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IL LASCITO DELLA FAMIGLIA MEDICI ALLA TOSCANA

      

   

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 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Massimo Iacopi


Col termine Delizie si indicano ancora oggi le opere realizzate dai Medici a Firenze

 

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CATERINA DEI MEDICI


L’Arte come Delizia dell’Esistenza Medicea

IL LASCITO DELLA FAMIGLIA MEDICI ALLA TOSCANA

Col termine Delizie si indicano ancora oggi le opere realizzate dai Medici a Firenze

(Assisi PG, 21/09/2023)

IL LASCITO DELLA FAMIGLIA MEDICI ALLA TOSCANA

Nella campagna fiorentina, alcune ville signorili ed aristocratiche, denominate “delizie”, portano i visitatori al tempo dello splendore di questa illustre dinastia familiare: i Medici. Con la stessa logica delle “delizie” della dinastia degli Este a Ferrara, che venivano raggiunte in battello attraverso un sistemi di canali, nella stessa epoca, nella Firenze dei banchieri Medici: indubbiamente più “parvenus” degli Este, non ne avranno di meno. Essi stessi trarranno un enorme prestigio da queste “Ville”, di dimensioni più modeste di un palazzo, ma dove si poteva sviluppare un fasto erudito di eccellente livello nello spirito dei tempi. Esistono, pertanto, in tale contesto, intorno a Firenze 17 ville medicee, magnifiche e poco visitate, di cui 12 (e due giardini) sono state iscritte a partire dal 2013, al patrimonio mondiale dell'UNESCO. Agli inizi, la famiglia Medici disponeva in Toscana solamente di alcune piccole fortezze medievali, ancora visibili oggi: quella del Trebbio, una torre longobarda a San Piero a Sieve (30 km a nord di Firenze), acquistata da Giovanni di Bicci de' Medici (1360-1429), l'uomo degli inizi della fortuna familiare, ed affidata alle cure del suo architetto favorito, Michelozzo Michelozzi (1396-1472). Oppure (appena a 4 km dal Trebbio) quella di Cafaggiolo, ristrutturata dallo stesso Michelozzo per il piacere di Cosimo il Vecchio (1389-1464), figlio di Giovanni suddetto e nonno di Lorenzo il Magnifico (1449-1492), che amava riunirvi gli amici umanisti. Ma Cosimo ha concentrato inizialmente i suoi sforzi edilizi sulla casa familiare, al centro di Firenze, nel quartiere di San Lorenzo, con il Palazzo Medici, dimora riorganizzata da Michelozzo, intorno ad un cortile (corte) interno largamente aperto, in particolare su un giardino erudito nel quale venivano esposti frammenti di statue antiche acquistati dalla famiglia. Sarebbe pertanto opportuno, per meglio comprendere il ruolo ed il posto delle ville medicee, dedicare un momento di attenzione a questo palazzo moderno (oggi Palazzo Medici Riccardi), vetrina essenziale del potere politico e bancario dei Medici.

Precursori del Palladio

Fra queste ville, la più vicina a Firenze ed una delle più cariche di storia, la Villa Careggi, nel quartiere fiorentino dello stesso nome, offre all'esterno un aspetto medievale mantenutole dal Michelozzo: in questo luogo si riuniva l'Accademia dei Filosofi neoplatonici, cara a Lorenzo, che ne seguiva le sedute ed é proprio in questo luogo che egli sceglierà di morire. Trasformata in ospedale e sottoposta ad importanti lavori di restauro essa é attualmente inaccessibile al pubblico, pur essendo prevista la sua prossima riapertura. Pertanto sembra opportuno concentrare la nostra attenzione su altre due ville più sontuose e significative, quelle di Poggio a Caiano e di La Petraia. La prima sulla strada per Pistoia (a 17 km da Firenze) voleva rappresentare, nello spirito di Lorenzo il Magnifico, una città ideale. Per questa proprietà, acquistata da una famiglia aristocratica fiorentina, i Rucellai, Lorenzo aveva lanciato un concorso di architetti, che non gli aveva fornito una soluzione soddisfacente. Ma, alla fine, uno degli artisti più in voga a quel tempo, Giuliano Giamberti da Sangallo (1445-1516), gli presenterà una soluzione che corrispondeva alle sue aspettative (il suo capriccio). Sarà necessario deviare il fiume locale, l'Ombrone, per organizzare un parco, con orti ad est e frutteti ad ovest, il tutto posto sotto gli auspici della ninfa locale, Ambra. L'edificio, quadrato, si basa su un piano terra fatto da una galleria aperta ad arcate su pile di mattoni, con un avancorpo, sulla facciata, con tre aperture ed una scala a rampa dritta, oltre ad un ingresso al di sopra, nella facciata, a forma di tempio greco, con colonnato, capitelli frontone e fregio continuo. Elementi, che così combinati, fornivano all'insieme (sessanta anni prima di Andrea Palladio, pseudonimo di Andrea di Pietro della Gondola, Padova, 30 novembre 1508 – Maser, 19 agosto 1580) l'apparenza (assolutamente originale per Firenze) di una facciata di tempio greco. Ma l'intenzione di Lorenzo il Magnifico risultava chiaro: gli occorreva in questo caso una autentica villa rurale, ispirata a Publio Virgilio Marone (-70 / -19), come anche dal poeta Agnolo Poliziano (1454-1494), uno dei suoi intimi, che cantavano entrambi di allevamenti, di vivai e di orti modello, organizzati in questo luogo in uno scrigno consacrato ad Ambra, per arrivare a quello che poi lo storico dell'arte André Chastel (1912-1990) ha denominato come un vero e proprio “Trianon fiorentino”. Il tema del fregio, sulla facciata, opera senza dubbio di Andrea Sansovino (1467 circa-1529), il maestro del Sangallo, sviluppava il ciclo del tempo (giorno e notte) e delle stagioni, largamente ispirato al poeta Publio Ovidio Nasone (-43 / 17). Tutto questo, beninteso, in rapporto con lo sfruttamento rurale della villa, ma anche con il grande ciclo delle età (età d'oro, età di Saturno, ecc), tema molto caro ai neoplatonici. Lorenzo, purtroppo non assisterà alla fine dei lavori, che verranno ripresi da suo figlio Giovanni de' Medici (1475-1521), diventato poi papa Leone X nel 1513.

Immagini di una antichità sognata

La rottura con l'età di Cosimo era netta: ci si trovava ormai lontani dall'epoca di Cafaggiolo, luogo fortificato prima di diventare una villa. Con Poggio a Caiano, si era passati, prima del resto del mondo, alle dimore di piacere erudito, le delizie, la cui modernità si esprimeva con il linguaggio e le immagini di una antichità sognata. Dal 1494 al 1512, il tempo dell'esilio dei Medici, i lavori rimasero interrotti ed essi riprenderanno al loro ritorno, proprio per celebrare i grandi antenati della famiglia, come é testimoniato dal magnifico affresco di Anton Domenico Gabbiani (1652-1726), l'Apoteosi di Cosimo il Vecchio, nella Sala da pranzo della villa. La famiglia Medici continuerà ad abitare la struttura anche dopo Lorenzo: é in questo posto che verranno avvelenati con l'arsenico il Granduca Francesco I di Toscana (1541-1587) e la veneziana Bianca Cappello (1548-1587), la sua amante, che egli aveva sposato, dopo la morte, di parto, di sua moglie Giovanna d'Austria (1547-1578; la madre di Maria de' Medici, moglie di Enrico IV di Francia). Questo episodio si é verificato in occasione di una cena di caccia offerta l'8 ottobre 1587 dal cardinale Ferdinando de' Medici (1549-1609), fratello di Francesco e nemico giurato di Bianca. Avvelenamento che apre le porte del potere a Ferdinando, incoronato granduca nel corso dello stesso anno. Nonostante la torre dell'orologio, aggiunta nel XVII secolo e della doppia scala risalente al 1807, la struttura globale, immaginata da Sangallo, si percepisce agevolmente ancora oggi. Al piano terra, di stile rinascimentale negli appartamenti di Bianca Cappello, più XVIII con il suo teatro, dove si é presentato diverse volte Nicolò Paganini (1782-1840), l'ambiente é “savoiardo”, con la sala del biliardo voluta dal re Vittorio Emanuele II (1820-1878), che ha trasformato Poggio a Caiano, in una residenza di piacere. Il gioiello dell'interno della villa é rappresentato dal Piano nobile (1° piano) centrato sulla Salone di Leone X, certamente decorato dal Sangallo, con pareti che offrono magnifiche rappresentazioni della storia romana, come eco ad importanti episodi della saga dei Medici (ritorno di Cicerone dall'esilio, delicato ricordo di quello di Cosimo il Vecchio nel 1434). Di grande interesse sono infine i giardini organizzati da un lato all'inglese e dall'altro all'italiana e la terracotta che vi ricorda il luogo in cui il fiume Ombrone aveva rapito la ninfa Ambra. Con la villa di Petraia si assiste ad un cambiamento d'epoca: posta sulla cima di una collina che domina Firenze, essa é stata acquistata dal duca Cosimo I (1519-1574), nel 1544, dalla famiglia Salutati, per suo figlio il predetto cardinale Ferdinando … il futuro (tramite arsenico) granduca, che decide di trasformarla in una dimora principesca. La torre del XIV secolo diviene il belvedere centrale della residenza, al di sopra di una successione di terrazze, secondo il modello della villa Medici di Roma, nella quale Ferdinando aveva vissuto a lungo. La villa di Petraia passa nel 1609 a don Lorenzo de' Medici (1599-1648), settimo figlio del granduca Ferdinando e che avrà il buon gusto di affidare la decorazione del cortile a Baldassarre Franceschini detto il Volterrano (1611-1690). Questi sarà l'autore degli ammirevoli Fasti Medicei, un ciclo storico che celebra dieci grandi momenti della storia della famiglia. I giardini offrono ancora una struttura a terrazze, organizzata intorno ad un asse centrale tagliato da una fontana, che sostiene un bronzo del Giambologna (fiammingo Jean de Boulogne, 1529-1608). Accessibile al pubblico dal 1805 e rimaneggiata in epoca napoleonica, essi erano stati creati (1545-48) dall'architetto Nicolò Tribolo (pseudonimo di Niccolò di Raffaello di Niccolò dei Pericoli, 1500 circa – 7 settembre 1550), al quale si devono i più celebri giardini di Firenze, gli Orti dei Boboli e quelli di un altra villa medicea, la villa di Castello, le cui strette fondazioni hanno impressionato il filosofo e scrittore Michel Eyquem de Montaigne (1533-1592) nel 1580.

La villa di Cerreto Guidi

La Villa di Cerreto Guidi (a 40 km ad ovest di Firenze) costituisce un'altra testimonianza della permanenza delle ambizioni della famiglia Medici. Questo antico castello rimaneggiato in casa di caccia da parte di Cosimo I e trasformato nella seconda metà del 1500 in casa di “piacere”, risulta adornato dalle sue famose scale simmetriche alla fine del XVI é stato costantemente abbellito fino a quando Cosimo II (1590-1621) e suo figlio cardinale Leopoldo (1617-1675), erudito e collezionista, gli conferiranno, infine, intorno al 1670, la disposizione e lo splendore di una dimora signorile degna dei Medici, a suo tempo banchieri, diventati granduchi di Toscana. Testimonianza del lusso erudito sfoggiato dai Medici, queste ville, insiemi armoniosi di una residenza sontuosa e di un giardino organizzato, hanno offerto all'Europa colta l'esempio eloquente di quello che era capace il genio rinascente nella sua declinazione fiorentina. Trovare il tempo per effettuarne la visita consente di valutare meglio quello cui deve loro il rinnovamento dell'arte del costruire e del vivere del tempo e di cui la Francia, a suo tempo, sarà una delle seguaci.


Massimo Iacopi

 

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