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Gli ingenti profitti dello Stato Pontificio al tempo di Papa Borgia

LE CAVE DI ALLUME DELLA TOLFA TRA IL XV E IL XVI SECOLO

L’oculata gestione della famiglia Chigi finanzia le guerre contro gli Infedeli Arabi


03/05/2021 - Massimo Iacopi


(Assisi PG)

 
LE CAVE DI ALLUME DELLA TOLFA - I CHIGI - IL PAPA - LE CROCIATE
 Cenni introduttivi

Concedendo al banchiere Chigi lo sfruttamento delle miniere di Tolfa-Allumiere, il Papa Alessandro VI Borgia si assicura, in cambio, una considerevole fonte di entrate. Quando le forze ottomane conquistano nel 1453 Costantinopoli, Roma ritiene urgente di rimettere in attività le miniere di allume d’Occidente, di trovarne delle nuove e di mettere a profitto i loro proventi per organizzare una crociata contro il Gran Turco. Nel 1458, preoccupati per la sorte dell’isola di Chio (Scio), storico sito minerario dell’allume, riaprono i piccoli giacimenti di Ischia, di Pozzuoli, di Monte Argentario e di Volterra. Quattro anni più tardi, sotto il pontificato di Pio II Piccolomini (1405-1464), l’industriale Giovanni di Castro (circa 1400-1470) scopre l’importante miniera di Tolfa-Allumiere, a nord est di Civitavecchia nello Stato della Chiesa. Da quel momento, Pio II impone all’Europa cristiana l’acquisto esclusivo dell’allume pontificio, vietando ai mercanti di importare quello dell’Oriente. Stabilendo il predetto monopolio, il pontefice accarezza l’idea e la speranza di difendere e di riconquistare la Cristianità. Per mancanza di reti commerciali capaci di distribuire facilmente il minerale di Tolfa sui principali mercati d’Europa, la Camera Apostolica deve fare ricorso a mercanti intermediari. Essa si rivolge verso la Compagnia dei Medici, la più importante ditta commerciale e bancaria d’Occidente. Lo sfruttamento della miniera di Tolfa raggiunge, in tal modo, una formidabile produzione media di 923 tonnellate annue nel 1466 e quindi di 1300 tonnellate fino al 1479. La miniera laziale, copre quasi da sola, con quella di Mazarron in Spagna, praticamente tutte le necessità dell’Europa occidentale, la cui industria tessile raggiunge, in tal modo, il primo posto sul mercato dell’epoca. In effetti, se l’allume viene utilizzato per tannare le pelli ed entra nella fabbricazione di alcuni vetri, come a Venezia, esso è soprattutto uno degli ingredienti essenziali per le tinture e per i colori delle stoffe, per le quali esso agisce come agente fissante. Senza l’allume, l’industria tessile non esisterebbe più. Di fatto, nel XIV secolo, l’allume orientale trionfa sul mercato internazionale. Per Roma si tratta, dunque di sorpassare in qualità e quantità le produzioni degli Ottomani se non si vuole che i commercianti europei, nonostante l’interdetto papale, si riforniscano presso gli Infedeli.

Le cave finanziano le guerre

Poco dopo gli anni 1480, scartato il pericolo turco, i benefici dell’allume non alimentano più il tesoro delle crociate ed ognuno pensa di utilizzare lo sfruttamento delle miniere per altri fini. Firenze, con l’aiuto militare di Sisto IV della Rovere (1414-1484), diventa padrona di Volterra e con essa anche dei suoi giacimenti, che aggiunti a quelli della Tolfa, finanziano la sua guerra contro le province nemiche in Italia. Ma le cave di Tolfa vanno incontro ad un improvviso deficit e quelle di Volterra si esauriscono rapidamente. La Santa Sede rompe con i Medici e le miniere di Volterra vengono abbandonate.. Nel 1492, il cardinale Rodrigo Borgia (1431-1503) viene eletto papa con il nome di Alessandro VI. Egli fa tenere chiuse le miniere di Monte Argentario e di Massa Marittima per interessarsi essenzialmente all’allume di Tolfa. All’indomani della sua elezione, il pontefice si reca a visitare la miniera con una grande cerimonia: “Monsignor Borgia di Roma - scrive un contemporaneo - ha fatto diversi viaggi nello stato ecclesiastico: egli ha riunito delle osservazioni storiche ed economiche sulla Tolfa, di cui conserva dei campioni”. Nella stessa epoca arriva ad insediarsi a Roma un ricco banchiere senese di nome Agostino Chigi (1466-1520), che evidenzia un eccezionale genio negli affari ed un notevolissimo senso per le grandi imprese. Egli è diventato padrone della produzione delle altre miniere di allume d’Italia, specialmente quella di Agnano, e pensa di diventare cliente della Camera Apostolica romana e di farsi concedere lo sfruttamento delle miniere della Tolfa. Alessandro VI comprende che, soddisfacendo la richiesta del banchiere egli può trarre da questi una certa larghezza finanziaria. I due uomini firmano un contratto nel dicembre 1500. Agostino Chigi, con grandi spese, organizza lo sbocco delle miniere via Porto Ercole, in territorio senese, ai danni di Civitavecchia. La sua duplice veste di banchiere pontificio e di concessionario delle miniere di allume gli assicura una succursale a Venezia ed entrate considerevoli, grazie alle quali conduce una livello di vita principesco. In contropartita, egli diventa il benefattore dei Borgia. Il sovrano pontefice riceve, specialmente dal banchiere, le indispensabili risorse finanziarie per assicurare a suo figlio Cesare Borgia (1475-1507) la conquista della Romagna. Il figlio del Papa ottiene, in tal modo, un esercito degno di un grande conquistatore, con il quale egli riesce ad annettere ai suoi domini personali numerose città e territori per mezzo di una campagna lampo. Per amministrare il suo principato, Chigi gli mette a disposizione somme considerevoli, che diventeranno ben presto molto utili anche al successore di suo padre, Giulio II della Rovere (1443-1513). In effetti, dopo la morte di Alessandro VI e la caduta di Cesare, il banchiere senese si affretterà ad offrire i suoi servigi al nuovo papa. Ben presto, gli eredi di Chigi, gli Spannocchi, rivendicheranno una parte delle sue fortune. Lui stesso e tutti i suoi discendenti si troveranno in gravi difficoltà. A partire dal 1650, il filone dell’allume di Tolfa comincia ad esaurirsi. Poi nel XVIII secolo arriverà sul mercato l’allume sintetico e conseguentemente, poco prima del  XX secolo, l’allume di Tolfa uscirà, ob torto collo, dal circuito economico europeo.


 

 

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