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Manovre di avvicinamento

Il Papa incontra il Primate Anglicano

Il mondo ha bisogno dell’unità dei cristiani


Oct 4 2004 12:00AM - C. SARCIA'


(Città del Vaticano) Giovanni Paolo II ha ricevuto in udienza privata Sua Grazia Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury e Primate della Comunione Anglicana. L’incontro si è svolto alla presenza del Cardinale Walter Kasper Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, del Vescovo Brian Farrell Segretario del medesimo Dicastero e del Cardinale Cormac Murphy-O'Connor Arcivescovo di Westminster. La speranza del Papa: Il mondo ha bisogno della testimonianza della nostra unità radicata nel nostro amore comune e nella nostra obbedienza a Cristo ed al Vangelo. L’Osservatore Romano ha pubblicato la traduzione italiana dell’intervento pronunciato dal Papa nell’occasione. Leggendo le parole del Papa si ha l’impressione che le due Chiese, quella Anglicana e quella Cattolica, non siano in fondo così lontane da un chiarimento dei motivi della loro secolare separazione e quindi da una possibile unificazione. Lo testimonia anche il fatto che alla commissione congiunta già operante si è aggiunta una nuova commissione per lo studio delle soluzioni possibili. Del resto gli auspici di una pace possibile furono ampiamente trattati nella Dichiarazione comune sottoscritta nel 1966. Le condizioni richieste dal Papa riguardano innanzitutto questioni concernenti la fede, ma anche problemi di natura disciplinare e morale; in particolare le recenti novità introdotte dagli Anglicani circa le ordinazioni femminili e la tolleranza verso i ministri del culto gay di certo rendono più difficile il ricongiungimento fra le 2 Chiese. Segue il discorso del Papa. Sua Grazia Reverendissima Rowan Williams Arcivescovo di Canterbury. E’ un grande piacere darle il benvenuto qui, in occasione della sua prima visita alla Sede Apostolica come Arcivescovo di Canterbury. Lei prosegue una tradizione iniziata subito prima del Concilio Vaticano II con la visita dell'Arcivescovo Geoffrey Fisher, ed è il quarto Arcivescovo di Canterbury che ho avuto il piacere di accogliere nel corso del mio Pontificato. Serbo ancora un vivido ricordo della mia visita a Canterbury nel 1982, e della commovente esperienza di pregare presso la tomba di san Tommaso Becket insieme all'Arcivescovo Robert Runcie. I quattro secoli che sono seguiti alla triste divisione tra di noi, durante i quali vi è stato poco o nessun contatto tra i nostri predecessori, hanno ceduto il passo a una serie di incontri, pieni di grazia, tra il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, e l'Arcivescovo di Canterbury. Questi incontri hanno cercato di rinnovare i vincoli tra la Sede di Canterbury e la Sede Apostolica, che hanno le loro origini nell'invio, da parte di Papa Gregorio Magno, di sant'Agostino, primo Arcivescovo di Canterbury, nei Regni anglosassoni nel tardo sesto secolo. Ai giorni nostri, questi incontri hanno anche dato espressione alla nostra anticipazione della piena comunione che lo Spirito Santo vuole per noi e chiede da noi. Mentre rendiamo grazie per i progressi compiuti finora, dobbiamo anche riconoscere che sono sorte nuove e serie difficoltà sul cammino dell'unità. Queste difficoltà non sono di natura meramente disciplinare; alcune si estendono a questioni fondamentali della fede e della morale. Alla luce di questo, dobbiamo ribadire il nostro impegno ad ascoltare attentamente e con onestà la voce di Cristo, così come ci giunge attraverso il Vangelo e la Tradizione Apostolica della Chiesa. Dinanzi al crescente secolarismo del mondo attuale, la Chiesa deve assicurare che il deposito della fede venga proclamato nella sua integrità e che venga preservato da interpretazioni erronee e travisate. Quando il nostro dialogo teologico ha avuto inizio, i nostri predecessori, Papa Paolo VI e l'Arcivescovo Michael Ramsey, non potevano conoscere il percorso esatto o la lunghezza del cammino verso la piena comunione, ma sapevano che sarebbero occorse pazienza e perseveranza e che essa sarebbe giunta solo come dono dello Spirito Santo. Il dialogo da loro avviato doveva essere fondato sui Vangeli e sulle antiche tradizioni comuni; doveva essere associato alla promozione di una collaborazione capace di condurre a una maggiore comprensione e a una più profonda carità; ed è stato espresso l'auspicio che, con il progresso verso l'unità, vi potesse essere un rafforzamento della pace nel mondo, quella pace che può concedere solo Colui che dà la pace che trascende ogni comprensione (cfr Dichiarazione comune, 1966). Dobbiamo perseverare nel costruire sul lavoro già svolto dalla Commissione Internazionale Anglicana-Cattolico Romana (ARCIC) e sulle iniziative della Commissione congiunta per l'Unità e la Missione (IARCCUM), che è stata istituita di recente. Il mondo ha bisogno della testimonianza della nostra unità, radicata nel nostro amore comune e nella nostra obbedienza a Cristo e al suo Vangelo. È questa fedeltà a Cristo che ci impone di continuare a cercare l'unità piena e visibile e di trovare modi adeguati per impegnarci, ogni volta che ciò è possibile, nella testimonianza e nella missione comune. Mi incoraggia il fatto che lei abbia desiderato di venire a farmi visita all'inizio del suo ministero come Arcivescovo di Canterbury. Condividiamo il desiderio di approfondire la nostra comunione. Prego per una rinnovata effusione dello Spirito su di lei e sulle persone a lei care che l'hanno accompagnata fin qui, e su tutti i membri della Comunione Anglicana. Che Dio la protegga, che vegli sempre su di lei, e che la guidi nell'esercizio delle sue alte responsabilità! In questa festa di San Francesco d'Assisi, apostolo della pace e della riconciliazione, preghiamo insieme che il Signore faccia di noi strumenti della Sua pace. Dove è offesa, che noi possiamo portare il perdono; dove è odio, che noi possiamo portare l'amore; dove è disperazione, che la nostra umile ricerca dell'unità possa portare la speranza.

©L'Osservatore Romano

 

 

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