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Giornalismo, sistema politico e cittadini in Italia.

      

   

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Parla il Sociologo Pietro Boccia

 

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Intervista di Simone Sarcià

Giornalismo, sistema politico e cittadini in Italia.

Parla il Sociologo Pietro Boccia

(Catania, Dec 31 2001 12:00AM)

Simone Sarcià, dell'Università degli Studi di Catania-Facoltà di Scienze Politiche-Corso di Laurea in Relazioni Pubbliche, intervista il sociologo Pietro Boccia, su "Giornalismo, sistema politico e cittadini in Italia"

Domanda: Qual è, in Italia, l’interrelazione tra politica, mass media e cittadini?

Risposta: Le società moderne e democratiche, pur caratterizzate da alti tassi di conflittualità, per continuare a salvaguardare la libertà (radice e fonte di ogni altro valore) ed il graduale processo di crescita della democrazia, devono, nella molteplicità delle culture e delle ideologie, condividere alcuni principi o regole fondanti dell’intera società. L’interrelazione, nella società moderna, tra politica, mass media e cittadini dovrebbe, perciò, essere impostata su un continuo rapporto di collaborazione, di critica e di dissenso. Alcuni anni or sono la politica, in Italia, è stata messa sotto accusata per corruzione. Era, invece, il momento in cui i poteri forti dovevano sbarazzarsi della politica autenticamente riformistica e democratica. La corruzione, in una società democratica, dovrebbe, infatti, essere il punto di arrivo e non di partenza di tutto ciò che si svolge all’interno della società. La corruzione politica è l’insieme di atti, che, nel corso di uno scambio, non trasparente, di beni tra il mercato politico e quello economico e sociale, comporta la violazione (con finalità di alcuni soggetti di appropriarsi delle risorse collettive) di leggi e regole (pubbliche, giuridiche ed etiche). Un tale comportamento, a livello politico, ha,come conseguenza, la modificazione dei rapporti di potere e, a livello economico, “trucca” addirittura il mercato, rendendo impossibile il rispetto “legale” del libero scambio. La corruzione politica è stata, in verità, presente in ogni forma di organizzazione sociale ed in tutte le epoche. Essa, però, quando si diffonde nelle società democratiche, sostituendo l’interesse privato a quello pubblico, non solo mina alle radici i principi ed i valori dello stato di diritto, ma mette in crisi anche l’intero sistema della democrazia. La trasparenza degli atti amministrativi e la partecipazione alla vita politica dovrebbero, infatti, essere un punto di riferimento per tutti i cittadini; la corruzione politica, in verità, dimostra, da un lato, che la selezione degli amministratori pubblici avviene attraverso il criterio della cooptazione e del servilismo e, dall’altro, che i partiti politici si sono ormai trasformati nel più perverso malessere della democrazia, vale a dire in partitocrazia. La responsabilità non è, però, della politica e dei partiti, ma dei mass media e di tutti i cittadini, che, nelle società democratiche, dovrebbero essere attori e protagonisti non solo nel costruire il bene comune, ma anche nel controllare e nel garantire che i valori democratici vivifichino e siano rispettati.

Domanda: Quale funzione dovrebbe assumere il quarto potere?                           

Risposta: Il quarto potere, nelle società moderne, dovrebbe articolarsi nella dinamica sociale e non essere una centrale di intellettuali sudditi e organici al potere politico. Diversamente non funzionerebbe la principale regola della democrazia, ovverosia il controllo e la trasparenza delle decisioni. Gli intellettuali organici di gramsciana memoria hanno minato, in maniera irrimediabile, i partiti di sinistra e riformisti; gli intellettuali sudditi, di gesuitica memoria hanno smantellato la democrazia cristiana. I primi ed i secondi stanno, senza accorgersene, operando per demolire la democrazia. Chi possiede verità precostituite ed ideologie non riesce a fare diversamente. Le istituzioni democratiche ed i partiti hanno bisogno, al loro interno, per crescere e per migliorare, di coscienze critiche. Ogni potere, in uno Stato democratico, deve esprimersi in modo conflittuale con gli altri poteri, ma senza mai far perdere di vista il punto di equilibrio tra la libertà di ogni singolo cittadino e quella della collettività. Tale equilibrio, quando salta, se, nel gioco dinamico della vita democratica, non si ripristina, la democrazia diventa un termine vuoto e le sue regole dirette ed indirette, non possono più essere rispettate e salvaguardate.

Domanda: Non è facile mantenere, specialmente nelle democrazie fragili, tale equilibrio?

Risposta: No! Dietro l’angolo, in tal caso, ci sono tutte quelle forze economiche e sociali (poteri occulti, capitalismo assistito e parassitario, conservatorismi vari) che non intendono sottostare alla legislazione della trasparenza, della giustizia sociale e dell’equità. In Italia l’attacco alla democrazia è iniziato, in modo forsennato, dopo la caduta del Muro di Berlino. I governi, che si sono succeduti, nonostante alcune resistenze, sono ormai diventati ostaggio di poteri forti. Non hanno alcun potere; governano soltanto decisioni, prese altrove.

Domanda: Com’è possibile uscirne?

Risposta: E’ necessario da parte dei pochissimi intellettuali laici, liberi e democratici un atto di coraggio e di orgoglio, per smascherare e sconfessare l’attacco alla democrazia italiana. I giornalisti “superlottizzati”, che, attraverso i mass media, discettano contro la corruzione, gli intellettuali che si sono consegnati al potere economico, i professionisti delle culture suddite e quelli delle culture organiche, che attaccano con tracotanza, supponenza e arroganza la politica, dovrebbero acquisire consapevolezza che, in Italia, i partiti democratici non sono il punto di partenza, ma il punto di arrivo di ogni atto negativo e della corruzione che la società organizza e proietta a livello politico. Certo i partiti, considerati come recita la Costituzione italiana, “associazioni di cittadini”, organizzate per realizzare ed affermare, attraverso il dibattito delle idee, soltanto i programmi politici, non avrebbero dovuto permettere di farsi attaccare dal virus della corruzione. In un Paese democratico, tuttavia, è inverosimile che la stampa, la magistratura, gli intellettuali ed i cittadini si accorgano della corruzione, quando quest’ultima sia diventata una metastasi e si sia diffusa in tutti i meandri della società.

Domanda: La magistratura, allora, ha sbagliato ad indagare sui politici?

Risposta: L’iniziativa del potere giudiziario, negli anni Novanta, in Italia, anche se tardiva, è da condividere, per la necessaria moralizzazione della vita pubblica. Tutti i democratici, però, devono, non potendo fare affidamento sugli intellettuali e sulla stampa, rigorosamente vigilare e, con consapevolezza, reagire non solo allo straripamento del potere giudiziario, ma soprattutto al pericolo che la giustizia possa essere usata in modo non trasparente dai soliti poteri, che, da Piazza Fontana (1969), passando attraverso il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, fino ai nostri giorni, hanno sempre fatto, in Italia, “il bello e cattivo tempo”. I cittadini, che intendono difendere la democrazia, devono essere consapevoli che il peso ed il compito, per liberare la società italiana dalla corruzione e dall’immoralità diffusa, spetta ancora una volta a quei partiti politici, laici ed autenticamente democratici: gli unici, capaci non solo di trasformare profondamente gli assetti della società, ma anche di governarne i cambiamenti.

Domanda: Come fanno, però, le testate giornalistiche a mantenersi in vita? 

Risposta: In una società democratica, le testate giornalistiche, autenticamente libere e non schierate ideologicamente in modo precostituito, dovrebbero rappresentare la maggioranza dei cittadini e, quindi, mantenersi attraverso la vendita delle copie. Ma quale testata è credibile da tale punto di vista!

La stragrande maggioranza, se non la totalità, non essendo credibile, non riesce nemmeno ad avere un mercato. Eppure, in Italia, si sente il bisogno di leggere.

Non bisogna, tuttavia, pretendere che i mass media siano tutti liberi ed autonomi. Sono necessarie anche testate, orientate politicamente. Queste devono esprimere le ideologie di un partito o di uno schieramento politico e, interpretando le notizie secondo un certo orientamento, hanno il compito di rivolgersi ai lettori-elettori, per informarli sulle direttive e sulle iniziative della loro organizzazione.

Domanda: D’accordo, ma come potrebbe, oggi, in Italia, essere garantita la libertà di stampa?

Risposta: L’Italia, oggi, sta attraversando un periodo pericolosissimo per la democrazia. Quando è stato introdotto il sistema elettorale maggioritario, il tasso di democrazia si è abbassato notevolmente ed ho avuto la sensazione che la società italiana all’improvviso fosse stata catapultata nel 1923, quando venne approvata la legge elettorale “Acerbo”, che divenne strumento nelle mani di Mussolini e del fascismo, per instaurare, come puntualmente avvenne nel 1925, la dittatura. Ho, poi, difficoltà a fare una proposta ad un Parlamento, nel quale alcuni partiti senza fare alcuna autocritica sul loro passato si autodefiniscono democratici o addirittura riformisti. La democrazia è un insieme di regole che bisogna rispettare. Anzi, i democratici dovrebbero considerare la diversità politica e culturale, come una ricchezza, per migliorare, attraverso un dibattito di idee, anche i propri punti di vista e le proprie ideologie. Il riformismo, poi, è un’arte difficilissima, che senza avere una base liberale e laica non è possibile praticarlo e direi nemmeno parlarne. La proposta, in ogni modo, per incrementare la libertà di stampa e per facilitare l’autonomia delle testate giornalistiche nei confronti dei partiti politici, è la seguente:

il Parlamento dovrebbe approvare una legge per creare un fondo economico a favore soltanto delle testate giornalistiche libere ed autonome dalle organizzazioni sia politiche sia economiche. In questo modo ci sarebbe una fioritura di siffatte testate; nello stesso tempo, le libertà e la democrazia ne riceverebbero un immediato beneficio.

Domanda: A proposito, Immanuel Kant sosteneva che la ragione deve avere un utilizzo individuale in un luogo pubblico e, perciò, è necessario creare spazi per discutere pubblicamente?

 

Risposta: Per Kant la ragione non si pone al di fuori del processo dialogico e pubblico. La libertà di stampa e la pubblicazione dei libri nascono per lui a causa dell’esigenza di dibattere e di confrontare il proprio pensiero pubblicamente con quello degli altri.

“Il filosofo deve – scrive Kant nel libro Antropologia - continuamente ruminare dentro di sé i suoi pensieri”, e per tale motivo non deve “mangiar da solo” . Il luogo pubblico è, perciò, la condizione migliore, per un proficuo e franco confronto. Il motore della civilizzazione si trova nell’antagonismo dell’utilizzo individuale della ragione in modo pubblico (“insocievole socievolezza”). E’ attraverso l’antagonismo che le ragioni individuali superano la pigrizia animale e costituiscono la società come spazio per discutere pubblicamente e come luogo di moralità.

 

Domanda: Che cosa pensi della celebre frase di Lenin: “Cosa dev’essere fatto?”

Risposta: Per andare verso la democrazia e verso il pluralismo della comunicazione e dell’informazione deve essere fatto il contrario di quello che fece Lenin. 

Il comunismo leninista ha rappresentato la negazione della democrazia e della libertà.

Esso nega a tutti, anche ai lavoratori, la possibilità di diventare soggetti e protagonisti della storia.

Il leninismo, nel sopprimere il mercato, nel collettivizzare i mezzi di produzione e nel monopolizzare il potere, ha, inconsapevolmente, costruito una perfetta società totalitaria.

Lenin, fondando il partito dei “rivoluzionari di professione”, come élite capace non solo di assumere il ruolo e la funzione di coordinamento dell’intero movimento rivoluzionario, ma anche di essere organo che provvede a tutto e che pensa in nome di tutti, ha annullato completamente la possibilità per il proletariato di trasformarsi in soggetto e in motore della storia.

In questo modo, i “rivoluzionari di professione” sono diventati i sacerdoti di una nuova religione (il leninismo) ed il partito comunista una nuova chiesa, per cui, al posto della marxiana “dittatura del proletariato”, è stata costruita la dittatura sul proletariato.

Domanda: Si è verificato, quindi, il contrario di quello che Lenin ha scritto nei suoi libri?

Risposta: Bisogna leggere attentamente le opere di Lenin. In esse è contenuto l’intero progetto sovietico di Stato, realizzato in Russia. Molti intellettuali avevano immediatamente compreso la portata del pensiero leninista. Peccato, invece, che per altri (i comunisti), pur vivendo in società democratiche, per capire che cosa era avvenuto in Russia, nel 1917 e negli anni successivi, è dovuto crollare l’intero sistema sotto le macerie. Intanto, indebolendo, in Occidente, con le scissioni, i partiti socialisti e riformisti, essi, inconsapevolmente, hanno collaborato a costruire le società totalitarie (fascismi e nazismi). Ritornando a Lenin, attraverso la sua ideologia, la classe operaia è stata sostituita dal partito, controllato e gestito burocraticamente, e l’intera società, in modo monocratico e totalitario, è sottoposta al controllo capillare di colui che dirige il partito.

Si può affermare che, quando una società diventa monocentrica, burocratica, totalitaria, teocratica e repressiva, è, sicuramente, fondata sul comunismo leninista.

Nell’ex Unione sovietica, lo Stato comunista, avendo, così, assunto l’aspetto burocratico e totalitario, è immediatamente diventato, trasformandosi anche in dispotico ed imperialista, padrone del tessuto non solo sociale ed economico ma anche culturale e religioso dell’intera società.

Per tali motivi la rivoluzione comunista e leninista è risultata una “rivoluzione tradita”: ha instaurato, cioè, l’impero del dispotismo e della teocrazia secolarizzata, invece di realizzare il regno della libertà e del socialismo. Voglio concludere con una domanda: in tal modo come si può andare verso la democrazia ed il pluralismo dell’informazione?


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