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IL CORRIDOIO DEL VASARI Uno spazio che collega Palazzo Pitti agli Uffizi usato in gran segreto dai Medici 14/01/2010 - Massimo Iacopi (Assisi PG) Questa avventura ha inizio con un acquisto, quello effettuato dalla moglie di Cosimo I de’ Medici (1519-1574), Eleonora di Toledo (1522-1562), del palazzo Pitti, futura residenza della famiglia nel 1561. Il sovrano, per recarsi a Palazzo Vecchio, sede ufficiale del suo potere (Uffizi), è costretto ad attraversare buona parte della città, passando per stradine strette, dove teme la possibilità di attentati. L'idea del percorso sopraelevato nasce, dunque, per dare opportunità ai granduchi di muoversi liberamente e senza pericoli dalla loro residenza di Palazzo Pitti al Palazzo del Governo, visto l'appoggio ancora incerto della popolazione verso il nuovo Signore e il nuovo sistema di governo che aveva abolito l'antica Repubblica fiorentina, sebbene gli organi repubblicani fossero ormai solo simbolici da quasi un secolo. Nel 1565, pertanto, egli commissiona all’architetto Giorgio Vasari (1611-1574), che aveva realizzato anche gli Uffizi, la costruzione di un passaggio chiuso e sospeso fra i due palazzi per potersi muovere in tutta sicurezza, senza scorta armata. I lavori vengono realizzati con la massima celerità, venendo conclusi nel giro di appena cinque mesi e la nuova opera viene inaugurata in occasione del matrimonio del figlio di Cosimo, Francesco de’ Medici (1541-1587), con Giovanna d’Austria (1547-1578). Ogni Medici, fino all’estinzione della dinastia, nel 1737, ha così percorso questo spazio, utilizzato in occasione di visite ufficiali, per meravigliare gli ospiti di passaggio. Gli Asburgo Lorena (Lotringen), granduchi di Toscana hanno, in seguito, raccolto il testimone dai Medici fino al 1799. Nel XIX Secolo, il corridoio è stato ceduto dal Re Vittorio Emanuele II di Savoia (1820-1878) alla città di Firenze, ma il complesso ritroverà una parte del suo lustro solo nel maggio 1938, in occasione del viaggio di Adolf Hitler (1889-1945), nell’Italia fascista di Benito Mussolini (1883-1945). Il Duce riceve con fasto il suo omologo a Firenze e gli fa percorrere il corridoio. Per impressionarlo maggiormente, il Duce farà effettuare alcuni lavori sulla parte che sovrasta il centro del Ponte Vecchio: dove vengono aperte tre finestre panoramiche nel bel mezzo dell’Arno, in direzione del Ponte Santa Trinita, offrendo, in tal modo, un panorama eccezionale sul fiume e sulla città. Una situazione ben diversa dai piccoli e discreti oblò rinascimentali del progetto iniziale del Vasari. Nel periodo seguente, il corridoio cade lentamente nell’oblio. Nuovi lavori vengono intrapresi negli anni 1960 per restaurarlo, ma la grande inondazione del 1966 porta un colpo fatale all’operazione in atto: altre priorità si impongono ed i lavori vengono abbandonati. Nel frattempo, i lavori riprendono e si prolungano stancamente per molti anni, sfociando agli inizi del 1993 nella previsione di una riapertura al pubblico per l’estate seguente. Ma, il 27 maggio, l’esplosione di un automezzo in via dei Georgofili, imbottito con 250 chilogrammi di esplosivo, provoca cinque vittime, fra le quali una bambina di otto anni, un neonato di nove mesi e cinquanta feriti. Una parte del Palazzo degli Uffizi ed il corridoio che lo sovrasta vengono danneggiati. Circa duecento opere vengono danneggiate (alcune irrimediabilmente perdute) ed il corridoio minaccia di crollare per una lunghezza di un centinaio di metri. Gli inquirenti scoprono rapidamente che l’attentato è stato ordinato da una famiglia della Mafia siciliana, come risposta all’arresto nel gennaio precedente di uno dei suoi capi, Salvatore Riina, inteso “Totò u Curtu”. L’obiettivo è quello di seminare il terrore e di colpire quello che costituisce un’importante fonte di entrate per l’Italia: il turismo culturale. Questa tragedia interrompe per diversi anni qualsiasi progetto legato al Corridoio, in quanto i lavori assumono un ampiezza considerevole: non occorre solamente rinnovare, restaurare, ma anche ricostruire una parte dell’infrastruttura. La rimessa in opera impegna lo spazio di qualche anno, ma sarà solo nel corso dell’anno 2000 che viene riaperto al pubblico con un percorso di circa un chilometro. Apertura condizionata, poiché il corridoio non costituisce, in effetti, un museo ordinario e la sua visita viene effettuata con una guida, su prenotazione, in gruppi ed in determinati giorni della settimana. In definitiva, una situazione speciale per pochi visitatori che possono giustamente avere la sensazione di sentirsi dei “privilegiati”. L’entrata del corridoio, in effetti, non è indicata nel Museo degli Uffizi e vi si accede da un portone della galleria del secondo piano del Museo. Superato il portone, una lunga scalinata di marmo di sessanta gradini scende quasi al livello del primo piano del Museo e dà inizio alla visita vera e propria della struttura. Il percorso prosegue poi a sinistra, in direzione dell’Arno, con un altro scalone. Le finestre e gli occhi che si aprono nel corridoio consentono suggestive vedute sulla città, sull’Arno e sul Ponte Vecchio. La prima parte del percorso consente di ammirare, sotto lo sguardo attento di un guardiano, la collezione riunita da Leopoldo de’ Medici: centinaia di quadri, sculture e disegni. Le pareti del corridoio sono piene di numerose opere del Seicento e Settecento con i caravaggeschi: Gherardo delle Notti (Gerard van Honthorst) (Cena con suonatore di liuto, Brindisi in Olimpo), Rutilio Manetti e Francesco Rustici detto il Rustichino (Pittura ed architettura), nonché opere di Artemisia Gentileschi (Giuditta ed Oloferne) e Guido Reni. Fra i pittori del Seicento italiano vanno ricordati Annibale Carracci, il Domenichino (ritratto del cardinale Agucchia), il Guercino (Endimione addormentato, Sibilla Samia), Salvator Rosa, Battistello Caracciolo, Michelangelo Cerquozzi, Giuseppe Recco (Natura morta), di Giovan Battista Tiepolo (I putti in volo), di Giovan Battista Crespi (Sacra Conversazione) e Giuseppe Maria Crespi (Fiera di Poggio a Caiano), di Rosalba Carriera, di Pompeo Batoni. Inoltre una parte del corridoio che porta al Ponte Vecchio presenta opere del Seicento italiano suddivise per città fra le quali la Villa Medici a Roma del Vanvitelli (Gaspard van Wittel). Dopo aver superato con un grosso arco il Lungarno sottostante, il percorso seguente prosegue con una galleria soprelevata ad arcate, che raggiunge il Ponte Vecchio, Con una deviazione di 90 gradi, il percorso entra nel Ponte Vecchio, o meglio, al di sopra delle sue case e dalla sue finestre si possono osservare i turisti che percorrono il ponte e sciamano nei suoi negozi di oreficeria. Agli inizi, il posto di questi negozi era occupato dal mercato delle carni, che si svolgeva proprio su Ponte Vecchio piuttosto ed i Medici, disturbati dagli odori forti che provenivano dalle case sottostanti, decidono con Cosimo I di chiuderle, facendole rimpiazzare appunto con delle oreficerie, che ancora oggi occupano il ponte. Di fatto, agli inizi del percorso sul Ponte Vecchio, i muri del corridoio continuano sempre ad essere ricoperti da quadri ma di diverso stile. Da questo momento, ha inizio la parte più importante e più famosa del Corridoio del Vasari, con la eccezionale e più antica collezione al mondo di autoritratti degli artisti di ogni epoca italiani e stranieri, pazientemente riuniti, dal XVII Secolo, per iniziativa di Leopoldo de Medici (1617-1675). Tra gli italiani vanno ricordati Agnolo di Taddeo, Taddeo di Gaddo e Gaddo Gaddi o Gaddo di Zenobi, il Romanino, Andrea del Sarto, Agnolo Bronzino, Tiziano Vecellio, Jacopo da Bassano, Palma il Giovane, il Veronese, Giorgio Vasari, Leonardo da Vinci, Gian Lorenzo Bernini, Antonio Canova. Fra gli stranieri possiamo ricordare il Durer, Rembrandt, Pieter Paul Rubens, Charles Le Brun, Diego Velasquez, Delacroix, Dominique Ingres, Jean Louis David, Arnold Böcklin, Kaufmann, Marc Chagall. Fra le artiste vale la pena ricordare Elisabetta Vigée Le Brun (1755-1842) (la pittrice favorita di Maria Antonietta d’Austria), che è vissuta a Firenze dopo essere sfuggita alla Rivoluzione. Fra le curiosità di questo passaggio sopraelevato, il percorso, all'estremità sud del Ponte Vecchio, opera una svolta a destra, a 90 gradi e si restringe, per aggirare e contornare la Torre dei Mannelli. Scelta obbligata per il Vasari, a seguito della strenua opposizione della famiglia proprietaria di questo edificio medievale, che non ha acconsentito a vendere le sue case ed abbattere la torre, per far pasto al corridoio. Superato l'Arno, il Corridoio, continuando con la galleria degli autoritratti, passa sopra il loggiato della facciata della chiesa di Santa Felicita, dove una grossa apertura da accesso ad un balcone, protetto dagli sguardi da una pesante cancellata. Il balcone si affaccia direttamente sulla navata della chiesa, per far sì che i componenti della famiglia granducale potessero assistere alla messa senza scendere tra il popolo e senza essere disturbati dagli sguardi dei fedeli. Al termine della galleria, colpiti da tante meraviglie di opere d’arte, si giunge lentamente verso il termine della struttura. Terminato il corridoio degli autoritratti, con quello del pittore Annigoni, il percorso svolta a sinistra a 90 gradi in direzione di Palazzo Pitti e nell’ultimo tratto risulta esposta la collezione dei personaggi illustri di tutte le epoche, che, al momento, risulta rimossa per restauri. Ancora un ultima serie di gradini e, superata un ultima porta, si esce o subito all’aria aperta attraverso uno stretto passaggio Giardino di Boboli, presso la Grotta del Buontalenti o ancora, dopo un lungo corridoio ed un’altra scala, sin dentro lo stesso palazzo, dopo aver percorso quello che la Città del Giglio offre di più prezioso fra i suoi tesori nascosti. Tutto il percorso risulta disseminato di oblo con griglie di ferro che, secondo la guida, servivano anche per spiare i Fiorentini e per ascoltare le loro conversazioni, al fine di controllare il “polso” della città. Dominique Fernandez (1929 - ) nel suo Dizionario degli innamorati d’Italia, si attarda alquanto su questo aspetto del corridoio: “Dall’alto di questo cammino di ronda metaforico, Cosimo I poteva sorvegliare i movimenti del popolo, prevenire i complotti, infierire sui ribelli e, anche se assente, far credere di essere là, invisibile, in guardia, pronto a punire”.
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