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L'ALLEANZA TRA FRANCIA E OTTOMANI AI DANNI DEGLI ASBURGO E gli Ottomani si giocano l’Impero vittime degli intrighi Europei 09/01/2021 - Massimo Iacopi (Assisi PG) LA FRANCIA PERDE IL PELO MA NON IL VIZIO L'ETERNO NEMICO DEGLI STATI EUROPEI Nel XVIII secolo, anche se gli Ottomani godevano ancora di un certo predominio nel Mediterraneo, essi vengono a trovarsi sempre di più in un ambiente di crescente concorrenza. I paesi europei nutrono progetti di espansione che trasformeranno il controllo di questo mare in una sfida strategica.
Una comune e diffusa convinzione evoca una diminuzione dell’importanza del Mediterraneo a seguito delle grandi scoperte, che hanno aperto agli Europei gli immensi spazi dell’Atlantico, del Pacifico e dell’Oceano Indiano e determinato lo scivolamento progressivo dei poli economici dall’Italia all’Europa del Nord. Questo cambiamento, reale, non é avvenuto in un solo giorno e l’America iberica risulta largamente una proiezione di smisurate proporzioni del Mediterraneo occidentale. Due fatti principali caratterizzano il periodo che va dal XVI al XVIII secolo: il predominio islamico lungo i litorali derivante dalla conquista ottomana dei Balcani e delle isole del Mediterraneo orientale e l’ingresso di marine straniere nel Mediterraneo. Nondimeno è un fatto evidente che il Mediterraneo è un mare chiuso. Gli Ottomani, che hanno trasformato il Mar Nero in un proprio dominio impediscono alle marine straniere di entrarvi. La stessa cosa avviene per il Mar Rosso, dove la navigazione a vela risulta difficile. In tal modo, la sicurezza del pellegrinaggio verso le Città Sante dell’islam ne risulta garantita. Nel XVII secolo, il grande commercio continentale dell’Asia verso il Mediterraneo vive i suoi ultimi momenti. Gli Olandesi hanno definitivamente deviato il commercio delle spezie e le stoffe indiane percorrono in maniera crescente la via marittima. Il caffè dello Yemen arriva attraverso il mar Rosso e l’Egitto, ma, nella seconda metà del XVIII secolo, gli Europei ne cominciano a produrre nelle Antille. Se l’Impero ottomano domina la maggior parte delle rive mediterranee, non bisogna prendere per oro colato il mito del dispotismo orientale veicolato dagli scritti europei dell’epoca. A causa delle enormi distanze di certe regioni dal centro del potere, l’Impero è in realtà una struttura molto decentralizzata, più simile ad un Commonwealth che ad una dominazione burocratica. Di fatto, quella che realizza la coesione dell’insieme ottomano è l’unità della classe dirigente, che trae la sua legittimità dal Padishàh, il “Grande Signore” delle fonti europee. I possedimenti dell’Africa del Nord, le “Reggenze”, si comportano, di fatto, come potenze indipendenti, capaci di concludere trattati con gli Stati europei, ma essi non abbandonano né la loro identità, né la loro cultura politica ottomane. Le province arabe, a partire dall’Egitto, detengono un largo margine di autonomia ma i governatori non provengono, di norma, da queste regioni. L’Anatolia ed i Balcani forniscono la maggior parte del personale dirigente, pur contando anche su solidi poteri locali. Il fatto che nell’ideologia ufficiale i governanti vengono definiti come gli “schiavi del sultano” e che quest’ultimo mantiene potere di vita e di morte su di essi, come la libera disponibilità dei loro beni, costituisce un enigma per le società aristocratiche europee. La classe dirigente risulta composta per l’essenziale da uomini “nuovi”. Per una Europa, dominata dall’eredità delle funzioni, questo sistema rappresenta una specie di meritocrazia orientale, di cui la Cina con il reclutamento dei mandarini ne costituisce un ulteriore esempio. Questa meritocrazia attira numerosi Europei, che al prezzo di una conversione all’islam, possono sperare di fare carriera nello spazio dell’islam mediterraneo. Questi “rinnegati” introducono nella società islamica le trasformazioni europee, ma, non avendo gli stessi lasciato fonti scritte, risulta oggi molto difficile valutare il loro effettivo apporto nella società ottomana. Turbolenze geopolitiche Da Francesco I di Francia (monarca dal 1517 al 1547), gli Ottomani costruiscono con la Francia l’alleanza di accerchiamento della Casata degli Asburgo d’Austria. L’accessione, nel 1700, di Filippo V (1683-1746), un Borbone sul trono di Spagna e la conclusione del “patto di famiglia” fra le due monarchie, contribuisce a rinforzare la preminenza mediterranea della Francia. Il paese è diventato la prima potenza commerciale della regione con una centralizzazione su Marsiglia ed il suo porto ed una rete consolare negli scali (piazze di commercio aperte agli Europei) del Levante e della Barbaria (costa nordafricana). La navigazione risulta dominata dagli Europei, che praticano anche il piccolo cabotaggio fra i porti ottomani, anche per conto degli stessi commercianti mussulmani. La discesa russa verso il Mar Nero si scontra con il catenaccio costituito dal Khanato tartaro di Crimea, vassallo degli Ottomani. Questi ultimi devono parimenti fare fronte ai tentativi di progressione austriaca nei Balcani. Gli Ottomani fanno parte di una catena di alleanze francesi, che comprendono la Polonia e la Svezia, la cui esistenza erano state inizialmente pensate come un mezzo di pressione sugli Austriaci, ma che col tempo assumeranno sempre di più una funzione di bloccaggio dell’espansione russa verso l’ovest. La grande rottura storica si verifica con la Guerra dei Sette Anni (1756-1763). Il rovesciamento delle alleanze, che trasforma l’Austria in alleata della Francia preoccupa l’Impero ottomano. Ma soprattutto sono i Britannici a preoccuparsi, che si sono impossessati del Bengala a seguito della Battaglia di Plassey (1757). Con questa conquista essi riescono ad acquisire il primo elemento di quello che sarà il loro impero indiano. Nei decenni che seguono, invocando la necessità di difendere i loro domini acquisiti, i Britannici si lanciano in una politica di espansione territoriale. Nello stesso tempo, la Francia perde i suoi territori dell’America del nord e da quel momento comincia a disegnarsi, con tempi diversi la fine delle colonie britanniche ed ispaniche … L’Europa cresce di potenza La Guerra dei Sette Anni, guerra tricontinentale, costituisce anche il momento in cui gli eserciti europei acquisiscono una netta superiorità sugli eserciti del resto del mondo. Non si tratta ancora di una superiorità tecnica dell’armamento, che ovunque continua ad essere fabbricato con metodi artigianali, ma quella di una organizzazione disciplinare che consente il controllo del fuoco, di una logistica che permette proiezioni di forze a grandi distanze, persino a migliaia di chilometri e della capacità a mobilitare truppe in un numero sempre più grande. La nuova istituzione militare europea costituisce l’espressione della messa in opera di uno stato moderno basato sull’uguaglianza giuridica, che implica un prelevamento fiscale più razionale e su una alfabetizzazione crescente delle popolazioni. L’Europa si pone su una posizione di iper potenza rispetto al resto del mondo. L’Impero ottomano, spinto dalla Francia, entra in guerra nel 1768 contro la Russia, per opporsi alla prima spartizione della Polonia. Nel 1770, una flotta da guerra russa, proveniente dal Mar Baltico, giunge nel Mediterraneo. Essa distrugge la flotta ottomana e stabilisce alleanze con i poteri locali del Mediterraneo orientale. Il Trattato di Kutchuk-Kainardi, del 1774, certifica l’ampiezza della sconfitta ottomana. Il khanato di Crimea diventa, de facto, un protettorato russo (verrà annesso nel 1783) e viene inaugurata la libertà commerciale nel Mar Nero, con il libero passaggio negli Stretti alle navi commerciali. L’Impero russo rivendica, inoltre, un diritto di protezione sui cristiani ortodossi dell’impero ottomano, una richiesta che non viene riconosciuta dalle autorità ottomane. Da allora, l’Europa comincia ad interrogarsi sulla sorte dell’Impero ottomano. Un primo gruppo propone la sua spartizione fra la Russia, l’Austria e la Francia, che riceverebbe, per l’assenso all’accordo, l’Egitto. Un secondo gruppo, al contrario, vorrebbe attribuire agli Ottomani il ruolo di barriera di fronte all’espansionismo russo, fatto che deve passare attraverso una europeizzazione del suo apparato militare. Luigi XIV di Francia (1638-1715) invia una missione in tal senso a Constantinopoli. L’analisi dei discorsi dell’epoca mostra evidente una opposizione fra una politica di dominio coloniale ed un’altra di cooperazione. Negli ultimi decenni del XVIII secolo, risulta chiaro che l’espansione europea si orienta principalmente verso il Vecchio Mondo, nel momento in cui inizia il fenomeno della rivoluzione industriale ed il cammino verso l’uguaglianza giuridica diventa ben presto realtà con la rivoluzione francese. Queste sono le dimensioni della grande mutazione in corso. Cerca una rotta verso l’India Nel 1787, l’Austria e la Russia si lanciano in una nuova guerra contro l’Impero ottomano, mentre la Francia risulta paralizzata dalle sue difficoltà interne. Gli Ottomani riescono a tenere nel confronto con gli Austriaci, ma sono costretti a ripiegare di fronte ai Russi. Questa volta, nel 1790, saranno i Britannici che interverranno a favore degli Ottomani. Essi prendono coscienza di una pericolosa minaccia russa sulla rotta terrestre dell’India, che va dal Mediterraneo all’Afghanistan, ma l’opinione pubblica inglese non vuole la guerra. La conclusione di questo scontro, nel 1792, assume un aspetto definito, per effetto della minaccia rivoluzionaria francese e con la seconda spartizione della Polonia. Durante le guerre della Rivoluzione, l’Impero ottomano è il solo Stato mediterraneo a mantenere relazioni diplomatiche con la Repubblica francese. Nel 1797, l’esercito di Napoleone Bonaparte arriva sull’Adriatico e si impossessa dei territori di Venezia. Alcuni Francesi ipotizzano di sostenere una rivolta greca contro gli Ottomani, ma, alla fine, Napoleone abbandona questo progetto. Di fatto, alla fine del secolo, la rotta dell’India diventa una posta in palio geopolitica fondamentale. Le marine, francese e britannica, conducono esplorazioni nel Mar Rosso per studiare la possibilità di un accesso terrestre, che permetterebbe un accorciamento del cammino verso l’India, passando, appunto, per il Mar Rosso. Il Mediterraneo viene, in tale contesto, a riassumere la sua importanza, anche come via di accesso alla Russia, attraverso il Mar Nero. Nel 1797, la Gran Bretagna è la sola potenza a combattere ancora la Francia del Direttorio, che si definisce come la “Grande Nazione”. L’India viene considerata come la fonte della potenza britannica. E’ dunque, proprio in questo contesto, che viene impostato il progetto della Spedizione di Napoleone in Egitto. Conseguendo la conquista di questo paese, la Francia sarebbe in condizioni di minacciare l’India britannica, di creare una economia di piantagioni, senza fare dispotismo militare come gli Inglesi e di presentarsi agli Egiziani come liberatori. La prospettiva sarebbe quella della costituzione in Egitto - a quel tempo governato dai Mamelucchi, formalmente sudditi dell’Impero ottomano - di una colonia franco-araba. Per estendere il suo spazio politico I tre anni della Spedizione d’Egitto (1798-1801) costituiscono un punto di svolta fondamentale. Gli Austriaci ed i Russi si affiancano ai Britannici ed agli Ottomani per combattere “l’ateismo” della Francia. Londra ha preso sul serio la minaccia sulla rotta dell’India e, nel 1801, invia tre eserciti verso il Cairo, uno proveniente dal Mediterraneo, il secondo dall’India ed il terzo dalla Colonia del Capo. I contorni dell’Impero britannico del XIX secolo risultano già abbozzati. Da quel momento, tutto lo spazio fra il Mediterraneo e l’India entra a far parte dell’equilibrio europeo. Gli Ottomani dovranno la loro sopravvivenza, in primo luogo, alla loro diplomazia. Essi vengono a trovarsi nel campo dei vincitori in occasione delle successive coalizioni e faranno pace con la Russia nel 1812. Anche se non partecipano al Congresso di Vienna del 1814-15, essi vengono a beneficiare della restaurazione del principio di legittimità, come fondamento delle relazioni internazionali. Le guerre del periodo hanno fatto scomparire le vecchie marine di Venezia e di Ragusa. I Greci ne approfitteranno per costruirsene una, sotto la bandiera ottomana ed a volte russa. I Britannici, già presenti a Gibilterra, si insediano a Malta per impedire ai Francesi o ai Russi di impadronirsene. La stessa cosa avviene per le isole dello Ionio, con l’isola di Corfù, già sede dell’Ammiragliato della flotta di Venezia. Le “Reggenze maghrebine”, volendo sostituirsi alle marine commerciali dei paesi in guerra, tentano di stabilire una relazione diretta con i porti dell’altra riva, ma gli Europei non vogliono navi mussulmane nelle loro acque. Per contro, gli Americani tentano di lanciarsi nel commercio mediterraneo e si scontrano con le Reggenze di Algeri e di Tripoli (che provvederanno a bombardare nel 1804). Queste piccole guerre segneranno profondamente l’immaginario collettivo americano fino ai nostri giorni. Infine, con la rivolta greca del 1821 e la spedizione francese di Algeri del 1830, si apre un nuovo capitolo della storia del Mediterraneo, che porterà, poi, alla fine dell’Impero ottomano. BIBLIOGRAFIA Ago Renata e Vidotto Vittorio, Storia moderna, Roma, Editori Laterza, 2009 Akmese Handan Nezir, The Birth Of Modern Turkey: The Ottoman Military And The March To World War I, Tauris Academic Studies, 2005, Barbero Alessandro Il divano di Istanbul, Palermo, Sellerio, 2011 Barié O., Dall’Impero britannico all’impero americano, Le Lettere, 2013 Canale Cama F. - Casanova D. - Delli Quadri R.M., Storia del Mediterraneo moderno e contemporaneo, Guida Editori, 2017 Douglas Arthur Howard, The History of Turkey, Greenwood Publishing Group, 2001 Kamel L., Dalle profezie all’Impero. 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