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ABD AL-FATTAH AL-SISI NUOVO RAIS D’EGITTO

      

   

Foreign Affairs

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di ricerca di:

Massimo Iacopi


Il ruolo di un generale che ha fermato la deriva imposta all’Egitto dai Fratelli Mussulmani

 

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GENERALE AL SISI


L’Egitto dopo la Repressione della Primavera Araba

ABD AL-FATTAH AL-SISI NUOVO RAIS D’EGITTO

Il ruolo di un generale che ha fermato la deriva imposta all’Egitto dai Fratelli Mussulmani

(Assisi (Perugia), 29/11/2016)

L’EGITTO DOPO LA REPRESSIONE DELLA PRIMAVERA ARABA

Premessa

Quattro anni dopo la caduta di Hosni Mubarak e due anni dopo quella di Mohamed Morsi, la restaurazione del regime egiziano ha chiuso la parentesi rivoluzionaria. Dal 2011 al 2014, l’esercito, rimasto leggermente in disparte durante gli avvenimenti, ha prudentemente conservato i suoi interessi ed il suo ruolo di arbitro. Fra gli ufficiali, un giovane generale approfitta dei disordini per regolare la successione e per rinnovare la tradizione nasseriana a suo vantaggio: Abdel Fattah Al-Sisi. Nato il 19 novembre 1954 a Gamaleya, un quartiere della vecchia Cairo, Abdel Fattah Al-Sisi è il cadetto di una famiglia della piccola borghesia. Suo padre, originario del delta del Nilo e fervente mussulmano, era un commerciante nel bazar molto turistico di Khan el Khalili, nei pressi della Moschea di Al Azhar. Considerato come un personaggio discreto e lavoratore come suo padre, Abdel Fattah, secondo della figliolanza, è il solo della famiglia a frequentare le prime classi del liceo militare. Nel 1973 vince il concorso per l’ingresso all’Accademia Militare e sceglie la fanteria meccanizzata alla sua uscita nel 1977, anno del riavvicinamento dell’Egitto con Israele e del suo matrimonio con una cugina della parentela di sua madre. La donna gli darà quattro figli (tre maschi ed una femmina) e consacrerà la sua vita all’educazione dei figli.

Un ufficiale dalle “grandi potenzialità”

Specializzato nell’appoggio alla fanteria (specialità contro carri), la sua carriera risulta senza ostacoli. Dopo aver conseguito il suo diploma presso la Scuola di Guerra Egiziana (1987), per effetto dei legami che uniscono l’esercito egiziano all’Inghilterra e quindi agli USA, Abdel viene inviato a Watchfield in Gran Bretagna (1992), ma anche alla frequenza del War College in Pennsylvania (2006). Questo privilegio viene riservato agli ufficiali di “grandi potenzialità” delle Forze Armate. Mentre la guerra d’Irak coinvolge gli ufficiali americani e che il presidente George W. Bush vede insabbiarsi il suo progetto democratico per un Grande Medio Oriente, un frequentatore egiziano redige una memoria di una decina di pagine sulla “Democrazia nel Medio Oriente”. L’autore evoca il ruolo del Cristianesimo nell’origine della democrazia in America. Egli compara i valori del Cristianesimo con quelli dell’islam e ne conclude che la democrazia orientale risulterà differente e necessariamente ispirata alla Sharia. L’Egitto si trova, in quel momento, in pieno dibattito sul ruolo da attribuire ai Fratelli Mussulmani. La frequenza dei corsi all’estero non rallentano la cadenza delle promozioni di Al-Sisi: egli comanda il suo reggimento, il 509° Fanteria meccanizzata ed in seguito è nominato Capo di Stato Maggiore della 13^ Brigata di fanteria meccanizzata, diventando poi generale comandante della 16^ Brigata. Prima di comandare la 4^ Divisione di fanteria meccanizzata, egli ricopre la carica di Addetto Militare a Riad, dove allaccia preziose relazioni. Al suo ritorno egli diviene Capo di SM e quindi comandante in capo della zona militare nord. La progressione della sua carriera continua con la sua assegnazione all’Intelligence, prima come addetto e quindi come capo dei Servizi delle Informazioni militari. Questo incarico gli apre nel corso del 2010 le porte del Consiglio Superiore delle forze Armate (CSFA), nominato dal maresciallo Tantawi. Tutto questo avviene proprio alla vigilia della rivoluzione e quando Abdel Fattah diviene il beniamino del CSFA.

Promosso dai Fratelli Mussulmani

In occasione delle manifestazioni contro Hosni Mubarak in piazza Tahir, l’esercito inizialmente esita e quindi abbandona il rais (1). Il CSFA assicura la transizione ma si impegna ad organizzare rapidamente le elezioni; d’altronde il ministro della Difesa di Mubarak, Tantawi, non ha ne l’età né la voglia di immischiarsi nella politica. Nell’anarchia post rivoluzionaria, l’assemblea costituente assume ben presto una tinta verde e nera, con il successo alle elezioni della Confraternita dei Fratelli Mussulmani, ma prende anche coscienza di un partito salafista concorrente, Al Nour. I liberali che hanno lanciato la rivolta e gli eredi del nasserismo vengono spazzati via ed in occasione delle presidenziali del 17 giugno 2012, Mohamed Morsi vince la consultazione elettorale. Da quel momento i Fratelli Mussulmani cumulano i poteri esecutivo e legislativo, mentre manca ancora loro il potere giudiziario. Prima di attaccare questo pilastro conservatore che è la magistratura egiziana, Mohamed Morsi decide di “ripulire” il CSFA. Il vecchio maresciallo Tantawi ed il suo assistente vengono bruscamente congedati e nel contesto rimane solo che l’ultimo arrivato, il giovane generale Al-Sisi, che viene propulso alla carica di Ministro della Difesa e di Capo del CSFA. Al Sissi si preoccupa di chiedere al suo predecessore il permesso di accettare; quest’ultimo l’incoraggia affidandogli la missione di salvare la struttura dell’istituzione. Al-Sisi presta giuramento di fedeltà a Morsi e, probabilmente, la sua reputazione di uomo integro e religioso ha sedotto i Fratelli Mussulmani, i quali sono convinti di poter manovrare questo giovane generale, discreto, pio e leale. Nel momento in cui la “confraternizzazione” delle istituzioni egiziane sta per giungere al suo culmine, Morsi si scontra con i magistrati. Il 22 novembre 2012, egli cerca di far passare di forza una riforma costituzionale che gli conferirebbe quasi i pieni poteri. La crisi si invelenisce a poco a poco ed il generale Al-Sisi si pone in una posizione intermedia fra la Confraternita e l’opposizione. Ma Morsi, teleguidato da Mohamed Badie, il Gran Maestro della confraternita, rifiuta l’umiliazione di una mediazione militare ed Al-Sisi non glielo perdonerà, specie nel momento in cui viene a sapere di voci concernenti una seconda purga fra le file degli ufficiali delle forze armate egiziane. Allorché la folla riprende la strada di piazza Tahir su istigazione della Confraternita, l’esercito soffia sul fuoco e galvanizza il movimento “Tammarod”, ostile ai Fratelli Mussulmani. Risultato finale: il 3 luglio 2013 Al-Sisi depone Morsi, mentre la folla esplode di gioia per l’evento. Tutto il mondo si aspetta che il generale Al-Sisi si insedi nel palazzo presidenziale, ma il nostro personaggio non si precipita. Abilmente, egli annuncia una nuova transizione democratica, con Adli Mansur come presidente ad interim. I suoi sostenitori vorrebbero rapidamente cedere al culto della personalità ed acclamare un nuovo rais, ma Al-Sisi non è un avventuriero, ma piuttosto un uomo riflessivo e segreto che calcola i suoi colpi e valuta attentamente i rischi connessi. In definitiva è uomo che per stile è più vicino a Mubarak che a Kadhafi. Questo non gli impedisce, comunque, di condurre un feroce repressione contro i Fratelli Mussulmani. L’organizzazione viene dissolta e dichiarata “terrorista”. Si stima che nell’estate del 2014 più di 1.600 islamisti siano stati fisicamente eliminati. Le proteste occidentali, in particolari quelle americane, rimangono limitate alle sole espressioni verbali. Qualche programma di aiuti finanziari e militari viene congelato e di questa situazione ne approfitteranno i paesi del Golfo e la Russia. La Turchia ed il Qatar sono i soli a denunciare con forza la persecuzione dei loro alleati. Sempre nell’estate del 2014, mentre i Fratelli Mussulmani rifiutano di partecipare alle elezioni presidenziali, Al-Sisi ottiene una votazione plebiscitaria. I giovani si sono astenuti ma le donne sono andate a votare in massa. Al-Sisi a questo punto può iniziare ad assumere decisioni legittime sotto la sua presidenza, iniziando dalla condanna a morte, il 16 maggio 2015, di Mohamed Morsi.

L’amico di tutti

Al-Sisi ha un programma molto preciso per il suo paese, egli vuole restaurare le fondamenta della geopolitica egiziana. L’Egitto, “la madre del mondo”, deriva da una delle più vecchie civiltà dell’umanità; la Nazione deve ritrovare il suo ruolo ed il suo rango. Fedele alla sua reputazione di uomo ponderato, in un primo tempo egli tende a rassicurare i partners tradizionali del Cairo. L’Algeria e l’Arabia saudita saranno i primi stati a riceverlo. Riad, in conflitto con i Fratelli Mussulmani, gli promette 12 miliardi di dollari. Cinquanta anni dopo la crisi di Suez, il successore di Gamal Abdel Nasser si riavvicina quindi alla Russia per esercitare una più efficace pressione sugli alleati americani e gli Europei. Qualche mese dopo il suo colpo di stato, egli effettua un giro di visite in Europa ed in particolare, a Roma, in Vaticano ed a Parigi. Nello stesso tempo, egli incontra Barack Obama e Vladimir Putin. L’Unione Africana, che aveva sospeso l’Egitto, gli perdona la repressione contro le manifestazioni dei Fratelli Mussulmani, ma occorre anche soggiungere che i successivi presidenti della stessa organizzazione non avevano certo molti titoli per impartirgli lezioni di democrazia. Ma sarà soprattutto la mediazione nel conflitto fra Gaza ed Israele che consentirà all’Egitto di ritrovare il suo ruolo nell’estate del 2014: con il controllo del punto di passaggio di Refah, l’Egitto diventa imprescindibile in questo problema. Israele che teme l’instabilità nel Sinai, incoraggia discretamente questo recupero di sovranità egiziana. Mahmud Abbas, rivale di Hamas nella banda di Gaza, è felice di ritrovare l’Egitto militare come principale mediatore. Allo stesso tempo, la moderazione egiziana nella rivalità Iran-Arabia saudita, in particolare sul problema siriano, accresce il peso polito del paese, anche se poi l’Egitto si è impegnato nella coalizione guidata dall’Arabia saudita nelle operazioni contro i ribelli sciiti nello Yemen. Nella Lega Araba, la cui sede si trova al Cairo, l’Egitto ritrova il suo ruolo di guida dove propone di costituire una forza militare comune. All’ovest dell’Egitto, il problema libico non smette di preoccupare gli Occidentali, che pure ne sono la causa iniziale. Al-Sisi, in questo caso, propone i suoi servigi per trovare una soluzione e per contenere la spinta jihadista. Il governo libico, guidato dal generale Haftar si é ripiegato sulla città di Tobruk, col sostegno dell’esercito egiziano. Ma quest’ultimo incontra notevoli difficoltà nel controllare il migliaio di chilometri delle frontiere con il suo vicino. Inoltre le preoccupazione connesse con la formazione di un santuario jihadista nel sud della Libia faranno sì che la Francia effettui un sensibile riavvicinamento al Cairo. Questo spettacolare giro di valzer di Parigi si concretizzerà con l’ordinazione egiziana di 24 caccia bombardieri RAFALE, di una fregata multi missione FREMM, fabbricata dai cantieri DCN francesi, oltre alla vendita di missili aria-aria MICA e da crociera SCALP, prodotti dalla MBDA. Il massacro dei copti su una spiaggia libica da parte dello stato islamico e la risposta egiziana non fanno altro che rafforzare il ritorno del Cairo nel seno della “comunità internazionale”.

Un nuovo Nasser ?

Sul piano economico, Al-Sisi cerca di rassicurare gli investitori e l’industria del turismo, fortemente toccata dagli attentati nel Sinai. Cosciente dei limiti del canale di Suez e convinto di dare al paese un nuovo grande progetto faraonico, egli lancia un programma di allargamento del canale e della creazione di una zona franca. Si tratta di incrementare gli introiti ed i flussi commerciali e militari che transitano attraverso l’Egitto. Al-Sisi cerca anche di contrastare le velleità etiopiche della grande diga che minaccia il controllo del Nilo ed un accordo al riguardo viene firmato nel corso del 2015. Ma l’Egitto, indebolito durante il periodo delle primavere arabe, non ha saputo trarre profitto dall’indipendenza del Sud Sudan, fatto che complica i suoi rapporti con l’Africa del Nilo. Per tutti questi progetti, Al-Sisi può contare, al momento, sui soli fondi sauditi. Nel marzo del 2015, nel corso di una conferenza economica a Sharm el Sheik, Al-Sisi ha svelato il suo progetto di una nuova capitale amministrativa e finanziaria fra il Cairo e Suez. Questo grandioso progetto di grattacieli in mezzo al deserto (“con una parte di attrazioni quattro volte più grandi che in California”) vuole segnare il recupero dell’Egitto di fronte ai suoi partners del golfo ed assorbire l’esplosione demografica del paese. Al-Sisi è anche cosciente della necessità di pacificare i rapporti religiosi interni. “Non è accettabile che questi pensieri spingano la nazione mussulmana ad essere una fonte di inquietudine per il mondo intero. Io non parlo dell’islam, della religione, ma di questi pensieri e di questi testi considerarti come sacri per centinaia di anni, a tal punto che non si può più aprire la bocca per opporvisi e che questi pensieri diventino il nemico di tutto il mondo. Non è possibile che 1,6 miliardi di uomini, uccidano 7 miliardi di persone per vivere come vogliono loro”. Poco dopo questa esortazione all’Università Al Ahzar egli si è recato alla cattedrale copta per la ricorrenza del Natale, un fatto decisamente nuovo per un presidente egiziano. Figlio della meritocrazia militare egiziana, nato nel 1954, Al-Sisi, grazie alla sua equazione personale, determina la continuazione della repubblica nasseriana al di là della generazione degli “ufficiali liberi” (proprio quelli che hanno lanciato la rivoluzione del 1954). La sfida di Al-Sisi sarà quella di mantenere l’Egitto al riparo dal caos islamista che incancrenisce la regione, ma anche di rilanciare economicamente un paese in forte crisi e con una demografia in forte crescita. Un programma che per certi aspetti presenta le stesse sfide e le stesse difficoltà dei tempi di Nasser.

NOTA

(1) Rais: Capo in arabo e tale termine è stato particolarmente utilizzato proprio al tempo di Masser.

BIBLIOGRAFIA

Anghar Samir, “Il Salafismo oggi, Movimenti settari in Occidente”, Michelon, 2011;

Mohamed Al-Adraoui, “Dal Golfo alle periferie. Il Salafismo mondializzato”, PUF, 2013;

Khosrokhavar Farhad, “Radicalizzazione”, MSH, 2014;

Chebel Malek, “Dizionario dei simboli mussulmani, riti mistica e civiltà”, Albin Michel, 1995.


Massimo Iacopi

 

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