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Giancarlo De Cataldo


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A cura di Olinto Petrangeli

(Rieti , Dec 15 2008 12:00AM) “L’India,l’elefante e me” è l’ultimo libro di Giancarlo De Cataldo, Giudice presso la Corte di Assise di Roma dove si è trasferito dalla natia Taranto. E dello spirito meridionale De Cataldo conserva la verve e il gusto per la battuta. Il suo scritto più celebre è “Romanzo Criminale”, da cui è stato tratto l’omonimo film di Michele Placido. Questo, edito da Rizzoli, non è un romanzo nel senso classico: è piuttosto un diario di viaggio, realizzato con famiglia al seguito, nel paese legato alle suggestioni di Emilio Salgari. De Cataldo parte per l’India del nord alla ricerca di un mondo di avventure ma, invece dei thugs sanguinari, dovrà guardarsi dalla folla di mendicanti avidi di ogni cosa possieda un turista. Ma il loro mendicare è dignitoso perché ha un aspetto religioso. Sono tante le religioni dell’India, diverse tra loro e segnate da riti e iniziazioni rigorose. Ad esempio, mentre nella religione dominante i morti vengono bruciati, i parsi ( una minoranza religiosa molto attiva) non seppelliscono i morti e nemmeno li cremano ma li espongono agli elementi naturali e lasciano che gli uccelli si cibino dei corpi, e ciò per non inquinare né la terra con l’inumazione né il fuoco con il rogo. Originari della Persia (da cui il nome), i parsi sono seguaci di Zaratustra. Nella cerimonia di iniziazione il piccolo parsi indossa una veste con un taschino che serve per ricordargli l’obbligo di versare ogni giorno a Dio una parte di quanto ha guadagnato, e siccome il Dio dei parsi è il Dio di tutti gli uomini a questi l’obolo deve tornare con l’elemosina. Tre sono le istituzioni fondamentali in India: la famiglia, il matrimonio e le caste, e questo vale per tutte le religioni, cristiani compresi. L’India cerca una sua democrazia; ma come si concilia il sistema castale e il fatto che siano le famiglie a combinare i matrimoni con la promessa e la speranza della democrazia?, chiede l’autore al suo amico professore universitario «E’ un sistema che ha funzionato e che molti ancora seguono proprio per questo», risponde l’interrogato La casta è un mezzo di identificazione sociale che non contrasta con il veloce cambiamento dell’India: un miliardo e duecentomila persone che combattono per sollevarsi dalla povertà. Più cresce l’economia più crescono le speranze, anche se ora l’India produce sette milioni e mezzo di telefoni cellulari al mese ma non ci sono tanti indiani (non ancora) che hanno bisogno dell’apparecchio. L’unica soluzione per il viaggiatore che non sia soltanto un turista è quella di una resa incondizionata: abbandonarsi alle contraddizioni senza cercare di esaminarle con l’occhio dell’europeo figlio dell’illuminismo. E in India bisogna tornarci e ancora tornarci: «Il viaggio non deve fermarsi, il viaggio è ciò che non si ferma. Durante il percorso sembra non esserci un fine, ma ogni momento del viaggio è completo». E’ questo il commiato del saggio Swami, il quale ricorda all’autore che l’India è come l’elefante che, a causa della sua stessa grandezza, non si potrà mai vedere per intero.

Avv. Olinto Petrangeli

 

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