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LIONE E’ PIU’ ITALIANA CHE FRANCESE

      

   

Inchieste

 Registrazione Tribunale di Rieti n. 5 del 07/11/2002

 

 

Articolo di:

Massimo Iacopi


Gli Italiani conoscono poco di ciò che unisce i Popoli Europei. A scuola insegnavano solo le guerre

 

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LIONE TRA IL RODANO E IL SAONE


A volte la Storia riserva delle Sorprese Incredibili

LIONE E’ PIU’ ITALIANA CHE FRANCESE

Gli Italiani conoscono poco di ciò che unisce i Popoli Europei. A scuola insegnavano solo le guerre

(Assisi PG, 26/10/2019)

Premessa

La capitale della Gallia romana, in un secolo, dalla seconda metà del 1800 al 1945, ha profondamente cambiato la sua fisionomia per effetto dell’immigrazione italiana, in città e nel suo territorio. Così come i fiumi Saone e Rodano confluiscono sulla punta della penisola su cui è stata fondata Lione, nello stesso luogo, sin dalla sua fondazione, nell’anno 43, da parte di un luogotenente di Giulio Cesare, sono confluiti lo spirito francese e quello italiano, determinando l’identità della Città. Quindici secoli più tardi, proprio nel quartiere di San Paolo, si verifica la seconda grande fase transalpina di Lione. E’ proprio in questo luogo della vecchia Lione che vengono a stabilirsi, agli inizi del 1460, i grandi mercanti e banchieri italiani. Attratti dalle quattro fiere annuali, esenti da imposte, essi trasformeranno questo importante crocevia del commercio internazionale in una delle più importanti piazze commerciali e finanziarie d’Europa. Questi mercanti e banchieri, come i Bandini, i Bonvisi, i Capponi, i Guadagni, i Gondi, i Medici, i Salviati e gli Strozzi, originari di Firenze, Genova o Lucca, sono i dominatori del mercato locale. La Rue Juverie, la Rue de la Loge, la Rue Lainerie e la Place du Change (Cambio), costituiscono il loro riferimento.

Tessitori, stampatori e librai

Oggi le loro antiche dimore, restaurate, sono state salvate dalla demolizione nel 1964, come molte altre di quelle della vecchia Lione, città iscritta nel patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 1998. E’ il caso, ad esempio, della splendida dimora dei Guadagni, posta sulla via omonima, che ospita il museo storico della città. Per contro, le vecchie dimore del negoziante piemontese Stefano Turchetti (Turquet) sono andate perdute, nella recente ristrutturazione che ha interessato il viale di Bondy. Tuttavia, in tutto il vicino quartiere di San Giorgio, esiste ancora oggi un vicolo, senza uscita, che porta ancora il suo nome. Questo fatto ci porta ad interrogarci sulla qualità dell’omaggio reso al piemontese, tenendo conto che, il personaggio, insieme al suo compatriota Bartolomeo Naris, avevano fondato a Lione, nel 1536, i primi laboratori di tessitura della seta, “La Fabbrica”, così come è stata inizialmente denominata questa industria, attività che determinerà la fortuna della vecchia capitale della Gallia romana per più di quattro secoli. Sulla riva sinistra della Saone, dove le attività della stampa danno inizio all’età d’oro del Rinascimento, gli Italiani sono sempre in prima linea. Sulle centinaia di laboratori in rue Merciere e delle strade adiacenti, recensiti nel 1520, la maggior parte appartengono ad Italiani (all’epoca, Venezia era la capitale della stampa). Fra i più grandi librai della città, fra il 1530 ed il 1560, i Gabiano ed i Giunta, risultano i più importanti. In queste stradine, oggi sedi di numerosi ristoranti, all’angolo della Rue Merciere e della Rue de la Monnaie (Moneta) si eleva ancora la dimora di Orazio Cardon, stampatore, nato a Lucca nel 1565, che nel 1600 acquista e continua l’attività dalla famiglia Giunta. Ma nessuna traccia sembra essere rimasta degli Italiani meno fortunati che, alla fine del XIX Secolo, si stabiliscono nello stesso quartiere. Cappellai toscani effettuano investimenti nelle strade della Monnaie, del Petit David, del Pont du Temple e, soprattutto, nella Rue Merciere, dove aprono anche il loro circolo, non lontano dai locali della Filarmonica e vicino a ristoranti e caffè italiani. E’ proprio in uno di questi che il sindacalista piemontese Rinaldo Rigola (1868-1954), rifugiato a Lione dal 1897, fonderà una attiva sezione del Partito Socialista italiano. Dagli inizi del XIX Secolo, decine di migliaia di artigiani e di operai italiani si insediano a Lione, componendo una vasta colonia frammentata in gruppi regionali, provinciali e cittadini. In un primo tempo, si tratta di una immigrazione stagionale limitata agli artigiani delle valli piemontesi, le cui competenze sono molto richieste. Pittori, stuccatori, scultori su legno, pietra e marmo, insieme a modellatori in stucco toscani e mosaicisti friulani, forniranno un grande contributo alla rinascita della decorazione a Lione. Arrivano anche operai non specializzati dal Piemonte, dalla Lombardia, dall’Emilia Romagna, dal Veneto, dal Friuli, dalla Toscana, ma anche piccoli imprenditori commerciali, venditori ambulanti, musicisti, cantanti, saltimbanchi e, persino domatori di orsi e di scimmie, che contribuiscono a divertire la popolazione della città. Successivamente, a seguito dello sviluppo industriale, l’immigrazione tende ad accrescersi e gli immigrati italiani si stabiliscono durevolmente in città. Ma, se nella maggioranza delle filiere gli uomini sono largamente superiori di numero, le donne hanno il sopravvento nell’industria tessile e dell’abbigliamento. Reclutate più spesso nelle vallate alpine, spesso alloggiate dal fabbricante, esse si distinguono per la loro forte personalità. Nell’estate del 1869, durante un lungo sciopero delle “ovaliste” (le operaie incaricate che rendevano idoneo alla tessitura il filo di seta grezzo) -, un rapporto di polizia sottolinea che gli Italiani, ce rivendica un aumento di salari e la diminuzione del tempo di lavoro, sono “i più decisi a continuare lo sciopero”.

“A l’eau les “Macaronis” (Buttate nel fiume gli Italiani)

Tuttavia, questa unione fra gli operai francesi ed italiani è una eccezione, in un contesto in cui la maggior parte degli Italiani assunti dai laboratori, nelle fabbriche e nei cantieri di costruzione accettano, di norma, un salario minimo e difficili condizioni di lavoro, fatto che provoca la reazione ostile da parte degli operai francesi.  L’assassinio del Presidente Marie François Sadi Carnot (1796-1832), da parte dell’anarchico lombardo Sante Girolamo Caserio (1873-1894), a Lione, il 24 giugno 1894, mette fuoco alle polveri. Al grido “Abbasso gli Italiani !”, “Al fiume i Macaroni !”, in tutta la città per tre notti consecutive, caffè, ristoranti, negozi, laboratori, imprese ed case di Italiani verranno saccheggiati e distrutti. Questo feroce ed improvviso dramma, crea un terribile trauma che spingerà centinaia di Italiani a lasciare la città. Sarà solo dopo la Prima Guerra Mondiale che gli Italiani ritorneranno massicciamente a Lione, “protetti” da un accordo firmato fra la Francia e l’Italia nel 1919. Infine, se la maggioranza degli immigrati è motivata dalla necessità di fuggire dalla miseria che devasta a quell’epoca le città e le campagne, una piccola minoranza espatria in Francia per sfuggire al Fascismo, al potere in Italia dal 1922. Nel 1926, Lione conta fra i suoi abitanti 25 mila Italiani (su una popolazione di 570 mila unità), principalmente dal Piemonte e dal Lazio. Alcuni trovano un punto di insediamento nel quartiere di San Giorgio, nelle vecchie case dei canuts (nome dato a suo tempo ai tessitori protestanti abitanti del luogo), che le hanno lasciate nel XIX Secolo per quelle della Croix Rousse (il cui alti soffitti consentono di ospitare le attrezzature del loro mestiere di tessitori. Altri Italiani si insediano nel quartiere della Guillotiere (che è rimasto tutt’oggi un quartiere preferito dai nuovi immigrati).

Un quarto dei Lionesi è di origine italiana

Ma la maggior parte degli immigrati italiani si stabiliscono dove si trovano le fabbriche, nei quartieri lontani dal centro città o principalmente nei sobborghi di Villeurbanne e Vaulx en Velin. A causa della crisi degli alloggi, essi occupano spesso “baracche”, abitazioni provvisorie che si moltiplicano nei pressi dei luoghi di lavoro, come a sud di Gerland, dove i laboratori, macelli pubblici, fabbriche e vetrerie, impiegano un grande numero di Italiani. Da allora, questo quartiere diviene uno dei luoghi principali della comunità italiana di Lione. Certamente le baracche sono state ormai demolite da diversi decenni e la maggior parte delle fabbriche sono scomparse, ma rimane ancora qualche traccia di questo passato. Come ad esempio, le “piccole case” costruite in pietra e mattoni” in Rue de l’Effort, al posto delle vecchie baracche, o come le molteplici pizzerie che hanno proliferato nel quartiere. La memoria di questa immigrazione, il cui duro lavoro ha contribuito allo sviluppo dell’agglomerazione nel corso dei due ultimi secoli, è stata anche conservata, fra le altre Istituzioni, dalla Casa degli Italiani, posta a Sans Souci, da più di 50 anni. Questa comunità, con lo scorrere delle generazioni (almeno il 25% degli abitanti della regione lionese avrebbero origini italiane) ed i grandi eventi del XX Secolo, si è progressivamente integrata, nonostante non siano mancate ancora  nuove spinte di violenza xenofoba. In tal modo, ad esempio, in occasione della Grande Guerra, un discreto numero di questi immigrati combatteranno e moriranno per la Francia (il monumento la Grande Madre, nel quadrato degli Italiani del cimitero della Guillotiere, rende omaggio al loro sacrificio). Durante l’Occupazione italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, molti Italiani serviranno nelle file dei franchi tiratori e partigiani, fra questi vale la pena ricordare l’idraulico friulano Titta Giovambattista Cois, nato nel 1888 e fucilato dai Tedeschi nel 1944, al quale la città di Vaulx en Velin, sobborgo di Lione, ha dedicato una strada. Dopo l’ultima massiccia ondata di immigrati italiani degli anni 1950 e 1960, provenienti principalmente dal Centro Sud della penisola (specie Sardegna e Sicilia) l’integrazione nella società francese ha subito una accelerazione e si è anche consolidata. In questo inizio del XXI Secolo arriva un’altra categoria di Italiani ad apportare un segno concreto nella città di Lione: i grandi nomi dell’architettura. Il senatore italiano Renzo Piano (1937- vivente), il padre del Centro Pompidou di Parigi, ha, in tale contesto, firmato il progetto del quartiere della Cité Internazionale, costruito fra il 1993 ed il 2006, ai bordi del Parco Tete d’Or di Lione; e Doriana e Massimiliano Fuksas (1944-vivente), che hanno ideato gli alloggiamenti Lyon Islands, realizzati fra il 2005 ed il 2010 nell’eco quartiere della Confluenza dei fiumi, a sud della penisola cittadina.


Massimo Iacopi

 

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