Questo sito utlizza cookie. Consulta Privacy policy e Norme generali ACCETTA cookies minimi per navigare.

  Registrati | Profilo Personale | Norme Generali | Clubartespressione | Privacy

La Chiave di Luigi XVI

      

   

Diritto

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Avv. Raffaella Ginanneschi


Divagazioni sulle pene capitali

 

Stampa agevole

Invia questa pagina ad un amico

Nessun file da scaricare

Torna all'indice

 

 

2002-2024 Tutti i diritti riservati

“Esecuzione di Luigi XVI”


Forum Numero 7

La Chiave di Luigi XVI

Divagazioni sulle pene capitali

(Rieti, Mar 19 2007 12:00AM) “Ascoltate la voce della giustizia e della ragione; essa grida che mai il giudizio dell’uomo è tanto certo da far sì che la società possa dare la morte a un uomo condannato da altri uomini soggetti a sbagliare. Provate a immaginarvi il più perfetto ordinamento giudiziario; provate a trovare i giudici più onesti e più illuminati, resterà sempre un margine di errore o di prevenzione. Perché togliervi la possibilità di ripararli? Perché condannarvi all’impossibilità di soccorrere l’innocenza oppressa?...Bisogna dunque che la legge rappresenti sempre per i popoli il modello più puro della giustizia e della ragione…”, Parigi 30 maggio 1791, sorprendente discorso dinanzi all’Assemblea Costituente del nostro brillante e storico Collega, Maximilien de Robespierre, ex Giudice criminale per la Diocesi di Arras, tutt’altro che inesorabile: rinunciò a pronunciare una condanna a morte. Il Secolo dei Lumi presenta un caso emblematico di obiezione di coscienza, in sintonia con un dibattito “di tendenza” sulla pena di morte che all’epoca era stato sollevato in aperto contrasto con il principio della conservazione del bene comune promanato dalla dottrina secolare (Sant’Agostino, San Tommaso d’Aquino) e sublimato dalla stessa filosofia penale del tempo, che individuava nella estrema pena quella corrispondenza fra delitto e castigo (Kant) così perfetta che rendeva “onore” al diritto (Hegel). Tuttavia, l’Incorruttibile, di lì a poco, non si sarebbe lasciato prendere la mano dalla clemenza nei confronti di chiunque si fosse frapposto all’idea della realizzazione dell’agognato “Regno della Virtù”. “Luigi non può essere giudicato: è già stato giudicato, o egli è condannato o la Repubblica non viene assolta….. Io vi propongo di decidere seduta stante..”. Ciò proclamava un delirante Robespierre dinanzi alla Convenzione il 3 dicembre 1792, in occasione del processo-farsa istituito contro Luigi XVI. Tuttavia, questo Re forse non era quel piccolo Machiavelli senza molto buon senso, così come è stato dipinto dalla tradizione; “Come cadono presto le foglie quest’anno”, osservava con premonizione Luigi, calpestando il fogliame dei marroni del giardino delle Tuileries, durante il trasferimento della sua famiglia presso la sala del maneggio reale nell’agosto del 1792 (collezioni storiche di Georges Poisson, consultabili presso la Conciergerie). D’altro canto, il Sovrano aveva avuto modo di replicare alle accuse di spergiuro e di tradimento; infatti, sono note le sue negazioni in sede processuale, talvolta contrarie all’evidenza, dietro le quali aveva tentato invano di trincerarsi. Tuttavia, rimane insoluto l’episodio processuale di un disconoscimento che il Sovrano si ostinò a perpetrare a proposito di una misteriosa chiave contrassegnata da una etichetta redatta di suo pugno. Tale circostanza non è sempre ricollegata dagli autori agli addebiti inerenti un forziere nascosto dietro un muro delle Tuileries, dove Roland, per conto dell’accusa e senza testimoni, operò una selezione tra i segreti carteggi ivi rinvenuti, compromettenti per molti…anche per lui stesso. E’ certo, comunque, che fu una limitata corrispondenza, accreditata presuntivamente a Luigi, ad influire sulla sua inutile difesa processuale e sulla inappellabile condanna a morte, che fu ottenuta con la maggioranza di un solo voto, proprio quello di suo cugino (Duca d’Orleans). Probabilmente, quell’urlo “io muoio innocente” riecheggiò incresciose situazioni già paventate dal giurista Cesare Beccaria, “l’illustre ignoto” che fu sponsorizzato dallo stesso Voltaire, ma…“Voltaire era Voltaire!” (Norberto Bobbio). In realtà, il Beccaria fu un grande perché fu molto più convincente nell’esortare i movimenti abolizionisti della pena capitale, tanto da ottenere risultati concreti, proprio attraverso la rappresentazione del rischio dell’errore giudiziario e della funzione intimidatrice della pena. Peccando di sciovinismo, il Premio “L’Abolizionista dell’Anno”, promosso da Nessuno tocchi Caino, si dovrebbe sempre conferire alla memoria di Pietro Leopoldo di Toscana! Tuttavia, ancor oggi, le dispute sulla pena capitale non sono state ancora risolte, anzi, sono destinate a proseguire sine die, seppur le stesse siano talvolta ridotte al dilemma proposto dal conservatore Marcel Normand: “gli abolizionisti si pongono dal punto di vita del criminale, gli anti-abolizionisti da quello della vittima. Chi ha più ragione?”, insomma, una semplicistica immagine speculare della contrapposizione tra etica utilitaristica ed etica assoluta. Ma al di là dei contrasti ideologici, in circa cento Paesi e territori del Mondo (la statistica varia in dipendenza dei molteplici siti internet sull’argomento) il patibolo continua a costituire un super attivo strumento giustizialista. La recente esecuzione capitale dell’attivista uiguro, a seguito di una sua confessione per “separatismo dalla madrepatria” ottenuta attraverso la tortura (secondo quanto denunciato dallo stesso reo nel braccio della morte) da un Tribunale dello Xinjiang, regione occidentale cinese, evidenzia, ancora una volta, la triste ricorrenza di condanne a morte sproporzionate rispetto alle incriminazioni, sovente accompagnate da brutali scorrettezze procedurali. Le giustificazioni sono le più varie: controllo numerico delle popolazioni, lotta globale al terrorismo, alla droga...e ad oppositori politici. Il Presidente Barroso, in occasione della sua visita a Roma, in sintonia con la dichiarazione adottata nel febbraio scorso a Parigi dal III° Congresso Mondiale contro la pena di morte, ha proposto una iniziativa che coinvolge tutti i Paesi dell’Unione Europea nei quali la pena di morte è stata definita “fuori legge” (“La pena di morte è abolita. Nessuno può essere condannato a una tale pena, né può essere giustiziato”, così stabilisce l’art.1 del Protocollo Aggiuntivo alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo). Pertanto, si dovrebbe convincere la maggior parte degli altri Stati del Mondo che la mantengono, dall’Afghanistan allo Zimbabwe, ad “accettare” una moratoria universale ed immediata delle esecuzioni, in vista della definitiva abolizione. Tuttavia, la missione, per la quale l’Italia è impegnata in prima linea, è alquanto ardua. Al momento non si hanno ancora notizie sulla problematica costituzione di una forte maggioranza in sede ONU. Non è difficile immaginare qualche resistenza, soprattutto di Paesi influenti. Si pensi ancora alla Cina, membro permanente del Consiglio di Sicurezza e primatista nel “podio” dei cosiddetti paesi boia; in questo Stato anche i contrabbandieri di sigarette sono giustiziati previo il consueto supplizio della gogna pubblica. Si consideri, inoltre, il Giappone, altro Stato evoluto appartenente al G8, il quale, dopo una temporanea moratoria richiesta da un pietoso ministro buddhista, ha riattivato il doloroso dovere, mantenendo il riserbo delle esecuzioni anche nei confronti degli stessi condannati. Ancora più inverosimile si potrebbe profilare l’opera di persuasione dei Paesi islamici, ad esempio l’Iran, che puntualmente vanifica lo stesso Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che ha ratificato. Ma ciò non stupisce più di tanto, atteso il noto savoir faire del Presidente. Negli USA, inoltre, si riscontrano insuperabili ambivalenze. L’appartenenza politica è relativa; alcuni esponenti del Partito Democratico si sono pronunciati favorevolmente sulla stessa impiccagione di Saddam. Inoltre, si rammenta che l’inasprimento delle leggi capitali fu deciso nel 1994 proprio da Clinton. D’altro canto, provvedimenti di grazia o di moratoria sono emessi anche da Governatori Repubblicani (pochi mesi or sono, Mike Rounds del South Dakota). Pertanto, le opere di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sono demandate al più efficace e magniloquente entourage hollywoodiano, il quale, “costretto” dalle circostanze, si è discostato dalle sue originarie funzioni, finendo così per assumere un ruolo sempre più predicatorio. Ma talvolta, i casi giudiziari statunitensi superano la fantasia cinematografica, anzi, rasentano l’incredibile: Carvin Burdine, nel Texas degli anni ’80, fu condannato a morte, probabilmente a causa di una debole difesa; infatti, il suo avvocato si concedeva ripetuti sonnellini durante l’assunzione delle prove, dei quali, peraltro, si era lamentato lo stesso imbarazzato procuratore (era in gioco la vita dell’imputato). Ma al danno si aggiunse la beffa: alla sospensione e alla successiva revoca della esecuzione della pena da parte della Corte Suprema, per violazione del diritto alla difesa, e all’intervenuto decesso dello stesso primo difensore, seguì la reviviscenza della procura di Houston….; Richard Rossi, in Arizona, è stato condannato a morte da un giudice tossicodipendente, il quale si presentava in aula sotto il visibile effetto della marijuana recapitata direttamente presso la cancelleria del suo ufficio: il magistrato è stato rimosso dall’incarico (dopo l’esaurimento del processo); per Rossi, invece, è stata confermata la “lucida” sentenza nei gradi successivi di giudizio. Infine, il destino ha sottratto all’iniezione letale lo stesso condannato, il quale è morto lo scorso anno in carcere per una malattia. Non inutilmente.

Avv. Raffaella Ginanneschi

 

Inizio

INVIA UN'OPERA

PROFILO PERSONALE

SUPPLEMENTI

 

Pubblicazione

Tesi di Ricerca, Laurea, Master, Dottorato di ricerca.

 

Inserimento opere letterarie, articoli, foto, dipinti,...

Servizio riservato agli utenti registrati

 

Accesso all'area personale

Il servizio consente di modificare le proprie impostazioni personali

  Registrati | Profilo Personale | Norme Generali | Clubartespressione | Privacy

2002-2024 Graffiti-on-line.com

Tutti i diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati.

Registrazione al tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002.

Consultare le norme generali e la politica sulla privacy.

Proprietario e Direttore responsabile Carmelo SARCIA'

La pubblicazione di articoli, saggi, opere letterarie, tesi di ricerca, ecc. verrà sottoposta alla preventiva approvazione di una commissione tecnica composta di esperti nel ramo nominati dalla Direzione.

Chi siamo | Mappa del Sito | Contattaci | WebMail | Statistiche