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CIPRO: La disputa infinita

      

   

Foreign Affairs

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Dr. Fausto RICCHETTI


Analisi geopolitica sull'ultima area europea in cui è ancora in piedi un "muro"

 

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Cipro


Geopolitica

CIPRO: La disputa infinita

Analisi geopolitica sull'ultima area europea in cui è ancora in piedi un "muro"

(Torino, Jun 23 2002 12:00AM) PREMESSA

L’idea di scrivere questa tesi è nata da un mio interesse personale per le vicende greche in quanto la mia futura moglie si chiama Maria RAILI ed è di Larissa, cittadina greca conosciuta come capoluogo della Tessaglia nonché sede in località Tyrnavos di un comando NATO JOINT COMMANDER SOUTHWEST. Durante le mie vacanze estive trascorse a Larissa sono rimasto colpito dai racconti della nonna materna Maria DROBILA(classe 1914), riguardante suo marito Stiljanòs KOUPURTIDIS (classe 1915) proveniente da Sevastia (oggi chiamata Sevas) vicino Smirne (oggi chiamata Izmir). Gli abitanti di etnia greca residenti in Turchia furono costretti a fuggire in Grecia a seguito del Trattato di Losanna del 1923. Nonno Stiljanòs KOUPURTIDIS era ancora bambino quando nel 1922, suo padre morìva in guerra contro i Turchi e sua madre fu sgozzata tragicamente dai kemalisti davanti ai suoi occhi. Pertanto fu salvato da uno zio e costretto ad abbandonare il suo paese in Turchia, Sevastia, per rifugiarsi a Larissa dopo un viaggio avventuroso di alcune migliaia di Km. Il destino della famiglia KOUPURTIDIS è legato pertanto agli eventi risalenti alla fine di agosto del 1922 quando le truppe greche si ritiravano dalla Turchia e successivamente, il 13 settembre, i turchi incendiavano Smirne. Era la fine della "megali idea", vale a dire il sogno di ricostituire i confini della Grande Grecia di ascendenza classica e bizantina e di riconquistare Costantinopoli, progetto ideato da IOANNIS KOLETTIS. Dopo la "Catastrofe d'Asia Minore" (denominazione storiografica divenuta di uso comune in Grecia) Atene si ritrovò a fronteggiare una massa di rifugiati pari al 25% dell'intera popolazione greca (ancora nel 1928 su 6 milioni di abitanti si contavano 1,5 milioni di profughi), mentre il Trattato di Losanna stabiliva inoltre, attraverso convenzioni particolari, le modalità per lo scambio di popolazioni greche e turche (dallo scambio forzato venivano risparmiati i greci residenti a Costantinopoli e i turchi della Tracia occidentale). La mia trattazione verterà soprattutto sulla prudente distensione che si è stabilità tra Grecia e Turchia negli ultimi anni, approfondendo soprattutto la loro strategia geopolitica, la questione di Cipro e le aspirazioni di adesione della Turchia all’Unione Europea. Al fine di fornire al “lettore della strada” un quadro più completo delle vicende tra Ankara ed Atene ho ritenuto opportuno inserire rispettivamente: una analisi geografica e demografica nelle Appendici “A”e”B”ed una ricostruzione storica degli eventi più importanti del conflitto Grecia-Turchia nelle Appendici “C” e “D”.

1. INTRODUZIONE

Nel Mediterraneo resiste ancora un muro che divide in due Nicosia, la capitale di Cipro, ma a differenza del muro di Berlino, che simboleggiava la dura contrapposizione est-ovest o se si preferisce fra Nato e Patto di Varsavia, il muro di Nicosia divide due comunità che si richiamano a Paesi, Grecia e Turchia, entrambi appartenenti alla stessa organizzazione militare ( la Nato), e orbitanti intorno alla prospettiva europea e mediterranea: la Grecia come paese membro della U.E. e la Turchia come paese associato, candidato a farne parte. Grecia e Turchia, due paesi alleati nella NATO, ma tra loro in perenne conflitto, sia per Cipro, sia per il Mar Egeo elementi basilari della propria politica di sicurezza. Gli incidenti del 1996 per il controllo dell’isola di Imia/Kardak e dello spazio aereo sull’Egeo portarono i due paesi ad un passo dalla guerra, evitata solo grazie al deciso intervento americano. Nel mese di novembre, durante l’esercitazione turca “Toros 2000” a Cipro Nord, un F-16 di Ankara venne “agganciato” da un radar della contraerea di Nicosia.

2. STRATEGIA GEOPOLITICA DI ANKARA E ATENE

Prima del 1989 la posizione geografica, al fianco sud-orientale della NATO, a contatto con il blocco ex sovietico rendeva i due paesi essenziali nella politica di containment dell’ex URSS; una funzione strategica che non si è attenuata- al contrario- neppure dopo la fine del bipolarismo ed il conseguente emergere di nuove aree “calde” quali i Balcani ed il Medio Oriente. Tutta la strategia geopolitica di Ankara, non solo a Cipro, ma anche nell’Egeo, in Medio Oriente, nel Kurdistan e perfino nel Caucaso, è infatti definita in termini militari: Cipro, insomma, rappresenta semplicemente un ostacolo sulla via del Mediterraneo. Il peso delle Forze Armate nella società, le massicce spese militari, la vastità e qualità degli armamenti di fabbricazione americana, israeliana ma anche russa, rendono Grecia e Turchia i due paesi più “militarizzati” della NATO dopo gli USA. La Turchia, di cui è nota la cooperazione politico-militare con Israele, ha una popolazione di oltre 60 milioni di abitanti, destinati a divenire 80 nel prossimo ventennio, una spesa militare che supera i 7 miliardi di dollari annui ed oltre 639.000 uomini in armi; sono cifre che portano i turchi a ritenere il proprio esercito come il più forte del mondo”, capace di trasformare un paese lacerato da mille contraddizioni in una superpotenza regionale. (Si veda in Appendice “B”) La Grecia, nonostante una popolazione di gran lunga inferiore, appena 10 milioni di abitanti, ed un territorio che è 1/5 di quello turco, ha oltre 162.000 militari ed una spesa bellica che sfiora i 6 miliardi di dollari. (Si veda in Appendice “A”) Entrambi hanno una malcelata aspirazione di potenza regionale ed una serie di obiettivi comuni e dunque confliggenti: oltre a Cipro, all’Egeo, anche i Balcani, in cui sfruttano l’elemento religioso (ortodosso la Grecia, islamico la Turchia) per ingerirsi nella ricerca di un nuovo e vantaggioso assetto geopolitico dopo la dissoluzione della Jugoslavia ed i drammi di Bosnia e Kossovo. Per questi motivi, Atene ha stretto accordi strategici con i nemici storici della Turchia, quali Siria, Iran ed Armenia; per anni, inoltre, ha finanziato la guerriglia curda del PKK ed oggi rivolge alla Russia alcune commesse di armamenti per modernizzare la propria flotta, acquisendo mezzi da sbarco dell’ultima generazione. Dopo il golpe militare, ha “chiesto” agli USA di chiudere le proprie basi militari sul territorio greco e, durante la guerra in Kossovo, criticato i massicci bombardamenti anglo-americani e difeso la dignità della Serbia come stato sovrano ed indipendente, anche se retta da MILOSEVIC. Dal canto suo, Ankara riconosce, diversamente dal resto della comunità internazionale, l’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia con il suo nome istituzionale, contrariamente alla Grecia che teme un’estensione dell’indipendentismo anche all’omonima regione sotto sua sovranità. Il 22 gennaio 2000 alla presenza dei ministri dell’energia ZEKI CHAKAN (turco) e BIJAN ZANGANEH (iraniano), è stato inaugurato il metanodotto che trasporterà fino a 10 milioni di metri cubi di gas al giorno dai giacimenti iraniani di Khuzestan e Sarakhs alla Turchia. L’accordo, firmato nel 1996, prevede una fornitura di gas alla Turchia per 25 anni e assicurerà all’Iran entrate per 20 miliardi di dollari. Il ministro iraniano ha detto che “l’Iran considera la Turchia come una porta per l’esportazione del gas naturale verso l’Europa”. Dopo la Russia, l’Iran è il secondo produttore mondiale di gas. Allo stesso modo Iran e Grecia hanno deciso di prendere in esame la possibilità di trasportare importanti quantitativo di gas iraniano in Grecia sia per il consumo locale sia nella prospettiva di un’esportazione verso il mercato europeo. I governi greco ed iraniano pensano ad un prolungamento del gasdotto Iran-Turchia fino alla Grecia e da qui in Europa. 3. TRA GRECIA E TURCHIA, UNA PRUDENTE DISTENSIONE La vittoria (di stretta misura) di Costa SIMITIS alle elezioni politiche greche del 9 aprile e l'elezione alla presidenza turca, il 5 maggio, di AHMED NECDET SEZER vanno nel senso di un rafforzamento della distensione tra i due paesi. Questo auspica l'opinione pubblica, che si è espressa con grandi sentimenti di solidarietà in occasione dei terremoti dell'estate scorsa. La strada resta tuttavia irta di ostacoli, primo fra tutti il contenzioso su Cipro.Se Ankara è ormai ufficialmente candidata all'Unione europea, deve però rispettarne i criteri d'adesione, fra cui quello riguardante le libertà e i diritti delle minoranze. Negli anni 20 del XIX secolo, la Grecia si era affrancata dal dominio ottomano. Un secolo dopo, la Turchia moderna nasceva proprio dalla lotta contro un esercito di invasione greco, che intendeva costruire un nuovo impero sulle ceneri di quello messo in piedi dagli ottomani. L'acrimonia ereditaria sembrò attenuarsi con il trattato di Losanna del 1923: per disinnescare una situazione etnopolitica potenzialmente esplosiva, i due paesi decisero di mettere in atto uno scambio forzato di popolazioni. Questo scambio di popolazioni, compiuto sotto la supervisione della Società delle Nazioni, riguardò più di un milione di greci di Turchia e 400.000 turchi di Grecia. L'identità nazionale degli interessati era definita su base esclusivamente religiosa, il che spiega perché degli ortodossi turcofoni d'Anatolia e dei musulmani grecofoni di Creta, così come degli ebrei sefarditi di Salonicco, si trovarono a vivere in una patria che era loro completamente estranea. (Si veda in Appendice “C” Ricostruzione storica del conflitto greco turco dal Trattato di Sevres del 1920 al 1949). A partire dal 1955, tuttavia, il conflitto cipriota rinfocolava gli antagonismi (Vedasi in Appendice “D” Cronologia di quarant’anni per la questione di Cipro). L'ultimo tentativo di distensione greco-turca, intrapreso da ANDREAS PAPANDREU e TURGU AZAL, risale al 1988. Ma è fallito a causa della complessità del conflitto tra i due paesi nel Mar Egeo che, nel 1996, è quasi degenerato in guerra aperta (1). Dal 1999, tuttavia, si sta definendo un nuovo corso. Il terremoto di agosto, nella regione di Marmara, ha suscitato in Grecia un'ondata di solidarietà foriera di un nuovo clima nelle relazioni bilaterali, confermato, in ottobre, dalle manifestazioni di simpatia della popolazione turca in occasione del sisma che ha colpito Atene. Il che ha spinto molti osservatori a parlare di una nuova “diplomazia del terremoto”.Tale tendenza si era comunque già venuta a definire in precedenza, con il cambio della guardia al ministero degli esteri greco. Nel febbraio 1999, infatti, il ministro degli esteri greco Theodoros Pangalos ha dovuto dimettersi in seguito al rapimento del leader curdo di Turchia ABDULLAH OCALAN (2). Al suo posto veniva nominato GEORGES PAPANDREU, già vice-ministro degli esteri, mentre l'ex segretario di stato IOANNIS KRANIDIOTIS diventava responsabile delle questioni europee. Così, nel momento più difficile per le relazioni greco-turche, spuntavano, al livello più alto, funzionari favorevoli ad una svolta (3). I leader di Atene si sforzavano allora di accelerare l'intesa con Ankara, soprattutto sulla questione dei Balcani, rispetto alla quale i due paesi erano su posizioni analoghe: intangibilità delle frontiere e tutela dei diritti delle minoranze etniche. Allo stesso tempo, la Turchia riconosceva implicitamente l'intangibilità della frontiera in Tracia, provincia greca dove vive una minoranza turca. E Atene faceva sapere che la “questione curda”, a suo avviso, non era elemento da mettere in causa l'integrità dello stato turco, sconfessando così una simpatia espressa a più riprese, soprattutto in ambienti militari, per il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). Papandreu faceva poi un altro passo importante con la sua dichiarazione sullo statuto giuridico della minoranza turca residente in Grecia - conseguenza logica della firma della Convenzione del Consiglio d'Europa sulle minoranze. Per la prima volta un uomo politico greco riconosceva agli abitanti musulmani della Tracia orientale - fino ad allora considerati “minoranza musulmana” - il diritto di definire la propria appartenenza etnica: turca, pomak,(4) zingara. 4. SCAMBIO DI FAVORI E LA QUESTIONE EUROPEA Facendo accettare all'opinione pubblica greca le norme europee in materia di diritto delle minoranze, Atene spera quindi che la Turchia le applichi a sua volta in maniera stretta, favorendo le relazioni di buon vicinato. Il riconoscimento della minoranza turca era un indizio del nuovo orientamento politico greco nei confronti della Turchia, che ha contribuito alla decisione storica del vertice europeo di Helsinki, nel dicembre 1999. In questa occasione, la Grecia ha rinunciato al veto che opponeva da anni alla candidatura del suo vicino orientale, spalancandogli quindi la porta d'ingresso nell'Unione: ormai l'adesione dipende solo dalla classe politico-militare al potere ad Ankara, che deve decidere di quanto tempo ha bisogno per ottemperare ai «criteri di Copenaghen», imposti ad ogni candidato. Lo sviluppo della distensione greco-turca è spesso considerato merito personale dei due ministri degli esteri, GEORGE PAPANDREU E ISMAIL CEM. Un'impressione rafforzata dalle visite che i due si sono spesso scambiati, in seguito alle quali sono stati firmati diversi accordi bilaterali. Ma i prossimi passi dipenderanno più da fattori strutturali che dalle singole personalità al potere. Prova ne è il rifiuto opposto dalla Grecia alla proposta turca di estendere la distensione simbolica anche al settore militare. Atene, infatti, intende negoziare le “misure destinate a rafforzare la fiducia non in modo bilaterale”, come vorrebbe Ankara, ma nel quadro dei negoziati multilaterali della Nato. Allo stesso modo, lo scambio di visite di unità marittime suggerito dai turchi andava ben al di là di quanto i greci fossero disposti ad accettare. Resta da dire che, nella primavera 2000, alcune unità militari greche e turche sono state reciprocamente dispiegate, nell'ambito di operazioni Nato, sul territorio dell'ex “nemico ereditario”. In aprile, un cacciatorpediniere greco ha partecipato ad alcune manovre navali di fronte alle coste turche. E, a metà maggio, l'esercito turco ha preso parte alle operazioni Dynamic Mix sulla costa occidentale del Peloponneso, con 12 aerei da combattimento F-16 e 150 soldati. La prudenza di Atene era parzialmente legata all'imminenza delle elezioni politiche di aprile. Tuttavia, la distensione con Ankara non appariva tra i temi principali della campagna elettorale, visto che anche NEA DEMOKRATIA, principale partito d'opposizione, sosteneva la “politica turca”. Questo partito, come il Pasok, era infatti ben conscio di non poter recuperare i voti dei “mangia-turchi” senza perdere nel contempo diversi elettori centristi. Se la questione turca non è materia di scontro tra i partiti, ciò non vuol dire però che il governo rieletto di SIMITIS accelererà la distensione. D'altronde, un cauto riavvicinamento può avere risultati più stabili rispetto ad un'euforica fuga in avanti, che può rivelarsi carica d'illusioni. Nella fase attuale è indispensabile che, da entrambe le parti, si diano al nuovo orientamento solide basi e prospettive realiste. Alla qual cosa possono attualmente contribuire quattro elementi: - primo: le due parti si stanno concentrando su soggetti di interesse comune e non conflittuali. Da ciò deriva la serie di accordi sulla tutela dell'ambiente, il turismo e la cooperazione tecnologica che accrescono le possibilità di scambi e riducono il rischio di blocchi a causa dei “grandi problemi”; - secondo: vengono ormai incoraggiati i rapporti tra le società civili, finora osteggiati. Più di 130 organizzazioni non governative, da entrambe le parti, sono impegnate in questa forma di cooperazione. I sindaci della Tracia orientale ed occidentale pensano anche di creare un'euroregione sulle due rive del fiume Evros/Meric, un progetto neanche immaginabile un anno fa (5); - terzo: i terremoti hanno contribuito a mutare l'atteggiamento dei grandi media, in gran parte responsabili della diffusione di sentimenti nazionalistici. La crisi di Imia, nel 1996, era addirittura stata provocata da alcuni giornalisti turchi, sbarcati in elicottero sull'isoletta greca. Mentre, da parte greca, i canali televisivi privati (6) rinfocolavano sistematicamente il conflitto con la Turchia; - quarto: le relazioni greco-turche si sviluppano su una base economica stabile. Gli uomini d'affari sono tra i sostenitori più attivi della distensione. Ma se le loro iniziative soggiacevano alle incertezze della congiuntura politica, a partire dal vertice di Helsinki la cooperazione si è intensificata e allargata sul piano regionale. I partner turchi utilizzano la Grecia come trampolino per i Balcani. E i greci sperano di poter accedere, grazie ai loro partner turchi, al Caucaso e all'Asia centrale. Per molti anni, Atene e Ankara ritenevano che le relazioni bilaterali dovessero obbedire alle regole di un gioco a somma zero: ciò che favoriva l'uno doveva danneggiare l'altro, e viceversa. Ormai, invece, la distensione è considerata una strategia da intraprendersi in funzione di risultati duraturi. Il vertice di Helsinki ha permesso ad Atene di dare credibilità ad una retorica, considerata sempre opportunista, secondo la quale la Grecia si presentava come il paese europeo più interessato all'ingresso di Ankara nell'Unione. Con una Turchia protesa verso l'adesione si stabiliranno migliori relazioni di vicinato, anche perché Ankara dovrà rafforzare la democrazia e il rispetto del diritto dei popoli, parte integrante del “valore aggiunto politico” dell'Unione. Ciò vale sia per la convenzione sul diritto marittimo del 1982 (adottata dall'Unione europea, ma non dalla Turchia) che per il principio di risoluzione dei conflitti tra europei affidato alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja. Insomma, la candidatura di Ankara dovrebbe, secondo la Grecia, favorire “la trasformazione mediante il riavvicinamento”. Comunque, come nel caso dell' Ostpolitik di Bonn negli anni 70, non bisogna aspettarsi risultati spettacolari. L'ombra dei militari La Grecia, dal canto suo, deve assolutamente tener conto della specificità del regime turco. “Possiamo ragionevolmente domandarci - spiegava il febbraio scorso un consigliere del primo ministro SIMITIS, in occasione della visita di CEM ad Atene - se il ministro degli esteri turco possa realmente agire in modo indipendente e se gli accordi non saranno poi sabotati dai militari, come è spesso avvenuto in passato (7)”. Fin dalla nascita dello stato turco l'esercito kemalista si è sempre detto favorevole ad un'integrazione del paese all'Occidente. Ma senza eccessi di entusiasmo. Perché tale “prospettiva europea” costringerà la classe politico-militare a democratizzare radicalmente il paese e l'esercito a smettere di intromettersi nella politica. Le forze democratiche turche - che hanno un'influenza crescente sulla società civile - hanno ottenuto, ad Helsinki, una legittimazione delle loro esigenze di fronte all'establishment kemalista. I loro mezzi d'azione si sono ampliati, sia in virtù della perdita di autorità di una classe politica screditata dagli scandali (8) sia per le debolezze strutturali dello “stato forte” messe in luce dal sisma di agosto. Il complesso dell'accerchiamento (“Solo un turco può essere amico di un turco”) è stato contraddetto dall'ampiezza degli aiuti internazionali. Il ritmo dell'adeguamento della Turchia ai criteri europei (9) dipenderà anche dall'apparato politico-militare, soprattutto per quel che riguarda la questione di Cipro, che per l'Unione rimane lo scoglio principale alla distensione greco-turca. 5. CIPRO , L’UNIONE EUROPEA E GLI INTERESSI STRATEGICI DEGLI USA La contrapposizione fra le due comunità rende molto più complesso l’iter per l’adesione di Cipro all’Unione Europea. Quasi nessuno parla o scrive di Cipro, se non quando succede qualcosa di grave. Sembra che questa Isola bellissima, da sempre punto privilegiato di scambio fra Europa e Medio Oriente, debba scontare in eterno le colpe di un pugno di reazionari di destra che, con il loro avventurismo, hanno minato le basi della pacifica convivenza dei ciprioti (Vedasi in Appendice “D”). La Repubblica di Cipro ha presentato domanda di adesione alla Comunità europea il 3 luglio 1990. Nel novembre 1998, la Commissione redige un rapporto sulla situazione cipriota nel quale “ha confermato il parere favorevole relativamente all’integrazione economica di Cipro anche se ha segnalato che ulteriori progressi restano a fare nei seguenti settori: mercato interno, trasporti marittimi, telecomunicazioni, ambiente , giustizia e affari interni. Tuttavia, il maggiore problema resta quello della divisione politica dell’isola, che determina anche una disparità economica tra i due settori; finora non s’intravede la possibilità di un accordo secondo le risoluzioni dell’ONU, mentre la comunità turco-cipriota rifiuta di prendere parte ai negoziati di adesione malgrado gli inviti del Governo cipriota e dell’Unione europea. Francia, Germania, Paesi Bassi e Italia hanno rammentato, con una dichiarazione del 9 /11/98, che l’adesione di Cipro deve recare beneficio a tutte le comunità dell’isola ed hanno constatato che non sono stati finora compiuti progressi sulla via di una soluzione politica atta a consentire di porre fine all’attuale divisione di Cipro. I 4 Paesi hanno quindi richiamato l’attenzione sul fatto che la situazione dell’isola comporta problemi di fondo per il funzionamento della PESC. Ad Ankara, ogni concessione sull'isola (nel senso di una federazione bi-nazionale) dipende solo e soltanto dallo stato maggiore. Sarebbe quindi illusorio attendersi degli sviluppi strepitosi, anche se la stampa turca parla ormai della questione in maniera molto più razionale rispetto a un anno fa. Ogni pronostico è reso ancor più arduo dal fatto che il cuore del potere militare turco è una vera e propria “scatola nera”, in cui la ricerca del consenso delle diverse correnti avviene in maniera assolutamente non trasparente. I più scettici ritengono che l'adesione all'Europa rappresenti, per i capi politici dell'esercito, una manovra dettata da ragionamenti opportunistici più che di principio: lo stato-maggiore conta soprattutto sul fatto che l'Unione non potrà rifiutare a un paese candidato di partecipare alla sua politica militare e di sicurezza. a. L’interesse degli Stati Uniti È proprio a questa dimensione militare e strategica dell' ”identità europea “ della Turchia che gli Stati uniti sono principalmente interessati. Prima di Helsinki, Washington aveva ingiunto agli stati europei di rivedere l'atteggiamento negativo espresso al vertice di Lussemburgo nel 1997. Da allora, l'amministrazione CLINTON spinge Atene e Ankara al riavvicinamento, il che non le impedisce di portare avanti una politica aggressiva di vendita d'armi in entrambi i paesi. Le sue preoccupazioni strategiche – “grande piano” petrolifero nella regione del Caspio e egemonia russa sul Caucaso - la spingono tuttavia a favorire la parte turca. Infatti oggi la Turchia risponde agli interessi strategici degli Stati Uniti più di qualunque altro paese nel Mediterraneo. La dissoluzione dell’URSS nel ’91 ha creato repubbliche nel centro dell’Asia; se ne possono contare cinque, sono quelle che finiscono in stan: Uzbekistan, Kazakistan, Turkmenistan, Kirgisistan, e Tagikistan. Sono repubbliche che hanno gas naturale quanto basta per alimentare almeno un terzo del pianeta. Ora questi cinque potenziali giganti economico-energetici hanno anche due caratteristiche importanti: sono islamici ma laici, come la Turchia; vi si parla la lingua turca (10). Allo stesso tempo, gli Stati uniti sanno bene che l'ingresso di Ankara nella «famiglia europea» non darà ai generali alcun «bonus strategico» supplementare: hanno già ottenuto tutto quel che potevano ottenere da decenni, grazie alla loro appartenenza alla Nato. Il comportamento di Bruxelles inciderà pesantemente sulla stabilizzazione delle relazioni greco-turche avviata ad Helsinki. La decisione del vertice potrà influenzare la politica turca sul lungo periodo solo se l'Unione dimostrerà di essere stata sincera. Se Ankara avesse l'impressione che il suo statuto di candidato è il risultato di una manovra tattica e non si sentisse benvenuta in Europa, si registrerebbe una sconfitta terribile, sia per le forze democratiche che per le relazioni greco-turche. Perché, in ultima analisi, il futuro dipende essenzialmente dalla propensione dei generali turchi a favorire la democrazia e i diritti dell'uomo e delle minoranze.

6. CONCLUSIONE: L”EMPASSE A CIPRO E I RISCHI DELLA PACE

Come era già accaduto altre volte nella storia, il cammino della pace che Grecia e Turchia hanno cominciato ad intraprendere nel periodo antecedente al luglio 2000 è stato anche un cammino di grande coraggio politico. Il ministro degli Esteri GEORGE PAPANDREU e il collega turco ISMAIL CEM si sono lasciati guidare dalla visione di quello che il Mediterraneo sud-orientale potrebbe essere un giorno senza la costante minaccia di un conflitto tra i loro due paesi, e in nome di questa visione hanno messo in secondo piano i rischi che la pace comporta, soprattutto quando ha più i caratteri della scommessa che della realtà. Nelle ultime settimane però questi rischi hanno cominciato a riprendere il sopravvento. Il primo test cui la Turchia era chiamata, fresca tra l'altro dello status di paese candidato all'Unione europea ricevuto lo scorso dicembre a Helsinki, era quello dei colloqui indiretti tra il presidente greco-cipriota GLAFCOS CLERIDES e il leader della comunità turco-cipriota RAUF DENKTASH, mediati a Ginevra dalle Nazioni Unite. Ebbene, al termine del primo round, il 12 luglio 2000, non solo non c'è stato alcun avanzamento, ma si sono registrati da parte turca nuovi irrigidimenti. DENKTASH ha presentato la solita proposta di una confederazione tra due stati indipendenti, mentre qualche giorno prima aveva cercato di provocare un'escalation della tensione con lo spostamento di suoi soldati verso il villaggio greco-cipriota di Strovilia, nel sud-est dell'isola e a ridosso della linea verde pattugliata dalle Nazioni Unite. Una provocazione con cui DENKTASH ha voluto testare ancora una volta il livello della reazioni nelle capitali straniere, per constatare ancora una volta che la comunità internazionale è distratta, non vede o non vuole vedere, sembra disposta, con i suoi silenzi conviventi, a sacrificare ogni principio sull'altare di interessi strategici a breve termine. Certo, per la pace ci vuole tempo e questo a Ginevra i greco-ciprioti dicono di saperlo. Il nuovo clima tra Grecia e Turchia non può mutare la realtà dell'Egeo nel giro di poche settimane, ma è anche vero che la pace, per poter mettere radici, deve nutrirsi di altri gesti di buona volontà e di fiducia. Ed è proprio di questo che oggi si sente drammaticamente l’assenza. Ci si chiede fino a quando, in Grecia, l'opinione pubblica potrà sostenere la linea del suo ministro degli Esteri, se questa non darà frutti? Non a caso PAPANDREU ha avvertito: l'incidente di Strovilia e il mancato ammorbidimento delle posizioni turche potrebbero trasformarsi in un ostacolo nelle relazioni tra Ankara ed Atene, ma anche nella corsa della Turchia verso l'Unione Europea. Sarebbe triste se questo dovesse avvenire: significherebbe tornare indietro di mesi, forse persino di anni, almeno nello spirito delle relazioni bilaterali. Che invece avevano fatto un salto di qualità storico, come illustrato in precedenza. GRECIA: aspetti geografici e demografici globali Appendice “A” Superficie: 131.992 Km² Abitanti: 10.583.000 Densità: 80 ab/Km² Forma di governo: Repubblica parlamentare Capitale: Atene (900.000 ab., 3.095.000 aggl. urbano) Altre città: Salonicco 430.000 ab. (987.000 aggl. urbano), Pireo 190.000 ab., Patrasso 155.000 ab. Gruppi etnici: Greci 98,5% Paesi confinanti: Albania, Macedonia e Bulgaria a NORD, Turchia ad EST Monti principali: Monte Olimpo 2917 m Fiumi principali: Aliákmon 291 Km Laghi principali: Limni Volvi 74 Km², Limni Vegorritis 68 Km², Limni Trihonida 59 Km² Isole principali: Creta 8259 Km², Eubea 3654 Km², Lesbo 1630 Km², Rodi 1398 Km², Chio 842 Km² Clima: Mediterraneo Lingua: Greco (moderno) Religione: Greco ortodossa 97% Moneta: Euro Base Nato JOINT COMMANDER SOUTHWEST DI LARISSA TURCHIA: aspetti geografici e demografici globali Appendice “B” Superficie: 779.452 Km² (755.688 Km² parte asiatica, 23.764 Km² parte europea) Abitanti: 63.528.000 Densità: 81 ab/Km² Forma di governo: Repubblica parlamentare Capitale: Ankara (1.900.000 ab., 2.845.000 aggl. urbano) Altre città: Istanbul 2.800.000 ab. (7.910.000 aggl. urbano), Smirne 757.000 ab. (2.050.000 aggl. urbano) Gruppi etnici: Turchi 90%, Curdi e altri 10% Paesi confinanti: Bulgaria e Grecia ad OVEST, Georgia e Armenia a NORD, Iran a EST, Iraq e Siria a SUD Monti principali: Ararat 5165 m Fiumi principali: Kizilirmak 1182 Km, Eufrate 960 Km (tratto turco, totale 2770 Km) Laghi principali: Lago Van 3738 Km², Lago Tuz 1700 Km², Lago Beysehir 780 Km², Lago Keban 675 Km², Lago di Egridir 590 Km² Isole principali: Gökçeada Clima: Continentale – mediterraneo Lingua: Turco Religione: Musulmana 98%/Stato laico con libertà di culto Moneta: lira turca Base Nato

JOINT COMMANDER SOUTHEAST DI IZMIR

Appendice “C1”

Ricostruzione storica del conflitto greco turco dal Trattato di Sevres del 1920 al 1949 Trattato di Sèvres, firmato il 10 agosto 1920 da rappresentanti dell'Impero Ottomano e delle potenze alleate dell'Intesa, trattato mai entrato in vigore a causa della rivolta di Mustafà Kemal e sostituito dal Trattato di Losanna del 24 luglio 1923. La fragilità dell'accordo faticosamente raggiunto a Sèvres dopo due anni di trattative - fragilità già sottolineata da Raymond Poincaré che, nel ricordare come la firma fosse avvenuta nella sede della celebre manifattura di porcellane, lo paragonava a "un objet fragile, peut-etre un vase brisé" - risiedeva, oltre che nell'accentuata litigiosità tra le potenze intente a spartirsi i resti dell'impero ottomano, nella sottovalutazione del movimento kemalista che doveva portare alla nascita del moderno stato turco. Tale sottovalutazione fu all'origine del naufragio di un disegno di riassetto geopolitico che non mancava di spunti interessanti, primo fra tutti la proposta relativa alla creazione di un Kurdistan autonomo e di un'Armenia indipendente. Tali spunti furono tuttavia oscurati da quello che appariva come il vero fulcro dell'accordo, vale a dire la vittoria diplomatica della Grecia, che riusciva a coronare il sogno di una Tracia unita sotto la bandiera ellenica e si vedeva assegnare le isole di Imbro e Tenedo, situate all'imboccatura dei Dardanelli, nonché l'amministrazione della zona di Smirne per un periodo di cinque anni, al termine dei quali un plebiscito avrebbe dovuto decidere le sorti del territorio. In realtà, le truppe greche avevano già preso possesso della città di Smirne il 15 maggio del 1919, nominalmente sotto l'egida delle potenze alleate, e avevano in seguito esteso il controllo ai centri di Aydin e Ayvali. Fin dall'inizio le operazioni in Asia Minore si rivelarono più complesse del previsto, come ebbe modo di constatare l'Alto Commissario Aristidis Stergiadis, costretto ad iniziare il suo mandato con deferimenti alla corte marziale per quei militari greci colpevoli di violenze nei confronti di prigionieri turchi. Il primo obiettivo di Stergiadis, esperto di diritto musulmano e già governatore generale dell'Epiro, nonché amico del grande statista Elefterios Venizelos, fu quello di riparare i danni inferti all'immagine della Grecia dai disordini dei primi giorni di occupazione, disordini causati essenzialmente da gravi carenze organizzative e disciplinari. Stergiadis promosse immediatamente una commissione per il risarcimento delle vittime di saccheggi e violenze, commissione di cui dovevano far parte anche rappresentanti delle potenze alleate, e impose una ferrea censura sulla stampa locale al fine di prevenire qualunque forma di provocazione nei confronti dei turchi. Deciso a mantenere l'ordine ad ogni costo, Stergiadis portò avanti una politica del pugno di ferro che gli procurò numerosi nemici in seno alla comunità greca di Smirne, senza tuttavia conquistargli la fiducia della popolazione turca. L'impresa di Stergiadis, che godeva dell'appoggio incondizionato di Venizelos, appariva disperata: erano ancora aperte le ferite della persecuzione ottomana scatenatasi tra il 1914 e il 1916 contro i greci d'Asia Minore, persecuzione che aveva causato l'esodo di migliaia di profughi. Non a caso uno dei primi atti amministrativi dell'Alto Commissariato fu il rimpatrio di più di 100mila rifugiati, ai quali furono offerti incentivi per reimpiantare le attività che erano stati costretti ad abbandonare. Nel frattempo, quasi in contemporanea con lo sbarco delle truppe greche a Smirne, Mustafà Kemal abbandonava Costantinopoli per dare vita al suo movimento nazionale destinato a rovesciare il governo agonizzante del sultano, e intraprendeva una campagna di guerriglia contro le forze dell'Intesa presenti in Anatolia. Con l'irrompere sulla scena dei nazionalisti turchi la posizione della Grecia di fronte alle potenze alleate iniziò a farsi sempre più critica e il terreno di scontro fu la Conferenza di Parigi, nel corso della quale la Grecia, rappresentata da Venizelo, si trovò ad affrontare la diffidenza dei suoi interlocutori, alquanto scettici riguardo alle effettive capacità strategico-organizzative di Atene. Non mancavano, inoltre, contenziosi a livello bilaterale, come quello con l'Italia, che era riuscita ad ottenere il mandato sull'Anatolia meridionale e accusava i greci di aver violato i limiti imposti

Appendice “C2”

all'occupazione, lamentando anche un attacco di artiglieria contro le posizioni italiane nella valle del Meandro. La Grecia, dal canto suo, rinfacciava agli italiani di incoraggiare la resistenza turca, che si serviva della zona italiana come base per le sue incursioni. Il contrasto italo-greco venne sanato mediante il cosiddetto "accordo Venizelos-Tittoni" (29 luglio 1919), con il quale l'Italia si impegnava a sostenere la Grecia in merito alla questione della Tracia e dell'Epiro settentrionale, e si impegnava altresì a cedere alla Grecia le isole dell'Egeo che erano state occupate nell'aprile-maggio del 1912 nel corso della guerra italo-turca, ad eccezione di Rodi, il cui destino, secondo un accordo separato, avrebbe dovuto essere legato a quello di Cipro (in parole povere, l' "enosis" di Rodi era condizionata dalla cessione di Cipro da parte della Gran Bretagna). La Grecia, dal canto suo, si impegnava a sostenere il mandato italiano sull'Albania e a cedere una parte del territorio dell'Asia minore, inclusa la valle del Meandro. In realtà, la maggiore opposizione nei confronti delle aspirazioni greche in Asia minore proveniva dalla Francia, che temeva il riaprirsi di una nuova questione balcanica, senza contare che anche all'interno della diplomazia britannica non mancavano le resistenze, nonostante l'appoggio di Lloyd George alla causa greca. Del resto, lo stesso Churchill, nel corso di colloqui con Venizelos svoltisi a Londra il 19 marzo del 1920, aveva ribadito il rifiuto dell'Inghilterra all'invio di truppe in Tracia o in Asia Minore, assicurando tuttavia qualche aiuto in termini di armi e munizioni. Fu soltanto l'attacco dei kemalisti alle postazioni britanniche nella regione di Ismid (14-15 giugno 1920) a fornire la carta vincente per un intervento greco al di fuori della zona di Smirne (22 giugno) e subito dopo nella Tracia orientale (26 luglio: presa di Adrianopoli), intervento cui seguì la firma a lungo rimandata del Trattato di Sèvres, firma che avrebbe dovuto suggellare il trionfo del talento diplomatico di Venizelos, ma che in realtà doveva segnare l'inizio della sua parabola discendente. Il 14 novembre del 1920 le elezioni politiche in Grecia videro la netta sconfitta dei venizelisti, che riuscirono a conquistare soltanto un terzo dei seggi in Parlamento, mentre un referendum indetto il 5 dicembre sancì il ritorno del re Costantino dall'esilio cui era stato costretto nel giugno del 1917. L'atmosfera di instabilità poliica che ne seguì non fece che rendere ancora più critica la situazione in Asia Minore, dove si assisteva all'epurazione degli altri vertici militari legati al governo Venizelos, con evidenti ripercussioni sulle già precarie condizioni organizzative dell'esercito, impegnato dal marzo del 1921 in una campagna in Anatolia condotta nell'assoluta insufficienza di mezzi e culminata nell'agosto successivo in una sanguinosa sconfitta sul fiume Sakarya. Dopo un anno di agonia, alla fine di agosto del 1922 le truppe greche si ritiravano e il 13 settembre i turchi incendiavano Smirne. Era la fine della "megali idea", vale a dire il sogno di ricostituire i confini della Grande Grecia di ascendenza classica e bizantina e di riconquistare Costantinopoli, progetto ideato da Ioannis Kolettis verso il 1830 e divenuto il filo conduttore della politica greca per tutto il 19esimo secolo. Dopo la "Catastrofe d'Asia Minore" (denominazione storiografica divenuta di uso comune in Grecia) Atene si ritrovò a fronteggiare una massa di rifugiati pari al 25% dell'intera popolazione greca (ancora nel 1928 su 6 milioni di abitanti si contavano 1,5 milioni di profughi), mentre il Trattato di Losanna sanciva la vittoria diplomatica della Turchia, che non solo conservò la Tracia orientale fino alla Marizza, le isole di Imbro e Tenedo e il Kurdistan, ma riuscì ad ottenere anche l'abolizione del regime delle capitolazioni, senza alcuna limitazione per i suoi armamenti, a parte la smilitarizzazione degli Stretti. Il Trattato di Losanna stabiliva inoltre, attraverso convenzioni particolari, le modalità per lo scambio di popolazioni greche e turche (dallo scambio forzato venivano risparmiati i greci residenti a Costantinopoli e i turchi della Tracia occidentale). Il completo sradicamento dell'elemento greco dall'Asia Minore costituì una ferita irreparabile al senso dell'identità nazionale così come era venuto formandosi nel corso dell'Ottocento; sulle sue ceneri veniva formandosi il nuovo conflitto ideologico (un nuovo "dìchasmos") che doveva sostituire quello ormai superato tra venizelisti e monarchici. Risale infatti agli anni Venti-Trenta lo sviluppo del movimento socialista o comunista, che reclutava buona parte dei suoi membri tra i rifugiati e gli ex combattenti dell'Anatolia, oltre che tra i giovani intellettuali. A tale movimento doveva opporsi l'estrema destra nazionalista, salita al potere con Metaxàs nel 1936, in uno scontro che, culminato nella guerra civile del 1944-49, anticipava la dicotomia degli schieramenti geopolitici mondiali del secondo dopoguerra.

Appendice “D”

Cronologia di quarant’anni di conflitto per la questione di CIPRO Cipro ha ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1960, in seguito alla campagna antibritannica dell’EOKA, movimento guerrigliero greco-cipriota guidato all’Arcivescovo Makarios, capo della Chiesa greco-ortodossa di Cipro. Dopo l’indipendenza, ottenuta grazie ad un accordo sulla Costituzione delle due comunità greco-cipriota e turco-cipriota, Makarios fu eletto Presidente. 16 agosto 1960: Proclamazione dell'indipendenza e della Repubblica di Cipro, diretta da un presidente greco, Monsignor Makarios, e da un vice-presidente turco, Fazil Kfçfk. 4 marzo 1964: Dopo violenti scontri inter-comunitari, le Nazioni unite inviano una forza di peacekeeping di 7mila uomini. 15 luglio 1974: Monsignor Makarios viene rovesciato da un colpo di stato della guardia nazionale, che instaura un governo favorevole all'Enosis (l'annessione alla Grecia). 14 agosto 1974: Come reazione, l'esercito turco occupa il nord dell'isola (38% del territorio). 7 dicembre 1974: In seguito alla caduta del regime dei colonnelli in Grecia, monsignor Makarios torna alla presidenza. Morirà il 3 agosto 1977. 15 novembre 1983: Rauf Denktash, dopo aver interrotto i contatti intercomunitari, proclama una "Repubblica turca di Cipro del nord" (Rtcn), che soltanto Ankara riconoscerà. 4 luglio 1990: Il governo cipriota chiede l'adesione all'Unione europea. 25 novembre 1992 : La risoluzione 789 dell'Onu designa la parte turca come unica responsabile dei mancati avanzamenti nei negoziati e chiede una "diminuzione sensibile" delle forze turche presenti a Cipro. 14 febbraio 1993: Glafcos Clerides è eletto alla presidenza. Marzo 1995: L'Unione europea si impegna ad aprire trattative con Cipro, in vista della sua adesione. 11 e 14 agosto 1996: Manifestazioni contro la divisione sfociano in scontri. 15 agosto 1996 : Denktash e Tansu Ciller, ministra degli esteri turca, lanciano un appello a favore della ripresa dei negoziati intercomunitari. Gennaio 1997: Il governo cipriota annuncia l'acquisto di missili S-300 dalla Russia. Da parte sua, la Turchia negozia con il Belgio e l'Olanda per l'acquisto di missili terra-aria Hawk di occasione, che il gruppo francese Thomson-Csf avrebbe dovuto modernizzare. 11 gennaio 1997: La signora Ciller minaccia un attacco nel caso di dispiegamento di armi offensive. 11-15 agosto 1997: Dopo un primo incontro, il 9 luglio a New York, Denktash e Clerides si rivedono in Svizzera sotto l'egida dell'Onu. L'incontro fallisce. 4-5 novembre 1997: Ankara organizza, nel nord di Cipro, le più grandi manovre militari dal 1974. Dicembre 1997: L'Unione europea rinvia a data da destinarsi la discussione sull'adesione della Turchia all'Unione europea.15 febbraio 1998: Rielezione di Clerides alla presidenza (50,8%). 31 marzo 1998: Apertura dei negoziati sull'adesione dell'isola all'Unione europea.

NOTE E APPROFONDIMENTI

(1) Si legga «Atene e Ankara si contendono il mar Egeo», Le Monde diplomatique/il manifesto, ottobre 1996. (2) ABDULLAH OCALAN è stato trasferito dalla Russia ad Atene da alcuni estremisti greci, in barba al governo (ma non ai servizi segreti, che ne erano al corrente). Pangalos ha cercato di sbarazzarsi di questo ospite scomodo in modo clandestino, rimettendoci il posto. (3) Dopo le sue dimissioni, Pangalos ha rimproverato al suo successore di aver accettato che la Turchia ottenesse, al vertice di Helsinki, lo statuto di candidato all'Unione europea. (4) Si veda Ocalan, tensione in Italia presso www.geocities.com (5) Si veda Eleftherotypia (Atene), 17 aprile 2000. (6) Si legga il supplemento di Eleftherotypia, 5 febbraio 2000, intitolato «Apo misos sto flert» (Dall'odio al flirt) (7) Si veda Ependytis, 5-6 giugno 2000, pp.4-5. Si veda anche James Pettifer, The Turkish Labyrinth, Atatürk and the New Islam, Penguin, Londra, 1998, p. 62. (8) Si veda in particolare Wendy Kristianasen «La sinistra turca fra militari e islamisti», Le Monde diplomatique/il manifesto, febbraio 1999. (Traduzione di S.L.) (9) Si in particolare l’art. “Allargamento dell’Unione Europea/Strategia di preadesione della Turchia” presso www.unioneuropea.com. (10) Si veda Giuseppe Cincotti “Turchia ombelico dei tre continenti” BIBLIOGRAFIA - Analisi Difesa,”La questione di Cipro”, Gianluca Sardellone presso www.analisi.difesa.it - Infomedi, Dossier del 5 maggio 2000 presso www.infomed.it - Le Monde Diplomatique, luglio 2000 Ambasciata di Grecia in Italia, Foro Ellenico di luglio/agosto

Dr. Fausto RICCHETTI

 

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