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IL VENERABILE PIETRO ABATE DI CLUNY COI SUOI SCRITTI RAFFINATI

      

   

Religione

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Massimo Iacopi


Ha Dedicato la vita alla Difesa della Chiesa e del Cristianesimo

 

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IL VENERABILE PIETRO ABATE DI CLUNY


Contro Ebrei, Eretici e Saraceni grandi nemici della Cristianità Medioevale

IL VENERABILE PIETRO ABATE DI CLUNY COI SUOI SCRITTI RAFFINATI

Ha Dedicato la vita alla Difesa della Chiesa e del Cristianesimo

(Assisi PG, 27/12/2024)

IL VENERABILE PIETRO ABATE DI CLUNY

CONTRO EBREI ERETICI E SARACENI

Questa è in breve l’analisi di un personaggio medioevale di grande cultura, l’Abate di Cluny, che impegnò l’intera vita a difendere e combattere, con la sua raffinata penna, la Chiesa dai tre più grandi nemici della Cristianità del tempo: Ebrei, Eretici e Saraceni. Pietro, l'uomo che ha fatto che ha fatto tradurre il Corano per meglio combatterlo, muore la mattina del Natale del 1156. I monaci scoprono che il cadavere è diventato “più puro del vetro e più bianco della neve”. Questa trasfigurazione gli consente di esser annoverato immediatamente fra i santi. Pietro Maurizio de Montboissier nasce in Alvernia fra il 1092 ed il 1094, secondo le fonti, dall’unione di Hugon o (Ugo Maurizio) di Montboissier (940-1116) (1) e di Raingarda. Questa, alla morte del suo sposo, nel 1116, entra nel monastero di Marcigny, dipendenza di Cluny, strettamente riservato alle donne. Questa madre di otto figli si vota ormai al servizio di Dio. Cinque dei sette fratelli di Pietro, rimasti in vita, abbracciano la vita monastica o una carriera ecclesiastica. E pur vero che, il feudo di Montboissier è modesto e che il servizio di Dio consente di non frammentarlo. Non appena ha l’età, Pietro viene posto dai suoi parenti nel monastero di Sauxillanges, filiale di Cluny in Alvernia, per esservi educato alla scuola claustrale. Egli vi apprende il latino ed una cultura letteraria e teologica vasta e solida. Al termine del suo noviziato egli riceve la benedizione monastica da Ugo di Semur o Sant'Ugo il Grande (1024-1109), 4° Abate di Cluny, il 29 aprile 1109. Egli soggiorna in seguito a Vezelay, quindi nel Priorato di Domene, nei pressi di Grenoble, di cui diviene Abate. Durante questo periodo Pons (Ponzio) de Melgueil (1075-1125), 7° successore di Ugo a Cluny e cardinale, si trova in gravi difficoltà. Un esposto contro di lui viene presentato a Roma. Pons si precipita ai piedi di Papa Callisto II (1060-1124) e dà le dimissioni. Nell’aprile 1122, Ugo II di Semur viene eletto nuovo Abate. Tre mesi più tardi muore e Pietro di Montboisser (1092 circa-1156) gli succede. Ma Pons, che ha ancora dei partigiani, si rimangia le dimissioni e ci vuole tutta l’autorità pontificia per confermare Pietro come abate legittimo. Questo tumultuoso episodio, oltre a forgiare il carattere, lascia delle tracce nel monaco, che diventa ufficialmente l’8° Abate di Cluny. Ma quale realtà materiale e spirituale si nasconde dietro Cluny? Che posto occupa l’abbazia nella cristianità del XII secolo? Tutto ha inizio nel 910. L’11 settembre Guglielmo I d'Alvernia (875-918), Duca d’Aquitania e conte di Macon, detto il Pio, dona a Bernone di Borgogna (850-927), Abate di Baume les Messieurs, una “villa” presso di Macon, al fine di fondarvi un monastero benedettino, vale a dire retto secondo la regola di S. Benedetto. La nuova infrastruttura, posta sotto il patronato degli apostoli Pietro e Paolo, sotto la protezione diretta del Papato, avrà la libera designazione del suo abate. Questa carta di fondazione afferma, immediatamente, l’indipendenza dell’Abbazia di Cluny, rispetto al potere spirituale e temporale. Da allora il monastero si sviluppa sino a diventare una signoria ecclesiastica straordinariamente potente. L’abbazia di Cluny ne costituisce il centro principale e la testa dell’Ordine; ogni monastero dipendente una delle sue diramazioni. All’interno della nebulosa cluniacense, costituita dalle numerose abbazie, priorati, sotto priorati, circolano i monaci. La stessa parola, gli stessi statuti, le stesse abitudini e gli stessi costumi circolano all’interno della struttura. Il santuario di Cluny è uno spazio di penitenza per tutti i peccatori nella ricerca della riconciliazione con la Chiesa. Esso rappresenta anche un rifugio ove ciascuno si trova al riparo da ogni costrizione o potere esterno. Anche i morti affluiscono a Cluny: numerosi sono quelli che hanno desiderato riposare nel recinto del santuario.  All’epoca di Pietro, la crescita di importanza di modelli monastici nuovi costituisce un pericolo. L’eremitismo, incarnato dai Certosini, che propugnavano alla rinuncia al mondo, costituisce una critica al modello cluniacense. Allo stesso modo gli ordini mendicanti, domenicani e francescani, contemporanei dello sviluppo delle città nell’Occidente medievale, che incorporano dei laici nell’ordine, sviluppano delle confraternite attive che mettono in pericolo il monachesimo tradizionale, di cui Cluny rappresenta il paradigma. Infine, la riforma cistercense, che ha non altra volontà che l’osservanza, stretta e letterale, della regola di S. Benedetto, trova da ridire su quanto è diventato l’ordine di Cluny. Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) denuncia severamente, nel 1127, nella sua celebre lettera 28, alcune usanze (pratiche) del clero di Cluny, che giudica troppo lontane dalla mortificazione necessaria alla vita spirituale. Ciò nondimeno, Pietro ha passione per il suo monastero e non cessa di farne l’apologia. L’abate scrive che è “grazie al profumo molto puro dei valori spirituali che si sprigionano da esso, che tutto il mondo è stato riempito dalla fragranza del profumo sparso” nel De Miraculis (Libro delle meraviglie). Secondo lui Cluny, nel servizio di Dio, è la “vigna” di cui i monaci sono i “tralci”, costituendo ognuno delle braccia impegnate in un combattimento implacabile ed indefesso contro il diavolo. Le critiche indirizzate all’ordine servono a stimolarlo. L’Abate inizia una riforma degli statuti. Egli reprime alcuni abusi in modo da mettere la vita regolare dei monaci più in conformità con la regola benedettina. Meno spese, meno fasto, meno esagerazioni, maggiore semplicità ed ascesi caratterizzano i nuovi statuti pubblicati nel 1146-47. Un altro compito lo attende. La situazione economica del sistema cluniacense non attraversa un momento brillante e Pietro la scopre al suo arrivo. “Ho trovato allora una Chiesa grande, religiosa, illustre ma molto povera”. Le risorse non coprono le spese. Tanto più che, dopo il 1088, sono stati aperti i cantieri di una basilica dalle dimensioni considerevoli, conosciuta sotto il nome di Cluny III. Deve essere nutrita e pagata ogni giorno una manodopera di artigiani che tagliano la pietra ed il legno. Alcune spese straordinarie si aggiungono al costo enorme che rappresenta l’accoglienza quotidiana dei pellegrini, dei poveri e degli indigenti. All’epoca di Pietro, circa 250 monaci sono presenti a Cluny, ma l’Abbazia dà da mangiare al triplo di persone. In queste condizioni le risorse che provengono dai possedimenti vicini diventano insufficienti. Pietro riduce il numero dei poveri a 50 al giorno. Peraltro, i canoni in moneta, provenienti dalle dipendenze dell’ordine, fanno fatica ad arrivare. Pietro chiede in prestito, ma si preoccupa anche di sollecitare debitori e donatori. Tuttavia egli è un uomo dalla salute fragile, che ha contratto il paludismo in occasione del suo primo soggiorno a Roma nel 1126. I Re di Francia, d’Inghilterra, di Sicilia e di Spagna, vengono regolarmente pregati di mostrarsi generosi. Vengono comunque intrapresi non meno di dieci viaggi in Italia, due in Inghilterra, uno in Spagna, uno in Germania. Lo scopo primario dei suoi viaggi in Italia (di cui quattro per convocazione del Papa e sei di sua iniziativa) è quello di consolidare l’ordine e confermare il ruolo di Cluny alla sua testa. Ben tre volte Pietro ed i suoi compagni subiscono rudemente l’insicurezza cronica delle strade italiane. Dal suo primo viaggio in Inghilterra, nel 1130, presso il Re Enrico I Beauclerc (1068-1135) egli riporta i sussidi che gli consentono di completare la costruzione di Cluny III; dal secondo viaggio, nel 1155, presso il suo amico Enrico di Blois, (1100-1171), futuro vescovo di Winchester (1129) e vecchio cluniacense, egli riceve l’equivalente per nutrire i suoi monaci per un anno. Il viaggio in Spagna, effettuato nel 1142, dura otto mesi. La corona di Spagna non ha versato nulla in contanti del tributo che essa deve a Cluny da diversi anni. Alfonso VII (1105-1157) concede solamente deludenti donazioni all’ordine, sotto forma di proprietà. Riformatore dell’ordine cluniacense, interlocutore dei potenti temporali della sua epoca, Pietro prende posizione a favore di papa Innocenzo II Papareschi dei Guidoni (morto nel 1143) contro Anacleto II Pierleoni (1090-1138), altro pretendente al trono di S. Pietro, in occasione dello scisma del 1130. Innocenzo II, rifugiato a Cluny, consacra la basilica abbaziale di Cluny III, le cui proporzioni e magnificenza superano allora la Chiesa di Roma. Pietro si definisce ed in maniera molto significativa, attraverso l’unità organica del suo disegno teologico. Questo è interamente centrato sulla difesa della Cristianità e la lotta contro i rappresentanti dell’Anticristo. Pietro di Poitiers, suo fedele segretario riassume la sua azione in questi termini: “Voi sarete il solo del nostro tempo che avrà combattuto attraverso la spada della parola divina, i tre più grandi nemici della Cristianità: gli Ebrei, gli Eretici ed i Saraceni”. Tra gli “eretici”, contro i quali Pietro dovrà combattere, figura Pietro de Bruys, (1095-1131 circa) originario della Provenza. La sua dottrina, della quale comincia la predicazione nel 1119, è largamente diffusa in Provenza e nella Linguadoca. Essa si riassume in cinque punti. Il primo è il rifiuto del battesimo dei bambini con la scusa che un piccolo non può essere sufficientemente cosciente per credere. Il secondo punto enuncia il rifiuto dei luoghi consacrati, la chiesa di Dio non consiste in un insieme di pietre, ma in una realtà spirituale costituita dai fedeli. Il terzo punto riguarda la croce. In quanto strumento di sofferenza e di dolore questa non può essere oggetto di adorazione. Il quarto punto ricorda che il corpo di Cristo non è stato consumato che una volta dai soli discepoli in occasione della Cena ed ogni consumazione ulteriore non è altro che una pura finzione. Infine, ultimo punto, le offerte, le preghiere e le messe per i morti vengono dichiarate inutili e senza scopo. Battesimo, chiese, croce, eucaristia, doveri verso i defunti, altrettanti punti cari e centrali del Cristianesimo, che giustifica l’applicazione rigorosa impiegata da Pietro nella sua confutazione. Il Contra Petrobrusianos (Contro i Petrobrusiani), pubblicato nel 1139-40, è il primo trattato antieretico dell’occidente medievale. Nel momento in cui l’Abate redige la sua confutazione, Pietro de Bruys è ancora in vita. Questa inizia curiosamente con il riconoscimento della necessità dell’eresia. La Chiesa non si purifica forse nella lotta interna che essa conduce contro quelli che “dubitano” e che bisogna riportare senza tregua verso l’ortodossia? Questo testo polemico inizia con un esame, investigatio, elaborato a seguito di un’inchiesta sul terreno. Essa è seguita da una discussione, discussio, nel corso della quale tutti i testi delle Scritture e della tradizione vengono richiamati. Successivamente passa alla soluzione del problema, inventio, per concludere con la defensio. Quest’ultimo momento costituisce il termine del ciclo nel quale non è più tollerabile alcuna ulteriore obiezione o mormorio. Entra infine in scena l’imprecazione, tanto cara a Bernardo di Chiaravalle, per il quale, al contrario di Pietro, l’eresia non si discute. Pietro de Bruis conosce una fine tragica, Egli viene bruciato dai suoi fedeli scandalizzati su uno dei tanti roghi organizzati dai suoi partigiani. Il compagno di Pietro de Bruys, Enrico da Losanna (o Enrico di Cluny l'Eresiarca) (2) proseguirà peraltro la sua predicazione. Il sistema di argomentazioni messo a punto da Pietro, che si basa “sull’arma delle parole” è purtroppo senza futuro. Passata la fine del secolo ed iniziato il 1200, l’eresia non si confuta più. Ormai l’Inquisizione, tribunale ecclesiastico del fuoco e del sangue, si incaricherà direttamente del problema. Dopo i nemici “interni”, Pietro si rivolge verso i nemici “esterni”, gli Ebrei in primo luogo e quindi i Saraceni o mussulmani. I primi che “bestemmiano e disonorano in tutta impunità il Cristo ed i misteri cristiani sono ben peggiori di lontani Saraceni”. In tal modo, l’Adversus judaeos (Contro i Giudei), composto negli anni 1143-44, rappresenta un attacco frontale destinato a denunciare le “favole ridicole e stupide” del Talmud, demonizzare i loro avversari e provare l’universalismo cristiano sulla base irrefutabile dei miracoli. Nell’ultimo capitolo Pietro si interroga sulla natura dei giudei. Hanno essi a che fare con degli esseri dotati di ragione o con delle bestie ottuse a qualsiasi comprensione, allo stesso modo dell’asino? In definitiva, gli Ebrei appartengono alla specie umana? Questa domanda “sull’umanità” ebrea può, secondo lo stato delle interpretazioni, segnare la frontiera fra l’antigiudaismo e l’antisemitismo. Nella lettera 130 indirizzata al Re di Francia, Luigi VII (1120-1180), nel 1146 alla vigilia della seconda crociata, Pietro suggerisce al sovrano capetingio di lasciare la vita ai giudei, ma di impossessarsi dei loro beni. Egli propone di spogliarli dei beni, “malamente acquisiti” al fine di ridistribuirli. L’amore di Cristo non esige in effetti che la spedizione lanciata in Terra Santa da parte dei Cristiani sia finanziata con le ricchezze degli empi?... Che tipo di rapporto intrattiene l’Abate di Cluny con le Crociate? Nel momento in cui Bernardo impegna tutte le sue energie nella mobilitazione della 2^ Crociata, Pietro resta nell’ombra. Se lo spettacolo della Terra Santa nelle mani degli infedeli lo affligge, egli difende la separazione delle due spade. Ai laici le armi, ai chierici la guerra delle idee. “Io vi attacco con la parola e non attraverso le armi come lo fanno sovente i nostri”, scrive nella prefazione del Contra sectam Sarracenorum (Contro la setta dei Saraceni). Pietro si indigna anche per l’ignoranza dei Latini, perché non si può combattere adeguatamente ciò che non si conosce. Come ci si può contentare di attacchi semplicistici e di amalgami ingiuriosi per stigmatizzare Maometto? L’Abate di Cluny decide allora di comandare la prima traduzione in latino del Corano. In occasione del suo viaggio in Spagna, egli incontra quattro traduttori: Roberto di Ketton (Roberto Ketenensis, 1110-1160 circa), Ermanno di Carinzia (Herman Dalmatin o Sclavus dalmata secundus, prima metà del 1100), Pietro di Toledo (un mozarabo della prima metà del 1100) ed un saraceno di nome Mohammed. Ma la confutazione proposta da Pietro, dopo lo studio del testo, torna, nonostante tutto, a demonizzare il Profeta ed i suoi seguaci. Maometto è certamente, a suo avviso, un rappresentante satanico, a metà strada fra l’eretico Ario del IV secolo, che negava la divinità del Cristo e l’Anticristo che deve arrivare alla fine dei tempi. Le diatribe violente di Pietro si spiegano attraverso l’angoscia che egli prova davanti alla rapidità con la quale si diffonde la fede mussulmana. Questo testo, scritto alla fine della sua vita, si indirizza ai Cristiani che potrebbero, per errore, essere affascinati dalla civiltà mussulmana e sedotti dall’islam. Pietro, autore di testi polemici severi, specialmente contro i Giudei, riceverà dalla posterità il nome di “Venerabile”, mentre Bernardo, considerato oggi dai Giudei come un loro protettore nel XII secolo, beneficia di uno sguardo decisamente molto meno favorevole. L’Occidente latino si trova, in quel momento, nella fase di demonizzazione dell’altro. Pietro non sfugge nonostante tutto a questa logica e Bernardo anch’egli si trova sulla stessa lunghezza d’onda. Nel Libro delle Meraviglie si incontrano non meno di 60 termini per designare il demone, questo “vecchio nemico” che spia sempre e dovunque, particolarmente a Cluny. Si può tuttavia affermare che, per diverse ragioni, Pietro il Venerabile è certamente l’ultimo grande Abate di Cluny. Forse, per convincersene, occorre ascoltare gli uffici composti personalmente ed immaginarli risuonanti sotto le volte della più grande chiesa cristiana del suo tempo.

NOTE

(1) Nel corso degli anni 983-987 inizia l'edificazione di un monastero sul monte Pirchiriano (dal greco Pir Chiranos = fuoco del Signore), in Val di Susa, che darà vita alla millenaria Sacra di San Michele, di cui, dal 999, sarà abate il monaco alverniate Adverto.

(2) Diacono di Cluny, nel 1116 lascia il proprio monastero, iniziando a predicare contro la corruzione del clero della città di Le Mans.


Massimo Iacopi

 

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