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Definitivitą degli accertamenti e autotutela tributaria

      

   

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 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Carlo Giacobbi


Cenni Guida

 

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La Giustizia Tributaria


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Definitivitą degli accertamenti e autotutela tributaria

Cenni Guida

(Rieti, 09/10/2009)  

Com’è noto l’avviso di accertamento deve essere impugnato, a pena di inammissibilità, non oltre il sessantesimo giorno dalla sua notifica. La mancata impugnazione del provvedimento entro il predetto termine rende l’atto impositivo definitivo. Ciò significa che la pretesa fiscale in esso contenuta si cristallizza, diventa dovuta, ed in linea di principio non può più essere sindacata. In tale circostanza, la difesa più ricorrente, è quella di impugnare la conseguente cartella di pagamento sostenendo il difetto di notifica dell’atto impositivo presupposto. Il risultato, tuttavia, è spesso deludente. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’amministrazione finanziaria riesce a fornire la prova della notifica dell’atto impositivo, vanificando così la difesa del contribuente. Occorre chiedersi, allora, se, al fine superare l’ostacolo della definitività dell’accertamento, possa essere utilizzata un’altra modalità difensiva, capace di mettere in discussione la legittimità e la fondatezza della pretesa erariale. Si supponga il caso che segue. L’amministrazione finanziaria notifica a Tizio un atto impositivo. Decorre il termine per l’impugnazione senza che Tizio proponga ricorso. La pretesa erariale diventa definitiva. Tizio, tuttavia, ai sensi del D.L. 564/1994 convertito nella Legge 656/1994 e del D.M. 11 febbraio 1997 n. 37, chiede all’Ufficio che ha emesso l’atto di annullarlo in autotutela in quanto illegittimo e infondato. L’Ufficio si rifiuta - espressamente o tacitamente - di annullare il provvedimento. Quid iuris? La prima domanda cui rispondere è la seguente: il diniego di autotutela, pur essendo atto non contenuto nel novero degli atti impugnabili di cui all'art. 19 D.Lgs. 546/1992, può essere oggetto di una pronuncia caducatoria da parte della Commissione Tributaria? Nel caso dovessimo rispondere affermativamente, occorrerebbe ulteriormente chiedersi: il ricorso avverso il diniego di autotutela di un atto impositivo ormai definitivo, non dovrebbe essere dichiarato inammissibile per elusione dei termini di impugnazione di cui all’art. 21 D.Lgs. cit.? Alla prima domanda si può rispondere agevolmente. L’elencazione di cui all’art 19 D. Lgs. 546/1992 è esemplificativa e non tassativa. Lo affermarono, già nel 2005, (e proprio in tema di autotutela) le SS.UU. della Suprema Corte, la quale, con sentenza 16776/2005 ebbe ad affermare che, anche in considerazione dell’ampliamento della giurisdizione tributaria realizzatasi ad opera della Legge 448/2001, si è verificata una sostanziale modifica della portata dell’art. 19 cit. da leggersi non più nell’ottica di un catalogo chiuso di atti impugnabili ma in quella di una esemplificazione non esaustiva. Pertanto, il contribuente cui venga notificato l’avviso d’accertamento, può legittimamente chiederne l’annullamento in autotutela ed altrettanto legittimamente impugnare l’eventuale rifiuto opposto dall’amministrazione.

La risposta alla seconda domanda non è altrettanto scontata. Sotto il profilo normativo e dogmatico è infatti ineccepibile sostenere che un atto impositivo non impugnato faccia maturare a vantaggio dell’amministrazione un credito nei confronti del contribuente inerte, con conseguente possibilità di recupero della somma mediante l’attivazione di procedure coattive di riscossione. Anche esigenze di certezza giuridica nei rapporti tra fisco e contribuente militano a favore della tesi che vuole non più sindacabile la pretesa tributaria fissata in un atto definitivo. Tuttavia, non bisogna dimenticare che l’interesse del fisco nei confronti del contribuente non diverge da quello di quest’ultimo nei confronti del primo. O almeno così dovrebbe essere. Infatti, se da un lato il fisco non può avere altro interesse che quello di tassare il reddito del contribuente nel rispetto della sua capacità contributiva, anche il contribuente è portatore del medesimo interesse. Non è costituzionalmente corretto, specie nel caso di infondatezza della pretesa erariale, che il fisco approfitti dell’inerzia del contribuente maturando il vantaggio economico in ragione di ciò e non, come vuole la costituzione, in ragione dell’effettiva capacità contributiva espressa dal produttore di reddito. Si ipotizzi che ricorrano le ipotesi di annullamento dell’atto di cui all’art. 2 del DM 11 febbraio 1997, n. 37: errore di persona, evidente errore di calcolo, doppia imposizione, ecc. Si ipotizzi che nell’elaborazione dell’avviso di accertamento, ormai definitivo per decorrenza dei termini, l’Ufficio abbia errato nella determinazione della tassazione ed abbia preteso € 100.000,00 contro i 1.000,00 che poteva pretendere in base alla capacità contributiva del soggetto accertato. Il provvedimento amministrativo, benché definitivo, è legittimo? Non sarebbe più corretto che l’amministrazione ripristinasse la legalità violata motu proprio o che la stessa venisse ripristinata dall’autorità giudiziaria mediante il riesame del provvedimento di diniego di autotutela impugnato dal contribuente? Forse si. Ed è quanto auspicato da autorevole dottrina. Tuttavia le SS. UU. della Suprema Corte con sentenza 2870/2009, nel richiamarsi ad un precedente pronunciamento delle stesse, ha affermato che “avverso l’atto con il quale l’Amministrazione manifesta il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto definitivo…non è sicuramente esperibile una autonoma tutela giurisdizionale…perché, diversamente opinando, si darebbe inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo”. La Corte Suprema, dunque, sposa il dogma della insindacabilità dell’atto impositivo divenuto definitivo lasciando intendere che poco importa se lo stesso violi norme di rango costituzionale quali la tassazione del contribuente in ragione della sua capacità contributiva ed il diritto alla difesa dello stesso.


Carlo Giacobbi

 

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