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Sulla Mediazione

      

   

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 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Genziana Giorgetti


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Sulla Mediazione

Un altro punto di vista

(Rieti, 14/05/2010)  

La mediazione finalizzata alla conciliazione è diventata legge. Il decreto legislativo n. 28 del 04 marzo 2010 sulla mediazione in materia civile e commerciale regola infatti il procedimento di composizione stragiudiziale, ad opera delle parti, delle controversie vertenti su diritti disponibili. Viene in tal modo esercitata la delega conferita al Governo dall’art. 60 della legge n. 69 del 2009 e viene anche attuata la direttiva dell’Unione europea n. 52 del 2008.

Il testo normativo, in vigore già da qualche mese, prevede tre tipologie di mediazione:
la mediazione obbligatoria, quella volontaria e quella demandata dal giudice.

1) La cd. obbligatoria, rispetto ad alcune materie elencate nell'articolo 5 del d.lgs. n.28 del 2010, si pone come condizione di procedibilità per l’avvio del processo: essa entrerà in vigore decorsi dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto, ossia il 20 marzo 2011, e riguarda, tanto per fare gli esempi più eclatanti, le liti in materia di: condominio, successioni ereditarie, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, responsabilità medica, contratti assicurativi, bancari e finanziari. In questi casi, la parte che intenderà agire in giudizio avrà l’onere di tentare la mediazione e dovrà essere previamente informato dal proprio avvocato, tanto che il giudice, qualora rilevi la mancata allegazione da parte del difensore del documento di informativa sottoscritto dal cliente all’atto introduttivo del giudizio, lo informa in udienza della facoltà di chiedere la mediazione.

2) La cd. volontaria è invece già in vigore e verte su ogni altra materia, escluse poche eccezioni stabilite all’art. 4 del Decreto: essa può essere avviata dalle parti su base volontaria, prima o durante il processo.

3) La mediazione sollecitata dal giudice invece si verifica quando il processo sia già stato avviato, ma il giudice ritenga opportuno invitare le parti processuali a ricorrere agli organismi di mediazione, in base alla natura della causa e al comportamento delle parti. Tale invito tuttavia è possibile solo fino all’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non sia prevista, entro e non oltre la data fissata per la discussione della causa.

La prima impressione che suscita la disciplina sulla mediazione è che il legislatore, non volendo impiegare forze e risorse per rendere efficiente e celere il processo, abbia preferito introdurre, rispetto al rito contenzioso, un istituto alternativo, per il quale ha, oltretutto, previsto agevolazioni fiscali e benefici vari. La procedura di mediazione, infatti, non è soggetta ad alcuna formalità ed è protetta da norme che assicurano alle parti l’assoluta riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese ed alle informazioni emerse, essendo il mediatore tenuto al segreto professionale.

La durata del procedimento di mediazione è relativamente breve: la legge dispone che esso deve chiudersi nel termine perentorio di quattro mesi, trascorso il quale il processo può iniziare (quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria) ovvero proseguire (quando è stato sospeso per volontà delle parti o su sollecitazione del giudice).
Presentata la domanda presso l’organismo di mediazione, è designato un mediatore, e fissato il primo incontro tra le parti (non oltre quindici giorni dal deposito della domanda).
La domanda e la data dell’incontro sono comunicate all’altra parte, anche a cura dell’istante; il mediatore cerca un accordo amichevole di definizione della controversia; se la conciliazione riesce, il mediatore redige processo verbale, sottoscritto dalle parti e dallo stesso mediatore, che verrà successivamente omologato dal Tribunale e acquisterà in tal modo efficacia esecutiva (di titolo valido per iniziare un’esecuzione forzata e altresì per iscrivere un’ipoteca).

Viceversa, qualora l’accordo non venga raggiunto, il mediatore formula una proposta scritta di conciliazione, il cui rifiuto senza giustificato motivo da parte di alcuno degli interessati potrà essere valutato negativamente dal giudice ai sensi dell’articolo 116 del codice di procedura civile.

Non solo! All’esito del processo civile, se la sentenza del giudice corrisponde interamente al contenuto della proposta conciliativa non accettata dalla parte vincitrice, quest’ultima subirà pesanti conseguenze in punto di condanna alle spese processuali. Infine, tutti gli atti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. In particolare, il verbale di conciliazione è esente dall’imposta di registro sino all’importo di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente.

In caso di successo della mediazione, le parti avranno diritto a un credito d’imposta fino a un massimo di 500 euro per il pagamento delle indennità complessivamente dovute all’organismo di mediazione. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è pur sempre accordato ma è ridotto alla metà. Ci si augura che da questa rivoluzione legislativa consegua una nuova prospettiva di lavoro per la classe forense che sempre più risente della crescente concorrenza e della contestuale diminuzione di contenzioso (e relativi introiti) per effetto della attuale crisi economica, e che troppo spesso viene delusa a livello parlamentare nelle legittime aspettative di vedersi riconosciuto un ruolo preminente o, meglio ancora, esclusivo nella gestione di materie delicatissime quale può essere appunto, l’attività di mediazione giuridica.


Genziana Giorgetti

 

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