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Perché possiamo dirci italiani Considerazioni Sep 15 2005 12:00AM - Pietro Pastoretto (Roma) Gettata nelle acque de Mediterraneo in direzione nord ovest - sud est (passano ben 12 gradi di longitudine dal punto più occidentale a quello più orientale), l'Italia occupa anche pressappoco il centro del continente europeo, posta com'è tra la penisola iberica e quella greco balcanica. Nell'antichità le prime rappresentazioni cartografiche di questa terra ne accentuavano esageratamente la direttrice ovest - est, sino a raffigurarla secondo una direzione occidentale - orientale con a settentrione le coste illiriche, e ciò spiega almeno in parte la sindrome da accerchiamento marittimo di cui soffrivano i Romani al tempo delle guerre puniche. La sua notevole lunghezza - 12 gradi di latitudine - rende la Penisola una sorta di ponte naturale tra le pianure franco-germaniche e l'Africa. Il clima mite e la presenza di numerosi approdi sicuri ed insenature hanno reso nei millenni l'Italia un centro elettivo d'immigrazione o di invasione di genti e stirpi di culture molto diverse fra di loro, così da diventare un caleidoscopio variegato di popoli che si sono sovrapposti e mescolati ai non numerosi abitanti originari. Per quanto le Alpi ne costituissero un contrafforte quasi insuperabile per le genti del nord, la pianura padana a sua volta consentiva facili comunicazioni fra oriente ed occidente, ovvero tra l'attuale Friuli e la Provenza. Molto più arduo risulta invece il pur breve passaggio tra la costa tirrenica a quella adriatica, divise dalla dorsale appenninica che, se non raggiunge elevate altezze, è tuttavia aspra ed impervia. Data questa particolare conformazione orografica, è evidente che nella Penisola si formassero delle enclavi di diverse etnie e lingue: grosso modo Celti a nord, Etruschi al centro-nord, Latini al centro, Greci a meridione. L'unità delle genti italiche, accomunate dalla cittadinanza romana nel I sec. a.C. dopo la guerra sociale - un'unità politica ma non certo etnica - non resse a lungo, poiché la disposizione geografica della Penisola favorì ancora la frammentazione fra un sud bizantino (poi in parte saraceno) ed un nord longobardo, frammentazione continuata secoli dopo da un settentrione francese ed un meridione ispanico e poi superata, nonostante il diaframma del Regno della Chiesa, quando gli Spagnoli dominarono sia su Napoli che su Milano; ma poi ripresa allorché la Lombardia ed in seguito il Veneto divennero asburgici, ed il sud borbonico. Caratteristica comune di questi cambiamenti è quella di essere stata determinata dall'imperialismo di potenze straniere, che non agevolava certamente l'unità nazionale degli Italiani, poiché gli Stati non sottoposti all'egemonia extra italica si possono contare sulle dita di una mano: Venezia, il Ducato di Savoia, la Repubblica ligure ed il Regno della Chiesa. A questo punto viene da chiedersi se esista veramente una nazione italiana, o se essa sia stata un'artificiosa creazione dell'Ottocento, che necessita ancora di parecchio tempo per realizzarsi pienamente, tanto più che dal dopoguerra l'idea stessa di nazione, tanto esaltata dal fascismo, venne per converso messa in soffitta ed ostracizzata dalla vita pubblica. La risposta mi sembra essere questa: la nazione italiana esiste ed è reale, ancorché erede di varie culture che tuttavia l'hanno arricchita con i loro contributi: gli stessi confini della Penisola, così ben marcati rispetto ad esempio al centro Europa, dove non ci sono differenziazioni nette tra Francia, Germania, Polonia e Paesi baltici, hanno contribuito a creare una comune "terra dei padri", ovvero una Patria italiana. Quel che oggi ancora manca è invece la coscienza nazionale, indispensabile per l'autoconsapevolezza morale e spirituale di una nazione, che infatti non è tale se non sa di esserlo. Il percorso per raggiungerla mi sembra essere ancora lungo, anche se la commozione popolare, purtroppo per i morti di Nassirya, sembra essere un indizio in tal senso. (www.lafolla.it)
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