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La Libertą di Stampa

      

   

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 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Arnaldo Ciccalotti


La gogna mediatica

 

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La Libertą di Stampa

La gogna mediatica

(Rieti, 29/10/2009)  

E’ opinione comune che anche coloro che non sono esperti di diritto sappiano che negli stati moderni il sistema delle pene che riguarda le persone viene stabilito dai competenti organi legislativi, le cui norme,  prima della loro entrata in vigore, debbono essere  portate a conoscenza di tutti i cittadini con idonee forme di pubblicità.

Questo sistema di posizione e di applicazione delle norme  vige ancora in Italia? Dal punto di vista formale la risposta dovrebbe essere positiva, in quanto non risulta che la Costituzione e la legislazione italiana abbiano subìto modifiche in tal senso. Il condizionale è d’obbligo perché  sembra che non si possa negare che nel nostro Paese, fin dagli inizi degli anni Novanta, di fatto e con improvvisa violenza, siano state introdotte altre pene, non previste da nessuna norma, tra cui, velenosa, la cosiddetta gogna mediatica, usata come una clava da alcuni settori politici e da larga parte dei media, le cui notizie non di rado furono utilizzate dalla magistratura per imbastire  processi alcuni dei quali  successivamente risultarono del tutto infondati.  

Anche Rieti ci furono coloro che, fors’anche per ambizione di protagonismo, non si lasciarono sfuggire l’occasione di salire alla ribalta, partecipando a una provinciale“gogna mediatica”.

Infatti in quegli anni alcuni signori,  per motivi ancora non chiari, forse non tutti nobili, cercarono la luce dei riflettori, le prime pagine della stampa locale, qualche televisione compiacente, anche regionale, che dette spazio ai loro teoremi, alle loro accuse che risultarono poi assolutamente inattendibili. Fu una stagione di veleni e di scandali veri o presunti, molti dei quali montati ad arte, che non risparmiarono la Città e l’intera Provincia.

Emblematico di quel periodo fu il preteso scandalo Precedil, riguardante la nuova sede dell’A.S.M. di Rieti. Una montagna di fumo, cui erano sottese ipotesi che poi si sciolsero come neve al sole. Furono lanciate accuse improvvise, assurde, campate in aria, formulate –sarebbe interessante sapere perché -da alcuni personaggi. Si è detto che le sentenze di piena assoluzione che ne seguirono abbiano reso giustizia. Sì, è vero. Ma quale giustizia? Purtroppo per la sua natura, la giustizia è sempre tardiva. Può solo riconoscere l’innocenza degli imputati. Può affermare che “il fatto non sussiste” o che “ il fatto non costituisce reato”.  Per i suoi meccanismi di regola non può dire altro. Ignora completamente i numerosi casi di chi, sottoposto a processo, non solo non aveva commesso alcunché, ma aveva fatto scrupolosamente il proprio dovere, operando nell’interesse pubblico con puntuale rigore. 

Dopo la brusca interruzione del progetto riguardante la realizzazione della nuova sede dell’A.S.M. di Rieti, avvenuta a seguito dell’esplodere del “falso scandalo”, l’opera rimase ferma per oltre dieci anni. Quella vicenda, riletta oggi, appare essere stata assai lesiva degli interessi della Città anche perché il fermo di uno dei primi tentativi di riconversione industriale non risultò essere un buon viatico per altre iniziative o l’insediamento di nuove attività a Rieti.

In molti -alcuni sicuramente in buona fede- hanno cercato di farci credere che quelle campagne diffamatorie degli anni Novanta, le varie gogne medianiche, che investirono tutta l’Italia, avessero nobili obiettivi. Certamente la stragrande maggioranza dei cittadini italiani sentivano e sentono la necessità di una più limpida azione politica, di un maggiore rigore morale da parte di coloro che sono investiti di funzioni pubbliche, da coloro detengono il potere effettivo in Italia, poteri forti e meno forti. Troppe coincidenze, però, lasciano invece pensare che in quel periodo, dietro l’obiettivo dichiarato di voler moralizzare l’Italia, fu posto in opera da alcuni anche un piano ben preciso allo scopo di porre in difficoltà il nostro Paese. Più volte bastò un semplice avviso di garanzia per distruggere imprese, società o gruppi che davano lavori a decine di migliaia di persone. Alcune inchieste –già per il solo fatto di essere state aperte- posero in difficoltà grandi gruppi imprenditoriali che poi furono annullati, fagocitati, distrutti. Di fatto si crearono le condizioni che poi favorirono alcuni gruppi finanziari nazionali e internazionali per acquisire a prezzo di saldo le migliori aziende pubbliche, moltissime banche, importanti società quotate e non quotate in borsa. Nei momenti di caos che seguirono fu pure possibile bruciare i risparmi di milioni di risparmiatori.  Forse non sono lontani dal vero coloro che pensano che le successive crisi economiche internazionali ebbero proprio origine in quelle campagne scandalistiche che, con regolarità impressionante, vengono montate e si ripetono in vari paesi del mondo, riducendo alla fame milioni di cittadini i cui paesi pur sono in natura ricchissimi.

La libertà di stampa, che deve essere sempre difesa, non può essere confusa con la libertà di calunnia, di diffamazione, di stravolgimento della verità. Non può giungere al sistematico inganno dei lettori, degli utenti dei media. Anche alcuni grandi gruppi editoriali internazionali ormai esercitano un potere dispotico, senza controlli, spesso finalizzato alla speculazione finanziaria. Dispongono di un potere enorme in grado di condizionare i governi liberamente eletti dai cittadini, di un potere non di rado diretto pure a ottenere vantaggi e concessioni, come si evince anche dalle recenti dichiarazioni del presidente degli U.S.A. Obama e del premier spagnolo Zapatero.


Arnaldo Ciccalotti

 

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