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Ciò che rimane dell’Unione Sovietica compie Ventuno Anni

VLADIMIR PUTIN REGISTA UNICO DELLA NUOVA RUSSIA

Ha invertito la tendenza al disfacimento mantenendo un ruolo internazionale di prestigio


18/10/2021 - Massimo Iacopi


(Assisi PG)

VLADIMIR PUTIN REGISTA  UNICO  DELLA  NUOVA RUSSIA

Vladimir Putin, al potere dal 2000, è riuscito a salvare il suo paese dal crollo post sovietico. Il suo cantiere di restaurazione ha modellato una Russia moderna ed il suo popolo si identifica con il suo percorso e condivide da 20 anni la sua visione riformatrice. Arrivato al potere nel dicembre 1999, eletto e rieletto presidente della Federazione della Russia per ben quattro volte (2000, 2004, 2012, 2018), due volte primo ministro (dall’agosto 1999 al maggio 2000, quindi dal maggio 2008 al maggio 2012), Vladimir Putin (1952- ) dovrebbe rimanere al potere fino al maggio 2024. Al termine del suo secondo mandato presidenziale consecutivo egli terminerà forse il suo tragitto politico. Che cosa farà dunque all’età di 72 anni ? Forse anche lui stesso ancora non lo sa ! Il mistero, in tal modo, continua a planare sul suo successore. Una cosa sembra certa: Putin, dirigente pragmatico ed esigente, sta certamente preparando minuziosamente questa scadenza. I Russi attendono con ansia questa transizione, così come anche la temono, proprio per il fatto che l’impronta di questo presidente autoritario, riformatore e forte risulta ormai netta, dopo 21 anni che hanno contribuito a trasformare la Russia. Che lo amino o meno che votino o meno per lui, i Russi riconoscono i progressi compiuti dal paese. I più vecchi si ricordano dello stato pietoso del loro paese nell’anno 2000, dieci anni circa dopo il crollo dell’URSS (1991). Demoralizzata per la perdita dei suoi riferimenti, per l’anarchia amministrativa ed il saccheggio del paese, umiliata sotto lo sguardo dello straniero, la società russa aspettava un salvatore e questo è stato proprio Vladimir Putin !...

Uno sforzo prolungato e difficile

Da 1999 la società russa non gli ha mai negato il suo sostegno elettorale. Questa fiducia gli è stata rinnovata nel marzo 2018 (76,6% dei suffragi al primo turno), anche se la percezione è cambiata nelle nuove generazioni, più contestatrici, poste sotto lo specchio deformante dei media occidentali. Per molti di essi, la stabilità ed il miglioramento dei livelli di vita costituiscono delle acquisizioni naturali che mettono in evidenza ulteriori problemi: la brutalità di un regime che priva il paese degli standard di libertà politica e di consumo edonista in vigore in Occidente. Gli anziani calmano ancora i più giovani, ricordando loro la storia recente e le condizioni critiche da poco superate. Vladimir Putin ha saputo interpretare le speranze, ma anche le contraddizioni del suo popolo. La speranza principale si basava sulla sua promessa di eliminare il ciclo mortifero che stava portando alla distruzione della nazione russa. Putin aveva promesso di ristabilire l’ordine, la potenza e la fierezza russi. Un importante documento, pubblicato il 31 dicembre 1999, “La Russia al giro di boa del millenario” annunciava questo ambizioso programma: “Tutto dipende da noi e solo da noi … per uno sforzo prolungato e difficile”. In effetti, le promesse sono state mantenute. Putin, addestrato all’esercizio dell’autorità, con freddezza e senza esitazioni, ha restaurato la potenza dello Stato. Il Paese è stato raddrizzato, con una mano di ferro. Gli oppositori sono stati radunati, inquadrati o esiliati, se non giustiziati. Sostenuto dalla manna petrolifera e del gas e “benedetto” dalla Chiesa ortodossa, pienamente in fase con il Kremlino, questa restaurazione ha portato benefici all’insieme del paese. L’arrivo alla guida della chiesa ortodossa del Patriarca Cirillo I (1946- ), entrato in carica il 1° febbraio 2009, ha rimesso in auge questa diarchia politico-religiosa che è stata la forza della Russia imperiale. Putin e Cirillo coltivano la stessa ambizione: ricostruire la “Russia eterna”, difendere le radici cristiane del paese, salvare il “mondo russo”. La ripresa della natalità, dopo un decennio catastrofico, dimostra il ritorno della fiducia. Il tasso di fecondità era sceso a 1,17 figli per donna. Esso si è riportato a 1,78, anche se rimane ancora fragile, ma in ogni caso la demografia russa segna una nuova crescita, a partire dal 2009. La forza di Vladimir Putin è anche quella di avere saputo cristallizzare le speranze e le contraddizioni dei Russi. Essi avevano sofferto sotto il comunismo, ma nondimeno mantenevano una certa nostalgia di questa epoca, da cui la constatazione sfumata del presidente russo: “Colui che non rimpiange l’Unione Sovietica non ha cuore; colui che si augura il suo ritorno non ha testa”. Il vecchio ufficiale del KGB, per effetto del suo percorso esemplare di cittadino sovietico, oggi per la sua fibra nazionalista e la sua fede ortodossa sempre più affermata, è effettivamente l’immagine di milioni di Russi. La sua storia e le sue scelte gli somigliano ed essi si riconoscono nella sua persona. Questo è uno degli elementi principali della sua popolarità. Putin e una larga maggioranza dei suoi compatrioti si sentono eredi del peggio e del meglio della loro storia: il caos sanguinoso che è seguito alla fine degli zar, il terrore staliniano, ma anche l’epopea nazionalista della “Grande Guerra patriottica” e la conquista spaziale. Un tacito consenso ha portato il paese a rifiutare il processo dei periodi più oscuri. Era necessario evitare la guerra delle memorie (che da noi non è stata evitata), per scampare da nuove lacerazioni nazionali. Molto più consensuale di quanto non lo lascerebbe supporre il suo temperamento autoritario, egli cerca di riunire questa storia tragica in una storia comune, dolorosa, ma pacificata. La sua preoccupazione di un compromesso costituisce un tratto poco conosciuto del suo carattere. Numerosi inquilini del Kremlino affermano che il presidente russo è il più delle volte alla ricerca del punto di equilibrio. In politica, egli funziona da arbitro tra i moderati, favorevoli ad un ammorbidimento con l’Occidente ed i fautori di una posizione di forza; in economia egli tempera i dibattiti fra gli Statalisti ed i Liberali.

L’uomo di San Pietroburgo

La chiave essenziale della sua visione politica si trova a San Pietroburgo. Costruita dallo Zar Pietro il Grande (1672-1725), lo zar che ammira di più, la sua città natale, gioiello di arte e di urbanismo, ammirata da tutto l’Occidente, è stata per lui, per molto tempo un libro di storia e di scienze politiche a cielo aperto. Vetrina della grandezza imperiale, come anche di quella bolscevica, Leningrado ha alimentato la sua fierezza ed orientato il suo destino politico. Egli vi trascorre la sua infanzia e la sua giovinezza, vi inizia la sua vita professionale nel 1976 nel KGB ed anche la sua carriera politica nel 1990 nel Municipio. Si sposa a Leningrado nel 1983 con Lyudmila Shkrebneva (1958- ), una hostess dell’Aeroflot (dalla quale divorzia nel 2013). Sempre a Leningrado egli vi acquista il suo primo appartamento e la sua prima dacia. Egli è sistematicamente ritornato nella città, che ama più delle altre. Putin si è formato a San Pietroburgo, con gli studi, lo sport (campione di judo nel 1976) e la politica. E’ in questa città che egli riunisce il suo primo circolo di amici, il nocciolo della sua rete politica e di polizia. Ancora oggi, egli governa con un circolo ristretto di fedelissimi (Sanpietroburghesi) della politica e dell’amministrazione, conosciuti sulle sponde della Neva e di vecchi compagni del KGB. Alcune personalità sono state allontanate, ma ai comandi si trovano ancora suoi fedelissimi, disseminati nella “verticale del potere” russa (Kremlino, amministrazione, esercito, servizi). Fra essi, Dimitri Medvedev (1965- ), Igor Setshin (1960- ), presidente del gigante petrolifero Rosneft, Alexander Bortnikov (1951- ), direttore dell’FSB (Servizio Federale di Sicurezza), l’estone Anton Vaino (1972- ), Capo di Gabinetto, Yuri Kovaltshuck (1951- ), Presidente della Banca Rossia; Evgheni Prigozhin (1961- ), potente e discreto oligarca. A Leningrado, dall’appartamento collettivo della via Baskov, dalla Facoltà di Diritto, dai suoi uffici del KGB e dall’Istituto Smolny (Municipio), Putin ha potuto osservare i segni della grandezza e della decrepitudine della sua città, riflesso esatto della situazione della Russia. Un passato glorioso, un presente miserabile, di cui ha sofferto e per il quale si è interrogato. Se la Russia è stata grande e rispettata, perché non può esserlo nuovamente ? Attraverso la sua famiglia egli si appropria anche dell’assedio eroico e sanguinoso che ha decimato la città, dal settembre 1941 al gennaio 1944. Una carneficina (1,8 milioni di vittime), ma anche una immensa fierezza russa. Suo padre, soldato del NKVD (antenato del KGB), vi è rimasto gravemente ferito, sua madre, abbandonata per morta su un mucchio di cadaveri, viene salvata in extremis. Viktor ed Oleg, i suoi due fratelli, morti giovani a causa della guerra. Putin ha tratto una grande lezione da questa formidabile capacità di resistenza degli anni 1940: il suo popolo, unito e paziente, ha saputo incassare tutti i colpi, resistere e farsi rispettare. Dal momento dell’applicazione delle sanzioni occidentali, Putin ha incoraggiato i suoi compatrioti alla resistenza, allo sforzo collettivo ed al ricordo dell’assedio di Leningrado. Egli ha loro ricordato questa massima storica, diventata poi il segno del suo realismo assoluto nell’azione politica: “La Russia non ha amici, Essa ha solamente interessi”.


 

 

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