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UN ACRONIMO PREOCCUPANTE PER LO STATO D’ISRAELE La tregua di maggio tra Israele e Harawat al-Muqāwanna al-Islāmiyya è già carta straccia 04/12/2021 - Massimo Iacopi (Assisi PG) H.A.M.A.S. UN ACRONIMO PREOCCUPANTE PER LO STATO D’ISRAELE L’ultimo accordo israelo-palestinese del maggio 2021 non garantisce lo Stato ebreo da ulteriori attacchi di Hamas (1), da qui nasce la necessità di passare ad una strategia di difesa attiva con una periodica “tosatura del prato palestinese”, con una frequenza random, secondo una logica di guerriglia. La tregua firmata il 21 maggio 2021 fra Israele ed Hamas, dopo 11 giorni di scontri (con 240 Palestinesi e 12 Israeliani morti), è un accordo precario e tutti lo sanno. Essa consente a ciascuno di leccarsi le ferite e di riorganizzare le proprie forze ed un nuovo confronto appare inevitabile. Tutti sono concordi nelle previsioni. Fra questi, i militari israeliani dicono che occorre regolarmente “tosare il prato” a Gaza, perché “l’erbe cattive ricrescono sempre”. Per Hamas - la “cattiva erba” - affrontare lo Tsahal (esercito israeliano), ad intervalli regolari, gli consente di consolidare la sua figura di “unico resistente” nei confronti di Israele, di richiamare i Palestinesi sotto la sua bandiera e di soddisfare gli sponsor (in particolar modo il Qatar e l’Iran). Tutto ha avuto inizio il 3 maggio 2021 con scontri israelo-palestinesi in un quartiere di Gerusalemme Est. I primi considerano la totalità della città come la loro capitale “indivisibile”. I secondi vogliono fare di Gerusalemme la capitale del loro Stato. L’abituale esaltazione del mese di Ramadan, qualche provocazione di ultrà israeliani ed un calendario sensibile hanno contribuito ad infuocare la situazione. Per gli Ebrei la settimana del 10 maggio coincideva con le celebrazioni della conquista di Gerusalemme est nel 1967. Per i Palestinesi, l’annullamento delle elezioni legislative previste a fine maggio aveva creato forti tensioni. Verso il 10 maggio, la Cisgiordania s’infiamma e nonostante i 4.300 razzi tirati da Hamas ed i raid di bombardamento dello Tsahal, nessun belligerante aveva interesse ad andare oltre. Israele poteva colpire ancora più massicciamente o intervenire nella striscia di Gaza, ma con il rischio di enormi perdite nei suoi ranghi e di danni collaterali imprevedibili. Questo territorio di 2 milioni di abitanti evidenzia, in effetti, una delle più forti densità umane nel mondo. Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu (1949 -) allora in carica, sapeva che il tempo giocava contro di lui. Egli doveva necessariamente dare delle risposte, per rassicurare la sua opinione pubblica, ma non avrebbe dovuto impantanarsi, al fine di evitare un rovescio diplomatico e l’agitazione dei cittadini arabi di Israele (1,5 milioni di abitanti, circa il 20% del totale della popolazione). La loro crescente sensibilità per la causa palestinese potrebbe aprire, in qualsiasi momento, un nuovo “fronte interno” ed i responsabili della sicurezza israeliani temono questa eventualità. In soli dieci giorni, l’attacco senza tregua contro il Tsahal è riuscito a diminuire al massimo il potenziale militare di Hamas, conseguendo l’obbiettivo. L’arsenale della milizia palestinese si è infatti drasticamente ridotto. Alla distruzione dei depositi di razzi e di materiale bellico, si è aggiunta la morte di qualche capo, fra cui Bassem Issa, capo della branca militare (Brigate Al Qassem), oltre alla eliminazione di posti di comando, relais radio, centri logistici e tunnel. Si tratta di colpi messi a segno importanti, ma non decisivi. Israele ha guadagnato così un periodo di tranquillità, ma sa bene che tutto ciò che è stato distrutto verrà ricostituito con il denaro degli amici (Qatar e Pakistan) e con l’appoggio militare dell’Iran. Hamas rimane dunque un grande problema per la sicurezza di Israele, anche se gli Israeliani hanno potuto riallacciare le relazioni con alcuni paesi del Golfo, nel contesto degli accordi di Abraham del 15 settembre 2020. Gerusalemme conta anche sull’appoggio dell’Egitto, il solo paese che è stato capace di ottenere il cessate il fuoco e sul rinnovato aiuto di Washington, promesso da Joe Biden (1942 - ). Intanto l’Europa, divisa come al solito sul da farsi, non ha fatto nulla, a parte vaghe dichiarazioni d’intenti. Hamas ha conseguito successi avendo conseguito una specie di equilibrio del terrore con il suo nemico. Per mezzo dei suoi tiri ripetuti di razzi, anche sotto i colpi israeliani, Hamas ha dimostrato capacità offensiva e resistenza nel combattimento, conseguendo successi politici e psicologici. Di fatto, é riuscito a colpire, senza soverchi risultati, il cuore delle città israeliane ed ha persino paralizzato il solo aeroporto internazionale d’Israele. Hamas, ritornata al centro del gioco politico, ha dimostrato anche ai Palestinesi di incarnare l’unica resistenza contro lo Stato ebreo, mentre le autorità palestinesi ufficiali, continuano ad impantanarsi in una laboriosa politica di compromesso. Stanco e poco considerato, il suo presidente Mahmud Abbas,alias Abu Mazen (1935 - ) risulta molto indebolito. Ismail Abdel Salam Ahmed Haniyeh (1962 -), il capo di Hamas (rifugiato nel Qatar), ne risulta, al contrario, rinforzato. Egli beneficia di una regola non scritta in questo tipo di conflitto asimmetrico: quando il più forte non vince, è il debole ad avere successo. Nonostante il “successo eccezionale” annunciato da Netanyahu, Israele non poteva distruggere comunque Hamas. Non lo poteva fare per evidenti motivi politici e soprattutto per non pagare un prezzo, probabilmente pesante, in perdite di vite umane. Da questa ovvia constatazione Israele, almeno per il prossimo futuro, dovrà modificare la sua strategia di difesa e passare dalla logica del muro o dello scudo di ferro, sostanzialmente passiva con risposte mirate a quella di una periodica “tosatura delle cattive erbe dal prato” palestinese, con una frequenza random, che lascerebbe agli Israeliani il principio dell’iniziativa secondo una logica di guerriglia. NOTE (1)Hamas è un’organizzazione politica e paramilitare palestinese, islamista, fondamentalista e, secondo l’UE e alcuni Stati occidemntali, anche terroristica.
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