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Su carru de sa Motti Il carro della Morte Apr 1 2002 12:00AM - Dott. A. RUGOLO (Torino) Un tempo, per vivere, bisognava inventarsi il lavoro e qualcuno più furbo degli altri e con pochi scrupoli riusciva a sfruttare a proprio vantaggio, la paura dei compaesani.
Questa storia mi é stata raccontata in uno dei pochi momenti in cui ci si ritrova in famiglia, durante una notte di temporale. Seduti di fronte al caminetto, nel quale arde un fuoco che colora di rosso pallido la cucina, la televisione spenta per mancanza di corrente elettrica, il più anziano, mio suocero, torna indietro nel tempo e racconta ciò che tante volte da bambino aveva sentito raccontare.
“Tanto tempo fa, la morte di una persona veniva annunciata dal passaggio di un carro molto particolare: su carru de sa Motti”.
Le parole gli escono di bocca come se la leggenda fosse ormai parte di lui, non ci sono bambini piccoli, ma a noi sembra di essere piccoli, forse qualcuno ha anche paura, o forse é semplicemente l’atmosfera che si é creata intorno al camino, fatto sta che qualcuno sentiva dei brividi anche se non c’era freddo.
“Era facile capire quando passava il carro dal frastuono che si sentiva, come di catene trascinate sulle pietre. Quando passava il carro, tutto il paese aveva paura e nessuno si azzardava a mettere il naso fuori dalla porta. Ogni notte la stessa storia, tra la mezzanotte e l’una, fino alla morte del malcapitato. Dopo la morte del malato il carro non passava più.”
Il carro della morte non era altro che l’invenzione di alcuni intraprendenti ladri che, bene informati sullo stato di salute dei paesani, approfittavano della loro buona fede per rubare qualcosa con cui vivere. Attrezzato un carro con pesanti catene, giravano la notte sulle strade in selciato , nei pressi delle case in cui si sapeva che vi era qualche malato in fin di vita. Così si creò la brutta fama di annunciare la morte delle persone.
“Qualche volta é capitato che il carro si facesse sentire in una zona in cui non c’era nessun malato e, in quelle rare occasioni tutti temevano per la propria vita e si rinchiudevano nelle loro case.”
Per i ladri diventava abbastanza semplice compiere i loro furti e dileguarsi in quanto nessuno usciva dalla propria casa neanche se sentiva dei rumori in cortile. La mattina dopo qualcuno si rendeva conto del furto nel granaio o della sparizione di qualche forma di formaggio, ma il commento era sempre lo stesso:
“Mellusu a ‘ndai furau cussu di essi mottu
unu de famillia”
(meglio che sia stata rubata quella roba, che non la morte di uno di famiglia!)
Poi, senza alcun preavviso, il ritorno dell’energia elettrica spezza l’incantesimo che ci aveva tenuti tutti intorno al camino e così ci alziamo dalle sedie... qualcuno, senza farci caso, accende la televisione ed io mi auguro che arrivi presto un nuovo temporale ....
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