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Una storia scritta a quattro mani per un esperimento di letteratura moderna

UN ROMANZO SENZA INIZIO E SENZA FINE

Uno di quei romanzi i cui personaggi ruotano intorno a fatti realmente accaduti


06/03/2020 - H. & M.


(Zona Rossa)

UN ROMANZO SENZA INIZIO E SENZA FINE

Tutto cominciò con una quasi  “lettera” pubblicata su Face Book che aveva attirato l’attenzione di lei. In effetti non era una lettera … era piuttosto una riflessione sull’amore. Non l’amore tra due persone che si incontrano quotidianamente, che si frequentano, che hanno modo di scambiarsi confidenze e pensieri, ma l’amore silenzioso, impalpabile, incomprensibile e ingiustificabile, tra due persone che non si sono mai incontrate e che pure hanno preso a comunicare, coi simboli, con parole appena accennate dai significati nascosti, con citazioni d’autore e versi di poesia … e coi mezzi  che offre oggi il Web: “mi piace”, cuoricini, fiori, simpatici insetti, rari baci e faccine dalle più varie espressioni … Quasi un rosario … una preghiera … una nenia silenziosa, una intermittente comunicazione di pensieri, sogni e speranze, che però conteneva vite, esperienze, fallimenti, lotte, sofferenze e qualche rara gioia. E poi versi, poesie brevi, significative, intelligenti, posate con delicatezza sulle pagine del Web e poi lette, copiate, raccolte e ancora lette e rilette ... conservate come doni di purezza infinita e di libertà desiderata e finalmente raggiunta. Si, libertà, perché almeno il pensiero deve essere libero. Nessuno mai deve poter imbrigliare il pensiero, bloccarlo, censurarlo, impedirlo. Il pensiero è l’unica cosa degli uomini che nessuno deve mai poter imprigionare. Ed è col pensiero che loro si parlavano, si ascoltavano, urlavano persino, inseguendo le rondini, scivolando lungo i pendii degli  arcobaleni, rotolandosi sulla sabbia calda di spiagge sconosciute,  crocifiggendosi con uno sguardo sul legno della lontananza e risorgendo alla luce di un sorriso. Col pensiero infatti si sorridevano, piangevano, si tergevano a vicenda le lacrime, si trasmettevano problemi contingenti, sofferenze passeggere, si davano comprensione e affetto, si stimolavano l’un l’altro a resistere, a continuare. Era nato così un affetto speciale fatto di silenzi, di rinunce, di rispetto, di attese e di poche parole. Forse erano tutte illusioni. Ma un’illusione, al pari delle bugie, quando viene coltivata nel pensiero e aiutata a crescere con la forza dei desideri, quando diventa patrimonio della mente ed entra nelle vene e batte all’unisono con il cuore, c’è il pericolo che si trasformi in una creatura viva, custodita nello scrigno più segreto, ma viva ed esistente !... Bisognerebbe averlo provato per capirlo. La storia di questo romanzo ha inizio quindi con quella quasi “lettera”, in uno di quei giorni in cui cominciava ad imperversare l’allarme sul Corona virus, importato all’insaputa di alcuni viaggiatori rimasti contagiati nella Cina dei grandi mercati, con la complicità della globalizzazione più spietata.

SILENZI D’AMORE (3.2.2020)

Questi silenzi d'amore che spezzano l'anima e rafforzano il cuore... sono come gli amici che avevamo da sempre cercato... Ci confortano ogni pena, con fedeltà ed affetto, ci soccorrono nel buio dei nostri desideri, nella forza che ci serve per credere, nella determinazione a continuare... per sognare ad occhi aperti... per vedere intorno a noi gli oggetti, le luci, i fiori, i colori ... tutte le cose che danno un senso alla nostra vita...

Questi silenzi d'amore sono parte della nostra giornata... ci avvolgono di sensazioni, ci fanno tremare di brividi, ci sciolgono di dolcezze, ci confondono di profumi, di cristalline risate, di sospiri... Persino di carezze e a volte di baci ... appena accennati o solo desiderati, lanciati nell'etere sul volteggiare d’ali dei gabbiani o tra le gocce colorate degli arcobaleni, perché possano superare le distanze, senza smarrirsi nello spazio, durare più del tempo e giungere alfine là dove c'è l'amore che non si stanca mai di aspettare.

 

Lei fu felice si leggere quelle parole. In fondo non erano altro che stimoli innocenti scritti per appagare il desiderio di libertà che informava più di ogni altro bisogno il loro temperamento e le loro esigenze di vita. La risposta non si fece attendere. Dopo qualche giorno, sempre sul Web, apparve una sua composizione, piena di significati, rivelatrice di un’inquietudine che cercava conforto e giustificazione. Parole, come una carezza infinita, come quel lieve soffio che increspa l’acqua ferma in un giorno d’estate. Le parole, come per miracolo, colpiscono l’immaginazione e si trasformarono in immagini, in scenari colorati che si ha l’impressione di vivere proprio nel momento in cui vengono narrati.

L’ambientamento e l’atmosfera risentivano proprio dei timori che si erano scatenati nel subconscio a causa della paradossale situazione che imperversava nel Paese  per l’incombere della contaminazione da parte di quel virus sconosciuto che aveva generato un allarme in apparenza sproporzionato, irriso da alcuni, ma che poi si era rivelato vero, reale e pericoloso.

 

Stiamo attraversando un momento delicato. Qualcuno lo esaspera, qualcun altro lo sottovaluta e qualcun altro ancora ne è terrorizzato. Ne usciremo. Certo che ne usciremo e per farlo, dovremo aggrapparci gli uni agli altri e tutti insieme dovremo guardare a quella piccola luce che sta dentro ad ognuno di noi.

Si chiama Speranza ed è la sorella preferita del Buonsenso.

 

LA SPERANZA ED IL BUONSENSO (5.2.2020)

Mille volte ho attraversato il buio.

Tremante di paura,

sono rimasta immobile

e quando ho tentato di muovermi,

sono scivolata sulle mie lacrime.

Allora ho pensato di mollare.

Di aspettare la fine.

Ma è stato proprio in quel momento

che l’ho vista.

Una lucina piccola, piccolissima,

quasi invisibile,

ha fatto capolino fra i miei tormenti.

Muovendosi piano,

sembrava chiamarmi

ed io l’ho seguita.

Ho camminato carponi,

sbucciandomi le ginocchia

e mi sono ferita le mani sui sassi aguzzi,

ma lei era sempre là,

davanti a me.

Forse dentro di me.

Ed alla fine,

quando coraggiosamente mi sono alzata,

lei mi ha preso per mano

e siamo uscite dal buio.

 

Non è facile descrivere il senso di quiete che lei riuscì a guadagnare dopo essersi liberata di quei pensieri che la tormentavano. Quando un pensiero, generato da fatti di un certo rilievo, che destano preoccupazione, che fanno immaginare pessimi epiloghi, anche se tutto fa pesare che non sarà così, ti frulla nella mente, ti rimbomba nella testa, ti fa stare male, è necessario fare qualcosa per circoscriverlo quel pensiero, accantonarlo, cercare di pensare ad altro. Una cosa che lei amava fare era quella di scrivere. Quasi un’esigenza meccanica necessaria per scaricare tutte le energie negative che la assillavano. Tutto andò come era andato tante altre volte. Quando smise di scrivere, si sentì subito risollevata. La tranquillità guadagnata la portò però a ripensare a lui, a quel lui impalpabile, lontano. A quel lui così dolce e suadente, così attento da riuscire a indovinare i suoi pensieri, così interessante, prudente e aperto da scatenare in lei il desiderio impellente di incontrarlo.

Quando due persone entrano in sintonia succedono cose inspiegabili. Lei e lui non si conoscono, non si sono mai incontrati, mai una parola fuori posto, solo gentilezze, rispetto, scambi di opinioni, scambi di poesie. La passione della poesia è una passione comune a entrambi … e la reputano una funzione del cuore e dell’intelletto irrinunciabile. La poesia è come un dialetto personale, attraverso il quale si possono esprimere sentimenti e stati d’animo che altrimenti non sarebbe possibile spiegare in altri modi. Invece la poesia, con le sue immagini, con le sue metafore, con la sua metrica, rende potente il pensiero e fulgidamente efficaci le parole. La poesia consente di abbracciare le persone che si amano, gli affetti più cari, gli amici e di abbracciare persino la vita. Non si può spiegare come si possano stabilire delle intese, dei legami, delle complicità che fanno sospettare che sia veramente possibile comunicare telepaticamente.

Lei immagina che lui sia lì, presente,  accanto a lei, come se potessero parlarsi, come se lei potesse confidargli le sue paure e che lui potesse in qualche modo confortarla, rassicurarla. Un’atmosfera accattivante si impadronisce di lei e le sue parole cominciarono a scorrere senza finzioni, raccontando un dialogo immaginario che si svolge tra lei e la voce di lui che le arrivava dal silenzio. Era bastato che accostasse le palpebre e il gioco era fatto. Lui era proprio lì, accanto a lei e finalmente potevano parlarsi. Potenza della fantasia, ma anche della paura. Che c’era, ed era vera.

 

UNA VOCE DAL SILENZIO (6.3.2020)

-Guardami- le disse- hai paura?-

-Si, un po'- rispose lei mordicchiandosi il labbro nervosamente.

-Fai bene- Lei gli sgranò gli occhi in faccia. Com'era possibile che lui, proprio lui, la sua roccia, la sua forza ed il suo rifugio, le rispondesse così? -Mi prendi in giro? Pensi che io sia una stupida?-

-No, non ti prendo in giro e non sei una stupida, sei solo umana.

E' nella natura umana avere paura. Ce l'ho anch' io, cosa credi? Ed è un bene, perché dalla paura stessa che nasce il coraggio necessario a sconfiggerla.

- E lei capì che andava tutto bene, che qualsiasi cosa fosse successa, lei non sarebbe stata sola e non avrebbe dovuto vergognarsi di avere paura.

Inutile lottare contro l'umana paura. E' una lotta impari, lei sarà sempre più forte e si insinuerà ovunque. Meglio accettarla e conoscerla in ogni sua sfaccettatura. Perché ci vuole coraggio per vincere la paura e la paura genera il coraggio.

 

Quel dialogo, frutto di una finzione, lui lo lesse sul  web e ne fu conquistato. E si convinse ancor di più che la storia che si voleva narrare era effettivamente cominciata e quello era proprio l’inizio, quel dialogo. Un romanzo che avrebbe narrato passo passo la grande paura che si era scatenata nel Paese e che aveva sgomentato entrambi per le nefaste conseguenze che prometteva, in assenza di predisposizioni certe ed immediate a livello governativo e la mancanza di conoscenze sui comportamenti da tenere.

Loro avevano già scritto insieme un intero libro di pensieri, di sensazioni, di sogni, ricordi e speranze. Quella era dunque l’occasione per continuare a scrivere insieme e tessere insieme la trama di un romanzo incasellato tra fatti reali e fantasia.  La precedente storia a volte si era inceppata o si era fermata per un po’, per cause contingenti, precauzioni, piccole paure, timori innocenti. Per quei timori che solo le anime oneste, intonse, che vogliono almeno sognare in libertà, provano … “perché le storie belle non finiscono mai”… un concetto che avevano ripetuto spesso, sorridendone. C’era un altro concetto che entrava spesso nelle loro argomentazioni poetiche: “il caso non esiste”. Un adagio che suscitava in loro sorrisi, perché che era apparso leggero ed opinabile, ma in realtà era un tema già trattato da filosofi ed esoterici, per la profondità dei pensieri che racchiude e nasconde.

Ormai entrambi avevano raccolto la sfida e deciso di narrare insieme quella situazione triste che si andava materializzando in tutta la sua drammaticità, quelle notizie catastrofiche ripetute di continuo da tutte le reti televisive ad ogni ora del giorno e della notte, quelle immagini sconcertanti di ambulanze urlanti per le strade di tutta Italia, senza orario, senza posa, di quei medici ed infermieri che si sacrificavano ormai senza orario e senza riposo a causa delle scellerate politiche dei governanti regionali e nazionali che avevano irresponsabilmente chiuso centinaia di ospedali e tagliato miglia di posti letto e poi le immagini dei malati, immobili, attaccati a maschere e tubi, inavvicinabili dai familiari e destinati ad una morte atroci e senza conforto e infine la bare a centinaia, a migliaia privati del diritto al funerale, della benedizione di un prete, del pianto dei congiunti e persino di una tomba … trasferiti con autocarri militari verso ignote mete, come fossero veleni da smaltire.

Il romanzo, man mano che la storia della pandemia è proseguita, monotona e terribile,  si è andato arricchendo di pensieri, sensazioni, spunti, finzioni … parole sofferte, di paura e speranza, scritte in versi dagli accenti lirici, per dipanare una storia surreale che accadeva davanti ai loro occhi,  giorno dopo giorno, lasciandoli sgomenti, impensieriti, stanchi, sofferenti, per  esternare timori e speranze ed esorcizzare la paura. 

L’ispirazione è percepita da entrambi in modo cosciente ed empatico, e persino lo scriverne provoca sofferenza. Un nemico, la sofferenza, da tenere lontano, perché responsabile del calo delle difese immunitarie di ogni individuo. Era certo che si trattasse di un morbo terribile, sconosciuto, di una pandemia che ormai tutti paragonavano alle febbre gialla che 100 anni prima aveva fatto milioni di vittime in tutto il mondo e che avrebbe fatto  danni mai pensabili e migliaia di morti e di contagiati. Ma a questo proposito si sono scatenati i pareri più discordi, creando confusione sulla confusione già creta dai politici e dai governanti. Era stato necessario che  i Governi dei Paesi che ne venivano contaminati bloccassero le frontiere, fermassero tutti i mezzi di trasporto, le attività produttive e i servizi e ordinassero una generale quarantena escludendo quelli che avrebbero dovuto assicurare servizi essenziali per la sopravvivenza.  Insomma, era il mondo che si fermava.  

In questa atmosfera nasce questo romanzo, col proposito di descrivere amore e dolore, amore e morte. Un binomio antico questo, ma efficace perché contrappone i due momenti più importanti della vita di un essere umano. Due sensazioni estreme che afferrano il cuore e i sentimenti.

Avevano già scritto una raccolta di versi a quattro mani e questo aveva fatto si che si stabilisse tra loro un’intesa formidabile, tanto che la finzione, talvolta aveva superato la realtà. Erano riusciti a comunicarsi i pensieri in un modo così leggero, impalpabile,  da riuscire a cogliere dalla quotidianità atmosfere, immagini e suoni che diventavano tanto familiari da sembrare realistici.

Lui si accorse di averla turbata con quella sua apparente rudezza. Era stato troppo esplicito e non le aveva lasciato il tempo di riflettere, di abituarsi almeno, di convincersi ad incarnare uno stato di assuefazione al peso che l’aveva così inaspettatamente allarmata. Di solito lui era attento a non ferirla, anche se non era mai stato capace di mentirle. La conosceva bene ormai e sapeva che averle presentato senza infingimenti il lato peggiore della vicenda che stava interessando il mondo, aveva suscitato  in lei sensazioni e ricordi che ormai credeva di aver dimenticato. Il suo sguardo si addolcì, le prese la mano, le sfiorò il dorso con un fuggevole bacio e la strinse a sé. -Non avere paura, ci sono io accanto a te. Guardami … sono ancora io la tua forza. Insieme troveremo il coraggio di superare questo brutto momento. Quando tutto sarà passato, vedrai che ci rideremo sopra. - Lei lo guardò incredula abbozzando un sorriso. -Ci vorrà un po’ di tempo … mi ci abituerò. Adesso andrò a letto e leggerò un libro. Lui la salutò: -A domani, allora. Ed uscì , accennando un saluto con la mano. Si sentiva in colpa per averla turbata. La notte non fu generosa con nessuno dei due. Lui sapeva che lei avrebbe trascorso la notte leggendo e rivoltandosi insonne tra le coperte e provava quel senso di mancanza che non ti fa respirare. Gli mancava tanto quella donna che amava più della sua stessa vita. Avrebbe voluto vivere con lei ogni momento, senza mai separarsene. A parole, coi versi, avevano sognato mille volte di fuggire, cancellare ogni traccia e rifugiarsi in luoghi lontani e felici, meravigliosi, incantevoli, dai climi favorevoli, tra mari e colline e cibarsi d’amore. Ma “ il caso”,  questo sconosciuto evento cui affibbiamo le colpe dei nostri desideri repressi, dei nostri fallimenti, delle nostre rinunce, non lo aveva permesso. Lei era scossa in permanenza dalle notizie dei tanti casi di contagio, delle centinaia di morti, delle città trasformate in Zone rosse, invalicabili per chi pensava di entrarvi od uscirne. Si cercava di tenere chiusa la televisione, per non essere ossessionati. Ma alla fine vinceva l’interesse, la curiosità e il desiderio di essere informati sul progredire della malattia. Si era alfine distesa, senza neanche spogliarsi ed aveva  letto fino a notte inoltrata un libro di Marcello Veneziani.  Le tornavano alla mente le parole del fuggevole colloquio della sera prima e non era riuscita a prendere sonno. Forse avrebbe desiderato che lui fosse rimasto lì con lei, per parlare ancora della grande paura che si diffondeva così velocemente da non lasciare il tempo di pensare, di valutare le possibili conseguenze, di strutturare le paure ed organizzarsi per difendersi.

La paura di quel nemico impalpabile, invisibile, che terrorizzava ogni persona di buon senso dilagava anche oltre i confini del Paese. Tutto appariva, complici i comunicati della stampa martellanti e spietati che avevano occupato tutti i palinsesti, come una valanga invisibile, come uno tsunami travolgente che avanzava come un ciclone sulla popolazione, colpendo e uccidendo chiunque per mera sventura si fosse trovasse sul suo percorso.  Lei sentiva una gran voglia di esorcizzare in qualche modo la paura, ma da sola (ci aveva provato) era quasi impossibile. Il dolore, la sofferenza, i problemi personali generalmente si affrontano in solitudine … Nessuno può capire il dolore di chi perde un affetto, di chi si ammala e non trova risposta ai suoi mali, di chi è fallito, o ha perso tutto, o è stato licenziato. Nessuno può aiutare nessuno. Le parole si perdono nel vento. Appaiono come convenevoli dovuti, che però non sortiscono nessun effetto oltre quello di infastidire. La paura no. La paura non è un male incurabile, non è come la perdita di un affetto caro. La paura deve essere valutata, ragionata, esaminata, scomposta in piccoli insignificanti pezzetti e infine esorcizzata e digerita, come il fumo di una sigaretta.  Però, quando non c’è nessuno che ti ascolta, quando rimani solo con te stesso, quando non puoi parlare con qualcuno, magari con  una persona specifica che ti dà fiducia,  si provano sensazioni fastidiose. E forse si può ritrovare un equilibrio nella scrittura. E questo può in qualche modo aiutare a rasserenarsi.  Del reato erano entrambi due impenitenti scrittori di sensazioni e sfoghi. Non parole, dunque, ma fogli di frasi deliranti, sempre riferite al malessere che provocava la paura ed ai danni che la diffusione del virus sta causando fra la gente: in sofferenza, isolamento e morte … Lo aveva già fatto tante volte. Gli aveva sempre esposto con frasi suadenti e misurate, per perifrasi, per similitudini, quello che era diventato il pensiero dominante che la faceva soffrire. Gli aveva sempre detto tutto, come se quei pensieri fossero destinati ad un personaggio immaginario che non era mai esistito, ma con la certezza che sarebbero stati letti, valutato, accolti ed avrebbero meritato risposte poetiche, ma concrete. E su questo era nato un amore disperato, senza alcuna possibilità che diventasse un rapporto fisico.

Si dicevano tutto loro. Se lo dicevano con una leggerezza ed un rispetto degni della più alta considerazione. Mai una parola fuori posto. Mai un’intrusione nella vita dell’altro. E così parlandosi avevano camminato, avevano corso, avevano nuotato insieme tante volte. Avevano cenato insieme  in ristoranti eleganti ed accoglienti, avevano frequentato tante piccole trattorie dorate, profumate di cibi estivi, tintinnanti di suoni esotici melodiosi. Avevano bevuto calici di vino e bevande tipiche in piccoli bicchieri da ponce, avevano sorbito gelati e mangiato dolciumi e avevano addirittura cucinato insieme le stesse pietanze e nel gustarle, a ciascuno era sembrato di averle gustate insieme nello stesso piatto. L’illusione è il frutto della fantasia e può diventare realtà se si riesce a sognare ad occhi aperti. Ma adesso, immersi in quel turbinio di malati e di morti,  la realtà si era modificata, era diventata ben diversa e lo spirito con cui aveva vissuto i mesi precedenti si era spento e nell’intimo si era radicato un senso di smarrimento.

Istintivamente, come aveva fatto tante volte, perché lo scrivere era sempre stata un’attività che aveva coltivato con gioia e interesse, lei prese carta e penna e cominciò a scrivere. Sentiva, mano mano che fluivano le parole, come un senso di liberazione. Parole sofferte, vissute, anche dure, che descrivevano il suo stato d’animo, decisamente orientato ad aggrapparsi alla speranza, parole di buonsenso, volte ad esorcizzare la paura e  determinate a non abbandonare quel sottile filo colorato che l’aveva legata ad una persona quasi immaginaria, inesistente, che però aveva imparato a sentire vicina come non mai e malgrado tutto.

 

Ti abbraccio vita (20.3.2020)

E proprio adesso,

in mezzo a questo silenzio che fa quasi paura,

sotto a questo cielo,

dove gli uccelli cinguettano piano per non fare rumore

e gli alberi sfacciatamente fioriscono,

io ti abbraccio vita.

Ti abbraccio per tutta le volte che non l’ho fatto,

per tutti gli schiaffi che mi hai dato

e per le parole amare che ti ho detto.

Ti abbraccio per capirti e non solo per trattenerti.

Ed insieme a te abbraccio tutto il mondo .

Abbraccio chi mi ama,

chi mi ha amato e chi l’ha detto solo per gioco.

Abbraccio chi mi ha ferito e chi mi ha perdonato,

ma anche chi non ha capito.

Proprio oggi che ti sarebbe così facile colpirmi,

io ti abbraccio.

Perché, che tu lo creda o no, io ti amo vita.

Oggi più che mai.

 

Abbracciare la vita. Certo!... E’ il pensiero giusto al momento giusto. Da giorni fuori dalle nostre case la gente muore. Muoiono medici, infermieri,. Contaminati nell’adempimento di quello che non è un lavoro, ma una missione, un sacrificio, un immolarsi su un altare di problemi, di carenze, di difficoltà, di silenzi. Le cosiddette autorità non hanno capito, dopo mesi che la pandemia miete vittime, che i medici vanno protetti prima e più di chiunque altro. Invece leggiamo che mascherine e camici vengono ceduti ad altri paesi, poi ne vengono ordinati all’estero quantitativi insufficienti, che vengono bloccati alle frontiere di Stati amici … di stato europei.. ma anche dalla Turchia, Il Governo nomina tecnici, commissari, esperti. Centinaia di persone, tute in disaccordo tra loro, che non riescono a dotare i medici e gli infermieri di ciò che è vitale per loro e per i malati. Ad un certo momento si sono contati oltre 100 medici morti e tanti infermieri. Mancano guanti, mascherine, camici, cuffie e non vengono reperiti con la sollecitudine e nei quantitativi necessari e la gente muore. Anche i tamponi mancano. Si ascolta in TV e si legge sui giornali delle diatribe infinite tra chi pretende di eseguire i tamponi su tutta la popolazione e chi pretende che siano eseguiti solo a chi manifesta sintomi o viene segnalato come sospetto di infezione dal suo medico. Tante voci, tanti galli che cantano, ma il sole non sorge mai. Si accavallano le dirette televisive dei governanti di turno: una, due, tre, quattro, cinque, si pubblicano decreti su decreti, circolarti su circolari. Dovrebbero servire ad rassicurare …  invece creano panico e confusione. Si ordina per decreto di munirsi di autocertificazione per non contravvenire al divieto di recarsi fuori dalla propria abitazione senza motivo, ma non è possibile comprare la carte e le cartucce per le stampanti: primo perché è vietato uscire di casa… secondo perché i relativi negozi sono stati chiusi per decreto. Un gioco a chi la combina più pazza. E poi, chi lo ha detto che tutti i cittadini italiani hanno in casa una stampante ed un PC?... la confusione aumenta, Le critiche … almeno si riesce ancora a criticare … salgono oltre i limiti della decenza. I morti sono talmente tanti che bisogna chiamare i soldati per far sgomberare i locali degli ospedali e far trasportare le bare in altri comuni. Non si seppelliscono più i morti. Si bruciano con tutta la bara, senza funerali, senza preti e senza parenti. Sono morti anche tanti preti, assieme a medici e infermieri, i quali hanno sfidato inutilmente l’infezione per confortare i malati e dare loro i sacramenti. La gente ha smesso di cantare Bella Ciao sui balconi come faceva i primi giorni, quando tutti la prendevano a ridere.  Hanno capito che non è una festa, che bisogna rimanere chiusi in casa  e attenti a non uscire e lavarsi le mani, lavarsi le mani, lavarsi le mani … Un tormentone infinito che ha dato corso persino a battute e barzellette, perché non c’era momento che qualcuno dagli schermi televisivi non raccomandasse la stressa cosa. Però la gente chiusa in casa non lavora, non guadagna e non può comprare neanche il cibo per sé e per la famiglia … Il Governo promette aiuti, prestiti, indennità, ma non fa nulla, solo promesse e annunci televisivi, ma i soldi non arrivano e la gente comincia a soffrire la fame ed a minacciare rivolte. E si registra qualche tentativo di svaligiamento dei supermercati alimentari. Per fortuna partono gare di raccolta viveri offerti dai rivenditori e distribuiti ai nuovi e vecchi poveri. La solidarietà italiana non ha né limiti, né soste. Il dramma si fa più cocente, la tensione sale, il Governo parla in televisione e continua a promettere che farà. Ed anche le promesse appaiono insufficienti e inadeguate. Questo il quadro generale in cui versa la nazione e sullo sfondo litigi dei politici, toni alti, sbugiarda menti reciproci, vecchie storie che non c’entrano nulla, offese, insulti. Una cortina di fuma che non fa capire chi ha ragione, chi ha torto e cosa succederà dopo. Intanto, di sottecchi, senza che se ne parli, ogni giorno e ogni notte arrivano gommoni stracolmi di Africani, tutti neri, tutti uguali, tutti atletici, tutti maschi, tutti giovani. Da dove vengono? Cosa vogliono? Perché lasciano le loro case e rischiano di affogare nel Mediterraneo senza mogli e senza figli? Perché continuano ad arrivare malgrado la grave crisi pandemica che ha colpito l’Italia? Alcuni arrivano già infettati dal Coronavirus. Tante domande e nessuna risposta.  Tutti costoro vanno dove vogliono, girano in gruppi, nessuno li ferma, nessuno li indirizza. Gli italiani tutti chiusi serrati in casa controllati da elicotteri, droni, gazzelle e volanti dei Carabinieri, della Polizia , della Guardia di Finanza e della polizia municipale. Succedono cose strane dovute a quella anomalia burocratico amministrativa chiamata “Lei non sa chi sono io” che colpisce  agenti delle varie polizie che, per ignoranza, o per eccessivo zelo, o per stupidità congenita non rilevata dai selettori all’atto della dichiarazione di idoneità, ne combinano di cosi strane e ridicole da sollecitare nella gente spontanee. Agghiaccianti domande: “In che mani siamo finiti?”

A Fondi i Carabinieri multano per 400 euro un 80enne sordo che andava a comprarsi i medicinali salvavita in farmacia e si era fermato a leggere i manifesti dei concittadini morti. A Lecce una vigilessa, incurante del collega che le dice più volte di lasciare andare il dottore (poi si lamentano che uno parla male di certe donne cui vengono affidati certi lavori) , ferma un medico il giorno di Pasqua mentre si recava in ospedale per un’emergenza per soccorrere un infartuato in arrivo col 118 e lo trattiene sottoponendolo ad un imbarazzante interrogatorio, già di per sé gravissimo nei contenuti e lesivo e offensivo della professione medica: “Fate le emergenze anche il giorno di Pasqua?” Ed altre simili perle. E già !… Ormai ci siamo abituati !… A chi non è capitato?... “Lei non sa chi sono io..” Purtroppo lo sappiamo chi è “Lei”… un cretino (o una cretina,) che non conosce il proprio mestiere e sappiamo pure che nessuno farà niente, anzi le continueranno a pagare lo stipendio senza curarsi del fatto che questa gente offende tutti gli agenti di polizia che fanno il loro dovere nel rispetto delle regole.

Intanto lei aggiunge uno sfogo suggeritole da questa terribile situazione in cui siamo precipitati quasi senza accorgercene, come fosse cominciato tutto per un gioco beffardo che poi sarebbe finito tra risate, canti e grigliate, un “gioco” che non rispetta ormai più neanche i bisogni più elementari, quali quello di fare una passeggiata all’aria aperta.

Le sue parole sono magia, sono un lamento dolce che è insieme triste e descrive l’atmosfera che si è creata intorno a noi, nel chiuso delle nostre case, amate quanto si vuole, ma ormai divenute quasi insopportabili. E qui sono i sentimenti che parlano, urlano quasi, compostamente, in religioso raccoglimento che si percepisce nelle parole sue pacate, che formano una sequenza lirica che ha del drammatico. Il cuore sovrasta tutte le speranze e le aspettative perché il cuore è l’immagine di chi ama la vita, di chi la rispetta, di chi ama, di chi concede la propria fiducia ad un sogno infinitamente bello.

 

Ritroverò il mio cuore a Primavera (23.3.2020)

Non voglio più pensare solo al dolore,

alla disperazione,

alla paura ed all’incertezza.

Io sono tutto questo ormai.

Eppure non lo voglio più.

Voglio buttare il mio cuore

oltre tutto questo, là in fondo,

dove quello spiraglio di luce

sembra chiamarmi.

Voglio buttarlo oltre i pensieri tristi

e credere che presto tutto finirà.

Allora potrò correre incontro al mio cuore,

rotolarmi con lui in un prato fiorito,

riscoprire il profumo della primavera,

il cielo azzurro e gli occhi pieni di colori.

Voglio recuperare i miei sogni

e ritornare a vivere.

Lo voglio

e se ci credo, se davvero m’impegno

io ce la farò.

Raggiungerò il mio cuore oltre l’ostacolo

ed insieme continueremo il viaggio.

 

Adesso è la volta dei virologi, degli accademici, degli scienziati, dei Premi Nobel. Professionisti preoccupati della piega che ha preso l’infezione, in Italia e nel Mondo.

Ognuno porta onestamente il suo contributo, si confrontano studi, ricerche, si soppesano gli esiti delle cure improvvisate, in assenza di vaccini. E proprio i medici si chiedono se veramente la pandemia sarà risolta da un vaccino da somministrare agli abitanti di tutto il globo terrestre. Una sfida da far tremare le vene e i polsi. E quando? Quanto tempo ci vorrà per averne sperimentato con successo almeno uno? Non ci sono risposte. Solo ipotesi. A dire il vero ci sono virologi che all’inizio della crisi si sono esposti minimizzando la questione, paragonandola addirittura ad un’influenza. Il precipitare degli eventi, la evidente gravità dell’infezione e l’alto numero dei decessi, ha indotto la gente a non dare più retta a nessuno degli imbonitori che con quel sussiego e quella tracotanza, risultati poi ridicoli, hanno indotto all’inizio della crisi tanta gente a non porre attenzione e cura per evitare il contagio. Di massimo peso invece le recenti affermazioni, solidamente ancorate ad autopsie, analisi e confronti tra scienziati. Secondo queste novità la fase finale dei malati si conclude con l’ispessimento delle pareti di bronchi e polmoni, con l’impossibilità di respirare ed anzi sembrano errate le ingenti spese affrontate per reperire respiratori che si sarebbero rivelati inutili, anzi nocivi, perché l’ossigeno pompato si è dimostrato una cura palliativa senza senso né efficacia ed i morti , 9 su ogni 10 malati, sono cresciuti per superare, solo in Italia, ormai la cifra di Ventimila, proprio per le cure sbagliate. La più recente teoria afferma che la malattia produce microemboli lungo i vasi sanguigni a partire da quelli periferici ed alla fine, se non si combatte questo progressivo fenomeno, gli emboli giungono ai bronchi e causano l’inefficienza totale dell’organo e l’impossibilità di respirare e ossigenare il sangue. Un bilancio davvero drammatico. Intere famiglie decimate. E quel che più addolora è  la morte dei medici e degli infermieri, lasciati ad infettarsi nei reparti cosiddetti COVID senza adeguate protezioni, non fornite dai politici regionali e nazionali, e senza la possibilità di essere sottoposti ad un tampone alle prime avvisaglie, per mancanza di tamponi, disponibili invece per politici e VIP che hanno manifestato principi di infezione. Tutti guariti, infatti, a differenza dei medici. Il colmo per una Nazione che chiara di possedere una Sanità di pregio che “il mondo ci invidia”.

Lei segue amorevolmente tutto ciò che accade, segue con apprensione le  notizie dei lutti che le avvengono intorno con tutta la commozione di cui è capace. Proprio ieri è venuto a mancare un caro amico d famiglia, ancora si può dire giovane. E la tensione sale e torna il momento in cui bisogna tradurre in parole i sentimenti che si accavallano scompostamente nella mente. Bisogna ordinarli, rasserenare il pensiero, dire al mondo che non abbiamo alcuna intenzione di soccombere, che ci difenderemo mani e piedi, che non faremo sconti a nessuno. Ma la resistenza ha dei limiti … limiti che solo la poesia può travalicare, per farci volare lontano, farci correre sui prati e lungo il mare, far cinguettare gli usignoli e far sbocciare i primi fiori della Primavera e suscitare in noi la nostalgia: “Giorni di nostalgia, di ti amo sussurrati da lontano, di carezze sperate ed attese nel vento,

di abbracci mancati e di sospiri alla Luna, ingenuamente bella”.

 

GIORNI SOSPESI  (13.4.2020)

Giorni sospesi fra speranza e timore.

Giorni sospesi a fare i conti con la vita

ed a contare le crepe sul muro.

Giorni pesanti, faticosi nel nulla,

imprudenti e impudenti,

sospesi in un tutto che si chiama vita.

Giorni di nostalgia,

di ti amo sussurrati da lontano,

di carezze sperate ed attese nel vento,

di abbracci mancati

e di sospiri alla Luna,

ingenuamente bella.

Giorni di rimbrotti al sole

che intiepidisce le ore,

dona luce ai fiori e canto agli uccelli.

Giorni di sorrisi forzati, di canti sui balconi,

di paure addolcite per amore,

di un poco che deve essere molto

e che davvero lo è.

Giorni sospesi nella notte,

in attesa di un’alba che un giorno verrà.

 

La cronaca, il racconto, anche disordinato, se vogliamo, ma espressivo e partecipato, ha fin qui creato l’atmosfera in cui vive il Paese. E nel Mondo la situazione è anche peggiore. Per noi Italiani, forse si sta aprendo uno spiraglio. Lei paziente ha vissuto relegata in casa , nei modi così bene descritti, con i toni di una poesia che filtra da un cuore trafitto, nella vita, nell’esistenza, nei sentimenti, nell’amore. La famiglia divisa, che comunica coi moderni cellulari, in video, ma tanto separati da far sembrare la lontananza un oceano invalicabile. Gli affetti importanti di entrambi sono inarrivabili … Un abbraccio, anche di un solo attimo, varrebbe   molto di più di mille parole, di mille telefonate … Anche loro due, da sempre separati dopo che si sono conosciuti sul web, hanno sviluppato un senso di vuoto, di mancanza l’uno dell’altra, che si è fuso con  gli altri vuoti e le altre mancanze di familiari, parenti, amici e conoscenti. Sentono entrambi la mancanza persino della gente che frequentavano per soddisfare i bisogni quotidiani e le piacevoli abitudini, il barbiere, il parrucchiere, il giornalaio, i baristi dei bar preferiti dove si sostava in quelle fresche ore del mattino per sorbire un caffè, un cappuccino e sbocconcellare un cornetto o un bombolone mentre si scorrevano le notizie del giorno. Che bei tempi!... Dove sono finite queste persone? Le ritroveremo quando il Gran Capo del Governo ci renderà liberi e cesserà questa reclusione che tutti abbiamo sarcasticamente chiamato “arresti domiciliari”?...

Ed ecco che si fanno strada sentimenti “rivoluzionari” … desideri di ribellione, bisogno di tornare liberi. Perché la libertà è il dono primario di ogni cittadino di uno Stato civile e democratico, dal quale non si può prescindere. Giusto la commissione di un delitto può privarci della Libertà. Essere privati della Libertà può accadere negli Stati governati da cupi individui, esaltati da dottrine autoritarie e totalitarie, non qui, in Italia. Giusto raccomandare prudenza, giusto impartire disposizioni precise circa la profilassi e le accortezze sanitarie di protezione, sacrosanto che lo Stato dia in dotazione a tutti indistintamente gli abitanti dello Stato guanti, mascherine, disinfettanti (cosa che ancora a distanza di 70 giorni non è stata fatta). Giusto punire chi non rispetta le regole. Ma segregare in casa intere famiglie, la quasi totalità della popolazione … 60 milioni di individui, ordinare la chiusura degli esercizi commerciali, delle fabbriche, degli opifici, lascia forti dubbi sulla corretta ed intelligente gestione della crisi.

A cominciare dal fatto che il Governo ha dichiarato lo “Stato di Emergenza” il 31 Gennaio 2020  ed ha tenuto inspiegabilmente segreta la notizia del pesante provvedimento fino alla metà di Marzo … In effetti il Governo ha peccato … di dilettantismo, di incompetenza, di impreparazione, di scarsa intelligenza senza neanche capire che solo le loro dimissioni avrebbero potuto evitare tante morti e tanta povertà. Si! Povertà … Perché in Italia ci sono milioni di persone che vivono di espedienti, di lavoro nero o di modesti introiti collegati alle attività lavorative quotidiane. E dunque, lo stare immobili, chiusi in casa, ha creato non solo malessere, ma addirittura povertà e fame oltre che le persecuzioni delle varie Polizie. L’ultima riguarda una contravvenzione per centinaia di euro ad un poveraccio disoccupato, capo famiglia, che si recava al Discount per risparmiare qualche euro sulla spesa, piuttosto che al Market dove notoriamente i prezzi sono più alti. Questa fa il paio col l’Ordinanza di un Sindaco ottuso e grezzo che ordina di multare chi si reca a fare la spesa e spende meno di 50 euro … che, applicato a chi non ha nemmeno gli occhi per piangere, fa veramente chiedere alle persone di buonsenso: “Chi ha scelto questa strana ed inqualificabile gente per governare il destino di questo popolo?”

E intanto che prosegue la clausura, c’è “chi”  comincia a ribellarsi.

 

RIBELLIONE (19.4.2020)

Basta! Voglio uscire, voglio camminare nel bosco incontro alla primavera, voglio incontrare gente e salutarla, sia pure da lontano. Voglio convincermi che non sono sola, che questo silenzio è solo un momento, l’attimo buio di un brutto sogno.

Basta correre da una finestra all’altra per spiare le ore che passano e basta stare seduta sul terrazzo ad inseguire ricordi per sfogliarli ad uno ad uno e convincermi che tutto potrà ancora essere.

Basta! Là fuori ci sono mille colori ed altrettanti profumi che mi aspettano …

 Un rintocco di campane mi raggiunge nell’ aria e tutto sembra ritrovare la sua triste collocazione. Il pensiero si allarga, raggiunge altri paesi, altre città. Altre persone stanche come me o forse di più. Raggiunge case troppo vuote e cuori troppo tristi ed all'improvviso mi pento dei miei pensieri, ma non me ne vergogno. Non sono un’eroina d’altri tempi, sono un’ essere umano fatto anche di debolezza e di egoismo. Me ne pento, questo sì e ne prendo atto come si prende atto di un errore, di un dolore o di una ruga che ha cambiato i tratti del viso. Ne prendo atto e mi accolgo nella mia umana fragilità, senza fingere di essere quello che non sono. Sono stanca. Come tanti. Come tutti. E resisto, come tutti. Ma se per un attimo cedo … non mi sento cattiva. Semmai mi sento vera.

La porta resta chiusa ed il mio abbraccio va dove io non posso andare. Il momento di bassa è passato, come passerà tutto questo e forse nel frattempo ci saranno altri momenti di umana ribellione … Ma passeranno, passeranno anche quelli.

Non ascolto più nessuna notizia.. Ho cominciato ad uscire.. Per ora cammino in città, anche stamattina, un’ora e più e forse domani me ne andrò in collina!! Sia quel che sia … Ho solo voglia di riprendere le mie abitudini..

                                                        (continua …)



 

 

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