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CHI E’ DISPOSTO A MORIRE PER L’UCRAINA ? Guerra in Ucraina tra ambiguità occidentali, realpolitik russa e mutati rapporti di forza mondiali 30/05/2022 - Massimo Iacopi (Assisi PG) CHI E’ DISPOSTO A MORIRE PER L’UCRAINA ? Il titolo, volutamente provocatorio, vuole intercettare le indecisioni, le preoccupazioni, i timori, le divisioni, gli egoismi degli Occidentali e degli Europei, di fronte al problema dell’Ucraina. Anche gli USA sembrano incerti, ma forse con la loro reticente azione, essi stanno assestando un colpo mortale all’Europa, che non riesce a vedere oltre e condannata ad una deplorevole condizione di impotenza: nemica della Russia e vassalla dello zio Sam. Sovrasta su tutta l’Europa un’aria da guerra fredda, sembrerebbe con la stessa ripartizione dei ruoli come al tempo della grande rivalità Est Ovest: di fronte alla Russia, potenza aggressiva, gli USA, difensori della libertà. Ma a guardarci meglio e da più vicino, la realtà geopolitica odierna appare alquanto diversa. Dall’ottobre 2021, l’Ucraina aveva denunciato una inquietante mobilitazione dell’esercito russo sulle sue frontiere: circa 100 mila soldati, centinaia di carri armati ed aerei. Kiev, l’America e l’Europa parlavano di una guerra “forza d’invasione”, pronta ad aiutare i separatisti pro-russi dell’est dell’Ucraina (Donbass). Gli Americani, fornitori quasi esclusivi delle informazioni sulla incontestabile agitazione militare russa, ha avuto non poche difficoltà a convincere i loro alleati con questo scenario di guerra, anche se queste informazioni allarmiste sono state ritrasmesse per diversi mesi, senza verifiche, nelle capitali europee e dalla maggior parte dei media occidentali. A riguardo, sono subito apparse analisi discordanti. In Germania, la coalizione SPD-Verdi si è immediatamente divisa sull’argomento. La Francia è rimasta prudente. Nonostante il suo aperto sostegno all’Ucraina ed alla NATO, ha tenuto a condurre autonomamente le sue missioni di intelligence. L’analisi della situazione da parte dei militari francesi non ha condiviso l’allarme USA sulla minaccia di una invasione russa. In Italia, sbollito un iniziale romantico ed istintivo entusiasmo pro Ucraina e pressati da una situazione di rifornimento energetico (gas e petrolio) fortemente sbilanciata con il gigante russo, ognuno, a livello politico, ha ripreso i suoi giochetti di quartiere con i soliti distinguo e bizantinismi annessi. Ma, in effetti, c’è ancora qualcuno disposto a morire veramente per l’Ucraina ? Non certo gli Europei, troppo divisi fra di loro anche per oggettive differenze di situazione. Forse neanche gli Americani, indubbiamente ancora sotto l’effetto della loro fallimentare partenza dall’Afghanistan. Nel gennaio 2022, anche gli USA hanno iniziato ad operare qualche distinguo nelle loro analisi operative. Joe Biden, molto marziale nelle sue dichiarazioni pubbliche antirusse, spingeva anche i suoi diplomatici a riprendere i contatti con i Russi, per evitare qualsiasi conflitto, particolarmente angosciato dalla prospettiva delle prossime elezione di metà mandato (novembre). Questi “segnali” avevano consentito di rilanciare il negoziato con Mosca, nonostante l’annuncio di nuove sanzioni e di un aiuto economico e militare a Kiev. Putin aveva smentito qualsiasi progetto di invasione, pur lasciando aleggiare il dubbio sulle sue vere intenzioni. Uomo pragmatico e realista, egli conosce la fragilità di Biden e la pusillanimità dei dirigenti europei e giocando sui rapporti di forza del momento egli ha adattato la sua linea di azione alla situazione. Uomo paziente, egli ha mosso e muove le sue pedine al meglio degli interessi della Russia e non certo in linea con quelli della morale universale. Quale era il suo vero obbiettivo ? In primo luogo, dissuadere Kiev dal lanciarsi alla riconquista dei territori perduti nel 2014. In seguito, e soprattutto, bloccare qualsiasi integrazione dell’Ucraina con la NATO, una prospettiva temuta ed annunciata sin dal 2008. I Russi si sono opposti a questo processo di allargamento, messo in opera sin dalla fine dell’URSS. Essi ricordano, a tale riguardo, l’impegno assunto dal Cancelliere tedesco Kohl e dal Segretario di Stato USA, Baker, nel marzo 1991, di fronte a Mikhail Gorbacev, di non allargare la NATO. Sfortunatamente per loro, si è trattata solamente di una promessa orale, mai rispettata . In 30 anni, le frontiere della NATO sono avanzate di mille chilometri verso la Russia. E con il prossimo passo ipotizzato sarebbero potuti arrivati a soli 600 Km. da Mosca. Visto da Mosca, questo allargamento viene percepito come un disegno di accerchiamento strategico del loro paese. Per la Russia, si tratta di un incubo geopolitico, di un casus belli. Nell’agosto 2008, Putin era riuscito a bloccare questo processo di allargamento alla Georgia. Oggi ed i fatti lo dimostrano, si può ampiamente constatare che il presidente russo non è assolutamente disposto ad accettare qualcosa di simile in Ukraina, poiché questo immenso territorio (Ucraina: frontiera; marca di frontiera) offre ai Russi uno spazio ed una profondità di protezione e sicurezza di 600 mila Km2. D’altronde, Mosca, già da tempo, aveva chiaramente avvertito: “Noi non permetteremo mai che nostri territori storici … vengano utilizzati contro la Russia”.In Ucraina, Putin si era già impadronito della parte di territorio che il suo paese desiderava ardentemente: la Crimea, con Sebastopoli, il suo porto strategico sul Mar Nero. Fra i suoi obiettivi c’è indubbiamente l’annessione delle autoproclamate repubbliche del Donbass, ma, i fatti lo dimostrano, nei suoi piani iniziali era prevista anche la completa, ma fallita, acquisizione, di tutta l’Ucraina. Per la Russia e per Putin, in realtà, non c’è in gioco la sola Ucraina, ma molto di più in prospettiva. Con questa mossa, Putin viene a stabilire una sua nuova posizione strategica nelle relazioni con l’Occidente: egli vuole cambiare i rapporti e gli equilibri di sicurezza che dominano in Europa sin dal 1991. Per questo, egli chiede il ritorno della NATO alle sue frontiere del 1997 e “garanzie giuridiche”. Se Putin si è azzardato a fare questo passo, vuol dire che gran parte delle sue valutazioni strategiche erano reali e che, in ogni caso, la situazione strategica complessiva si è comunque modificata. Con lui, la Russia ha ritrovato (apparentemente in modo parziale) i mezzi della sua volontà di potenza politica. La Russia parla ora ad alta voce e con più forza nei confronti dell’America e Biden questo l’ha perfettamente capito. Si tratta, però, di vedere quanto questo agitarsi e mostrare i muscoli di Mosca siano effetto di una concreta realtà e quanto, invece, essi derivino da bluff e dalla propaganda e questo gli USA forse lo sanno. Ma se quest’ultimi non hanno ancora scelto decisamente la via diplomatica per risolvere la questione, questo può significare o che non hanno ancora capito bene il gioco di Putin, oppure che si sentono ancora forti da non temere le azioni russe. Per quanto concerne l’Europa, si deve malinconicamente osservare che, ancora una volta, l’UE si è limitata a contemplare il passaggio del treno della storia e la sua accresciuta impotenza !! (dove è la sua forza di dissuasione militare e nucleare?), senza trarne fino in fondo le debite conseguenze. Putin, l’ha deliberatamente esclusa dalla discussione, in quanto egli vuole ora parlare con il vero “padrone” e non con il “vassallo”. La stessa sorte è toccata anche all’orgogliosa Francia, giudicata come un soggetto “camuffato”, cioè inaffidabile e trattata come una “sinecura”. In tale contesto, che dire delle varie iniziative diplomatiche italiche agli occhi di Mosca ? (Draghi, vassallo “mascherato” degli USA, supportato da un bibitaro apprendista stregone e Salvini, uno scriteriato “Don Chisciotte” padano).
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