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Pacchetto sicurezza

      

   

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 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Avv. Raffaella Ginanneschi


Commento al d.l. n. 92/2008 Prima Parte

 

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Pacchetto sicurezza

Commento al d.l. n. 92/2008 Prima Parte

(Rieti, Nov 10 2008 12:00AM)

Tra le prime iniziative del Governo Berlusconi quater, si segnala il provvedimento composito predisposto per fronteggiare la recrudescenza della criminalità, con particolare riguardo alla incidenza del fenomeno della importazione della illegalità in Italia attraverso la immigrazione. Le precipue specificità dovrebbero circoscrivere l’odierno intervento entro i limiti segnalati dalla Ue. Pertanto, i recenti dibattiti, non solo ideologi (si dovrebbero configurare condizioni europee più paritetiche di mobilità e di deviazione dei flussi migratori), hanno originato approfondite riflessioni soprattutto sull’adeguamento dell’Italia ai principi europei. Infatti, dal 1990 il nostro Paese rientra nello “spazio di Schengen”, ambito interno europeo senza frontiere e senza controlli sulla circolazione delle persone; inoltre, l’Italia è soggetta alle disposizioni del Trattato di natura costituzionale europea di Lisbona (GUUE C 306 del 17.12.2007), in vigore entro il 2009, quando si saranno esaurite, verosimilmente, tutte le procedure di ratifica. Il primo decreto legge “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”, già sottoscritto dal Presidente Napolitano, prevede l’inasprimento del trattamento penale per i reati di attuale allarme sociale, oltre che per la clandestinità (anche sotto il profilo della sua speculazione) e per la criminalità organizzata. La invocata sicurezza urbana è rafforzata anche grazie ai nuovi poteri attribuiti al Sindaco (quale Ufficiale del Governo) e alla Polizia Municipale, in vista di una più stretta collaborazione con le forze di Polizia Statale. Inoltre, uno schema di disegno di legge, recante delle disposizioni sempre in materia di sicurezza pubblica, propone altre tematiche opinabili e, come tali, suscettive del vaglio parlamentare. Tuttavia, appare incontestabile l’ossequio implicito al Giudice Giovanni Falcone, ispiratore dell’applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali più incisive per l’aggressione ai patrimoni illeciti; non si dovrebbe dissentire, altresì, sulla opportunità di contrastare quelle condotte cui è sovente sotteso lo sfruttamento dei soggetti più deboli ovvero il ricorso alla manovalanza delinquenziale minorile. Si preannuncia più probabile, invece, la configurazione dell’ingresso irregolare nel territorio italiano come aggravante, nonostante la fattispecie autonoma di reato di cui all’art.9, Ddl cit., sia prevista in armonia con il sistema della Francia, della Germania e dell’Inghilterra, e, comunque, con i precetti comunitari. Infatti, la sicurezza nazionale è competenza esclusiva di ciascun Stato membro, atteso il rispetto dell’Unione per le posizioni nazionali dello Stato per la salvaguardia dell’integrità territoriale, del mantenimento dell’ordine pubblico e della tutela della stessa sicurezza (art.4, Disposizioni Comuni della Versione consolidata del Trattato di Lisbona). Ma al di là dell’intento di non cadere in contraddizione con la precedente elargizione degli indulti, il prospettato intasamento delle carceri non appare l’unico pretesto argomentativo per dubitare sulla efficacia di tale disposizione in fieri; infatti, si dovrebbe prestare maggior attenzione proprio al criticato sistema alla francese della doppia pena, finalizzato ad agevolare gli allontanamenti, e, nel contempo, idoneo a consolidare una politica di esclusione sociale. Lo scorso anno la Francia ha provveduto ad espellere inesorabilmente 23mila condannati per immigrazione clandestina, con tutte le implicazioni immaginabili connesse al ritorno nel paese di origine. Peraltro, l’ultima intesa raggiunta a Bruxelles lo scorso 22 maggio, in ordine al rimpatrio degli extracomunitari illegali (prossimamente convalidata dall’Europarlamento), prefigura una linea guida già intrapresa; conseguentemente, le procedure di espulsione immediata saranno inevitabilmente preferite dalla maggior parte dei Paesi Membri, a discapito della prevista alternativa perseguibile attraverso la legalizzazione del soggiorno. La qual cosa, tuttavia, l’Italia si appresta a valutare, con l’ipotesi di una clausola “salva badanti e colf”. La solerte richiesta di notifica a Bruxelles dei provvedimenti governativi italiani riflette, comunque, una generale esigenza comunitaria di cooperazione rafforzata, già istituzionalizzata al tempo del Trattato di Amsterdam (in vigore dal 1999), la cui inattuazione discende dalle difficoltà di instaurazione delle procedure intergovernative, divenute oramai priorità europee in materia di Asilo e Immigrazione. A tal proposito, sono evidenti le discrasie tra le politiche europee, tanto è vero che le competenze di Polizia nazionali previste in sede europea, ai fini della tutela della sicurezza anche transfrontaliera, sono discrezionalmente interpretate dagli Stati Parte. Ciò si evince dai programmi intrapresi dall’Italia anche con Stati “extra” Schengen, ideati in sintonia con gli stessi principi dell’acquis Schengen (Protocollo di Bucarest del 2006 e piano bilaterale operativo dal 16 maggio u.s tra Italia e Romania, relativo alla interazione tra Polizie; Protocollo di Tripoli del 2007 sui pattugliamenti congiunti), i quali si contrappongono alle recenti opere di potenziamento delle barricate (armate) erette nelle enclaves spagnole in Marocco, nonché al dispiegamento (pregiudiziale) della vedetta greca, la quale dovrebbe, invece, intervenire (anche in ottemperanza alla Convenzione Internazionale di Ottawa) sulle flemmatiche opere di bonifica dei campi minati presso la provincia di Evros. Ciò nonostante, l’impegno italiano è volto all’adeguamento degli indirizzi europei; pertanto, il termine massimo dei 18 mesi di permanenza nei centri di identificazione e di espulsione (così ridefiniti, art.8, Dl cit.; art.18 del Ddl cit.) si uniforma all’adottanda Direttiva Europea sui Rimpatri, volta all’inasprimento delle misure di espulsione forzata di migranti irregolari a partire dal prolungamento dei tempi della detenzione amministrativa. La prossima costituzione della banca dati del Dna, prevista con altro apposito Ddl, segue la falsariga della iniziativa del precedente Governo e aderisce alle previsioni del Trattato di Prum del 2005. Inoltre, sono dedicati alla circolazione dei migranti tre particolari decreti legislativi. Il D.Lgs. sul riconoscimento dello status di rifugiato dovrebbe essere diretto a combattere quella criminalità (legata alla clandestinità) rimasta ancora sommersa, che sovente strumentalizza i richiedenti. A tal proposito si rileva la specifica diatriba in ordine alla mancata previsione di un effetto sospensivo a fronte del ricorso giurisdizionale (salvo l’autorizzazione del Prefetto per gravi motivi), inoltrato nel caso di diniego di asilo da parte della Commissione territoriale, preposta alla Protezione Internazionale. La previsione non è inconciliabile con la libera determinazione normativa attribuita agli Stati Membri circa il destino del richiedente in attesa dell’esito dell’impugnazione (art.39, 3° co. sub a) della Dir. 2005/85/CE). Il D.Lgs. sulla circolazione dei cittadini comunitari è ispirato, invece, al presupposto, sempre comunitario, secondo il quale la concessione della “carta di soggiorno” ai cittadini di uno Stato Parte è doverosa qualora costoro non diventino un onere sociale ed economico per lo Stato ospitante (art.7, Dir. 2004/38/CE). Il D.Lgs. che introduce requisiti più stringenti per richiedere il ricongiungimento familiare dispone, infine, l’esame del Dna come una integrazione probatoria, costituendo una mera prerogativa dell’interessato (ben intenzionato) in mancanza di una documentazione alternativa. Pertanto, la entrata in vigore delle norme costituenti il Pacchetto Sicurezza, al di là degli eventuali emendamenti apportati, segna solo l’inizio della risoluzione della questione immigrazione. Infatti, sarà opportuno affrontare il versante dell’approccio e dell’inserimento interculturale degli immigrati regolari, non ricorrendo allo sprezzante metodo della obbligata integrazione, già perseguito dagli altri Stati Membri con la sottoscrizione di un contratto ad hoc o con l’espletamento di test ed esami attitudinali come quelli britannici…comprensivi del giuramento di fedeltà alla Regina.

Avv. Raffaella Ginanneschi

 

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