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LA GRANDE STORIA DELLE CAMPANE Uno strumento che da secoli scandisce gli eventi, i pericoli, le feste e la storia delle comunità 30/10/2021 - Massimo Iacopi (Assisi PG) La grande storia delle campane La storia della campana si perde nella notte dei tempi e quasi tutti i popoli dell’antichità hanno utilizzato campanelle e campane di bronzo delle quali sono stati ritrovati degli esemplari a Roma, Pompei ed Ercolano. La campana è stata indicata nei testi antichi sotto il nome di Signum, Clocca, Campana e Nola. Ma al tempo dei romani essa era comunemente designata con nome di Signum. Questo nome era allora associato a “Pulsare” ed a “Movere”. Ritrovate nei lavori di scavo le campane del periodo romano, di norma di dimensioni modeste, erano costituite di lamine di ferro battuto assiemate con dei chiodi alla maniera dei paioli. Nel tardo latino Clocca può essere assimilato all’odierno Cloche francese ed all’alto tedesco Klochon che significava appunto battere, colpire. Se nell’antichità le campane servivano per la chiamata degli schiavi o per annunciare i pasti, la convocazione dei fedeli cristiani al culto non era, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, effettuato attraverso tale mezzo. La comunità cristiana delle origini preferiva utilizzare il Simandro, strumento primitivo composto da una tavola di legno percossa da un martello, al fine di evocare simbolicamente il legno della croce ed il martellamento dei chiodi della crocifissione. (Questa pratica durerà per tutto il Medioevo durante il triduo pasquale, nei tre giorni santi che precedono la Pasqua, allorché la voce delle campane, bloccate in ricordo della passione di Cristo, vengono rimpiazzate dal rumore degli “strumenti delle tenebre”, che saranno appunto i martelletti e le tavolette di legno). Il termine Campana, derivato dalla regione della Campania, si ritrova all’inizio del VI secolo in diversi scritti, mentre i chierici dell’alto medioevo sono soliti utilizzare l’espressione “signum sonare”. La Campania era già celebre al tempo di Plinio il Giovane, per i suoi utensili di bronzo e di stagno. E’ proprio sotto il doppio vocabolo di campana e di campanum, che vengono designate le campane nei testi. L’autore (un anonimo monaco irlandese morto nel 599) della vita di San Colombano (543-615), ci ricorda che il suo eroe si levava a mezzanotte “sonante campana” per recarsi in chiesa. Riguardo al termine Nola, utilizzato spesso per designare le campane, la sua origine sembra provenire dall’omonima città della Campania, particolarmente apprezzata per la fabbricazione specializzate delle sue campanelle. I monasteri furono i primi ad utilizzare della campane fuse, per le quali occorreva l’impiego di rilevanti mezzi tecnici e in seguito furono imitati dalle chiese parrocchiali. Dal V secolo la Basilica di S. Martino a Tours possiede già una campana. Il particolare è provato dal fatto, assai singolare, che uno dei tanti “pii” briganti, che si erano già “consacrati” al lucroso mercato delle reliquie, nella ricerca forse di una protezione miracolosa, aveva appunto tagliato un pezzo di corda di una delle campane della basilica di Tours. Carlo Magno emana da parte sua un editto per la regolamentazione religiosa dei suoni delle campane in certe ore del giorno e della notte e nell’801, in occasione del Concilio di Aquisgrana (Aix la Chapelle), viene stabilito che solo i preti saranno abilitati a farle suonare. La campana da quel momento comincia ad indicare la suddivisione del tempo basata sull’annuncio degli uffici religiosi. Verso la fine dell’XI secolo vede la luce il trattato scritto del monaco Teofilo (morto nel 1125) “De diversis Artibus” nel quale, nel 3° libro vengono analizzate, nel dettaglio, le operazioni tecniche necessarie per fondere una campana (1). Gli scavi archeologici effettuati hanno consentito di individuare i luoghi delle prime colate, realizzati spesso, per campane di grandi dimensioni, a fianco delle stesse costruzioni religiose. Gli artigiani fonditori venivano di fatto sul luogo per scavare le fosse e la costruzione dei forni di fusione, al fine di far fronte in tal modo al trasporto finale di campane imponenti che a volte pesavano diverse centinaia di chili e che alla fine del medioevo arriveranno a superare le 12 tonnellate. Fra le campane più antiche si ricorda una del 1202 dal peso di 230 chili e che è oggi esposta al Museo di Bayeux in Normandia, mentre nel 1560 una campana detta la Potenziana, pesa già 13,9 tonnellate. Il Battesimo delle campane A partire dal 789 Carlo Magno era dovuto intervenire, apparentemente senza successo, nel tentativo di vietare una pratica allora molto diffusa, quale quella di battezzare le campane. La chiesa aveva in effetti preso l’abitudine a designare le campane con dei nomi di santi, che venivano in seguito incisi su di esse, accompagnate a partire dal secolo XII anche dal nome del donatore. A partire dalla colata del metallo fuso, benedetta da un prete per scongiurare la cattiva sorte, i notabili cittadini presenti venivano invitati a gettare nella lega liquida qualche moneta d’oro o d’argento, metalli reputati idonei a migliorare il timbro metallico o la voce finale del bronzo. Ma è poi in occasione in una vera e propria cerimonia ufficiale ed al canto dei salmi, che il vescovo o il prete procede al lavaggio rituale della campana con l’impiego di acqua benedetta e traccia sulla parte metallica esterna, per otto volte, un segno di croce con l’olio santo dei catecumeni e subito dopo quattro croci nella parte interna con il Santo Crisma.Consacrata in nome della Santa Trinità, la campana riceveva il nome o i nomi dei santi prescelti, prima di ricevere una fumigazione profumata di incenso e di mirra effettuata con l’aiuto di un incensiere o un turibolo, disposto sotto la campana. La campana diventava in tal modo e nello spirito delle persone presenti come una persona viva, peraltro già riconosciuta come tale dai termini tecnici usati dai fonditori per le sue differenti parti: il cervello, la bocca, la pancia e la veste. La campana, animata attraverso il rituale sacro del battesimo, parlava non solo con il timbro della sua voce, ma anche attraverso le iscrizioni il cui testo permetteva di esplicitare in prima persona la sua specifica missione. “La mia voce è gradevole poiché annuncio che il pasto è pronto” questa è una iscrizione della campana di un refettorio monastico, mentre altre, come una scritta del 1429, riportavano ad esempio “Io annuncio le feste, il terrore, le novità e le tristezze della morte”. Nello specifico il Capo dei Francescani, frate Elia Bonbarone farà fondere nel 1239 le campane della basilica di San Francesco di Assisi sulle quali farà incidere il nome del ”potentissimus” Federico II, accanto a quelli del papa Gregorio IX e dello stesso frate Elia, a ricordo del munifico benefattore svevo. Altre ancora, ad esempio nel 1493 a Ginevra, dicevano: “Io lodo ed invoco Dio, io piango i morti, io spengo gli incendi, io faccio fuggire il demonio !, mentre un’altra campana, detta la Clementina del 1300 dichiarava: “Io lodo il vero Dio, io chiamo il popolo, io riunisco il clero, io piango i morti, io faccio fuggire la peste, io decoro le feste e la mia voce è il terrore di tutti i demoni”. Quest’ultima funzione peraltro era già parzialmente utilizzata dagli stessi Romani che erano soliti agitare una campanella per allontanare i demoni dalla casa di un morto. Gli antichi avevano osservato empiricamente una caratteristica delle campane, basata sulle leggi della fisica ondulatoria, di allontanare momentaneamente e molto localmente dei cumuli nuvolosi, portatori di grandine al fine di salvaguardare i raccolti. In occasione di terremoti, le vibrazioni del suolo, sufficienti a volte per provocare una oscillazione delle campane, facevano emettere a queste ultime un suono breve ed inquietante. Durante certe tempeste, particolarmente violente, la burrasca agitando le campane più leggere riusciva persino a sganciarle ed a farle cadere a terra, dando allo spettatore l’illusione che tali campane, agitate e scosse “in tempestas” (da cui intempestivamente anche se con significato diverso) si erano battute con delle entità demoniache. Da allora e per sostenerle nei loro combattimenti titanici, una croce viene incisa sulla loro veste per conferire una maggiore forza. Fra queste si usava incidere la Croce dei Domenicani con una scritta ad esempio: Ecce + (croce) Domini fugite partes adversae (Ecco la croce del Signore che mette il nemico in fuga). Un’altra campana, del 1407, riporta una scritta che la assimila ad un angelo custode “Angele domini qui corpus domini nostri IHV XPI in monumento custodisti, custodi nos ab omni adversitate et fulgure et tempestate + PXDN (Pax Christi Domini Nostri). Una campana della chiesa di Villalonga dels Monts in Catalogna, databile al 1410, porta scritta la seguente frase: Mentem sanctam spontaneam honorem Deo et Patriae liberacionem. Questo testo, presente su campane di altre regioni della Francia e dell’Italia, era in origine inciso sul marmo e, secondo la leggenda, fu misteriosamente deposto da un angelo sulla tomba di S. Agata, martirizzata in Sicilia nel 251. Nel IV secolo il velo di questa santa, portato in processione solenne, scongiurò i danni di una colata di lava che scorreva sulle pendici dell’Etna, facendola miracolosamente arrestare. La devozione a S. Agata martire si estese allora in tutta l’Occitania (Francia del Sud e Catalogna). Ma le campane erano spesso poste sotto la protezione di altri santi tutelari: Santa Barbara, S. Michele, che ha abbattuto il dragone e maneggiato la folgore sul Monte Gargano, disperdendo gli spiriti maligni. Ma anche S. Lorenzo, morto sulla graticola o S. Antonio abate, che utilizzava nel deserto una campanella per spaventare i demoni. Allontanare le tentazioni ed il male (fuoco di S. Antonio). Dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi nel 1453, l’uso delle campane venne vietato con il pretesto che il loro suono turbava il riposo delle anime che erravano nei cieli, ma il vero scopo era quello di evitare attraverso il loro richiamo la possibilità di riunioni di cristiani a fini di ribellione. In tale contesto tutte le campane furono portate alla fusione. Essere animato fantastico mezzo metallico per il suo corpo di bronzo e mezzo umano per la sua voce espressiva, la campana entra rapidamente a far parte dell’immaginario collettivo, da conforto alle persone ed è oggetto di numerose proverbi ed indovinelli: “Chi é quella cosa che non ha ossa, né carne, né sangue, né bocca, né lingua e chiama spesso la gente ? E’ la campana !”; Chi è quella cosa che in tutte le città, fino a quando non ha terminato di fare il suo lavoro, attira l’attenzione e tutta la gente la ascolta attentamente in silenzio ? La campana dell’orologio quando suona le ore!” I suoni della campana L’umore e la voce possente di questa tradizionale compagna della vita quotidiana dell’uomo si manifesta in molteplici maniere attraverso i diversi suoni. Nel 1061 il Sinodo di Caen decide che la campana sarà suonata ogni sera, per l’Angelus, per chiamare tutti alla preghiera. A partire dai primi rintocchi gli uomini e le donne devono lasciare le loro attività, inginocchiarsi, recitando l’Ave Maria. Nel 1316 papa Giovanni XXII (Jacques-Arnaud Duèze o d'Euse 1244-1334) istituisce la preghiere del mezzo giorno e re Luigi XI (1423-1483), dispone nel 1472 di fare a mezzogiorno come per l’Angelus (2). Infine all’Angelus della sera e del mezzogiorno si aggiunge anche quello del mattino. Il suono del rintocco funebre, lento e lugubre su una nota uniforme, informava la popolazione della morte di un membro della comunità. I parenti dei defunti comandavano a volte dei suoni di campane per annunciare le messe di anniversario ed i servizi religiosi solenni celebrati per la pace delle loro anime. In certe regioni la campana destinata specificamente agli uffici funebri prendeva un nome triste e pittoresco: Campana delle Lacrime. Il suono della campana a martello consisteva inizialmente nel suono derivante dal battere la campana (toca signum) con un martello esterno. Tale suono chiama tuta la popolazione alla mobilitazione per lottare contro le catastrofi imminenti o annunciate quali l’incendio, la tempesta, l’inondazione, sommosse, arrivo di una truppa armata. Il suono dei supplizi, accompagnava i condannati fino al loro luogo di esecuzione, affinché potessero pentirsi e perché tutti potessero essere messi a conoscenza. In alcuni luoghi una campana speciale, detta campana dell’ignominia, serviva ad annunciare l’imminenza di un castigo (punizione) pubblica. Il suono del Coprifuoco, già ricordato dal 1055 nel Concilio di Lisieux, aveva inizialmente lo scopo di invitare la gente a ritirarsi nelle abitazioni per la preghiera. Tale suono chiamato in alcuni luoghi “Caccia ai ribaldi”, col tempo rappresentava una precauzione in quanto invitava gli abitanti “onesti” a rientrare a casa ed a raddoppiare la vigilanza notturna, spegnendo le candele, in un’epoca in cui il rischio di incendio era maggiore durante la notte, specie durante il sonno per gli imprudenti. Tale azione serviva anche a scoraggiare i malviventi che di notte erravano nelle zone. Altre campane avevano degli scopi particolari, alcune (campane suonate a stormo ?) dovevano segnalare con il loro tipico suono gli avvenimenti eccezionali, quali la guerra o la pace, vittorie, matrimoni, nascite e battesimi. Altre come le campane delle brume (chiamate altrove come campane della nebbia o dei perduti) permettevano di suonare in continuazione durante la nebbia per guidare i viaggiatori smarriti, sia in mare, sia in montagna, sia nelle foreste verso rifugi sicuri. L’organizzazione delle attività della vita quotidiana nella città. A partire dal XII secolo, con lo sviluppo delle libertà comunali, le campane civili delle torri comunali, si mettono in concorrenza con i campanili delle chiese, al fine di ritmare le attività artigianali del mondo del lavoro e per chiamare la borghesia urbana a radunarsi. Questa sarà appunto la campana del bando. La divisione del tempo troverà un perfezionamento attraverso gli orologi meccanici, il decoro estetico di personaggi automatici e le suonerie dei carillons. Le campane comunali, fierezza della borghesia, saranno molte volte confiscate dai sovrani per punizione in seguito di rivolta. Le campane servono anche per l’apertura e la chiusura delle porte della città ed alcune campane accompagnano persino l’esercito in campagna, come ad esempio la campana del carroccio, sospesa ad una trave del carro. La campana segnala il passaggio del carro e del gruppo di comando. Credenze e superstizioni Le campane ritmavano la vita comunitaria delle popolazioni tenute in tal modo informate in un’epoca di assenza totale di “media”. La loro funzione specifica rifletteva le credenze e le preoccupazioni di una civiltà essenzialmente agricola e religiosa perfettamente in fase con il suo ambiente naturale, ma concede progressivamente sempre più tempo alla vita urbana. La crescente moltiplicazione delle campane civili e religiose nelle città, ripartite per quartieri e per parrocchie, costituisce progressivamente, in uno scenario animato, uno strano linguaggio dalle sonorità complesse, codificate dalla comunità urbana in pieno sviluppo. Fra le tante credenze legate alle campane possiamo ricordare: La messa in fuga dei demoni. All’inizio dell’alba il suono dell’Angelus mette in fuga il diavolo. I dodici colpi di mezzanotte e l’apertura della porta del Tempo. Nella notte di Natale, quando le campane suonano la mezzanotte, la porta del Tempo che dà accesso al mondo dell’al di là nella tradizione celtica dei romanzi di cavalleria, si apre lentamente durante i sei primi rintocchi, poi segna un tempo di arresto e quindi si richiude inesorabilmente negli ulti sei rintocchi. Durante la notte di Natale ognuno dove formulare un desiderio al suonare dei dodici colpi di mezzanotte. Il silenzio delle tenebre ed il viaggio delle campane a Roma. Durante la settimana santa, si fermavano le campane durante gli ultimi tre giorni per rimpiazzarle con delle raganelle o dei mazzuoli. Questo uso liturgico aveva dato luogo ad una credenza popolare secondo la quale le campane in questo periodo di silenzio si recavano a Roma al fine di chiedere al Papa l’autorizzazione a mangiare “grasso”. Il Silenzio delle Tenebre e la scomunica territoriale. Un silenzio funebre identico poteva essere ordinato dall’alto clero come misura d’eccezione e localmente durante periodi drammatici corrispondenti ad una scomunica della città o di un sovrano, i cui peccati potevano comportare un sanzione analoga per i suoi sottoposti. Una messa in scena terribile doveva marcare le immaginazioni della popolazione di “morti vivi”, rigettati da Dio per le loro abominabili colpe. Gli oggetti di culto nelle chiese venivano ricoperti di veli neri e drappi funebri venivano stesi all’entrata degli edifici religiosi sotto interdetto. L’esecuzione di tale sentenza era preliminarmente annunciata con un suono funebre di una campana. Ma vale la pena anche ricordare che molti baroni o feudali cercavano di superare questi impedimenti, passando oltre a tali sanzioni. Questo è il caso di Simone IV di Montfort-l’Amaury (1170-1218) e quinto conte di Leicester, che, sebbene scomunicato dal legato papale Pietro di Castelnau nel 1208 (nato nel 1170) per la sua conquista arbitraria del Ducato di Narbona, darà comunque l’ordine di celebrare di forza una messa nella cappella del castello, facendo suonare tutte le campane, come risposta brutale all’interdetto di cui era stato colpito. NOTA (1) Nel particolare nel suo terzo ed ultimo libro (96 ricette) descrive il lavoro del fabbro e dell'orefice. Oltre alle istruzioni per l'allestimento dettagliato di un laboratorio, sono affrontate le tecniche di fusione dei metalli e delle leghe (oro, argento, rame, ferro, ottone, ecc.) e di doratura. Sono fornite istruzioni sulla costruzione di organi ad aria e campane tramite fusione a cera persa. Negli ultimi capitoli sono infine fornite notizie sull'intaglio dell'avorio e la preparazione di gemme e perle, compresa la foratura. (2) Sarà solo nel 1571, dopo la Battaglia di Lepanto che papa Pio V, (Felice Peretti, 1521-1590) stabilirà che a mezzogiorno il suono delle campane dovesse a distesa per ricordare ai Cristiani la vittoria navale sui Mussulmani e la salvezza della Cristianità.
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