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ILDEGARDA DI BINGEN LA SANTA TERAPEUTA DEL XII SECOLO

      

   

Inchieste

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

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M.Iacopi


Autrice di una imponente opera medica enciclopedica sul potere curativo delle piante

 

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ILDEGARDA DI BINGEN AL LAVORO


Benedettina, mistica, compositrice, scrittrice

ILDEGARDA DI BINGEN LA SANTA TERAPEUTA DEL XII SECOLO

Autrice di una imponente opera medica enciclopedica sul potere curativo delle piante

(Roma, 17/12/2014)

Che una donna, nel XII secolo, si interessi di medicina non è una cosa rara, sebbene non tutte le donne di quell’epoca abbiano lasciato di sé lo stesso ricordo. Se Helvidis, attiva come medica nel 1136, è conosciuta appena per una carta, la fama di quelle passate attraverso la prestigiosa scuola di Salerno è, per contro, ben affermata. Una di queste “dame di Salerno”, Trota (o Trotula, a seconda delle versioni) guadagna per lungo tempo una discreta fama con il suo Trattato di ginecologia. In un manoscritto, “dama Trotula” viene rappresentata nell’atto di tenere un globo sormontato da una croce, con il significato che la donna è imperatrice fra le levatrici. Niente di strano, inoltre, che numerosi trattati di medicina del XII secolo, giunti sino a noi, provengano da biblioteche monastiche: se si eccettua il caso particolare di Salerno (dove la medicina veniva praticata e teorizzata da laici), nel resto dell’Occidente, il sapere medico si era rifugiato dietro le mura delle abbazie, dove monaci o monastici conservano e mettono in pratica i testi antichi – al punto di arrivare a parlare di “Medicina del chiostro” per qualificare questa disciplina dell’alto medioevo. I trattati medici della benedettina Hildegarda (Ildegarda) di Bingen (1098-1179), “Physyca” e “Causae et Curae” sono più o meno contemporanei di quelli del cistercense Guglielmo di Saint Thierry e del canonico Ugo de Fouilloy; essi segnano l’apogeo di questa medicina del chiostro che, per effetto di diversi fattori – specialmente la comparsa delle future facoltà di medicina – subirà ridimensionamento se non un oblio.

Dottoresse in erba

La farmacopea di Ildegarda, innanzitutto vegetale, è caratteristica della medicina del suo tempo. Ma la donna conosce un numerose notevolmente elevato di droghe vegetali e la sua opera si distingue per una profusione di piante locali (chiamate “semplici”, in quanto utilizzate così come sono fornite dalla natura) menzionate: la Physyca recensisce le virtù di più di 100 varietà che possono essere raccolte sul posto dai suoi lettori, ovvero la metà delle piante medicinali enumerate nel testo. E’, tra l’altro, a causa delle sue osservazioni sulle piante, in accordo con le virtù terapeutiche che riconosce loro la farmacologia attuale, che Ildegarda è stata considerata, sin dal XIX secolo, come la “prima naturalista”, ovvero la prima “donna medico” della Germania. Ildegarda conosce i pericoli rappresentati dalle piante velenose utilizzate in grandi dosi, come la mandragora, il colchico e la belladonna. Ma la donna è anche capace di scoprirne la loro virtù medicinale: come nel caso della cicuta, impiegata oggi per calmare i dolori locali. La religiosa mette in guardia contro qualsiasi uso interno di questa pianta, ma la raccomando contro i colpi e le cadute. La stessa cosa per la morella nera (impiegata oggi per diminuire i dolori reumatici per mezzo di applicazioni esterne) e che la religiosa consiglia di porre in compresse sul cuore, i denti, i piedi o le “ossa delle gambe”. Alla donna non sfugge il fatto che una pianta narcotica, come il papavero, possiede una virtù calmante in caso di insonnia e che l’euforbia (purgativo) serve a combattere l’indurimento dello stomaco. Le piante tossiche, tuttavia, costituiscono un ricorso minoritario. Ildegarda attribuisce a numerose varietà inoffensive coltivate o meno, delle qualità che la botanica moderna riconosce loro ancora. Essa non ignora nulla delle virtù diuretiche del prezzemolo, che la donna preconizza in caso di calcolo, così come anche la bardana; gli impieghi suggeriti dell’artemisia corrispondono alle sue proprietà antispasmodiche ed aperitive … A proposito dell’aglio, Ildegarda nota che esso produce un afflusso di sangue nella regione dell’occhio, prefigurando quello che oggi sappiamo sul ruolo giocato da questa pianta come stimolante della circolazione sanguigna. Infine, proprio sotto la sua penna sarebbe apparsa per la prima volta la sanicola, che acquisirà una grande rinomanza di vulneraria - propria per la guarigione delle piaghe - e di cui la religiosa raccomandava di utilizzare in caso di ferita da arma da taglio.

Arcaismi ed innovazioni

In verità, le sue conoscenze mediche presentano aspetti contrastanti. Da un lato, alcuni suoi principi sono tradizionali ed essa è una degna rappresentante della medicina del chiostro per l’importanza che attribuisce alla dieta, l’igiene, il salasso e la balneoterapia, ai suoi occhi, parte integrante dell’arte di curare. Peraltro essa condivide con la medicina dei suoi contemporanei il ricorso all’etimologia (in tal modo di quello che essa dice, specialmente, della consolida, “che consolida”, cicatrizza) ed alla “teoria delle forme”, che è stato un elemento del ragionamento terapeutico per diversi secoli: si cercavano le virtù delle piante partendo dalla loro morfologia o dai succhi che esse secernevano: la citronella ed il melone erano considerate idonee a combattere il mali della testa, poiché la loro forma rotonda assomigliava ad un cranio: Ma da un altro lato, la medicina di Ildegarda rivela autentiche innovazioni: si devono a lei una delle prime menzioni dell’impiego del mercurio in dermatologia, una delle prime testimonianze dell’impiego della noce moscata o della canfora in medicina, o ancora, uno sviluppo consacrato ai funghi, notevole per l’epoca.

Prescrizioni per il XXI secolo

Ildegarda era una religiosa ed aveva il suo sapere da Dio. Essa non cita alcuna autorità libresca - mentre la sua opera rigurgita di informazioni tratte, più o meno direttamente, da fonti scritte, diverse e non citate. Ma il ruolo dell’osservazione e dell’esperienza personale non è certamente da escludere. Si avanza da più parti che Ildegarda aveva ricevuto la sua formazione da un monaco infirmarius e che essa stessa aveva ricoperto la funzione di pigmentaria (incaricata delle erbe medicinali e della cura dei malati). Secondo alcuni, i suoi lavori testimonierebbero una pratica acquisita non solo presso correligionari ma anche presso laici: il suo trattato Causae et curae attribuisce una larga parte al parto, al desiderio ed al piacere sessuale, e la sua ricca corrispondenza evidenzia che hanno potuto scriverle per rimediare ad un flusso di sangue o per curare una tenace sterilità. La sua opera medica non resta peraltro cantonata all’ambiente monastico. Tradotta ben presto in tedesco, l’opera circola lungo l’asse renano e diversi “pratici” hanno posseduto la Physica a Berna, a Tubinga o a Norimberga; a Heidelberg nel XV secolo, due professori di medicina, Gerhard von Hohenkirchen ed Erhard Knab, hanno integrato una parte dei rimedi dell’abbadessa; quella i loro scritti. Certamente, è per la sua santità che Ildegarda è stata celebrata già in vita, e la donna non ha avuto mai per le sue competenze mediche una reputazione simile a quella dei suoi contemporanei di Salerno; ma al giorno d’oggi chi si ricorda più della medica Berdefolia, morta nel 1155? I precetti medici della Trotula hanno ancora oggi degli adepti? Quello che c’è di eccezionale nel caso di Ildegarda è la forza del legame fra salute e spiritualità che la badessa ha stabilito nelle sue opere. Ancora più singolare rimane il credito e la fama che circonda, ancora oggi, questa donna medico. Partita dalla Germania, dove alcuni “pratici” mettono in applicazione per lunghi anni i suoi precetti – ivi comprese contro le malattie dette di civiltà – questo movimento di riscoperta della medicina dell’abbadessa si è esteso ad altri paesi. In questo inizio di XXI secolo numerose case farmaceutiche assicurano la diffusione di numerosi “prodotti naturali” raccomandati per la salute: in tal modo una impresa, le Jardin d’Hildegarde, fabbrica, trasforma e diffonde una gamma di più di 450 articoli di salute di tipo  “Ildegardiano”. Infine, non è mancato neanche il fatto di poter estrarre dalla sua medicina elementi per un’arte culinaria: i Segreti della cucina di santa Ildegarda, ispirati all’opera della santa, vengono regolarmente ristampati. Le iniziative e le pubblicazioni che concernono Ildegarda “naturopata” sono ormai a legioni e spesso dotate di titoli che mostrano la gioia di aver trovato in un’opera del XII secolo le armi per lottare con i mali del nostro secolo.


M.Iacopi

 

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