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Un Hohenstaufen dalla personalità speciale

LA VERA STORIA DI FEDERICO BARBAROSSA

Ieri un leader al tempo dei Comuni e un pericolo per i Papi. Oggi un mito per i Tedeschi


26/05/2021 - Massimo Iacopi


(Assisi PG)

LA VERA STORIA DI FEDERICO BARBAROSSA

Grande e bella figura quella del Barbarossa nella storia dell’Europa. La sua esistenza si è imposta ai posteri come una delle personalità più nobili e romantiche. La sua tragica scomparsa, avvenuta circa 830 anni fa, ha impedito la riconquista di Gerusalemme che appariva abbastanza certa. Indelebilmente legato alla lotta contro il Papato, favorì la nascita dei Comuni e sponsorizzò la comparsa dei Guelfi e dei Ghibellini. Ancora oggi la Germania ne celebra il mito, collegandolo a quello dell’Endkaiser che sonnecchia nella grotta di Kyffhäuser.

Honor Imperii

Magonza, il 27 marzo 1188, quarta domenica di quaresima, é il luogo simbolo da ha luogo una svolta significativa nella sua vita da Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico. L’uomo, incoronato Re di Germania nel 1152 ed imperatore nel 1155, combinava qualità che lo facevano apparire quasi sovrumano ai suoi contemporanei: la sua longevità, la sua ambizione, le sue straordinarie capacità organizzative, il suo acume sul campo di battaglia e la sua perspicacia politica. L’Imperatore Federico I di Hohenstaufen (1123-1190), detto il “Barbarossa”, riunisce una Grande Curia Jesu Christi. Egli non prende posto sul trono imperiale, lasciato vacante, per significare che questo posto é destinato al Cristo, re dei re. Davanti alla Dieta riunita, egli annuncia la sua decisione di prendere i simboli della Crociata per cancellare la vergogna della Cristianità, che ha abbandonato Gerusalemme e la tomba del Cristo. Barbarossa, che ha partecipato da giovane alla Crociata d’Oriente guidata da suo zio Corrado III di Hohenstaufen (Svevia), re dei Romani (1093-1152), comportandosi brillantemente, si impegna a condurre a Gerusalemme, la 3^ Crociata (la seconda tedesca). L’imperatore è stato uno dei primi a rispondere alla chiamata lanciata dal papa Clemente III (1139-1191). Il Barbarossa, quasi settuagenario, è ancora una persona viva di spirito ed in piena forma fisica. Egli è il figlio di Federico II, il Guercio (1090-1147), duca di Svevia e d’Alsazia e di Giuditta di Baviera (1100-1130), figlia di Enrico IX il Nero (1075-1126) del casato dei Welfen, duca di Baviera ed ha visto la luce probabilmente nel castello di Waiblingen. Il Barbarossa associa, nella sua persona, gli Staufen ed i Welfen le due dinastie rivali che dominavano allora il Sacro Romano Impero Germanico ed all’origine, rispettivamente, delle fazioni dei Ghibellini e dei Guelfi. Il 2 marzo 1147, Federico sposa Adelaide (Adelheid) di Vohburg (1135-1190 circa), figlia del margravio Diepold III von Cham, Nordgau e Vohburg (1075-1146). Questo matrimonio, rimasto senza eredi, viene annullato nel marzo 1153 ed il 9 giugno 1156 il Barbarossa passa a seconde nozze con Beatrice di Rinaldo III di Borgogna (1145-1184), (ritratta in un quadro del Tiepolo), ottenendo anche il titolo di conte di Borgogna. Di fatto, la coppia imperiale verrà incoronata nell’estate 1178 anche come sovrana della Borgogna. All’età di 30 anni il Barbarossa succede allo zio Corrado III, morto improvvisamente il 15 febbraio 1152 a Bamberga. Eletto Re dei Romani il 4 marzo seguente, il giovane viene successivamente incoronato il 9 marzo nella Cappella Palatina di Aachen (Aix la Chapelle), dall’arcivescovo di Colonia, Arnoldo II von Wied (circa 1098-1156) ed il 18 giugno 1155, il nuovo re dei Romani viene incoronato imperatore a Roma dal Pontefice. La canonizzazione di Carlo Magno, ottenuta nello stesso periodo, alimenta il suo prestigio, tanto più che il nuovo imperatore considera Carlo Magno come il suo modello di riferimento. Egli vuole ripristinare l’onore dell’Impero, honor imperii ed intende fermamente difenderne la sua sacralità. Suo zio, l’arcivescovo Ottone di Frisinga (circa 1109-1158), lo descrive fisicamente di taglia media, nella sua opera in latino Imprese dell'Imperatore Federico. Lo storico Pierre Racine considera “il suo comportamento più nobile di quello della maggioranza dei suoi contemporanei” (1) La sua capigliatura e la sua barba hanno attirato l’attenzione e l’immaginario collettivo del tempo e gli Italiani lo definiranno “un giovane signore dai capelli fulvi (rossastri)”, Racine prosegue nel suo ritratto. “I suoi occhi. di un blù chiaro. si staccano al centro del suo viso, la sua pelle è di un bianco pronunciato e la sua dentatura risplende “come la neve al sole. La sua voce è ferma e la sua salute è buona”… Lo storico mette anche in evidenza lo strano sorriso mostrato dal principe, che si distingue per le rappresentazioni che vengono fornite di lui (2). Egli manifesta la dirittura del prode cavaliere e la fede di un sincero cristiano. Le sue idee portano l’impronta di quelle professate da Ottone di Frisinga. Egli corrisponde con la monaca Ildegarda di Bingen (1098-1179), abbadessa benedettina, terapeuta e profetessa renana, nativa di Germersheim von der Höhe, nei pressi di Alzey. Notizie della vita di Federico I Barbarossa ci provengono anche dall’opera Gesta Frederici I imperator, redatta fra il 1158 ed il 1180, da Goffredo da Viterbo (Gotifredus Viterbiensis sive Vitembergensis 1125/30-1195 circa), un tedesco di grande cultura, cappellano e notaio imperiale al servizio degli Hohenstaufen, nato in Italia e formato alla scuola della cattedrale di Bamberga. Ad ogni buon conto, l’eminente storico Francis Rapp (1926-2020) evoca il ruolo svolto dal Barbarossa nell’epoca di rinascimento culturale che marca il XII secolo - con l’opus francigenum delle cattedrali, l’amore cortese dei trovatori e la ricostruzione degli Stati - e sottolinea che il suo ruolo ha avuto, prima di tutto, un carattere politico, “anche che questo completo cavaliere non disdegnava ne l’arte e né la poesia”. Rapp soggiunge: ”Egli aveva una grande considerazione della sua missione. Gli era stato affidato l’honor imperii; ed a lui spettava di accrescerne lo splendore. Carlo Magno che egli ha fatto elevare agli altari, era il suo modello ma non gli dispiaceva di riferirsi alle leggi romane, di cui i giuristi di Bologna stavano per riscoprirne i principi fondamentali. Al servizio del suo ideale, egli accoppiava una volontà di ferro”. Rapp precisa inoltre: “Il ricorso alla violenza non gli faceva paura ed i Milanesi dovranno apprendere a loro spese che poteva essere crudele. In definitiva (il Barbarossa) aveva tanta intelligenza ed altrettanto carattere”. (3)

Alla guida della 3^ Crociata

Partito l’11 maggio 1189 da Ratisbona, con 3 mila cavalieri ed il suo figlio cadetto Federico di Svevia (1164-1191), Barbarossa conduce la 3^ Crociata allo scopo di liberare Gerusalemme, di cui il capo delle forze islamica il Saladino (circa 1137-1193) si è impadronito il 20 ottobre 1187, al termine di un assedio iniziato un mese prima. Un momento marcato, nell’ottobre 1187, dalla decisione del Saladino di far abbattere, davanti ai vincitori ed i vinti, schierati davanti alla moschea di Omar, la grande croce d’oro con la quale i Franchi avevano coronato la cupola dell’edificio. “Quando la croce è caduta, riferisce il cronista arabo, si è elevato dai ranghi dei due eserciti un clamore tale che la terra ne venne quasi scossa”(4). Nella primavera del 1189, il Barbarossa arriva in Ungheria. Il re Bela III (1148-1196) lo riceva con magnificenza a Gran. La regine d’Ungheria, sorella del re francese Filippo II Augusto (1155-1223), gli fa dono di una ricca tenda. Le cose cambiano quando il Barbarossa ed i suoi uomini attraversano la Serbia e la Bulgaria e l’Impero Bizantino. Clima ostile, tutto tranne una passeggiata. L’imperatore Isacco II Angelo (1156-1204) risulta ostile ai Crociati tedeschi e non si fida delle loro bramosie, alleandosi segretamente anche con il Saladino. Il Basileus, con grande perfidia, ha preso accordi con il Saladino e si è impegnato a tenerlo informato sui progressi della Crociata. Barbarossa, sorpreso, deve forzargli la mano e non risparmia Adrianopoli. Il Bizantino teme persino che l’imperatore tedesco voglia detronizzarlo. Egli fa arrestare i due ambasciatori dell’Hohenstaufen e blocca i rifornimenti che aveva promesso. Barbarossa riesce a dominare la sua collera per “patriottismo cristiano” e forse pensa persino di prendere Constantinopoli d’assalto. Lo storico René Grousset (1885-1952) ritiene che l’imperatore abbia avuto “l’immenso merito di non averlo fatto” (5). Nel marzo, il Barbarossa ed i suoi uomini effettuano la traversata degli Stretti dei Dardanelli. A Gallipoli, 1500 navi e 26 galere aspettano i Crociati tedeschi per trasbordarli sulle coste asiatiche. “Il passaggio viene effettuato in prossimità delle feste pasquali, al suono di trombe e di chiarine, alla presenza di una moltitudine di gente, riunita sulle due rive” (6). Il 6 maggio 1190, durante la battaglia di Philomeliun (attuale Aksehir), il cavaliere minnesänger (poeta lirico) Friedrich von Hausen (1150-1190), nato a Kreuznach, nei pressi di Worms, rimane ucciso, suscitando un grande rimpianto da parte di tutti. Il 18 maggio, al termine di una fulminea carica della sua cavalleria, il Barbarossa si impadronisce della città di Iconium (attuale Konya), conquistata a suo tempo dai Selgiuchdi di Rum, con grande inquietudine per il Saladino. Secondo il Grousset: “L’avvicinarsi del grande esercito tedesco semina il terrore fra i mussulmani. Tale è stato lo spavento dei luogotenenti del Saladino, tanto da evacuare le piazzeforti della frontiera siro-cilicia, fra le quali Baaghras, che era stata conquistata da poco dallo stesso Saladino”(7). Il 10 giugno seguente, l’imperatore tedesco giunge nella Piccola Armenia, regno cristiano, dove riceve una positiva accoglienza. Al seguito di guide armene egli vuole attraversare a guado il Saleph (o Cydnos), un piccolo fiume della Cilicia, per raggiungere nel più breve tempo possibile la città di Seleucia. Il suo cavallo traballa, si spaventa. Portato via dalla corrente, l’imperatore affonda sotto il peso della sua armatura. Le versioni della sua morte divergono: c’è chi dice che sia morto per una congestione al contatto con le fredde acque del fiume, altri invece affermano essere morto nel soccorrere un suo valletto in difficoltà. Comunque quando riescono a trarlo fuori dall’acqua ghiacciata, Federico risulta già morto. Una grande costernazione si diffonde nel contingente, Federico, il figlio dell’imperatore si adopera per evitare lo sbandamento del contingente e riesce a portare l’esercito crociato fino ad Antiochia, dove fa portare anche le spoglie di suo padre. Il Barbarossa non potrà liberare Gerusalemme e non potrà più esaudire il suo voto.

Il mito dell’imperatore universale

La fine dell’imperatore, caduto nel momento di piena  gloria dopo 38 anni di regno, punteggiato da difficoltà, specialmente con il potere pontificio,assume ben presto una dimensione mitica. Il medievista Joseph Calmette (1873-1956) scrive a riguardo: “La morte tragica e lontana di colui che per quattro decenni aveva rivestito un ruolo primario in Europa, ha fatto nascere in Germania una legenda quasi immediata” (8). Dal 1160 - 1162 un autore sconosciuto redige nell’abbazia del Tegernsee, in Baviera (9), il lungo poema intitolato Ludus de Antichristo, nel quale egli celebra il trionfo dello Staufen, affermando anche la sua convinzione: alla fine dei tempi, allorché tutti gli uomini saranno riuniti contro l’Anticristo, nell’attesa della Visione eterna, sarà un altro imperatore tedesco, un altro Federico, che presiederà questa straordinaria riunione.  Questo é anche il mito e la leggenda medievale dell’Endkaiser legata al Messia ed all’Anticristo, riferita dal Greisinger e dal Reinink (10). Il suo mito si confonderà più tardi con quello di suo nipote Federico II (1194-1250). Per molti secoli verrà celebrato e ricordato come l’imperatore universale e saranno in molti a farlo, come anche il Minnesang gli darà un ampio spazio. Il poeta Friedrich Johann Rückert (1788-1866), autore dei Kindertotenlieder (Canti per i bambini morti; opere composte dall’autore in occasione della morte dei suoi figli), ha composto la celebre ballata intitolata “Der alte Barbarossa”, i cui versi verranno ripetuti dai Tedeschi per molto tempo. Nel 1817, a Berlino, due anni dopo Waterloo, il poeta Achim von Arnim (1711-1831), amico di Clemens Brentano (1778-1842), pubblicherà Die Krönenwachter, un prediletto libro di ricordi, molto in voga, fino al kaiser Guglielmo II di Hohenzollern (1859-1941). L’autore vi evoca, come riferisce Pierre Racine, la “rigenerazione magico-mistica” del Sacro Romano Impero Germanico. Il principe Otto von Bismarck (1815-1898) sostiene e finanzia gli sforzi di tutti quelli che si erano messi in cerca della tomba del Barbarossa, per trasformarla in un luogo simbolico del patriottismo tedesco. La verde Turingia ancora oggi mantiene il suo ricordo. Federico I Barbarossa ha ricevuto la sua simbolica dimora al Kyffhauser, in attesa del momento del suo ritorno. Una grande statua in gres dell’imperatore, alta più di sette metri e realizzata dallo scultore Nikolaus Geiger (1849-1897) lo rappresenta seduto sul suo trono, nel momento in cui sembra risvegliarsi dal suo sonno.

Gli Staufen in Alsazia

L’Alsazia non l’ha mai dimenticato. Gli Alsaziani, nonostante il loro lungo confinamento nella storia giacobina, si ricordano del Barbarossa che ha mantenuto sempre forti legami con la loro regione. Secondo essi, “l’imperatore dormiente” del Kyffhäuser non riposa in Turingia, ma sotto una roccia denominata Bibelstein, al centro del’Ochsenfeld, sito leggendario della alta Alsazia, un posto, dove “quando tutto è silenzio si può sentire il crescere della sua barba” !!! Barbarossa, in effetti, è stati duca dell’Alsazia e duca di Svevia, due regioni che hanno costituito il “cuore dell’Impero”, dove, come sottolinea la storica Odile Kamerer, gli Staufen con la figura di Federico Barbarossa hanno riunito le prerogative imperiali, ducali e signorili (11). Hagenau, la città prefettura imperiale, rivestiva un ruolo importante nella loro strategia. Dagli inizi del suo regno, il Barbarossa si insedia per soggiorni più o meno lunghi, sulle alture del Monte Santa Odile a Colmar ed a Mulhouse, pur restando fedele alle sue residenze privilegiate alsaziane di Hagenau e Wissemburg. Hagenau sarà oggetto di cure particolari, che contribuiranno al suo sviluppo, specialmente con la carta concessale nel 1164. Preliminarmente egli vi aveva fatto costruire, nel 1150, un castello fortificato su un sito che darà origine alla città di Kaiserberg, allo sbocco della valle della Weiss, ai piedi dei Vosgi. I suoi genitori riposano in terra alsaziana. Federico il Guercio e sua moglie Giuditta sono stati inumati nell’abbazia benedettina di Santa Walburge, nella “foresta santa” di Hagenau. Suo padre vi aveva fatto costruire un padiglione di caccia in legno su un isola della Moder. Barbarossa deciderà di farvi costruire un grande palazzo imperiale - il Kaiserpfalz -, dove vi farà conservare le insegne imperiali: la spada di Carlo Magno, lo scettro, la Kaiserkrone (corona imperiale) ed il Reichapfel (il globo), attualmente a Vienna. Questo palazzo verrà dotato di tre cappelle sovrapposte, ornate di marmi, di mosaici e di pitture. Si dice che il palazzo imperiale sia stato raso al suolo per ordine di Luigi XIV (1638-1716), il “Re Sole”, nel 1673. Evidentemente, nell’intento ideologico di una “damnatio memoriae”, al fine di cancellare il mito del Reich tedesco e di appropriarsi in chiave “dinastica francese” di una improbabile ed indimostrabile discendenza da Carlo Magno.

Assisi e gli Svevi

Per chiudere questo modesto lavoro non poteva mancare qualche riferimento alla mia terra d’origine, Assisi, direttamente ed indirettamente legata da un punto di vista storico agli Staufen (gli Svevi). Le prime notizie certe del collegamento di Assisi con Federico Barbarossa risalgono al 21 novembre 1160, quando l’imperatore emana a Pavia un diploma speciale (12), probabilmente sollecitato dagli stessi maggiorenti della città (che si erano, probabilmente, affrancati dal potere vescovile), con il quale costituisce la città serafica in Comitatus, ovvero contea imperiale indipendente, staccandola dal ducato longobardo di Spoleto. Lo stesso documento riporta nel testo anche una importante, seppur generica, affermazione: così come lo era stata al tempo dell’imperatore Enrico IV (1050-1106). Come ad affermare che il comitatus di Assisi non fosse di per sé stesso una novità, ma che affondasse le sue radici in tempi precedenti.  La seconda notizia certa di questo rapporto si riferisce al 1173, quando il Barbarossa, in occasione della sua discesa in Italia, incarica l’arcivescovo Cristiano di Magonza (Mainz) (1130-1183), Cancelliere del Regno di Germania, di riportare l’ordine nel ducato longobardo di Spoleto, che aveva già sottomesso nel 1155 ed alla cui città aveva donato, in segno di pace, l’icona della Madonna, oggi custodita nel Duomo spoletino (13). L’azione dell’arcivescovo tedesco consente, nel corso del 1174, di recuperare il controllo dell’ampio feudo del Ducato di Spoleto, comprendente anche Assisi, dove lo stesso Barbarossa soggiorna per un breve periodo verso la fine del 1177 (14). Di fatto, Federico I trascorre oltre un mese ad Assisi, rilasciando alcuni diplomi datati, di cui almeno un paio riguardano l’assetto della rocca ed il duomo romanico della stessa Assisi. Questo soggiorno conferma la nuova condizione politica di Assisi: una città feudo imperiale (contea autonoma, affidata ad un comes, rappresentante diretto dell’imperatore), che successivamente entrerà nuovamente alle dipendenze, ma a titolo personale, del Duca di Spoleto. La vecchia rocca cittadina, erede delle evoluzioni architettoniche delle preesistenti fortificazioni gotiche longobarde e bizantine, viene trasformata in castello feudale, diventando il centro del potere comitale imperiale che, a quel tempo, aveva una estensione paragonabile alla vecchia diocesi di Assisi, prima del suo allargamento a Nocera e Gualdo Tadino. I confini territoriali del comitatus furono poi ricopiati nel 1198 da un diploma di Innocenzo III (Ildebrando da Soana (1161-1216)) (da alcuni considerato falso), che molti ritengono essere stato il primo fondamento del libero comune (la data del 1198 pone di fatto interrogativi di tipo ideologico sulla struttura comunale della città, presumibilmente molto più antica, che si era certamente affrancata dalla tutela diretta dell’imperatore e sulla quale il Papato cercava di mettere le mani). In ogni caso, il ducato di Spoleto viene inizialmente assegnato a Guelfo VI della casata dei Welfen (1115–1191), già marchese (margravio) di Toscana), che entrerà più tardi in contrasto con il Barbarossa, mentre la contea di Assisi è attribuita a Corrado von Lutzen o meglio a Corrado di Urslingen (1150-1202), detto anche “Moscaincervello (per i suoi improvvisi ed imprevedibili moti di collera). Nei primi anni del suo governo i castelli più importanti, occupati da guarnigioni imperiali, sono Assisi, Gualdo e Cesi, ai quali, nel 1186, il detto Corrado, comes Asisii, diventato uno dei luogotenenti più fidati di Enrico VI di Hohenstaufen (1165-1197), figlio del Barbarossa, potrà aggiungere, in premio, anche il ducato di Spoleto e tutta la zona al sud della regione. Per inciso, nel 1186 Enrico VI si era ufficialmente sposato a Milano con Costanza di Ruggero d’Altavilla, aveva avuto come precettore Goffredo da Viterbo e scriveva e parlava con facilità, oltre al tedesco, il francese ed il latino. Ma un altro grande evento lega la città di Assisi alla dinastia degli Staufen: nel dicembre 1194 nasce a Jesi Federico II di Svevia (1194-1250), futuro re di Sicilia, re dei Romani ed imperatore di Germania. La madre, imperatrice Costanza d'Altavilla (1154-1198), dopo il parto, affida il figlio alla duchessa Urslingen, una longobarda moglie del duca di Spoleto, che, a quel tempo, abitava nella città di Assisi e la coppia diventa, di fatto, la tutrice del neonato. Dopo una spedizione militare in Sicilia (novembre 1194), nel 1196 l’imperatore Enrico VI e Costanza arrivano in Assisi per la celebrazione del battesimo del neonato, organizzato dalla duchessa nel fonte battesimale della Cattedrale di San Rufino di Assisi ed al quale avrebbe dovuto presenziare anche il papa Celestino III (Giacinto di Bobone; 1106-1198). Al neonato vengono imposti i nomi augurali dei nonni: Federico e di Ruggero (i nomi del Barbarossa e del re Ruggero di Sicilia) oltre a quello di Costantino. Nello specifico, anche se qualche autorevole storico non riporta questo specifico evento (15), il Duomo di Assisi, la cui costruzione era stata iniziata nel 1140/44, godeva dei favori imperiali ed ebbe un grande impulso per il suo completamento proprio dal soggiorno del Barbarossa. Questa ipotesi è corroborata dall’aquila imperiale presente all’esterno dell’abside della chiesa e forse anche dalle due teste presenti sotto la rappresentazione della Madonna, nella lunetta del portale principale del duomo, nelle quali qualcuno ha voluto, con interessanti argomentazioni, ravvisarvi i riferimenti a Costanza d’Altavilla e ad Enrico VI. Comunque sia, per le ragioni suddette, si ha ragione di credere che il giovane Federico abbia soggiornato per qualche anno nella Rocca di Assisi, almeno fino al 1197, anno di morte di suo padre e certamente prima della rivolta del 1198. In effetti lo stesso conte di Assisi, Corrado di Urslingen, nella sollevazione del 1198, perde anche il ducato di Spoleto ad opera del Papato, venendo costretto a ritornare in Germania. Il suo primogenito Rainaldo, nato nel 1185, sarà nuovamente duca di Spoleto dal 1223 al 1230, sotto Federico II, prima di cadere in disgrazia nel 1231, essere imprigionato e successivamente graziato. Ed è proprio in questo periodo di dominio svevo che ha inizio l’epoca dei Comuni che porterà la città di Assisi a lotte interne (maiores e minores) ed a guerre, specie con la vicina Perugia (che con grande ed opportunistica tempestività si era schierata con il Papato). Di fatto, una sollevazione popolare, nel 1198, dà un decisivo impulso all’epoca comunale, ponendo fine al potere del duca Urslingen sulla città e distruggendone la rocca, simbolo di tale potere, ma anche, molto probabilmente, nella prospettiva di impedirvi l’insediamento di un governatore pontificio. In effetti, per un certo periodo, i rapporti del giovane comune di Assisi rimangono amichevoli anche con il nuovo imperatore, tanto che una pergamena diploma del 1205, giacente negli archivi della città, attesta il contenuto di un messaggio dell’imperatore Federico II di Svevia, con cui si concedono privilegi al Comune di Assisi e se ne riconosce l’autonomia. Comunque sia, ad Assisi, nel 1210, il Governo dei Consoli, appena costituito, decreta l’abolizione di qualsiasi servitù feudale e il definitivo riconoscimento dell’autonomia politica cittadina. Ciò nonostante, ancora nell’agosto 1213 e nel giugno 1215, un certo Giacomo Conte di Andria (cugino materno del papa Innocenzo III, Lotario dei conti di Segni, 1161-1216), risulta rector Tuscie,  del contado di Assisi e del Ducato di Spoleto. Da ultimo, vale la pena sottolineare che l’imperatore Federico II di Svevia, che aveva allacciato stretti legami con Frate Elia Buonbarone da Cortona (1178-1253 successore di San Francesco alla guida movimento francescano ed originario, probabilmente, del territorio assisano), tanto da chiamarlo “dilecto familiari et fideli nostro“, contribuì finanziariamente alla costruzione della Basilica, che venne condotta a termine nella primavera del 1230. Sulle campane, fatte fondere nel 1239 da Frate Elia, verrà, infatti, inciso il nome del “potentissimo” Federico II, accanto a quelli di Gregorio IX e dello stesso Elia: probabile testimonianza del tentativo di riconciliazione tra l’Imperatore e il Papa. Col passare del tempo il legame della città con gli Staufen tenderà inevitabilmente ad affievolirsi fino ad offuscarsi, per effetto della disputa per le investiture fra Papato ed Impero e della feroce lotta condotta dai sovrani pontefici contro Federico II ed i suoi discendenti. Questa lotta senza quartiere porterà, per mezzo degli Angiò, alla violenta estinzione della dinastia ghibellina e ad una quasi certa, ma non del tutto riuscita, “damnatio memoriae” nei confronti degli Svevi.

NOTE

(1) Ottone di Frisinga (Freising) è autore dell’opera Gesta Friderici imperatoris (Imprese dell'Imperatore Federico), scritta per desiderio di Federico Barbarossa, e introdotta da una lettera dello stesso Imperatore ad Ottone. Le Gesta sono composte da quattro libri, dei quali i primi due sono stati scritti dallo stesso Ottone, mentre i due rimanenti, o almeno parte di essi, dal suo pupillo Ragewin, o Rahewin (morto nel 1177) da alcuni è stato però supposto che anche il terzo libro e la prima parte del quarto siano opera di Ottone. Il primo libro prende spunto dalla contesa fra il Papa Gregorio VII e l'imperatore Enrico IV, per arrivare fino alla morte di Corrado III nel 1152. L'autore non si limita a trattare della storia della Germania, ma estende la sua trattazione alla predicazione di Bernardo di Chiaravalle, al suo zelo nel combattere gli eretici, alla condanna di Abelardo, e a argomenti vari di filosofia e teologia. Il secondo libro si apre con l'elezione di Federico I nel 1152, e si sviluppa con la storia, abbastanza dettagliata, dei suoi primi cinque anni di regno, soprattutto per quel che riguarda le vicende in Italia. Da questo punto in poi (1156) il suo lavoro viene infatti proseguito da Ragevinus. Racine Pierre, Federico Barbarossa 1152-1190, Perrin, Parigi, 2009;

(2) Specialmente sulla miniatura di Roberto il Monaco o Roberto di Saint Rémy (1055-1122) presso Reims, nella  Historia (Storia delle Crociate), 1188;

(3) Prefazione del libro di Pierre Racine

(4) Citato da Pierre Grousset in Bilancio della Storia, Desclée de Bowver, Parigi 1991

(5) Figure di spicco, Plon, Parigi, 1949 e da Editore Perrin, Parigi, 2012

(6) Michaud Joseph François, Histoire des Croisades. Dezorby, Magdaleine et Cie Editori, Parigi, 1841;

(7) Grousset Pierre, Epopea dei Crociati, Perrin, Parigi, 2002;

(8) Calmette Joseph, Il Reich tedesco nel Medioevo, Payot, Parigi, 1951;

(9) Barbarossa l’aveva visitata nel 1165;

(10) Pacaut Marcel, Federico Barbarossa, Fayard, Parigi, 1990; Greisinger L., Messias, Endkaiser, Antichrist. Politische Apokalyptik unter Juden und Christendes Nahen Ostens am Vorabend der arabischen Eroberung, diss. dott., Halle-Wittenberg 2011; ; Reinink G.J., Pseudo Methodius und die Legende vom romischen Endkaiser, in Use and abuse of Eschatology in the Middele Ages, Leuven University Press, 1988;

(11) Kamerer Odile, Fra i Vosgi e la Foresta Nera: poteri, territori e città dell’Oberrhein, 1250-1350, Entre Vosges et Forêt-Noire : pouvoirs, terroirs et villes de l’Oberrhein, Sorbona, Parigi, 2001;

(12) “In nomine sancte et individue Trinitatis. Fredericus divina favente gratia Romanorum imperator et semper augustus. Notum sit omnibus imperii nostri fidelibus tam futuris quam presentibus quod civitas Asisinatis, cum toto suo comitatu, ita specialiter et libere ad nostra imperialem iurisdictionem pertinet, quod nulli potestative de aliquo habet rispondere nisi regie persone vel nostro certo misso, nostris successoribus precipimus autem ut semper ita stet ab omni alia potestatis libera sicut at temporibus IV Henrici usque ad nostra tempora stetit et sit caput totius comitatus nec alicui liceat novum castrum vel civitatem construere contra voluntatem comitatus, sicut sunt fines et termini eiusdem comitatus : Primo a …” ;

(13) Alcuni hanno persino ipotizzato che la bellissima pietà lignea di origine tedesca, oggi trafugata dal Duomo di Assisi e che era stata datata, non con certezza scientifica, agli inizi del 14° secolo, possa essere stata, anch’essa, un dono del Barbarossa alla città di Assisi e quindi risalire alla fine del XII secolo;

(14) Cardini Franco, Il Barbarossa, Oscar Mondadori, 1990 (vedi altra Bibliografia);

(15) Kantorowicz Ernst, Federico II, imperatore, traduzione dall’originale del 1927 di Gianni Pilone Colombo, Collezione Storica, Milano, Garzanti, 1976-2000. - Collana Gli Elefanti. Storia, Garzanti, 2017.

BIBLIOGRAFIA

Cardini Franco, Il Barbarossa. Vita, trionfi e illusioni di Federico I Imperatore, Collezione Le Scie, Milano, Mondadori, 1985.

Grillo Paolo, Le guerre del Barbarossa. I comuni contro l'imperatore, Collana Storia e società, Roma, Laterza, 2014

Rossi Di Marignano Federico: Federico Barbarossa e Beatrice di Borgogna. Re e regina d'Italia, Milano, Mondadori, 2009

Rizzi Ruggiero, Federico I e Federico II Hohenstaufen. Genesi di due personalità alla luce della storia, della medicina e della psicologia, Manduria, Barbieri Editore, 2009,

Wahl Rudolph, Barbarossa, traduzione di Giorgio Agosti, Collana Biblioteca di cultura storica n.19, Torino, Einaudi, 1945

Wies Ernst W., Federico Barbarossa. Ritratto di un imperatore e di un'epoca, traduzione di A. Audisio, Collana La Storia, Milano, Rusconi,


 

 

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