitiva di poter
conseguire la concreta accessibilità del Messaggio e di veder instaurare la
necessaria chiarezza nel rapporto Chiesa-Fedeli.
Sociologia della religione. Si vuol qui far
rilevare che è latitante nei Ministri del Culto, soprattutto, la capacità di
testimoniare. Questa latitanza che si estrinseca in varie forme, porta anche i
laici aderenti ai movimenti di evangelizzazione (neo-Catecumenali, Focolarini,
Cursillisti, ecc.) a massificare gli scopi della missione originariamente
affidata e ad imitare gli atteggiamenti che i prelati manifestano in privato,
quando cioè si è consolidata l’umana confidenza e si é allentata la rigidità
degli atteggiamenti esteriori, forzati in genere dalla presenza di estranei al
gruppo ristretto. Si coglie in questo aspetto l’incoerenza tra l’annuncio del
Vangelo ed i comportamenti degli annuncianti, tra il messaggio divino e la
realtà naturale.
Prima ancora che impartire in modo
monotono e ripetitivo, a chi ha perso per forza di cose la capacità di
ascoltare, una dottrina astrusa, complessa, statica nei suoi aspetti
comunicativi ed inadatta alle contingenti esigenze, che nel sentire comune
diventa opinione non dimostrabile piuttosto che verità evidente, facendo
ricorso a metodi ed a parole non adatte al vissuto circostante, sarebbe
necessario e fondamentale dare atto della continua evoluzione del pensiero
umano e del radicamento del nichilismo spirituale, modificando di conseguenza
l’esposizione del messaggio e la metodologia di evangelizzazione e
sperimentando un diverso tipo di approccio con i fedeli.
Peraltro la testimonianza negativa,
sempre più spesso tollerata o ignorata ed esibita impunemente dai laici che hanno
messo radici nelle Curie e nelle Sagrestie, avendo essi acquisito la capacità
di esercitare la delazione e di favorire un certo tipo di corruzione “intra moenia”, opera in modo devastante
nelle coscienze dei Fedeli, spettatori inermi e scandalizzati, la cui unica
risorsa consiste nell’allontanarsi con determinazione dalle pratiche religiose
per evitare il contatto con insolenti molestatori ed a causa di un
insostenibile senso di rifiuto che insorge naturalmente nelle loro coscienze.
Questo genere di laici, che gode di considerazione e privilegi, rappresenta uno
scandalo per la Chiesa,
che si aggiunge all’altro ben più grave della inaffidabilità dei sacerdoti. Per
rendere credibili i sacerdoti, é necessario che la Chiesa tenga conto
primariamente della loro natura umana, favorendone l’impianto nella società e
restituendo loro le qualità proprie degli uomini e dei cittadini. Sacerdote,
non come mestiere, con le limitazioni puramente teoriche che gli vengono
imposte dalle gerarchie e la cui mancata osservanza, una volta divenuta di
pubblico dominio, genera il rigetto della Fede da parte della società, come sta
avvenendo negli USA dopo lo scandalo dei preti pedofili, ma come guida
spirituale integrata nel gruppo, come individuo portatore delle stesse problematiche
esistenziali e spirituali delle anime che gli sono state affidate, come
riferimento erudito, contro il pragmatismo e la staticità.
Fenomeni degenerativi. Il fenomeno dei
preti lavoratori fu visto dalle gerarchie ecclesiastiche e dalla stessa società
civile come elemento negativo, perché inquinato da istanze politiche piuttosto
che risultato dell’evoluzione del rapporto tra Chiesa e Fedeli. Il recente
fenomeno dei Cappellani in servizio permanente effettivo presso le orde
pacifiste, girotondine e no-globaliste, i don Vitaliano, i don Bizzotto, i don
Gabriellini e i don Albanese, che ultimamente si sono imposti all’attenzione
pubblica attraverso i “media” che ne hanno fatto conoscere
l’attivismo nei gruppi della disobbedienza organizzata, è in realtà una
degenerazione ulteriore della funzione sacerdotale perché si è impiantata in
un’area di protesta nichilista e utopica che non ha nulla di religioso, nulla
di politico ed è avulsa dal naturale processo evolutivo della Storia. Oltre a
questi fenomeni, osservati come espressione di un disagio piuttosto che come
una proposta condivisibile, nell’immaginario collettivo il Clero è assente o
appare immobile, farisaicamente obbediente ai doveri ecclesiali, ma
trasgressivo nelle penombre delle Canoniche; sempre più spesso pettegolo,
rissoso, dispettoso, invidioso; in taluni casi eccessivamente interessato ad
intraprendere attività di ristrutturazione immobiliare, commerciare arredi
sacri d’epoca, o dismettere Seminari ed altri edifici divenuti ormai “inutili”
a causa della crisi di vocazioni. Al massimo si può osservare il Clero occupato
ad organizzare la “routine” delle scadenze tradizionali, il prezzario
dei sacramenti e la esteriorità delle liturgie e degli addobbi.
Un approfondimento in tale direzione
sarebbe doveroso, ma chi dovrebbe approfondire finge di non sapere e dalle
finzioni, si sa, non nascono altro che mostri. Come quel sacerdote che, per
mera esibizione di un malinteso potere
sanzionatorio preventivo ed al limite
del sacrilegio, accettò all’Offertorio, come dono sull’Altare, una copia del
quotidiano che aveva incautamente sbattuto un innocente in prima pagina,
presente in Chiesa, mentre veniva recitata una tiritera, certamente studiata in
precedenza, in cui si offrivano a Dio le
notizie del giorno.
Le origini. Poco meno di
duemila anni fa, nelle aree che videro nascere il Cristianesimo, la cristianità
era una realtà che parlava una sua lingua, attuale per quei tempi, che
esprimeva concetti perfettamente comprensibili alle moltitudini dei
contemporanei, i quali affrontavano disagi e privazioni per ascoltarli di prima
mano dallo stesso Gesù. Si trattava di individui umili, per lo più privi di
cultura: pastori, pescatori, agricoltori; individui semplici e dalle
aspirazioni limitate, ma affascinati dalla Promessa di potere finalmente
liberarsi dalla trappola della legge arcaica che teorizzava la vendetta,
“Occhio per occhio,...dente per dente”, cui le religioni dell’epoca, certamente
irrispettose dell’umanità e dell’intelligenza, li avevano costretti. Il Messaggio
di Cristo era invece semplice ed allettante, “Amatevi come io vi ho amati”, e
rispondeva ai loro “Perché?” esistenziali, filosofici, spirituali, ma anche a
quelli quotidiani e funzionali.
Ora, io mi chiedo: come mai questo
messaggio, fin dalle origini comprensibile ad intere moltitudini, nel corso dei
secoli, sia potuto divenire incomprensibile, complesso e astruso persino a
persone di elevata cultura; e come si può spiegare il fatto che questo
Messaggio originale e semplice, che proponeva come unico Comandamento l’Amore,
abbia potuto creare nel corso della sua evoluzione storica così tante
divisioni.
Al di là delle vicende storiche
contingenti, dei personalismi, delle aberranti soluzioni adottate nei secoli
dell’oscurantismo, si può osservare che non c’è stata una volontà di ritorno
alle origini del messaggio evangelico. Da un lato si sono, ma non così spesso e
così chiaramente, condannati fatti e comportamenti negativi cercando di
attribuirli al braccio secolare della Chiesa piuttosto che alla Chiesa ed ai
suoi qualificati rappresentanti; dall’altro, non si è fatto un passo indietro,
non si è riconosciuta la dirompenza degli errori storici, la tragicità di
valutazioni e di azioni già allora esecrabili; non si è cercato di riparare,
non si è voluto ammettere che perseverare in alcune prese di posizioni non
giovava alla religione cristiana e non giovava ai fedeli. Tutto ciò che nei
cosiddetti tempi bui, nei tempi degli errori storici fondamentali, i Concili o
gli Editti, o i Pronunciamenti, avevano inculcato nelle menti del Clero e
costretto i fedeli a digerire, è stato perpetuato e tramandato ed acquisito
come ”tradizione”, senza dubbi, senza incertezze, senza ripensamenti. Sono
state rinforzate le teorie dogmatiche, si è confermato il primato del Papa e
della Chiesa cattolica rispetto alle altre Chiese, si è aggiunta, addirittura
in tempi recentissimi l’infallibilità papale ed appena 50 anni fa, proclamato
da Pio XII il più incredibile dei dogmi, l’ascensione in Cielo del corpo della
Madre di Gesù. Incredibile perché non sorretto, almeno come è sorretta la Sindone, dalla tradizione.
E ciò quando si vanno diffondendo più coerenti narrazioni, rispetto a quella
tradizionale giunta fino a noi, quale, addirittura, la traslazione della Santa
Casa di Loreto.
Come si fa a non pensare ad una
utilitaristica gestione del Messaggio Evangelico, attuata con lo scopo di
attribuire alla volontà di Cristo le componenti della struttura su cui si è
andata costruendo l’organizzazione temporale della Chiesa. Tra le altre cose,
anche questa esigenza burocratica ha fornito la spinta per il ricorso ai dogmi
ed ha imposto come conseguenza il principio della infallibilità del Papa e
degli altri principi tra i quali ha primeggiato per molti secoli il principio
della legittimità della persecuzione degli Ebrei.
Un tale coacervo di attuazioni ha
comportato i roghi, le persecuzioni, le guerre di religione, le sopraffazioni
e, di conseguenza, le separazioni e le divisioni tra i brandelli di Cristianità
che venivano man mano scacciati dalla Chiesa ufficiale. Noi in effetti stiamo
ancora scontando le conseguenze della errata gestione del Messaggio di Cristo
da parte della Chiesa. La
Storia stessa lo ha scontato e lo sta scontando. Non trovo
inutile il fatto che il Papa chieda insistentemente che la Costituzione Europea
faccia riferimento alle radici della Cristianità. Ma onestamente questa
richiesta mi sembra un paradosso; la vedo come se gli Imam, gli Ulema e gli
Aiatollà richiedessero ai capi di Stato mediorientali garanzie scritte sulle
radici islamiche del Mondo Arabo. Sarebbe la stessa cosa se si insistesse per
conoscere il sesso degli Angeli, la
legge che regola la forza di gravità e la dimostrazione della rotondità della
Terra. L’Europa, nel bene e nel male, è impastata di Cristianesimo e non
servono dichiarazioni che affermino ciò che esiste o neghino ciò che non
esiste.
Almeno per ora, finché non sarà
completata l’invasione Islamica, il Papa ed i Cristiani possono stare
tranquilli sulle radici cristiane dell’Europa.
La gestione della Chiesa Cattolica ad
opera dei suoi burocrati in tonaca, nei secoli recenti si è fatta ancora più
sorda alle istanze del Popolo di Dio ed ha piegato deliberatamente il messaggio
evangelico alle contingenze del potere temporale.
Da queste conseguenze la Chiesa non è stata più in
grado di uscire, tanto che non è stata neanche capace di riabilitare
completamente almeno Girolamo Savonarola e Giordano Bruno, menti eccelse
riconosciute, le cui osservazioni, attuali e lucide, avevano anticipato le
esigenze estetiche e filosofiche della società moderna e per questo sono stati
sacrificati.
Lungo il percorso della storia dell’uomo,
si sono andati configurando quadri socio-politici rigidi e pragmatici
all’interno dei quali, fra alterne vicende, si è fatta strada un’idea evangelizzatrice
che tenesse conto dell’evolversi e/o del modificarsi della società, anche
attraverso “eventi forti” dei quali difficilmente i contemporanei poterono
valutare e discernere la genesi, la destinazione e le provvisorie conclusioni.
Mi riferisco al fenomeno delle Crociate, alla colonizzazione delle terre
selvagge ed ai grandi eventi che nel segno della Croce di Cristo hanno scritto
la storia della nostra civiltà. L’obiettivo principale era quello di educare le
genti a separare quanto veniva definito “bene” da quanto veniva indicato come
“male”; ma questo obiettivo, di per sé coerente con la dottrina cristiana, fu
perseguito con l’ottica distorta
dell’esercizio del potere e dell’arbitrio, con la sottomissione fisica, con la
mortificazione delle coscienze ed il conculcamento delle libertà e dei diritti
e con il concentramento della ricchezza nelle mani di pochi, oppressori e
tiranni.
Ha sintetizzato bene il Cavour, in un
memorabile discorso parlamentare, alla vigilia della proclamazione dell’Unità d’Italia,
quali fossero le conseguenze dell’accentramento del potere religioso e di
quello politico nelle mani di una sola parte.
Ed ancor oggi si può vedere quanto sia in
ritardo il progresso democratico negli Stati Islamici, affetti da un analogo
difetto. La Chiesa
non ha mai rinunciato al potere temporale; lo esercita attraverso la gestione
dei sacramenti, in particolare la Confessione penitenziale, per mezzo della
gestione di ingenti patrimoni nel mondo e con la proclamazione di regole e
principi anacronistici. Nel frattempo essa rivendica dagli Stati il
riconoscimento della sua supremazia storica, ideologica e sociale.
Evoluzione storica. La Chiesa fu ispiratrice e leader di tutte
le iniziative, anche cruente, che portarono alla modifica del destino di interi
popoli e di interi continenti. Il Papa Giulio II partecipò personalmente ad una
Crociata ed indossò persino l’armatura di combattimento.
Il “materiale umano” del cosiddetto mondo
civile, cui era destinato il messaggio divino, era per lo più ignorante e
rozzo. La rozzezza e l’ignoranza erano qualità altamente diffuse che venivano
per causa di forza maggiore ereditate insieme alle mucche ed ai badili e tali
si perpetuarono fino al compiersi del risveglio culturale e sociale. L’excursus
riguarda il solo mondo occidentale, perché sappiamo che in altri continenti il
medioevo non è ancora trascorso del tutto e si tratta di un medioevo che riesce
a convivere con le manifestazioni più deleterie della modernità, scandalizzando
soltanto noi Occidentali. Così l’Asia, il Medio Oriente, l’Africa. Nel
ricordare gli “eventi forti” mi riferisco alle grandi operazioni belliche con
le quali si è voluto diffondere il Cristianesimo: l’evangelizzazione come
pretesto per sottomettere i popoli, espropriandoli della loro patria, dei loro
averi e della loro civiltà ed imponendo con la forza leggi e comportamenti a
loro inusuali, incompatibili con la loro sensibilità e quindi distruttivi della
loro integrità.
Le “coperture” fornite per secoli dalla
Chiesa a tale genere di operazioni sono ancora oggi inaccettabili anche se
esaminate nei contesti in cui si sono realizzate. Da questa osservazione
nascono le molte, le persino troppe, richieste di perdono che Papa Giovanni
Paolo II è andato recitando in giro per il mondo in questi ultimi anni. Non
dimentichiamo dunque che è all’ombra di questo genere di avvenimenti che si
sono formate le gerarchie ecclesiastiche ed è possibile individuare ancor oggi
nella Chiesa e nei suoi funzionari una “presunzione storica” di diritto al
dominio psicologico delle masse e di indagine sui loro beni, che poggia
interamente sulla sottomissione realizzata con la teorizzazione della necessità
di ricevere i sacramenti e sul controllo delle coscienze mediante la
confessione.
E’ quindi fin troppo facile individuare
negli atteggiamenti, nelle espressioni e nelle pratiche quotidiane del Clero il
convincimento, realmente radicato nell’intelletto delle gerarchie
ecclesiastiche, perché acquisito come norma etica comportamentale, di essere
parte sostanziale di una organizzazione perpetua, trascendentale, insindacabile
ed incombente, non diversa da quella teorizzata da George Orwell nella sua
Fattoria degli Animali.
L’organizzazione ecclesiastica cattolica
ha potuto progredire e perpetuarsi, senza subire modifiche se non in senso
peggiorativo, fino ai nostri giorni, ed assumere facciate ora più cupe, ora più
scolorite, ma rimanendo sempre figlia del progetto iniziale, quello del dominio
delle coscienze, da realizzare anche grazie all’osmosi di interessi mutuabili
tra potere politico e potere religioso. Questo “potere” religioso, che non è un
“servizio” religioso, è tuttora validamente esercitato ed ha consentito per
secoli, con vicende alterne, che si realizzasse l’assoggettamento e lo
sfruttamento dei popoli e il dominio delle loro coscienze.
Formazione. Oltre che nella
sostanza dei comportamenti e degli enunciati, questa posizione è rimasta
immutabile anche nei segni esteriori e materiali, quali l’abbigliamento delle
suore, che ricalca fedelmente quello delle donne palestinesi e mussulmane.
Quando la Chiesa
ha inventato la “clausura”, non ha fatto altro che adottare una sorta di
“burqa” afgano, creando consapevolmente le medesime condizioni esistenti per la
donna nel mondo arabo, di esclusione dalla società attiva e di preconcetta
indegnità, che le hanno negato l’ordinazione sacerdotale e l’hanno qualificata
in permanenza come oggetto di tentazione e simbolo di peccato per antonomasia.
Questi concetti non sono infatti diversi da quelli teorizzati da Maometto nel
Corano ed ancora oggi praticati dai popoli islamici.
E’ la concezione giudaica della donna che
si è trasferita in diverso modo nel Cristianesimo e nell’Islamismo. I Paesi
islamici hanno addirittura conservato la lapidazione dell’adultera e la potestà
di ripudiare la moglie, anche per motivi pretestuosi. Non diverso è il concetto
che ha ispirato le esecuzioni sul rogo delle cosiddette streghe, che si
inserisce nel preteso “diritto” di perseguitare comunque la donna perché
oggetto di piaceri peccaminosi, destinato quindi alla soppressione mediante
“purificazione”.
Non vedo eccessive differenze tra la
concezione della donna così come è stata tramandata nell’organizzazione della
Chiesa e la concezione della donna così come si è conservata nei Paesi di
religione Islamica; ambedue sono tratte in fondo dalle pratiche in uso tra gli
Ebrei ai tempi di Cristo. Del resto non c’è nulla di nuovo sotto il sole.
Gesù ha scacciato i mercanti dalle porte
del tempio e dopo la
Crocifissione essi sono rientrati dalla finestra ed hanno restaurato
le situazioni quo ante, diversificandone la percezione grossolana
esterna e camuffandole come necessarie o addirittura ispirate.
Il braccio secolare della
Chiesa. Fino a poco più di un secolo fa, il potere temporale della Chiesa è
stato esercitato sotto la protezione di un braccio armato, il braccio secolare
della Chiesa appunto, sul quale vengono ancor oggi scaricate nefandezze
inenarrabili cui il Clero, comunque, non fu mai estraneo. Anzi.
Nel corso dei secoli gli uomini della
Chiesa, Alti Prelati, Presbiteri e Diaconi, si sono andati formando in una
cornice di impunibilità e di privilegio, ancor più vasta di quella esercitata
per alcuni secoli dai Principi e Signorotti con i quali la Chiesa instaurò
interconnessioni ed interdipendenze. Il Clero ha potuto quindi
istituzionalizzare il proprio potere, come avveniva nelle grandi casate dei
Regnanti. Si può quindi affermare che nelle “Corti” dei Principi della Chiesa
il Clero venisse inevitabilmente abituato ad un certo genere di comportamenti e
ad un certo modo di porre e di risolvere i problemi, abituato quindi a sentirsi
investito di un lignaggio talmente forte, perché proveniente da Dio stesso, da
non trovare riscontro in quello dei nobili delle Case regnanti o in quello
delle altre categorie forti e neanche nella Magistratura. Basti pensare che
l’investitura a regnare sugli Stati veniva celebrata nelle cattedrali.
Questo tipo di formazione si è perpetuato
in modo naturale ed inconsapevole, quasi per trasmissione ereditaria, ed ancora
oggi nei seminari il Clero viene “costruito” ed “equipaggiato” con un DNA non
dissimile da quello dei suoi secolari predecessori. Malgrado l’immutabilità dei
canoni ecclesiastici e dei dogmi canonici, semmai integrati in modo
restrittivo, che ha sostanzialmente accompagnato la dottrina della Chiesa fino
ai nostri giorni, stupisce comunque che si sia potuto derogare nei secoli a
primari concetti quali la pietà, la carità e la giustizia e si sia potuto
avallare e permettere ogni genere di nefandezze. Non appaia quindi pretestuoso
il sospetto che la formazione seminarile possa produrre ancora oggi capacità,
propositi ed atteggiamenti pressoché immutati e talvolta, addirittura, quei
mostri che qualche volta si palesano nelle canoniche o nelle scuole.
Le cronache ne sono piene.
Dovrebbe stupire che lo Stato del
Vaticano non abbia mai emanato una Bolla per abolire al suo interno la pena di
morte. Paradossalmente oggi quelle antiche “coperture” che produssero le
sofferenze che sono ancora rilevabili nelle divisioni del mondo cristiano e
riscontrabili nei racconti della tradizione popolare, rappresentano in fondo
una parentesi di attivismo rispetto all’immobilismo radicale della Chiesa,
perché almeno allora c’era il proposito dichiarato di voler avvicinare i
selvaggi a Cristo ed introdurre un modello di civiltà nelle realtà di popoli
ritenuti incivili. Queste modalità di condurre l’evangelizzazione, insieme alla
persecuzione di quelli che condannavano un siffatto modo di condurre
l’insegnamento dell’amore cristiano, hanno procurato divisioni ancora oggi
insanabili e causato il deterioramento della naturale aspirazione delle
coscienze alla spiritualità e sono purtroppo di ostacolo al ricongiungimento
dei Cristiani sotto l’unica Croce ed al coinvolgimento dei singoli nelle
attività comunitarie e nelle pratiche di solidarietà e di fede..
I Destinatari del Messaggio. Provo invidia e
smarrimento quando confronto le esigue rappresentanze che seguono le funzioni
religiose cristiane, costituite in estrema maggioranza da donne, per giunta
vecchie e bisbetiche, con le folle di mussulmani, tutti uomini, che partecipano
compatti alla preghiera rituale e mi convinco sempre di più che “qualche
errore” nell’itinerario è stato certamente fatto dalla Chiesa Cattolica. E’
innegabile.
Mi chiedo allora perché la Chiesa si ostini a
perpetuare le divisioni tra i Cristiani del mondo, implicitamente affermando
che tutte le Chiese hanno torto tranne quella Cattolica. Questa ostinazione mi
appare come una violenza all’intelligenza. Possibile che non ci sia una via di
mezzo? Credo oltretutto che una prova di comunione, o almeno una sorta di
confederazione tra le confessioni cristiane, potrebbe portare arricchimento,
stimolo e progresso. Riconciliati ed uniti, anche se diversi; almeno in una
fase iniziale.
E’ in buona dose anche per l’incapacità
della Chiesa di mettersi in discussione che oggi nelle città sono tornati i
selvaggi. Ai fedeli viene invece specificamente comandato di mettersi sempre in
discussione, di interrogarsi quotidianamente sulla correttezza dei pensieri,
delle parole, delle opere e delle omissioni; in una parola: di rispettare il
comandamento evangelico dell’Amore.
Riferimenti etici. Nella società
mancano i riferimenti etici. I riferimenti etici che hanno governato e guidato
le generazioni passate, oggi sono diventati cattivi esempi. La Chiesa, i sacerdoti, sono
divenuti cattivi esempi; poi anche i genitori, i maestri, i magistrati, i
gendarmi e, non meno degli altri, i rappresentanti del popolo al Governo del
Paese. Oggi l’inciviltà si è letteralmente sovrapposta alla civiltà, mettendone
in dubbio i parametri costitutivi e quindi gli ideali di fondo, negando
innanzitutto il diritto di cittadinanza alla stessa fede religiosa che è sempre
stata nella storia delle civiltà un valore difficilmente collocabile al di
fuori delle aspirazioni dell’uomo, perché nata con l’uomo stesso e
accreditatasi come diretta ed irrinunciabile conseguenza della pratica
spontanea del diritto naturale.
Fa ancor oggi scandalo uno che si
professa ateo; dà l’impressione che si voglia collocare fuori dalla società.
Le masse di selvaggi che popolano le
nostre città, oggi non più civili, che hanno ciclicamente invaso tutto il mondo
la cui storia non è altro che il frutto degli scontri fra le diverse e
contrastanti “inciviltà”, non sono in grado di produrre dal loro interno altro
che odio, antagonismo, violenza e isolamento. E’ l’ambiente della giungla che
si ripropone in forma diversa e che ha solo modificato l’aspetto formale.
Questi nuovi selvaggi sono una edizione moderna dei Lanzichenecchi; si tratta
di orde nomadi che invadono le città del globo enunciando strampalate teorie e
propugnando improbabili codici di comportamento; dopo ogni invasione si
ritirano nei loro centri, enucleati dalla società, fino al prossimo
appuntamento. Si tratta comunque di invasori che non hanno la capacità di
esercitare né il Governo degli Stati, né la Politica dei Cittadini. Si propongono
genericamente di “cambiare il mondo”, profetizzando catastrofi e diffondono
utopie, paghi soltanto di conseguire l’obiettivo di distruggere beni e
strutture, prendendosi gioco delle leggi e realizzare in definitiva l’opposto
di quello che propongono. Questi selvaggi, quando si concedono intervalli,
lanciano sassi dai cavalcavia, uccidono fanciulle, opprimono creature indifese,
sbandierano il loro potere effimero, si auto-distruggono assumendo sostanze
nocive e facilmente poi si schiantano contro ostacoli fissi a bordo di automobili di grossa cilindrata, come in una
ineluttabile celebrazione di un rito necessario. Agiscono nel nome di un Credo
allettante, semplice e comprensibile: “sesso e soldi”, verso il quale la
società moderna, deteriorata dall’azione irreversibile della Storia, ma anche
da una evangelizzazione sbagliata che ha mancato gli obiettivi, li ha irresponsabilmente
condotti non attuando in tempo le strategie efficaci per contrastare i cattivi
esempi che provenivano da quegli ausili mediatici portatori di falsi modelli
che di fatto si sono sostituiti alla funzione educativa familiare.
Responsabilità. Ebbene, una tale
degenerata situazione non può non riguardare la Chiesa; né può essere
affrontata dalla Chiesa con l’immobilismo storico dei suoi rappresentanti che
da un lato affermano la libera determinazione dell’Essere, mentre dall’altro
inculcano nelle coscienze, come loro metodo formativo, il convincimento di una
congenita colpevolezza nata con lo stesso individuo, che non concorre di certo
alla costruzione di una società responsabile e libera, ma crea presupposti di
fragilità e acquiescenza alla menzogna, e quindi le premesse per una
degenerazione sociale. Questa situazione va affrontata radicalmente e risolta
con modalità e strategie diverse da quelle fino ad ora adottate, che hanno
contribuito grandemente a realizzare le attuali conseguenze.
Il terreno sul quale si dovrebbe agire
riguarda innanzitutto la formazione dei quadri dirigenti ecclesiastici,
accompagnata dalla riforma della dottrina cristiana e dall’adattamento
dell’insegnamento catechistico alle mutate possibilità e capacità degli attuali
destinatari del messaggio evangelico.
Si dovrebbe partire dalla ricostituzione
di quei modelli che non possono essere elusi da una società evoluta e
restituire a ciascun individuo la speranza e la fiducia in sé stesso.
Si dovrebbe ritornare a professare gli
insegnamenti di Cristo nel modo semplice che Lui stesso ha indicato, demolendo
il castello di scomuniche, dogmi, supremazie, proibizioni che in duemila anni la Chiesa è riuscita ad
accatastare intorno a sé stessa, perdendo pezzi consistenti e pregiati,
isolandosi dalle comunità cristiane separate, facendo il vuoto di fedeli e
circondandosi di farisei e di mercanti, come per agevolare un’opera
disgregatrice. C’è un grande lavoro da fare e si deve volare alto: risolvere le
questioni riguardanti il matrimonio dei sacerdoti e l’ordinazione sacerdotale
delle donne che probabilmente sono più adatte dell’uomo a trasmettere un
Messaggio che parla d’Amore. Quando il leone ruggisce, la pecora bela, e si dà
il caso che un leone che vuole insegnare a qualcuno a belare non è affatto
credibile. Vanno poi riesaminati i dogmi, in un quadro di comprensibilità
storica, filosofica e pragmatica. Bisogna insomma avviare un processo di
riunificazione dei Cristiani senza precedenti e scevro da pregiudizi di sorta.
E questo compito spetta alla Chiesa Cattolica. Esistono elementi fondamentali
comuni che consentono di superare ogni ostacolo. Non è una cosa assurda né
impossibile accostare tra loro le liturgie praticate dalle varie Chiese e
riaffermare e diffondere primariamente i cardini su cui poggia il
Cristianesimo. Questi cardini che sono costituiti dalla carità e dall’amore,
dalla pietà, dalla speranza e dalla giustizia
devono animare leggi, attività e funzioni ed incidere in ogni realtà
civile. Ma questa azione potrà essere concretamente realizzata soltanto con il
supporto di una unica comunità cristiana riconciliata e operante, in sintonia
con i governanti delle nazioni, sulle esigenze effettive, piuttosto che sui
principi e sulle resistenze.
Un nuovo Concilio Ecumenico. Perché questa opportunità
si possa realizzare è necessario ricorrere ad uno storico grande Concilio
Ecumenico che coinvolga però tutte le Chiese cristiane, non soltanto i
Cattolici, e dimostri al mondo la forza del Vangelo di Cristo, finora
dimostrata soltanto dai martiri. Se si vuole veramente dare credibilità al
messaggio evangelico e riconquistare alla pratica religiosa quei tanti milioni
di Cristiani censiti dalle Chiese cristiane cattoliche, separate e protestanti,
è necessario rivedere tutta la costruzione, che è troppo vecchia, troppo
complessa e troppo bugiarda per pretendere credibilità da una società
diseducata, distratta, delusa, arida, fuorviata dall’inflazione mediatica e
radicalmente mutata nella sua composizione e nelle prospettive per il suo
futuro.
Non è più tempo di roghi, né di crociate,
né di scomuniche, ma è tempo di ridare ai bimbi la famiglia, ai grandi la
speranza e la capacità di collocarsi agevolmente nella propria storia ed ai
sacerdoti la credibilità dei loro comportamenti nella vita e nelle pratiche di
pietà e di culto, offrendo loro la soddisfazione di riuscire veramente e
finalmente a contaminare la società di Vangelo dal suo interno e non da
improbabili posizioni cattedratiche.
Tolto il sacrificio di pochi, rimane un
Clero sordo al grido di dolore che si leva dall’umanità consunta e incapace di
risvegliare nelle coscienze quei naturali sentimenti di solidarietà e
determinazione che per millenni sono stati, malgrado tutto, patrimonio
indistruttibile delle società civili, mentre oggi sono divenuti pratica di
pochi sognatori, negletta e risibile per una intollerabile maggioranza.