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DELLE DUE... L'UNA... (QUALE?...)

      

   

Costume

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

C. SARCIA'


L’intercalare comparso prepotentemente nell’anno 2007, ma duro a morire

 

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DELLE DUE (sarebbe più che sufficiente) L'UNA


Quantaltrismo professionale e tecnologico

DELLE DUE... L'UNA... (QUALE?...)

L’intercalare comparso prepotentemente nell’anno 2007, ma duro a morire

(Rieti, Feb 7 2007 12:00AM)

Raccolgo l’invito di un estimatore di Graffiti-on-line, per esaminare da presso una nuova espressione intercalare della serie “…e quantaltro”. Mi riferisco al molto succoso e poco significante “delle due l’una…”.

Nell’epoca del Grande Fratello, i quantaltristi, che sono poi le nostre cavie linguistiche preferite, si sono moltiplicati oltre ogni ragionevole previsione e la fanno ormai da padroni nel multicolore panorama dei linguaggi e della disinformazione del terzo millennio.

Le espressioni che compaiono nel linguaggio moderno consistono spesso in trovate surreali ed anacronistiche delle quali non è facile ricostruire la genesi o trovare una giustificazione alla loro utilizzazione.

Quasi sempre  passano inosservate, si insinuano nelle strutture del discorso senza che uno se ne accorga e la loro presenza appare persino necessaria, tanto da ingannare non pochi ascoltatori, cultori della lingua o patiti del significato appropriato. Tutto però va avanti senza intoppi, fino a che un guizzo di apertura mentale o uno spiraglio di logica non risveglia la mente assopita dalle forsennate occupazioni che caratterizzano l’andazzo della vita moderna.

E’ il caso dell’espressione delle due... l'una... , colta al volo da un osservatore qualificato, che vale la pena  esaminare. Che c’azzecca, direbbe Di Pietro, attivista della modificazione del linguaggio e sovrano della storpiatura dei significati. Infatti, non se ne sentiva il bisogno. L'espressione intercalare, di solito infilata di soppiatto in un discorso acceso che tarda a trovare una conclusionen logica ed accettabile, generalmente passa liscia come l’olio; sembra a tutti di conoscerla, di averla ascoltata tante altre volte e addirittura di poterne ricavare  conforto, stante la contingente difficoltà di giungere ad una conclusione. Questo connotato la rende infida molto di più che lo svarione che può capitare a tutti e che viene subito perdonato.

Quando finalmente l'espressione viene percepita in tutta la sua insignificante nullità, constatato che il relatore non conclude, ma lascia all'ascoltatore il compito di scegliere tra le due, avviene come uno sbigottimento, perché uno si chiede: “Cosa significherà?…Cosa vorrà dire?”. Lo sbigottimento e lo stupore sono giustificati dalla impossibilità di trovare un significato pertinente al discorso ed aumenta con la ripetizione dell’espressione “delle due l’una…” che sembra voler concludere, ma che non conclude affatto . Talvolta può succedere che chi ascolta non abbia neanche la capacità di rilevare l'inutilità della presenza dell'accezione nel discorso. Quando ci si accorge che ci hanno preso in giro e si comincia a sentire il peso della truffa che ci è stata propinata, non solo linguistica e culturale, ma soprattutto oggetiva quanto alle aspettative, è ormai troppo tardi. In pratica l'interpellato, dopoi lunga ed articolata esposizione, conclude proponendo al malcapitato di trovare lui la soluzione, delle due, l'una... e il gioco è fatto: il  tizio non ha fornito la soluzione al problema propostogli. Sfido chiunque a trovare nell'espressione una risposta esuriente ad una qualsiasi questione in discussione o una funzione lessicale o sintattica. All’apparenza l'intercalare si autogiustifica come necessario distinguo tra due elementi preponderanti, quasi un’apertura rivolta all’ascoltatore, affinché collabori, a suo stesso beneficio, nella misura soggettiva di cui è capace, a compiere una scelta alla quale l’interpellato si vuole evidentemente sottrarre.

In apparenza il tizio (funzionario, impiegato pubblico, professionista, tecnico) si propone come padrone dell’argomento, tanto da riuscire a scomporlo in una dicotomia della quale sembra anche avere cognizione. Manca invero in costui la capacità di concludere, di decidere, comunque di rendere chiara la conclusione del suo tormentato discettare. E’ a questo punto che l’espressione anzidetta si fa strada nella mente in difficoltà dell'espositore e viene eiectata ad uso e consumo dell' infelice ascoltatore il quale a questo punto dovrà tirasi su le braghe da solo e scegliere, tra le due soluzioni che gli vengono ventilate, quella che fa al suo caso.

L’espressione “delle due l’una…” si colloca dunque di diritto nella serie degli intercalari inutili, superflui e senza significazione, che colorano il linguaggio di una cospicua  parte della nuova dirigenza libero professionista e statale, durante le sortite legate all’esercizio delle loro attività.

Si tratta di elementi ben individuati la cui cultura complessiva e la cui maturità si sono formate nei ranghi della periferia universitaria, ai margini della politica dei portaborse o nei ritagli del giornalismo di settore che impiega galoppini mediocri e probabilmente raccomandati. Alcuni di loro svolgono, talvolta immeritatamente, una professione; altri occupano posti di responsabilità negli enti pubblici, nelle scuole e nella politica, altri ancora affollano gli schermi televisivi pubblici o privati, oppure presidiano, ahinoi!, le colonne di giornali, giornalini e giornaletti che a leggerli viene il voltastomaco. Qualcuno riesce persino ad iniziare un discorso con  Ma sebbene”, doppio avversativo specificamente vietato dalle regole della grammatica della lingua italiana, senza aver concluso  il periodo  precedente.

La faccia tosta di cui sono dotati  consente a costoro di calcare con spavalda sicurezza le scene della professione, di spadroneggiare in ogni ambito, anche in quelli più delicati e sensibili. Tanto… Cosa importa a lorsignori? Quando non si conosce la materia e non si è in grado di proporre soluzioni, l’espressione “delle due l’una…” rappresenta un soccorso immediato che tra l’altro lascia ampia scelta agli attoniti interlocutori e deresponsabilizza il professionista cui interessa soltanto incassare le parcelle ed  allungare il curriculum.

A proposito di curricula, non so quanti abbiano letto il curriculum di Prodi. Lo consiglio vivamente. Sare un'esperienza utile ed istruttiva. Dovrebbe trovarsi su internet. Il 90 % del testo consiste nella elencazione delle lauree ad honorem conferitegli dalle università dei più disparati Stati del mondo, dall’America latina, all’Africa, all’Estremo Oriente. Le lauree ad honorem, si sa, non accrescono la cultura, ma il più delle volte riempiono i vuoti curricolari; tanto più che l’individuo cui sono state conferite continuerà, statene certi, ad esprimersi nel modo pedestre, farraginoso ed incomprensibile di sempre. Ad aumentare non sarà la sua cultura professionale, ma saranno soltanto i sìbili, i gorgoglii e il gesticolare fantasioso, tipico dei soggetti irrecuperabili quanto ad arte della comunicazione ed a capacità di sintesi.

I cultori della espressione linguistica “delle due l’una…” in genere non conoscono quasi nulla della materia loro affidata dagli irresponsabili manutengoli governativi e dai politici corrotti e traffichini.

Tuttavia si comportano e si agitano con ostentata disinvoltura, pretendendo di dirigere, gestire, operare, condizionare, quando i settori della pubblica amministrazione loro incautamente affidati, quando le frange della piattaforma professionale, non sempre ottenuta per merito personale.

Spesso riescono a conquistare posti di responsabilità nella scuola e nell’università ed il loro devastante attivismo lascia segni profondi nelle generazioni destinate a costituire la classe dirigente successiva.

Come si riconoscono? Innanzitutto dai numerosi intercalari attraverso cui si adoperano per apparire eruditi e competenti, con il risultato di truffare gli interlocutori i quali, nella maggioranza, neanche si accorgeranno del pessimo affare che è loro toccato.

Non sempre  risulta facile smascherarli. In effetti, la conoscenza dei loro difetti presuppone lunghi cicli di frequentazione, approfondimenti e vaglio. Il rischio è infatti quello di restare isolati nelle valutazioni  qui proposte. Ed in questi casi, l’isolamento si paga. Ci vogliono dunque prudenza ed una forte dose di pazienza. Quando si è certi di aver intercettato la bufala linguistica, dietro la quale, con ogni probabilità si nasconde un somaro, bisogna subito denunciarne senza pietà la scoperta.

Ad un professionista vero non dovrebbero mancare doti quali la serietà realizzativa e la capacità manageriale. Il suo lavoro si articola in una prospettiva di esattezza calcolata e dimostrabile che non ammette errori. Un errore nel campo dell’ingegneria, ad esempio, comporta il fallimento del progetto e la conseguenza del fallimento è causa di danni irreparabili che talvolta coinvolgono anche vite umane.  Ed è così per tutte le professioni. Non si vuole comunque affermare che un professionista “quantaltrista” (cfr. articoli sul quantaltrismo nella Redazione Costume) sia sempre destinato al fallimento, né che il suo frequente ricorso all’espressione “delle due l’una…” o agli altri intercalari della serie quantaltrista lo spinga ineluttabilmente verso una posizione di stallo generazionale di improduttività e di fallimenti.

E’ comunque molto probabile che il pericolo di soluzioni improprie o del verificarsi di disastri causati da incompetenza, inesperienza, pressappochismo ed impreparazione, viaggi nei pressi dei pesonaggi equivoci, sfuggenti ed ignoranti.

Il fatto poi che i soggetti incompetenti, inesperienti, pressappochisti e impreparati, nel loro linguaggio quotidiano, usino spesso e con spregiudicatezza gli ineffabili  “… e quantaltro”, “come dire ?”, “delle due l’una…”, “assolutamente”, “un attimino” , non può essere sempre casuale.

Ritengo quindi utile e produttivo stimolare la vigilanza sociale per l'individuazione dell’incidenza del lessico adoperato sulle capacità professionali, se non altro per orientare correttamente i propri bisogni o  per  non essere truffati nelle proprie  aspettative.

Per concludere, se rimane fumoso il significato che i nostri campioni vorrebbero attribuire all’espressione “delle due l’una…”, salta comunque agli occhi l’assoluta approssimazione che caratterizza il concetto.

Nessun professionista dovrebbe infatti risolvere un problema, rilasciare una diagnosi, prescrivere una cura, spiegare un provvedimento amminisrrartivo, commentare una sentenza, concludendo  con l’espressione “delle due l’una…”.

L’insignificante intercalare potrebbe anticipare una disgrazia tecnologica,  annunciare un crollo improvviso o ancora predire un disastro ecologico, ma non riuscirebbe comunque a tranquillizzare un cliente, un paziente, un assistito, nelle sue aspettative di soluzioni univoche e concludenti. I malcapitati in questi casi ricevono soltanto input che li spingono a delle scelte talvolta estreme, esagerando, tra il suicidio e l’eutanasia, allorché il professionista interpellato si rivela incapace di fornire le soluzioni ai problemi prospettati.

Quindi “delle due l’una…” o il cliente si affretta a cambiare professionista, o più tardi dovrà constatare a sue spese di aver perso tempo e denaro senza aver risolto alcunché ed anzi di aver aggravato la sua situazione.

A quel punto la soluzione potrebbe essere quella di ricorrere al Consiglio dell’Ordine competente per chiedere conto e ragione ed in aggiunta screditare l’autore del danno. Attenzione, però: non “delle due l’una…”, ma entrambe le cose!...


 

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