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PARTONO DAL DOMINIO SUL MEDITERRANEO LE CONQUISTE TERRITORIALI ROMANE Un exursus sulle vicende storiche che fecero di Roma la Caput Mundi 31/03/2020 - Massimo Iacopi (Assisi PG)
LA POTENZA DI ROMA ANTICA (UNO) A Roma noi dobbiamo la nostra lingua, il sistema metrico, il calendario, la nostra amministrazione … e, più in generale la cultura latina. Roma ha organizzato l’Europa ed in parte l’Oriente, ispirandosi largamente ai Greci ed agli Etruschi, fino alla sua caduta nel 476, che segna l’inizio del Medioevo. Se Roma non è stata fatta in un giorno, essa non si è neanche costruita da sola ! La civiltà romana antica si è largamente ispirata alla Grecia, attingendo in special modo alle arti ed al suo sistema politico, ma anche e soprattutto, nelle fasi iniziali, agli Etruschi, di cui si è appropriata la religione e la tecnica, fra le quali: l’idraulica. Ciò nondimeno, Roma ha saputo impiantare in Europa un modello di società molto elaborato, specie per quello che riguarda il diritto, la costituzione e le leggi, la guerra e l’organizzazione militare, l’architettura e la tecnologia. L’antichità romana continua ad avere una grande influenza nel mondo attuale, non fosse solo per le lingue latine che perdurano ancora oggi in Occidente. Nell’VIII secolo a.C. e più precisamente nel -753 secondo gli storici, nasceva Roma sul Monte Palatino, uno dei suoi sette colli, che formano oggi la capitale d’Italia. La città, poi l’Impero, conoscerà una evoluzione costante fino alla sua caduta, nel 476, allorché il suo ultimo imperatore Romolo Augustolo (451-dopo 511), abdicherà davanti al generale Flavio Odovacer o Odoacre (433-493), re degli Eruli, figlio di Edicone, generale e ministro di Attila, re degli Unni.L’Impero romano al suo apogeo nel II secolo, circondava tutto il Mediterraneo, estendendosi fino al Sahara a sud, alle rive del Danubio ad est, all’Inghilterra a nord e fino all’Iran nella sua parte orientale. Le ragioni del declino dell’Impero romano d’Occidente, quello d’Oriente continuerà come impero bizantino fino al 1453, sono ancora oggi oggetto di dibattito fra gli storici: per alcuni, la superpotenza romana avrebbe fatto crescere al suo interno una decadenza morale fra la dirigenza e nei ranghi dell’esercito. Per altri, la prossimità costante dei Barbari, necessaria al reclutamento dell’esercito (questi popoli arriveranno al 50% degli effettivi delle legioni) avrebbe fatto saltare la disciplina romana Indebolita, l’organizzazione militare non sarebbe stata più capace di far rientrare le tasse, elemento base, fra gli altri, per pagare i soldati, mentre i popoli conquistati preferiranno il dominio dei Barbari a quello dei Romani, perché più presenti nel concreto e nella vita di tutti i giorni. Agli inizi, si parte nel mito, con un omicidio … La leggenda racconta che Remo e Romolo (morto nel -716 circa) sarebbero all’origine della fondazione di Roma. Romolo e suo fratello gemello Remo sarebbero i figli della vestale Rea Silvia, una sacerdotessa condannata alla castità, ma che il dio Marte provvede a visitare in sogno per darle i due gemelli. Rea Silvia è la figlia di Numitore, re della leggendaria città di Albalonga (Alba la Longa, posta ad una ventina di km. da Roma, che sarebbe stata fondata proprio da Enea, il principe troiano, dopo il suo precedente soggiorno ad Erice, in Sicilia). Amulio. dopo aver spodestato da trono suo fratello Numitore e nel timore che i suoi nipoti potessero, crescendo, reclamare i loro diritti, prende a pretesto il fatto che essi sono figli di una vestale (che aveva fatto voto di castità), per decretare la loro eliminazione, ordinando che vengano gettati nel fiume Tevere. Ma l’ordine viene mal eseguito ed i neonati, abbandonati in un paniere sul fiume, riescono a sopravvivere (per la probabile protezione degli dei) e vengono scoperti, ai piedi del Palatino, sotto una pianta di fico selvaggio posto all’ingresso di una grotta, da una lupa, che li allatta e da un picchio verde, l’uccello del dio Marte. Più tardi, i gemelli, cresciuti dal pastore Faustolo (il supposto marito della “lupa”) sul monte Palatino ed ai quali era stato rivelato il segreto della loro nascita, uccideranno Amulio (sgozzato da Remo secondo alcuni, trafitto dalla spada di Romolo secondo altri) e restaureranno il loro nonno sul trono di Albalonga. I miracolati decidono, in seguito, di fondare una città nel luogo in cui erano stati gettati al fiume. Allo scopo di stabilire chi dei due fratelli avrebbe governato questa nuova città, viene effettuata una consultazione degli auguri, consistente nell’osservazione del volo avvoltoi per un determinato periodo di tempo. A quanto sembra, il responso sarebbe stato favorevole a Romolo, ma quando Remo si accorge che il fratello aveva barato in questa consultazione, cercherà di reclamare i suoi diritti, ma Romolo provvederà ad eliminare suo fratello, autonominandosi, in tal modo, primo re della città di Roma, così denominata pare proprio in onore di suo fratello ucciso !!! Qualcuno, raccontando, fra l’altro, una storia meno aulica riporta che la lupa che aveva allattato i gemelli non fosse stata altro che una nota prostituta del luogo, detta anche la “Lupa”, consorte del pastore Faustolo. Ecco così che, in ogni caso, la lupa che ha allattato i gemelli diventerà anche il simbolo della nuova città. Affari di politica. Per 300 anni, Roma vivrà al ritmo dei suoi re, ponendo le basi della sua politica di conquista, che durerà quasi un millennio. Dal VI secolo a.C., riesce a federare le città latine vicine, creando, in tal modo, una forza capace di resistere agli Etruschi, che sono già i dominatori della regione. Nell’anno -509, come risposta alle guerre civili ed alle lotte di potere che lacerano la federazione, Roma diventa una repubblica, spartita fra due gruppi di abitanti: i patrizi ed i plebei. I primi sono i discendenti delle famiglie che hanno fondato Roma, essi possedevano la terra e sedevano negli scranni del Senato, una assemblea che serviva da Consiglio del re. I secondi sono gli uomini liberi, i cittadini. Una suddivisione ineguale, poiché solo i patrizi possono pretendere di esercitare le funzioni prestigiose, formando in tal modo un consolato (l’insieme delle famiglie dirigenti), molto simile ad una oligarchia. Occorreranno due secoli di lotte incessanti fra i due gruppi perché questa organizzazione arrivi alla emanazione del diritto romano, che consente ai plebei l’accesso alle cariche di tribuno o di magistrato e di partecipare alle elezione dei dirigenti. Una volta trovata questa stabilità politica, può avere inizio l’espansione e la conquista di Roma del resto del mondo conosciuto. Mossi inizialmente da motivi di sicurezza e successivamente attirati dalle ricchezze dei loro potenti vicini, i consoli romani, espressione della Roma imperialista, sottometteranno inizialmente le regioni dell’Italia peninsulare (Etruria, Lazio, Umbria), quindi le isole vicine (Sicilia, Sardegna e Corsica), ed infine tutto il Mediterraneo. Tuttavia, le guerre di conquista non impediranno l’evoluzione politica di Roma. Augusto, Tiberio, Nerone, Tito, altrettanti nomi tramandati alla posterità; fra i grandi conquistatori Giulio Cesare (-100 / -44 a.C.) è senza dubbio il più celebre. Oltre alle sue competenze di stratega, l’uomo è conosciuto per la sua abilità politica: egli apre il Senato alla plebe, rinforza i diritti del popolo, ridistribuisce le terre mentre i suoi trionfi (grandi cerimonie che commemorano le vittorie del generale) gli conferiscono una grande popolarità. In questo modo egli accede alla carica di Dittatore a vita (magistrato eletto dal popolo e dotato di pieni poteri) oltre a quella di imperator, incarico ed onore di comandante delle legioni, che ricompensano le sue qualità militari. La vita a Roma In Occidente ed in Oriente, nelle province conquistate da Roma, le si sviluppano infrastrutture: costruzione di strade in tutto l’Impero per lo spostamento rapido delle legioni e del commercio, il cui tracciato di alcune di esse viene utilizzato ancora oggi, acquedotti, che portano l’acqua delle sorgenti in città, ponti, edifici amministrativi, mutuati dall’architettura greca, ospedali, installazioni termali, che comprendevano anche biblioteche, ginnasi ecc.. In città, i quartieri ricchi sono provvisti di un sistema fognario ed alche di bagni pubblici. L’igiene e la salute sembrano rivestire una grande importanza nella società romana, come anche la moda. Si sa, ad esempio, che le Romane si adornavano di chignon posticci di capelli biondi, provenienti da donne germaniche. Questa conoscenza della vita quotidiana romana si deve alla scoperta delle rovine di Pompei nel XVII secolo. Questa città periferica, pietrificata dalla lava, dopo l’eruzione del Vesuvio del I secolo, ha rivelato una notevole quantità di domus e di edifici pubblici riccamente decorati di mosaici, affreschi, di oggetti abituali, di terme, di mobilio. La vita sociale romana si organizzava attorno a due tipi di abitanti: gli schiavi, che hanno rappresentato un quarto della popolazione e gli uomini liberi. Si trattava effettivamente di uomini, poiché la donna romana aveva lo stesso statuto dei figli, vale a dire sottomessa al capo famiglia, sia esso il padre o il marito. Nelle città, i figli vengono educati, a scuola o da un precettore privato, schiavo, affrancato o straniero. Occorre sapere che i Romani recalcitravano alquanto davanti alle discipline intellettuali, avendo spiccata preferenza per le attività pratiche … è per questo motivo che i medici, gli scrittori, gli insegnanti provenivano, più frequentemente, dalla classe degli schiavi o da quelle degli stranieri, greci o orientali. L’eredità culturale La cultura latina è, nella accezione comune del termine, la cultura dei Latini, popolo che abitava la regione del Lazio nell’Antichità. Per estensione, la cultura latina designa quella di Roma antica e dell’Impero romano che l’ha diffusa nelle province conquistate. Il primo retaggio di questa civiltà è la lingua latina e le sue varianti adottate in numerosi paesi europei. I Romani imponevano, in effetti il latino come lingua ufficiale nei paesi conquistati. E’ in questo modo che anche le lingue germaniche ed orientali contengono numerosi termini di origine latina. In ogni caso, l’alfabeto latino è stato una eredità che ha ricevuto il mondo intero, perché si è diffuso ed imposto nella maggior parte dei paesi d’Europa e d’America. Allo stesso modo il Codex, la prima forma di libro rilegato, la numerazione decimale e le cifre romane costituiscono retaggio della civiltà romana, così come il nostro calendario che dobbiamo a Giulio Cesare, anche se con i successivi aggiustamenti gregoriani. Di fatto è proprio Giulio Cesare che decide nell’anno -45 di abbandonare il vecchio calendario, basato su un anno di 354 giorni, per creare il calendario giuliano di 365 giorni negli anni normali e di 366 ogni quattro anni (anni bisestili). Non va poi dimenticato l’apporto di Roma nelle costruzioni, con l’impiego del cemento e negli stessi sistemi costruttivi. Infine, Roma è anche all’origine della diffusione della religione cristiana. Inizialmente considerati come degli adepti di una nuova setta, i Cristiani vengono perseguitati, specialmente da Nerone, a partire dal I secolo. A poco a poco la religione si diffonde per il suo rivoluzionario messaggio di uguaglianza degli uomini davanti a Dio e l’imperatore Constantino il Grande (272-337), che concederà la libertà di culto a tutto i Cristiani e che si convertirà al Cristianesimo nei suoi ultimi giorni di vita nel IV secolo. Roma è dunque anche alla base dello sviluppo della Chiesa cristiana, la cui sede è ancora oggi a Roma. LA POTENZA DI ROMA ANTICA (DUE) Nel 30 a.C. la conquista dell’Egitto completa l’impresa conquistatrice dei Romani nel Mediterraneo. Si apre a quel punto un periodo imperiale che durerà dei secoli. Il segreto della sua longevità ?. Il mantenimento della pace, un certo pragmatismo ed un vero talento per l’integrazione di entità diverse sotto uno stesso denominatore. I Romani, sebbene nè grandi marinai, nè provvisti di una flotta eccezionale, sono comunque riusciti in una impresa ineguagliata nella storia: quella di riunire sotto uno stesso impero la totalità delle rive del Mediterraneo, non in maniera effimera, ma per più di quattro secoli. Fra la conquista dell’Egitto (30 a.C.) e la creazione dei regni germanici intorno al bacino occidentale nel V secolo, tutto il Mediterraneo ha ubbidito ad un solo padrone, Roma. Per Giulio Cesare (-100 / -44), Marco Tullio Cicerone (-106 / -43) o Sallustio (-86 / -35), morti prima dell’ultimo episodio della conquista, esso è diventato veramente il Mare Nostrum. Anche incompiuta, la conquista dei molteplici mari che riconoscevano gli Antichi, fra le Colonne d’Ercole e la costa della Fenicia, giustifica il fatto che i dirigenti romani riunissero sotto una comune denominazione quello che costituisce ormai un unico mare “nel mezzo del mondo abitato e nel mezzo della vostra egemonia” secondo la formula di Publius Aelius Aristide (117-180), sofista greco del II secolo (Discorso in onore di Roma, paragrafo 10). L’impero supera di molto il Mediterraneo, esso ne è il centro, la principale via di comunicazione e di circolazione, il quadro privilegiato di un genere di vita, esportato ovunque. Senza alcuna premeditazione … Come è riuscita la piccola città romana, fondata lontana dal mare e dai suoi pericoli, ad ottenere un dominio così duraturo ? Il termine conquista potrebbe creare l’illusione di una impresa pianificata, di un obbiettivo stabilito da lunga data. Eppure, non c’è stato nessun piano prestabilito e l’espansione romana è stata spesso criticata persino da una parte della stessa dirigenza politica di Roma. Essa è stata diverse volte rimessa in discussione da rovesci drammatici (contro i Germani intorno al 113-105 a.C.; contro Mitridate VI del Ponto nell’88-85 a.C., contro i Parti nel 53, 51-50 e 41-37 a.C.) ed assume un carattere ineluttabile solamente negli scritti degli storici antichi da Polibio (-200 / -120) a Tito Livio (-59 / 17). Dopo la progressiva acquisizione del dominio sull’Italia peninsulare - che essa integra, a poco a poco, al suo territorio ed alla sua cittadinanza (concessione del diritto di cittadinanza a tutti gli Italici a sud del Po, nell’anno 89 a.C.) - Roma si scontra con la dominazione cartaginese sulla Sicilia, che nell’Urbe viene percepita come una minaccia. Le guerra che ne segue (-264 / -241) consente alla Città Eterna di acquisire il controllo del suo primo territorio ultramarino, la Sicilia, ben presto seguita dalla Sardegna e dalla Corsica (-238). Una seconda guerra punica (-218 / -201) si impone ai Romani per far fronte ad una minaccia diretta: l’invasione della penisola italiana da parte di Annibale Barca (-247 / -184) dove Roma rischia di soccombere. Prima della fine di questa guerra, l’Urbe acquisisce il controllo sulla Spagna (-206 circa), ma la sua vittoria non le consente di impossessarsi del territorio di Cartagine. Alla fine, una terza guerra punica, da carattere strettamente preventivo, mette fine allo stato cartaginese e dà a Roma il controllo del Maghreb. … l’impero emerge a poco a poco Tre guerre, tre reazioni, che evidenziano la natura mutante dell’imperialismo romano. Mentre alcuni sono convinti che l’impero romano si sia creato per caso, sulla base di successivi pericoli che incombevano su Roma (Cartagine, i pirati del Mediterraneo orientale, Mitridate del Ponto); altri cercano, invece, di spiegarlo con il desiderio dei Romani di assumere il controllo delle ricchezze (miniere della Spagna e della Sardegna, grano della Sicilia e dell’Egitto, schiavi della Tracia e della Siria) e delle rotte del commercio, ovvero con la volontà di distribuire ai cittadini poveri le terre confiscate. Ma questa seconda ipotesi presenta il difetto basilare di tendere a confondere le conseguenze con le cause ed ogni annessione possiede una sua logica specifica, non sempre evidente. Roma non ha operato allo stesso modo con i popoli d’Occidente, giudicati barbari e con i regni, gli Stati federati o le città del mondo greco. Brutale con i primi, l’Urbe appare più conciliante con i secondi. Essa ha lasciato, ad esempio, sopravvivere il regno di Macedonia dopo la sua sconfitta dell’anno -197 e lo ridurrà a provincia solo dopo la sconfitta dell’anno -168, annettendolo definitivamente solo nell’anno -146. Infine, Roma acquisisce, a poco a poco, nuovi territori, sia per conquista diretta (Spagna, Gallia, Ponto, Grecia), sia per legato ereditario (Asia Minore, Cirenaica, Bitinia), o perché aveva deciso di mettere fine ad uno Stato indebolito o vinto (Siria, Cipro, Egitto). Forte di un esercito (le legioni) che non aveva rivali, essa deve spesso contare sui suoi alleati per combattere gli avversari marittimi (Cartagine, i pirati). Qualunque siano state le circostanze dell’acquisizione, la potenza di Roma fornisce la legittimità di agire a modo suo, di ridurre un territorio in provincia e di affidarne il governo ad un prìncipe di sua scelta; in ogni caso, essa si riserva sistematicamente il diritto di modificare questi regimi, a suo piacimento e secondo le sue esigenze. In tal modo, i regni numidi, sottomessi, vengono annessi nell’anno -46, mentre i regni contigui di Mauritania rimangono in vita come clienti dell’Urbe. In Oriente, i regni clienti di Galazia, Cappadocia, Ponto, Cilicia, Giudea, Nabatene ed altri, spariranno progressivamente, annessi nel periodo che va dal regno di Tiberio (14-37) a quello di Traiano (98-117). Comunque sia, province e stati clienti erano sottoposti al potere di Roma e costituivano l’Impero. I vantaggi della conquista appariranno rapidamente, sia agli occhi della dirigenza politica romana, come anche a quelli della plebe dell’Urbe: il bottino realizzato in Macedonia, nell’anno -168, consentirà di sopprimere, a partire dall’anno seguente, il tributum (imposta per finanziare l’esercito) per tutti i cittadini romani. Il tesoro lasciato in eredita dall’ultimo re di Pergamo, servirà a finanziare la legge agraria di Gaio o Caio Sempronio Gracco (-154 / -121) nell’anno -133. In definitiva, schiavi a buon mercato, grano assicurato, ludi (giochi) sontuosi, offerti da magistrati arricchiti …, i benefici erano numerosi per tutti. La fondazione di colonie romane nella Narbonese, in Spagna, in Africa, in Grecia ed in Asia minore consente di concedere terre ai veterani e spesso anche a cittadini poveri. Anche se il numero dei Romani insediati in tal modo nelle province rimane marginale, dopo le gravi crisi sociali del II secolo, l’imperialismo romano offriva una via di uscita o comunque un alleggerimento alle tensioni che attraversavano la società. La conquista viene normalmente accompagnata da un pesante sfruttamento fiscale, la cui intensità varia col tempo. Verso la fine del II secolo a.C. la maniera di percepire i tributi, per mezzo società intermediarie appaltatrici, faciliterà la sistemazione ed il controllo delle province, specialmente nel bacino dell’Egeo e giustificherà i sentimenti e la convinzione dei provinciali sul fatto che i Romani fossero “il flagello della terra” e dei “distruttori di popoli”, così come era solito definirli Mitridate VI del Ponto. Le riforme di Lucio Licinio Lucullo (-117 / -56) e di Cesare, porteranno un sollievo, ma le guerre civili romane spingeranno gli “imperator” del -1° secolo, da Lucio Cornelio Sulla (detto Sylla) (-138 / -78), ad Ottavio (-63 / 14), a trarre, dalle province, fortune colossali, al fine di finanziare le loro carriere politiche e le loro guerre. Con la conquista di Alessandria e la riduzione dell’Egitto a provincia, nell’anno -30, si conclude non solo la conquista romana del Mediterraneo, ma anche la guerra civile e le esazioni più estreme nelle province. Una volta superata la crisi, la pax romana consentirà un forte ed evidente sviluppo del cuore dell’Impero. La domanda che ci pone ora è quella di sapere come Roma sia riuscita ad amministrare uno spazio così grande. Di fatto, per molto tempo è esistito un certo scostamento fra l’assunzione del controllo e la messa in atto di una amministrazione rudimentale nelle province: in tale contesto, la Cirenaica, acquisita per eredità nell’anno -96, riceverà la nomina di un proquestore solo nel 75-74 a.C.. Dopo l’anno –29, la situazione generale tende a stabilizzarsi ed uniformarsi ed ogni provincia riceve un governatore, proveniente, sia dall’ordine senatoriale, sia dall’ordine equestre, coadiuvato da un ridotto numero di assistenti. Solo le province di frontiera, a parte qualche eccezione, ospitavano le legioni ed il Mediterraneo ne è risultato praticamente sprovvisto. Roma, in fin dei conti, riuscirà a controllare un impero di 60-75 milioni di abitanti con circa 330 mila uomini e meno di un migliaio di amministratori. Il cemento della cittadinanza La solidità dell’Impero, secondo molti, è dipesa dal fatto che l’Urbe ha saputo integrare progressivamente le popolazioni sottomesse e che si è appoggiata sulle comunità locali. Dalla fine del -1° secolo, essa ha concesso la cittadinanza romana a notabili locali, re-clienti, a grandi notabili delle città, vecchi magistrati. Mantenendo le città come unità di base, e creandone, laddove non ne esistevano (in Gallia una civitas corrispondeva ad un popolo), Roma ha lasciato loro la responsabilità dell’amministrazione quotidiana. Il numero dei cittadini romani tende ad aumentare rapidamente nelle numerose province (Spagna, Gallia, Asia minore, Acaia, Macedonia, Africa) con la sistematica promozione dei vecchi magistrati delle città locali. Quando Marco Aurelio Severo Caracalla (188-217) concede, nell’anno 212, la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dell’Impero, numerosi fra di loro (vecchi soldati ed i notabili delle città) già la possedevano. Ma questo provvedimento è stato una maniera di abolire la distinzione fra cittadini e peregrini (non cittadini) e di legare tutti gli uomini liberi alla sorte dell’Impero. La pace ritrovata, a partire dall’anno -30, rende le comunicazioni più sicure (i pirati della Cilicia erano stati eliminati da Gneo Pompeo Magno (-106 / -48) ed il commercio marittimo si sviluppa fortemente. Le ceramiche scoperte nei numerosi scavi effettuati in tutta l’area dell’Impero, ne forniscono una chiara testimonianza: tutte le città mettono in evidenza intensi scambi, almeno sino al 5° secolo. Questo ragionamento vale anche per i prodotti pesanti, come i marmi, per i prodotti agricoli (cereali, vino, olio), i prodotti di lusso (spesso provenienti da regioni esterne all’impero) e tutti i prodotti provenienti dall’artigianato delle province. Il quadro che traccia Aelius Aristide, nel 144, nel suo Discorso sull’onore di Roma, sulla capacità dell’Urbe nel ricevere le produzioni dall’insieme del mondo abitato, potrebbe in realtà, applicarsi a tutto l’Impero. La diffusione di un modo di vita Agli scambi materiali se ne aggiungono altri, altrettanto importanti e più duraturi, di tipo sociale e culturale. Gli apporti greci - che erano rimasti confinati alle regioni ellenofone - si sviluppano in tutte le province del bacino orientale, Siria ed Egitto compresi. I giochi alla romana - combattimenti di gladiatori, cacce, corse di carri - vengono organizzati ovunque, anche nei paesi di cultura greca. Le terme, che occupavano uno spazio ridotto nel ginnasio greco, si sviluppano sino ad occupare superfici considerevoli all’interno delle città. In tal modo, si viene a creare un gusto comune per gli spettacoli, una forma di relazioni sociali che si espande in tutto l’Impero, a partire dal Mediterraneo. Questo non porta certo ad una standardizzazione dei modi di vita, né all’abbandono delle tradizioni locali, specialmente per quanto riguarda il culto. Ma, ovunque, si parla il latino o il greco ed ovunque si stimano i prezzi con la stessa moneta di riferimento (denaro o dracma sono sinonimi). Qualche culto (culto imperiale, i culti del saluto), un quadro monumentale (templi, teatri, anfiteatri, archi, portici) ed un decoro urbano (statue) contribuiscono a modellare un ambiente familiare a tutti i sudditi dell’Impero. Le istituzioni civiche e la pratica locale dell’evergetismo (liberalità e donazioni fatte al popolo dai ricchi notabili locali), aggiungono il sentimento di far parte di uno stesso universo, il più urbanizzato, prima del 19° secolo. Nell’anno 395, i due figli dell’imperatore Teodosio I (347-395), si insediano, uno, Arcadio (377-408), a Constantinopoli, l’altro, Onorio (384-423), in Italia, a Milano, quindi a Ravenna, ma, giuridicamente, l’Impero resta unico: le Costituzioni imperiali vengono, in effetti, promulgate a nome dei due imperatori. La separazione de facto si determina, nondimeno, per effetto di un fenomeno molto più grave in Occidente. L’irruzione dei popoli germanici, spinti verso Sud dal raffreddamento climatico, che colpisce il pianeta dalla fine del 2° secolo, cambia la natura dell’Impero alla fine del IV e gli inizi del V secolo. Alle strutture collettive o individuali tipiche dell’Impero succede la costituzione di nuovi Stati: Visigoti d’Aquitania e di Spagna, Vandali d’Africa del Nord, Ostrogoti d’Italia, Burgondi lungo il corso medio del Reno. L’invio simbolico, nell’anno 476, delle insegne del potere imperiale d’Occidente a Constantinopoli, da parte di Odovacer o Odoacre (433-493), il re degli Eruli, conferma che, ormai, nonostante la tutela nominale dell’Impero sui nuovi regni, il Mediterraneo imperiale ha cessato di esistere.
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