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A proposito delle produzioni agricole OGM Rischi per l’ambiente Oct 31 2005 12:00AM - Avv. Raffaella Ginanneschi (Rieti) I primi cinquanta anni del XXsecolo sono stati contraddistinti da un’attività scientifica diretta al miglioramento di una determinata specie vegetale o animale per il tramite di incroci tra esemplari della medesima razza. La Sabina vanta un grandissimo e valoroso esponente di questo tipo di sperimentazione nel campo vegetale, il Prof. Nazareno Strampelli, il quale, sebbene oriundo della provincia di Macerata, all’inizio del ‘900 approdò a Rieti, luogo di antica fama per la produzione del grano da seme, tanto da indurre l’allora Ministro per l’Agricoltura Guido Baccelli ad istituirvi una Cattedra Sperimentale di Granicoltura. Si può affermare che l’illustre Strampelli abbia contribuito in modo quasi del tutto risolutivo all’autosufficienza della produzione granaria in una Italia che, reduce dal primo conflitto mondiale, era estremamente deficitaria. La tecnica della ibridazione sul frumento, incrociando il “Noè”con il “Rieti”, conseguì lo scopo di ottenere una varietà che del “Rieti” conservava i pregi ma non il difetto dell’allettamento. Le successive tecniche degli incroci condotte da questo scienziato, volte al miglioramento anche di altre piante agrarie, permisero di ottenere varietà molto produttive e più resistenti alle avversità come ad esempio il flagello della “stretta”. L’attività di ricerca del genetista Strampelli riscosse enorme successo sociale oltre che economico, dal momento che le sue tecniche sperimentali furono diffuse rapidamente nelle comuni colture. Si può affermare che lo stesso fenomeno non si è ripetuto nel corso della evoluzione della ricerca biogenetica, che postula l’affermazione di nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche fondate sulla interpolazione del DNA e sulla immissione di geni esogeni negli organismi destinati a costituire i componenti di prodotti agroalimentari. In Italia, come in altri paesi europei, in special modo in Francia e in Austria, si assiste ad una tendenziale mobilitazione degli ambienti agricoli avverso la introduzione e la diffusione sul territorio e sul mercato di prodotti cosiddetti OGM o transgenici, ottenuti con la suddescritta modificazione genetica di organismi. Tali prodotti, anche se contengono le stesse caratteristiche organolettiche dei prodotti naturali, presentano, altresì, determinati elementi di artificialità. Con le nuove tecniche di ingegneria genetica si può profilare un discorso risolutivo riguardo ad un probabile aumento del valore nutrizionale dei generi alimentari, alla resistenza alle avverse condizioni climatiche e alle patologie; tuttavia, l’atteggiamento psicologico di sospetto e di preoccupazione per la immissione degli OGM nell’ambiente e nel commercio è giustificato dall’inconoscibile impatto della utilizzazione degli stessi organismi sulla biodiversità degli ecosistemi naturali. La produzione agroalimentare assolve ad una funzione culturale e, come manifestazione del rapporto tra territorio ed individuo, è giuridicamente protetta dal nostro ordinamento e da quello sovranazionale. Nel settore della biotecnologia agricola, la disciplina comunitaria da un lato si rivolge verso l’incentivazione delle ricerche attraverso la concessione di una privativa a favore di chi crea un nuovo organismo; dall’altro, la stessa risulta impositiva di una serie di limiti e di obblighi per chi svolge simili ricerche e per chi immette sul mercato i frutti di tali ricerche. Peraltro, la politica legislativa italiana tende a scoraggiare la coesistenza delle varie filiere di produzione agricola OGM e non OGM, attraverso una rigorosa procedura relativa alla valutazione di impatto ambientale o attraverso la negazione degli aiuti supplementari PAC agli agricoltori che utilizzano sementi contaminate da coltivazioni transgeniche. Anche gli enti territoriali locali, come quelli sabini, hanno espresso una condanna più o meno esplicita nei confronti dei prodotti OGM, con la promozione di iniziative dirette alla tutela dei prodotti naturali o convenzionali, soprattutto attraverso la esaltazione delle specificità tradizionali e delle colture biologiche. A queste tendenze si è conformata la Regione Lazio, che in qualità di Regione “ogm-free” ha aderito quest’anno alla Carta sulla coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche. Tale accordo è finalizzato ad attuare in seno alle istituzioni dell’Unione Europea iniziative dirette alla prevenzione di eventuali effetti negativi degli OGM sui sistemi agricoli e sull’ambiente. L’odierna Giunta del Lazio ha varato una apposita legge, che costituisce una primo preciso intervento normativo regionale in Italia a sfavore degli OGM. Infatti, a conforto delle aspettative di tutte le organizzazioni esponenti del mondo agricolo locale, sono previste rigide imposizioni a tutela del consumatore; inoltre, gli organismi transgenici potranno essere coltivati nel territorio laziale solo in serra e per fini sperimentali, anche se il recente pronunciamento della Corte di Giustizia UE sul mancato recepimento della direttiva comunitaria in materia di invenzioni biotecnologiche da parte dell’Italia (Corte Giust. 16 giugno 2005, causa C-456/03) conferma la generale ritrosia nel nostro Paese a investire nel campo della ricerca biotecnologica. Pertanto, per una futura ed incontrastata affermazione dei prodotti OGM, si auspica una proficua attività di studio e di sperimentazione finalizzata all’abbattimento definitivo dei rischi per l’ambiente, per la salute umana, per la dispersione e per la ricombinazione genetica anche accidentale sul terreno.
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