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Il Bilancio della Vita

STORIA DI UN PENSIERO FUGGITO DA UNA MENTE MORENTE

La Vita non è un Miracolo. Se lo fosse, non ci sarebbe la Morte.


09/07/2022 - C.S.


(Universo Andata e Ritorno)

STORIA DI UN PENSIERO FUGGITO DA UNA MENTE MORENTE

Se la Materia è una forma di Energia (Albert Einstein 1879-1955), l’Universo non può che essere stato generato dall’energia, in ogni sua possibile forma. Tanto più che secondo gli studi e le scoperte dello scienziato francese Antoine Laurent Lavoisier (1743-1794) “in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Ne consegue che la Vita come noi la conosciamo, quindi gli esseri viventi sia vegetali che animali, sono il frutto dei fenomeni che soprassiedono alle trasformazioni dell’Energia in Materia e viceversa.

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C’era una volta un “pensiero” venuto da cieli lontani, forse perduto da un’anima in pena. Dopo tanto volteggiare, scrutare e meditare per trovare risposte ai perché della vita, era tornato sulla Terra e planava leggero su un campo di fiori violetti di lavanda, ne assaporava il tenue profumo, ne carezzava le punte sfuggenti e ne ascoltava il fruscio misterioso e implacabile che narrava all’infinito antiche storie di civiltà scomparse, di popoli infelici sempre in guerra e di amori smarriti tra le pieghe del silenzio. Non era tuttavia un pensiero qualunque, un pensiero di quelli che si accontentano di bugie, di illusioni, di parvenze e di recite. Questo era un pensiero tenace, austero, forte, deciso, un pensiero che aveva conosciuto amarezze e rimpianti e che aveva acquisito la capacità di giudicare e comprendere tante cose. Durante il suo vagare millenario aveva imparato a conoscere i segreti dell’anima, la grandezza dell’infinito, il freddo cosmico da cui nacque la vita, la stupidità delle comete e l’illusione degli arcobaleni. E adesso che aveva compreso queste cose, adesso che aveva assimilato la potenza del nulla, il potere dell’insignificante, la vacuità dei sogni e l’impotenza dei desideri, adesso ritornava nei luoghi a lui familiari, lì dov’era nato, per cercare le ragioni della vita, i motivi del nascere e le giustificazioni del morire. Lui aveva capito che la vita è un’illusione tragica e crudele. In un universo fatto di pietre eterne, di fuochi infiniti, di movimenti geometrici imprevedibili, di flussi di energia potenti e distruttivi, l’apparizione fortuita della vita non poteva che apparirgli come una follia, lo scherzo di un bimbo capriccioso e irrequieto. E non fu tanto la vita che gli apparve come inutile e disastrosa nel suo verificarsi, nel suo evolversi e nel suo perire, quanto il fenomeno della “volontà” prodotta dalla vita stessa fin dal suo cominciare. Una volontà perniciosa, insaziabile, assetata di esistenza, terrorizzata di dover scomparire, eppure spavalda, esaltata, aggressiva e a volte spietata. Il pensiero, infatti, pur dopo tanto vagare nel vuoto del nulla, tornò nei luoghi della sua nascita senza aver compreso i perché e le necessità del prodursi della vita e insieme della volontà, più che altro nell’uomo, dato che più volte gli era sembrato che fosse l’uomo l’unico essere vivente ad aver generato la volontà rispetto ad ogni altra specie, conservando si gli istinti primordiali, ma utilizzandoli con la forza della volontà produttiva. Il pensiero, antico e vagante, aveva compreso le ragioni dell’istinto, di quella forza cioè che governa la vita stessa nella sua sopravvivenza e nella produzione della sua discendenza, ma non era riuscito a comprendere cosa che aveva prodotto l’evoluzione dell’istinto in quella forma autonoma e indipendente posseduta dall’uomo e tale da divenire volontà, capacità di creare fenomeni, di inventare il bene e il male, di colorare l’effimero attimo della procreazione in qualcosa di irrinunciabile, di necessario, di potente, di agognato, come ad esempio l’amore. Il pensiero non riuscì neanche a credere che fosse stato l’amore a muovere quel caotico ammasso di stelle, lune, pianeti, asteroidi e buchi neri, fino a improvvisare il fenomeno della vita, dopo miliardi di anni senza inizio e senza fine, a dispetto delle Scritture profetiche rilasciate dalle varie stirpi vissute sulla Terra, tutte con l’unico denominatore della ricerca dei perché dell’esistenza, della genesi dei fenomeni e delle ragioni dei sentimenti. Eppure fu da quell’immenso, infinito e incalcolabile crogiuolo di materia errante nello spazio e di energia incontrollata, che nacque la vita e che si produssero la “volontà” ed ogni altro sentimento, fino a comprendervi l’amore. Un cammino di miliardi di anni racchiuso in un pensiero appare come una tesi impossibile da dimostrare, anche se consci del fatto che sono soltanto i pensieri capaci di immaginare l’infinito, quel qualcosa cioè che non ha principio né fine. Ebbene, il “pensiero”, personaggio unico di questa storia, ormai maturo, che naviga, sorvola, considera, giudica, che impara cose nuove, ma che non riesce ancora a comprendere le ragioni della vita e, massimamente, le ragioni della morte, rimane esso stesso un mistero difficilmente spiegabile, anche se è proprio esso stesso la dimostrazione di ciò che l’uomo sta cercando di comprendere, senza riuscirvi ed è anche la spiegazione di tutti i perché rimasti senza risposte, delle favole tramandateci dagli antichi popoli e delle narrazioni che hanno accompagnato l’uomo nei millenni: la necessità di religione, i dubbi sull’esistenza di un Dio, la predisposizione ancestrale al rito, la trasposizione del simbolo, le scritture sacre, i divieti dei Saggi, le prescrizioni dei Profeti e poi ancora dubbi, quelli sull’esistenza dell’anima. Questo insieme di bisogni che inspiegabilmente la mente dell’uomo, con il potere della volontà e del ragionamento, ha creato, si può spiegare attraverso il concetto di “pensiero”. Se il pensiero fosse energia, esso esisterebbe e non sarebbe destinato a scomparire, a perdersi, ma dovrebbe almeno trasformarsi. Il pensiero comunque esiste e se esiste, tutto ciò che non è misurabile, né percepibile dai sensi umani può esistere, così l’anima, così Dio. Ogni cosa con le sue regole e con le sue leggi che noi però non siamo in grado, almeno fino ad ora, di conoscere. Per questo l’uomo non ha smesso mai di tentare di realizzare la “trasmissione del pensiero”. Se il pensiero che nasce in una mente, riuscisse a superare ogni limite immaginabile e si trasferisse nella mente di una persona diversa o venisse captato da questa,verrebbe a cadere ogni mistero. Purtroppo gli studi sulla trasmissione del pensiero hanno dato risultati poco attendibili o nessun risultato e quindi questo rimane un traguardo ritenuto ormai coralmente impossibile. E tuttavia il pensiero esiste, è infinito, varca confini invalicabili e lontani oltre l’immaginazione e dura nella mente degli uomini fino a che questi conservano la vita. Non si ha invero notizia di pensieri che siano sopravvissuti all’uomo. Il corpo umano è l’espressione più efficace della vita in generale, perchè contiene un insieme di capacità e di funzioni che ne esasperano la natura e la qualità ponendolo al di sopra di ogni altro fenomeno vivente. Il corpo umano produce calore, movimento, fenomeni fisici e chimici e soprattutto, per quel che ci interessa in questa sede, sentimenti e pensiero. Quando un essere umano muore, tutto questo bagaglio speciale ed unico perisce con lui, per quanto se ne sappia, anche il pensiero e se muore il pensiero muore, muore anche l’anima, cioè lo “spirito immortale” di cui si discute da millenni. Già, l’anima!... Questa presunta entità invisibile, priva di dimensioni e di materia percepibile dai sensi e dalle strumentazioni, che nel corso di miliardi di anni, miliardi di persone sulla Terra si sono ostinate a immaginare e addirittura a configurare, ipotizzando, chi in un modo, chi in un altro, una “vita extraterrena”, luogo di premi, punizioni, pentimenti e perdoni. Non è difficile per un uomo convincersi che, con la morte, tutto dell’essere umano perisce con lui, quindi anche l’anima e di conseguenza il pensiero, destinato a morire insieme al corpo, così come muoiono ogni attimo della vita il respiro, un colpo di tosse, il battito del cuore, il dolore, la gioia e l’amore. Di questa creatura speciale che è l’uomo, rimane però il ricordo, nelle menti di coloro che lo hanno conosciuto. Un ricordo talvolta spiacevole, a volte compiacente e ipocrita, ma spesso anche di stima, di affetto, di rimpianto e di nostalgia. Indagare sulle caratteristiche e sulle facoltà del “pensiero”, sulla sua forza, sulla sua essenzialità sconvolgente, può aiutare quindi a dare risposte a tutti i perché dell’esistenza umana. Si può affermare che il pensiero dell’uomo possiede una carica di conoscenze e di influenze regolate dalla forza della volontà, si può anche affermare che nel pensiero dell’uomo risiedono tutte le sue doti, le sue realizzazioni, l’intera sua vita e per questo gli viene attribuita la sacralità con cui l’uomo ha sempre nobilitato i suoi atti. E’ il pensiero, ad esempio, che si interroga sulle origini dell’uomo e le risposte non possono che essere esse stesse dotate della sacralità che si attribuisce al pensiero, alla sua capacità di inventare scenari, situazioni, soluzioni, domande e di immaginare, costruire, inventare, sempre sorretto dal dono tutto umano della “volontà”. La storia dell’uomo è percorsa da una contesa infinita tra scienza e credi religiosi. Il pensiero dell’uomo è memoria, è un capitale di conoscenze, di esperienze di fatti, meraviglioso e importante ed è davvero tragico scoprire che tutto questo capitale debba evaporare con la morte del corpo che l’ha contenuto, accresciuto e utilizzato. L’oscurantismo delle religioni, contro le scoperte della scienza … il potere religioso di sottomettere i popoli, contro l’illuminante forza di pochi eletti, precursori di scoperte rivoluzionarie, ritenuti nemici del potere temporale, dei Saggi, dei Profeti, delle Sacerdotesse e dei Sacerdoti, cui si uniscono nel tempo Principi e Imperatori che diventano tali “per volontà di Dio ed intermediazione dei Capi religiosi”, interessati a consolidare il loro potere sulle coscienze, sulle persone e sui loro beni. La contesa tra religioni e scienza non è mai terminata, eppure si propende ormai per una soluzione condivisa sulle origini della vita e dell’uomo. Dapprima fu un enzima prodotto forse da elettricità ed elementi chimici, poi un lichene e poi ancora un giunco svettante sul pelo delle acque, poi forse un virus e quindi un microbo ed infine un girino. Dopo qualche miliardo di anni quel girino divenne il capostipite di creature mostruose, padrone incontrastate delle acque, delle terre e dei cieli. Infine “spuntò” l’uomo, coi suoi istinti primordiali, evolutisi testardamente in una dote esclusivamente umana che si chiamò “volontà”. Volontà di obbedire alla leggi naturali, ma anche di progredire, di differenziarsi dagli animali, dagli insetti e dalle piante, di migliorare il proprio stato, di attribuire sacralità agli atti, alla discendenza, al territorio, inventando la ricchezza e la povertà, la gioia e il dolore, l’odio e l’amore, persino impadronendosi della vita e della morte dei suoi sudditi. E si!.. Perché il vecchio, antico “pensiero” di cui stiamo narrando la vicenda, orgoglioso della sua maturità, pur se limitata rispetto all’incomprensibile, ha compreso che il bene e il male, l’amore e l’odio, sono invenzioni dell’uomo. Ed anche se in embrione possono apparire nell’etologia di molte creature viventi, è certo che in queste non si sia sviluppato il dono della volontà di compiere progressi e di decidere il proprio destino. Esse sono rimaste prigioniere degli istinti, capaci solo di interpretare le intenzioni, cosa che però non è assimilabile alla volontà di progredire, di cambiare, di fare, perché la loro coscienza non è idonea a contrastare gli istinti ed orientarli alla realizzazione di finalità complesse, ma solo a produrre moti dell’istinto naturale, legati ai bisogni primordiali della procreazione, del dominio del territorio, del nutrimento e dalla difesa della propria incolumità e dei propri beni. Tutte reazioni codificate e risposte ad interferenze previste. Dalle riflessioni sul “pensiero”, forse fuggito dalla mente di una creatura umana morente, senza passato, senza presente e senza futuro, ci giunge il dolente rimpianto di aver troppo creduto nelle effimere facoltà dell’uomo, che ne hanno condizionato i comportamenti portandolo a ritenersi potente e a volte immortale, fino a renderlo distratto circa il suo destino, fino a rifiutarne l’epilogo, interessato fino in fondo ad esercitare le sue qualità e le conoscenze, la volontà, il bene e il male, l’odio e l’amore. Il pensiero, ormai intristito dalle delusioni e dai perché rimasti senza risposte, ha compreso che solo ciò che esiste nell’universo, sia pure in forme varie ed immutabili della cui scienza si occupò a lungo Lavoisier, è eterno, mentre tutto quello che è stato prodotto in natura da casualità, da imprevisti, da fenomeni spontanei dell’immenso laboratorio universale, cioè la vita, o che viene ideato e realizzato dalla volontà stessa dei viventi e dalla loro effimera capacità di decidere, di opporsi, di cambiare … tutto ciò, compresa la vita stessa in generale, è destinato a perire, a scomparire, a tornare nel nulla da cui è stato prodotto. Quindi, il pensiero, produttore specializzato di illusioni, è esso stesso un’illusione e tra le tante illusioni del pensiero, la più effimera e fallace è l’amore. (C.S.)  


 

 

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