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Lettere
Girotondi e girotondini
Replica ad una lettera sulla storia dei girotondi e sulla loro utilità sociale
Feb 21 2004 12:00AM - C. SARCIA'
(Rieti) (il Giornale del 21 febbraio 2004, Giulio Roder). I girotondini hanno illustri antenati. Nella risposta a un lettore avete ricostruito la cronaca dei girotondini. Ma i girotondini sono tosti: oltre ai parenti di prima e seconda generazione essi vantano una genealogia storica di tutto rispetto. Il primo riferimento storico risale (secondo Antonio Socci?) a Dostoevskij che mette in bocca al grande inquisitore queste parole: “Noi organizzeremo la loro vita come un gioco di bimbi con canzoncine, cori, danze innocenti”. Il riferimento storico, direi “letterale”, è leggibile in “Nietzsche e la filosofia” ed. Einaudi, 1962, dove a pagina 289 Gilles Deleuze scrive: “Marx, Hegel e Nietzsche si danno la mano in un girotondo che celebra il superamento della metafisica e la morte della filosofia”.
La mia replica al dottor Granzotto curatore della rubrica.
Non è la parola “girotondo” che può assegnare origini e valenze storico-filosofiche al movimento dei Moretti e dei Pardi (mi riferisco alla lettera in primo piano de’l Giornale di oggi 21/2/2004). L’accostamento poi fatto dal lettore di Trento, degli odierni ideatori dei ”girotondi” ad alcuni pensatori del passato, mi pare azzardato, specie se guardiamo alla qualità delle idee per cui il movimento è divenuto noto. Le pietre miliari di quella che si vorrebbe fare assurgere a filosofia della resistenza passiva sono infatti altre e di spessore ben più qualificante. Inoltre, la storia è piena di girotondi, ma tutti quasi sempre seri e motivati e soprattutto portatori di esigenze collettive e reali.
Nei paesi anglosassoni il sit-in non è altro che un girotondo e, a ben vedere, anche i cortei della “maggioranza silenziosa” erano una forma di girotondo, come pure, gli scioperi della fame dei radicali che, una qualche istanza sociale portavano. Peccato che ci sia una sostanziale differenza con ciò che sta succedendo oggi in Italia: i radicali hanno sempre affermato principi che in fondo, salvo qualche estemporaneità personale, possono essere condivisi da larga parte della società e i cortei della maggioranza silenziosa, per definizione “maggioranza”, non davano spettacolo né strepitavano, ma protestavano in silenzio per registrare un malessere sociale stratificato e trasversale. I girotondini odierni invece non rappresentano la società, né difendono principi di interesse generale; semmai raccolgono una componente minoritaria interna alla sinistra e dibattono soprattutto problemi interni a quella stessa sinistra che è già minoritaria nella politica nazionale, peraltro senza neanche risolvere ciò che li divide, ma facendo carico alla maggioranza di Governo della loro incapacità di interessare il Paese.
Piuttosto mi fanno venire in mente i girotondini della prima repubblica, che «si inseguivano correndo intorno al pozzo, con una mano davanti e l’altra dietro».
Al popolo veniva detto che stavano inseguendo i mascalzoni, in realtà correvano per non farsi acchiappare. Do you remember? Bye.
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