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La Chiesa Cattolica

FEDELI ALLO SBANDO CLERO CORROTTO VOCAZIONI ZERO

Chi dovrebbe “salvare” la società moderna è latitante


Dec 13 2003 12:00AM -


(Rieti)

Presupposti ideologici. Continua il mio impegno di riflessione alla ricerca dei “Perché?” rimasti senza risposta nella storia della Chiesa; di quei “Perché” che si sono fatti ormai urgenti e prepotenti, specie in chi non vuol rassegnarsi a vivere l’intera vita in una condizione di costante disagio, alla ricerca di risposte che vengono invece regolarmente eluse proprio da quei ministri del culto cui spetterebbe risolverle. Sta di fatto che i ministri del culto si limitano ad imporre alle comunità cristiane la pratica quotidiana delle attività religiose ed a queste non resta altro da fare che osservarle, senza porsi domande, facendo finta che tutto sia chiaro e che non serve alcuna spiegazione. Ma sappiamo tutti che si tratta di un Grande Bluff.

E’ ormai evidente che il potere di amministrare i sacramenti, affidato ai ministri del culto ed esercitato in nome di Dio, è stato utilizzato, storicamente, come arma impropria per coartare ed umiliare la naturale inclinazione delle coscienze alle libere scelte.

I sacramenti vengono ancora oggi spiegati mediante il ricorso ad immagini allegoriche e la loro sostanziale credibilità fonda le sue radici in ragionamenti contorti, neanche assimilabili alle teorie proposte dai filosofi.  Per quanto riguarda invece la liturgia, si accreditano come ascrivibili ad una fonte soprannaturale brani di scritture appartenuti a civiltà ed epoche disparate, accortamente organizzati e coordinati, tratti da manoscritti accostati artificiosamente ed assemblati con una logica partigiana e con criteri utilitaristici, che propongono conclusioni predeterminate e predispongono finalità precostituite, opportunamente ideate ancor prima di aver individuato i singoli brani che potessero dimostrare i fondamenti storici e filosofici che si volevano esaltare. Si tratta di brani e citazioni estrapolati da scritti arcaici elaborati in epoche remote da civiltà geneticamente diverse e lontane tra loro in ordine di tempo e di spazio, i cui enunciati sono stati forzosamente accostati e le cui logiche, rielaborate in base a più recenti principi, sono divenute estranee alle logiche cui appartenevano originariamente gli estensori ed i destinatari del prodotto. E’ certo che gli adattamenti delle varie scritture alle finalità che si era stabilito di raggiungere, nonché i collegamenti tra queste scritture provenienti da diverse epoche, sono stati creati “a tavolino” con lo scopo di costruire un quadro operativo artificioso, ideato e realizzato più per soddisfare logiche liturgiche ed esigenze legate all’esercizio del potere ed al conseguimento della sottomissione delle coscienze, che non nell’intento di guidare alla salvezza le anime del Popolo di Dio.

Non si vuol certo fare un processo alle intenzioni a posteriori. Qui non si dubita dell’esistenza di Dio, né si vuole mettere in discussione l’intenzione di santificare il genere umano e di volerlo condurre alla salvezza. Piuttosto si vogliono esprimere opinioni circa la strada prescelta per raggiungere lo scopo. I ministri del culto forse avrebbero dovuto limitarsi a guidare, massimamente con l’esempio, i convertiti lungo la via della salvezza; ma non organizzare trappole e trabocchetti per irretirli, radicare nelle loro anime la paura, il complesso della colpa infinita e incancellabile, terrorizzarli con la minaccia di pene spropositate ed umiliarli  fino ad abusare del loro pensiero, dei loro beni e talvolta dei loro corpi. A margine di ciò, ma di importanza non minore, non sfugga quell’imponente dose di teatralità scenografica con la quale ancor oggi vengono di volta in volta presentate le varie sessioni delle liturgie ed in genere quegli aspetti di pubblicità del culto che la prassi ci ha tramandato. La cosiddetta “sedia gestatoria”, per esempio, non è altro che il retaggio di una politica tendente ad impressionare e sottomettere i fedeli, coltivata ed esercitata in nome di un Dio, buono o cattivo a seconda dell’occasione, illustrato e strumentalizzato in vista del raggiungimento di scopi contingenti non proprio salvifici, ma quasi sempre temporali e terreni.

Ruolo del Clero oggi. Riflettevo sul ruolo del Clero oggi, anche sulla scorta delle molte esperienze negative maturate nella mia vita di Cristiano ed ormai definitivamente turbato dalle pessime notizie che la stampa continuamente riporta, che danno un quadro non certo esaltante di molti di coloro i quali, essendo stati investiti dell’alto magistero del sacerdozio, ne contraddicono vistosamente, coi loro comportamenti, le premesse che, nelle aspettative dei fedeli, dovrebbero invece essere confermate con l’esempio e l’orientamento spirituale.

E’ perfettamente inutile enumerare i capitoli di tale sfacelo; essi sono perfettamente noti, perché opportunamente divulgati dalla jungla dei mezzi mediatici. Si opporrà che non sono soltanto queste le notizie riguardanti il Clero e che, su altri versanti, spesso si registrano notizie di innocenti religiosi uccisi da ribelli e terroristi, di missionari votati al soccorso ed all’assistenza di derelitti poveri e malati in terre disagiate e miserabili. Ma non è una buona politica quella di pensare di poter tacitare le perplessità che i comportamenti esecrabili di una parte del Clero ingenerano nelle coscienze dei fedeli, con le beatificazioni delle vittime dei fanatismi e delle persecuzioni. Al contrario, pare che si voglia ignorare il problema.

L’analisi dei miei convincimenti mi offre in proposito un quadro preoccupante. Manca nel Clero la capacità di valutare con giudizio privo di condizionamenti i moti dell’animo, le aspirazioni, le istanze e le personalità dei soggetti, definiti nella pratica ecclesiale “fedeli”, ma ritenuti ideologicamente “peccatori” e “sudditi”, fruitori di sacramenti in cambio di simoniaci corrispettivi monetari o per tacitare ricatti vessatori; proprio per questo motivo, molti fedeli si sono allontanati dalle pratiche religiose. In realtà sembrerebbe che  l’intelligenza sia ritenuta un ostacolo alla santificazione.

Generalmente i fedeli che manifestano una capacità di ragionamento di livello superiore alla media, vengono etichettati come “peccatori” ed emarginati, mortificati, tenuti in penitenza, fino a che non divenga chiara la loro sottomissione e la loro capacità di avere assimilato le tipologie comportamentali gradite alla Chiesa. Una sorta di Guantanamo o di “carcerazione preventiva” in chiave clericale. Se non superano la prova, saranno irrimediabilmente esclusi dalla comunità che, evidentemente, li aveva accolti “con riserva”.

Ipotesi ricostruttive. Il Clero è precipuamente conservatore, intransigente ed esclusivo ed è governato concettualmente da limitazioni intellettuali ed ideologiche che esercitano tutto il loro ruolo negativo proprio nell’esercizio del magistero. Ma la Chiesa non è la sola a tipicizzare gli interlocutori. Questo problema ha interessato da sempre il popolo Ebraico, ed oggi interessa in modo particolare gli Islamici e trova sviluppo principalmente nelle aree dell’integralismo e del fondamentalismo. I Protestanti invece hanno risolto i motivi del dissidio nati intorno alla concezione conservatrice, separandosi dalla madre Chiesa proprio per i disagi indotti nel mondo cristiano dalla rigidità della struttura cattolica.

Ma quelle difficoltà di dialogo furono interpretate come estremismi ed eresie  e divennero quindi separazioni. Oggi credo siano maturati i tempi per un confronto e per la ricerca di quegli estetismi sostanziali che possono essere condivisi, affidando forse a commissioni congiunte di studio e ricerca le proposte di risoluzione delle diversità che hanno causato nei tempi passati una enorme quantità di scismi e separazioni.

Ripartire insieme dalla dottrina condivisibile, operare qualche rinuncia ragionata e supportata da garanzie che chiamerei impropriamente “costituzionali”, per giungere insieme all’unità dei fini da perseguire. Ciò che divide dovrebbe essere inizialmente e temporaneamente accantonato, messo in mora, per essere gradualmente riesaminato in tempi successivi. Le soluzioni condivisibili dovrebbero essere adottate nelle nuove Comunità e non dovrebbero costituire motivo di dissidio o testimonianza negativa.

La Chiesa Cattolica ha ormai acquisito l’abitudine di lasciare decantare i problemi ed attendere che essi si risolvano da soli. Perché avere fretta di risolvere i problemi? Il punto di riferimento della Chiesa Cattolica è l’Infinito. Ma l’avere applicato questo metodo anche alle questioni che dividono le varie chiese Cristiane, non ha prodotto risultati esaltanti.

Ci sarà pure una serie di principi evangelici sui quali esiste un accordo completo. E’ da questi che bisogna partire per coinvolgere gradualmente le varie Chiese fino a realizzare la riconciliazione dei Cristiani. Né gli estremismi ideologici, né la rigidità interpretativa potranno mai condurre a quello che dovrebbe essere l’obiettivo primario della Chiesa Cattolica e del Clero.

Di questo si dovrebbe discettare, in un eventuale Concilio Ecumenico Vaticano Terzo, che dovrebbe essere inaugurato con un solo proposito: ripartire insieme dalla fede delle origini, ripercorrere tutti i nodi che hanno modificato gli itinerari nella Storia e giungere all’unità, instaurando un percorso sicuramente lungo e difficile che tenga soprattutto conto del progresso compiuto dall’umanità e della pari dignità che deve essere riconosciuta ad ogni essere umano, sia esso ministro del culto o fedele, ortodosso o protestante.

Attualità incombente. Per affrontare il nodo della riconciliazione fra i Cristianesimi del mondo è però necessario normalizzare prima l’attualità del Cristianesimo Cattolico al suo interno, facendo ricorso alla semplicità della predicazione del Messaggio delle origini, con il sostegno di un radicale accantonamento di tutte quelle strutture che nei secoli hanno irrigidito il rapporto Chiesa-Fedeli e reso negletta la comprensione del messaggio evangelico.

In altre parole bisognerebbe girare pagina e, partendo dalla stessa organizzazione ecclesiastica, che dovrebbe innanzitutto rieducare i propri ministri, offrire ai Cattolici un tangibile quadro di riforme che li riavvicinino ai sacramenti ed al clero, fornendo così ai Cristiani di tutto il mondo un segno che lasci intravedere l’apertura alla comprensione ed al dialogo e dia loro l’opportunità del reciproco riconoscimento.

L’esercizio del magistero ecclesiastico dovrebbe intanto obbedire al presupposto-dovere di operare una stima naturale preventiva nei confronti di chi si avvicina alla Chiesa, che preluda ad una conoscenza completa e graduale dell’interlocutore-fedele, piuttosto che offrire un approccio di disistima che evidenzia come i rappresentanti del Clero siano, per acquisita inclinazione, ancorati ad un estremismo ideologico discriminatorio assoluto che ha costantemente preteso di classificare il Popolo di Dio con dei criteri, forse necessari in epoche remote, ma divenuti ormai anacronistici: “i buoni da una parte e i cattivi dall’altra; il Clero, comunque, al di sopra di tutti”.

Questo modo arcaico ed estremo di proporre la Fede, sempre e soltanto “ex-Cathedra”, porta il Clero a subordinare la valutazione dei soggetti che interloquiscono con loro per cose di culto, ai meri principi egoistici e contingenti della struttura ecclesiastica ed utilizza  come modello di vita parametri di valutazione discriminatori ed inadeguati rispetto alla natura ed alla formazione sociale dei destinatari della catechesi, chiamati ad armonizzare e sviluppare il conseguente rapporto “umanità-sacralità”. La Chiesa ha stabilito, forse inconsciamente, di perseguire i suoi scopi adottando logiche di “esclusione” al limite del paranoico, nei confronti dei soggetti portatori di atteggiamenti non sottomessi. L’interpretazione dei fatti, ogni volta che si è reso necessario, è stata magistralmente adattata e piegata a conclusioni predefinite, comunque intercambiabili a seconda dell’occasione di riferimento e a seconda della categoria predefinita degli interlocutori, “buoni o cattivi”.

Se ne ricava una visione statica e caratterizzata da estrema rigidità, che danneggia aprioristicamente il rapporto Chiesa-Fedeli ed allontana dalla fede il Popolo di Dio.

Analisi del problema. La staticità complessivamente utilizzata dalla Chiesa nell’interpretazione del messaggio divino, primariamente e di preferenza destinata all’allestimento figurativo di piedistalli e/o strutture, difensive del potere temporale, che contrastano con la comprensione senza dogmi, la comunione senza ipocrisie e la parità almeno morale tra Fedeli e Sacerdoti, pur se riconosciuta e criticata dall’universo clericale, solo talvolta, e per iniziativa di qualche volenteroso illuminato, quale fu Giovanni XXIII, viene sottoposta al vaglio e confrontata con la realtà dell’evoluzione e con il vissuto comprensibile dell’Umanità. Raramente persone di Chiesa sono state capaci di ammettere gli errori compiuti dai ministri del culto nella valutazione delle coscienze e nelle decisioni definitive; la funzione sostanziale esercitata dai ministri del culto è invece quella di incanalare senza altra via d’uscita l’esercizio del diritto naturale dell’uomo entro la sfera delle interpretazioni dogmatiche e filosofiche statiche, ignorando del tutto il progresso della società civile.

Ma il nascente bisogno di chiarezza nel rapporto Chiesa-Fedeli e di concreta accessibilità del messaggio, cui le coscienze dei soggetti che costituiscono il Popolo di Dio comunque aspirano, viene continuamente mortificato dalla frapposizione da parte dei ministri del culto di ostacoli, paletti e ancoraggi che impediscono un dialogo leale tra i sacerdoti ed i soggetti cui è destinata la Pastorale e che vanificano di fatto l’istanza generale dell’interpretazione del Messaggio divino alla luce dell’evoluzione del genere umano. Questa istanza riformatrice non viene dunque indirizzata verso soluzioni di possibile comprensione universale, ma ne viene soffocato ogni anelito nell’immobilismo, nella staticità degli enunciati e nella negazione del bisogno di comprendere, cui gli uomini invece non possono per loro stessa natura rinunciare.

Si realizza così in definitiva la mortificazione dell’Essere e interviene la negazione della facoltà di ricevere, con la predisposizione naturale insita in ogni uomo, il messaggio a lui destinato. Oltre a questo, opera negativamente l’impedimento psicologico di potersi confrontare liberamente con tale messaggio e quindi valutarne il  contesto sociologico ed elaborare nella luce dei suoi contenuti i propositi esistenziali.

In effetti si è perso il contatto con la spiritualità e nessun esempio positivo ha più marcato la quotidianità del rapporto che si instaura tra le cose sacre, chi le amministra ed i fedeli calati nel loro destino. Nel contempo il senso del peccato si è rarefatto e si è passati da un eccesso ad un altro, tant’è che è sentita come anacronistica e mortificante l’imposizione di dover illustrare ad un altro uomo, col quale il più delle volte si intrattengono rapporti di relazione all’interno della Comunità, i propri comportamenti naturali e le proprie pulsioni personali. Non si comprende quanto l’assunto “A chi li rimetterete saranno rimessi ecc.” possa autorizzare una invasione della privacy ed una umiliazione delle coscienze talmente dirompenti e anacronistiche da avere causato nella maggior parte dei casi l’allontanamento dei fedeli, provvisti di amor proprio e di senso della responsabilità, dalle pratiche religiose, e creato, per una parte di fedeli, forse la più sfrontata e cinica, l’assuefazione delle coscienze e l’abitudine delle pratiche e di conseguenza la dissoluzione del senso del peccato. Mi riferisco a quelle partecipazioni in massa al sacramento dell’Eucaristia, in occasione di funerali o festività, senza che sia intervenuta la preventiva confessione, percepita dalla maggior parte dei fedeli come una mortificante esclusione dalla Mensa comune, se non come una anacronistica barriera alla Partecipazione, alla Condivisione e quindi alla Comunione.

Rapporti tra Clero e Fedeli. Manca ormai la capacità, da parte del Clero, di porsi, davanti ai millenari problemi dell’uomo, rimasti del tutto insoluti nei convincimenti di ciascun soggetto autonomo, con la stessa umiltà che invece si pretende dai Fedeli. Manca inoltre la capacità di limitare all’essenziale le soluzioni dogmatiche alle millenarie domande dell’uomo e manca la sensibilità di offrire ai fedeli la disponibilità necessaria ad affrontare tali irrisolte istanze mettendosi dalla parte di chi chiede una risposta adeguata alla sua personale intelligenza, senza essere costretto per convenienza a dover rinunciare alla sua libertà di dubitare e poter almeno valutare con razionalità gli assiomi che nel corso dei secoli sono stati formulati nella forma libera in cui sono stati tramandati e non necessariamente in quella imposta dalla Chiesa, che è il risultato di forzature che hanno dato luogo ad interpretazioni utilitaristiche, piegando il messaggio alla ragion di Stato, per assecondare esigenze di potere temporale ed in minima parte liturgiche o rappresentative.

Mancano nei tempi attuali dei veri Padri della Chiesa, capaci di comprendere l’evoluzione intellettuale e sociale che gran parte del genere umano ha compiuto, sensibili al concomitante espandersi di un sentire più accentuato che soffre di una patologia che si identifica nel diffuso senso di inutilità che domina le coscienze. Inutilità radicata e strettamente connessa, è vero, al progresso spasmodico del mondo circostante, ma anche attonita e stupita, perché sovrastata dalla imprevedibilità e dalla ineluttabilità degli avvenimenti. Questo senso di inutilità che pervade l’essere moderno, deriva dall’ancestrale, atavica sensazione di mistero che avvolge l’immaginario degli uomini. Ma a questa considerazione deve replicarsi che gli ideali vanno purtroppo scomparendo dalla cultura moderna e nessuno di quelli che ne auspica il rifiorire e ne decanta i valori si domanda se il seme della parola di Dio possa ancora essere effettivamente impiantato nell’arida coscienza del mondo contemporaneo globalizzato, insensibile al concetto di amore e quindi incapace di praticare la pietà e la carità verso il prossimo; sentimenti questi che sono fondamentali per il riconoscimento del diritto di ogni essere alla vita, così come sono essenziali i concetti di speranza e di giustizia per tutelare la qualità della vita.

Non si chiede a questi Padri della Chiesa contemporanei di modificare l’originario Messaggio Divino, la cui attualità è insieme escatologica e trascendente e non può quindi essere separata dalla Storia degli uomini e dalle loro aspirazioni. Semmai si chiede che questo Messaggio venga attualizzato e riportato alla sua essenza primaria, mondato insomma dalle visioni dogmatiche e dalle esplicazioni aggiuntive ed interpretative che nel corso dei secoli sono state  ideologicamente  erette a sua difesa con il risultato tangibile nella corrente società degli uomini di aver separato ed allontanato l’individuo dal culto.

Si auspica in definitiva di poter conseguire la concreta accessibilità del Messaggio e di veder instaurare la necessaria chiarezza nel rapporto Chiesa-Fedeli.

Sociologia della religione. Si vuol qui far rilevare che è latitante nei Ministri del Culto, soprattutto, la capacità di testimoniare. Questa latitanza che si estrinseca in varie forme, porta anche i laici aderenti ai movimenti di evangelizzazione (neo-Catecumenali, Focolarini, Cursillisti, ecc.) a massificare gli scopi della missione originariamente affidata e ad imitare gli atteggiamenti che i prelati manifestano in privato, quando cioè si è consolidata l’umana confidenza e si é allentata la rigidità degli atteggiamenti esteriori, forzati in genere dalla presenza di estranei al gruppo ristretto. Si coglie in questo aspetto l’incoerenza tra l’annuncio del Vangelo ed i comportamenti degli annuncianti, tra il messaggio divino e la realtà naturale.

Prima ancora che impartire in modo monotono e ripetitivo, a chi ha perso per forza di cose la capacità di ascoltare, una dottrina astrusa, complessa, statica nei suoi aspetti comunicativi ed inadatta alle contingenti esigenze, che nel sentire comune diventa opinione non dimostrabile piuttosto che verità evidente, facendo ricorso a metodi ed a parole non adatte al vissuto circostante, sarebbe necessario e fondamentale dare atto della continua evoluzione del pensiero umano e del radicamento del nichilismo spirituale, modificando di conseguenza l’esposizione del messaggio e la metodologia di evangelizzazione e sperimentando un diverso tipo di approccio con i fedeli.

Peraltro la testimonianza negativa, sempre più spesso tollerata o ignorata ed esibita impunemente dai laici che hanno messo radici nelle Curie e nelle Sagrestie, avendo essi acquisito la capacità di esercitare la delazione e di favorire un certo tipo di corruzione “intra moenia”, opera in modo devastante nelle coscienze dei Fedeli, spettatori inermi e scandalizzati, la cui unica risorsa consiste nell’allontanarsi con determinazione dalle pratiche religiose per evitare il contatto con insolenti molestatori ed a causa di un insostenibile senso di rifiuto che insorge naturalmente nelle loro coscienze. Questo genere di laici, che gode di considerazione e privilegi, rappresenta uno scandalo per la Chiesa, che si aggiunge all’altro ben più grave della inaffidabilità dei sacerdoti. Per rendere credibili i sacerdoti, é necessario che la Chiesa tenga conto primariamente della loro natura umana, favorendone l’impianto nella società e restituendo loro le qualità proprie degli uomini e dei cittadini. Sacerdote, non come mestiere, con le limitazioni puramente teoriche che gli vengono imposte dalle gerarchie e la cui mancata osservanza, una volta divenuta di pubblico dominio, genera il rigetto della Fede da parte della società, come sta avvenendo negli USA dopo lo scandalo dei preti pedofili, ma come guida spirituale integrata nel gruppo, come individuo portatore delle stesse problematiche esistenziali e spirituali delle anime che gli sono state affidate, come riferimento erudito, contro il pragmatismo e la staticità.

Fenomeni degenerativi. Il fenomeno dei preti lavoratori fu visto dalle gerarchie ecclesiastiche e dalla stessa società civile come elemento negativo, perché inquinato da istanze politiche piuttosto che risultato dell’evoluzione del rapporto tra Chiesa e Fedeli. Il recente fenomeno dei Cappellani in servizio permanente effettivo presso le orde pacifiste, girotondine e no-globaliste, i don Vitaliano, i don Bizzotto, i don Gabriellini e i don Albanese, che ultimamente si sono imposti all’attenzione pubblica attraverso i media che ne hanno fatto conoscere l’attivismo nei gruppi della disobbedienza organizzata, è in realtà una degenerazione ulteriore della funzione sacerdotale perché si è impiantata in un’area di protesta nichilista e utopica che non ha nulla di religioso, nulla di politico ed è avulsa dal naturale processo evolutivo della Storia. Oltre a questi fenomeni, osservati come espressione di un disagio piuttosto che come una proposta condivisibile, nell’immaginario collettivo il Clero è assente o appare immobile, farisaicamente obbediente ai doveri ecclesiali, ma trasgressivo nelle penombre delle Canoniche; sempre più spesso pettegolo, rissoso, dispettoso, invidioso; in taluni casi eccessivamente interessato ad intraprendere attività di ristrutturazione immobiliare, commerciare arredi sacri d’epoca, o dismettere Seminari ed altri edifici divenuti ormai “inutili” a causa della crisi di vocazioni. Al massimo si può osservare il Clero occupato ad organizzare la “routine delle scadenze tradizionali, il prezzario dei sacramenti e la esteriorità delle liturgie e degli addobbi.

Un approfondimento in tale direzione sarebbe doveroso, ma chi dovrebbe approfondire finge di non sapere e dalle finzioni, si sa, non nascono altro che mostri. Come quel sacerdote che, per mera esibizione di un  malinteso potere sanzionatorio preventivo ed  al limite del sacrilegio, accettò all’Offertorio, come dono sull’Altare, una copia del quotidiano che aveva incautamente sbattuto un innocente in prima pagina, presente in Chiesa, mentre veniva recitata una tiritera, certamente studiata in precedenza,  in cui si offrivano a Dio le notizie del giorno.

Le origini. Poco meno di duemila anni fa, nelle aree che videro nascere il Cristianesimo, la cristianità era una realtà che parlava una sua lingua, attuale per quei tempi, che esprimeva concetti perfettamente comprensibili alle moltitudini dei contemporanei, i quali affrontavano disagi e privazioni per ascoltarli di prima mano dallo stesso Gesù. Si trattava di individui umili, per lo più privi di cultura: pastori, pescatori, agricoltori; individui semplici e dalle aspirazioni limitate, ma affascinati dalla Promessa di potere finalmente liberarsi dalla trappola della legge arcaica che teorizzava la vendetta, “Occhio per occhio,...dente per dente”, cui le religioni dell’epoca, certamente irrispettose dell’umanità e dell’intelligenza, li avevano costretti. Il Messaggio di Cristo era invece semplice ed allettante, “Amatevi come io vi ho amati”, e rispondeva ai loro “Perché?” esistenziali, filosofici, spirituali, ma anche a quelli quotidiani e funzionali.

Ora, io mi chiedo: come mai questo messaggio, fin dalle origini comprensibile ad intere moltitudini, nel corso dei secoli, sia potuto divenire incomprensibile, complesso e astruso persino a persone di elevata cultura; e come si può spiegare il fatto che questo Messaggio originale e semplice, che proponeva come unico Comandamento l’Amore, abbia potuto creare nel corso della sua evoluzione storica così tante divisioni.

Al di là delle vicende storiche contingenti, dei personalismi, delle aberranti soluzioni adottate nei secoli dell’oscurantismo, si può osservare che non c’è stata una volontà di ritorno alle origini del messaggio evangelico. Da un lato si sono, ma non così spesso e così chiaramente, condannati fatti e comportamenti negativi cercando di attribuirli al braccio secolare della Chiesa piuttosto che alla Chiesa ed ai suoi qualificati rappresentanti; dall’altro, non si è fatto un passo indietro, non si è riconosciuta la dirompenza degli errori storici, la tragicità di valutazioni e di azioni già allora esecrabili; non si è cercato di riparare, non si è voluto ammettere che perseverare in alcune prese di posizioni non giovava alla religione cristiana e non giovava ai fedeli. Tutto ciò che nei cosiddetti tempi bui, nei tempi degli errori storici fondamentali, i Concili o gli Editti, o i Pronunciamenti, avevano inculcato nelle menti del Clero e costretto i fedeli a digerire, è stato perpetuato e tramandato ed acquisito come ”tradizione”, senza dubbi, senza incertezze, senza ripensamenti. Sono state rinforzate le teorie dogmatiche, si è confermato il primato del Papa e della Chiesa cattolica rispetto alle altre Chiese, si è aggiunta, addirittura in tempi recentissimi l’infallibilità papale ed appena 50 anni fa, proclamato da Pio XII il più incredibile dei dogmi, l’ascensione in Cielo del corpo della Madre di Gesù. Incredibile perché non sorretto, almeno come è sorretta la Sindone, dalla tradizione. E ciò quando si vanno diffondendo più coerenti narrazioni, rispetto a quella tradizionale giunta fino a noi, quale, addirittura, la traslazione della Santa Casa di Loreto.

Come si fa a non pensare ad una utilitaristica gestione del Messaggio Evangelico, attuata con lo scopo di attribuire alla volontà di Cristo le componenti della struttura su cui si è andata costruendo l’organizzazione temporale della Chiesa. Tra le altre cose, anche questa esigenza burocratica ha fornito la spinta per il ricorso ai dogmi ed ha imposto come conseguenza il principio della infallibilità del Papa e degli altri principi tra i quali ha primeggiato per molti secoli il principio della legittimità della persecuzione degli Ebrei.

Un tale coacervo di attuazioni ha comportato i roghi, le persecuzioni, le guerre di religione, le sopraffazioni e, di conseguenza, le separazioni e le divisioni tra i brandelli di Cristianità che venivano man mano scacciati dalla Chiesa ufficiale. Noi in effetti stiamo ancora scontando le conseguenze della errata gestione del Messaggio di Cristo da parte della Chiesa. La Storia stessa lo ha scontato e lo sta scontando. Non trovo inutile il fatto che il Papa chieda insistentemente che la Costituzione Europea faccia riferimento alle radici della Cristianità. Ma onestamente questa richiesta mi sembra un paradosso; la vedo come se gli Imam, gli Ulema e gli Aiatollà richiedessero ai capi di Stato mediorientali garanzie scritte sulle radici islamiche del Mondo Arabo. Sarebbe la stessa cosa se si insistesse per conoscere  il sesso degli Angeli, la legge che regola la forza di gravità e la dimostrazione della rotondità della Terra. L’Europa, nel bene e nel male, è impastata di Cristianesimo e non servono dichiarazioni che affermino ciò che esiste o neghino ciò che non esiste.

Almeno per ora, finché non sarà completata l’invasione Islamica, il Papa ed i Cristiani possono stare tranquilli sulle radici cristiane dell’Europa.

La gestione della Chiesa Cattolica ad opera dei suoi burocrati in tonaca, nei secoli recenti si è fatta ancora più sorda alle istanze del Popolo di Dio ed ha piegato deliberatamente il messaggio evangelico alle contingenze del potere temporale.

Da queste conseguenze la Chiesa non è stata più in grado di uscire, tanto che non è stata neanche capace di riabilitare completamente almeno Girolamo Savonarola e Giordano Bruno, menti eccelse riconosciute, le cui osservazioni, attuali e lucide, avevano anticipato le esigenze estetiche e filosofiche della società moderna e per questo sono stati sacrificati.

Lungo il percorso della storia dell’uomo, si sono andati configurando quadri socio-politici rigidi e pragmatici all’interno dei quali, fra alterne vicende, si è fatta strada un’idea evangelizzatrice che tenesse conto dell’evolversi e/o del modificarsi della società, anche attraverso “eventi forti” dei quali difficilmente i contemporanei poterono valutare e discernere la genesi, la destinazione e le provvisorie conclusioni. Mi riferisco al fenomeno delle Crociate, alla colonizzazione delle terre selvagge ed ai grandi eventi che nel segno della Croce di Cristo hanno scritto la storia della nostra civiltà. L’obiettivo principale era quello di educare le genti a separare quanto veniva definito “bene” da quanto veniva indicato come “male”; ma questo obiettivo, di per sé coerente con la dottrina cristiana, fu perseguito  con l’ottica distorta dell’esercizio del potere e dell’arbitrio, con la sottomissione fisica, con la mortificazione delle coscienze ed il conculcamento delle libertà e dei diritti e con il concentramento della ricchezza nelle mani di pochi, oppressori e tiranni.

Ha sintetizzato bene il Cavour, in un memorabile discorso parlamentare, alla vigilia della proclamazione dell’Unità d’Italia, quali fossero le conseguenze dell’accentramento del potere religioso e di quello politico nelle mani di una sola parte.

Ed ancor oggi si può vedere quanto sia in ritardo il progresso democratico negli Stati Islamici, affetti da un analogo difetto. La Chiesa non ha mai rinunciato al potere temporale; lo esercita attraverso la gestione dei sacramenti, in particolare la Confessione penitenziale, per mezzo della gestione di ingenti patrimoni nel mondo e con la proclamazione di regole e principi anacronistici. Nel frattempo essa rivendica dagli Stati il riconoscimento della sua supremazia storica, ideologica e sociale.

Evoluzione storica. La Chiesa fu ispiratrice e leader di tutte le iniziative, anche cruente, che portarono alla modifica del destino di interi popoli e di interi continenti. Il Papa Giulio II partecipò personalmente ad una Crociata ed indossò persino l’armatura di combattimento.

Il “materiale umano” del cosiddetto mondo civile, cui era destinato il messaggio divino, era per lo più ignorante e rozzo. La rozzezza e l’ignoranza erano qualità altamente diffuse che venivano per causa di forza maggiore ereditate insieme alle mucche ed ai badili e tali si perpetuarono fino al compiersi del risveglio culturale e sociale. L’excursus riguarda il solo mondo occidentale, perché sappiamo che in altri continenti il medioevo non è ancora trascorso del tutto e si tratta di un medioevo che riesce a convivere con le manifestazioni più deleterie della modernità, scandalizzando soltanto noi Occidentali. Così l’Asia, il Medio Oriente, l’Africa. Nel ricordare gli “eventi forti” mi riferisco alle grandi operazioni belliche con le quali si è voluto diffondere il Cristianesimo: l’evangelizzazione come pretesto per sottomettere i popoli, espropriandoli della loro patria, dei loro averi e della loro civiltà ed imponendo con la forza leggi e comportamenti a loro inusuali, incompatibili con la loro sensibilità e quindi distruttivi della loro integrità.

Le “coperture” fornite per secoli dalla Chiesa a tale genere di operazioni sono ancora oggi inaccettabili anche se esaminate nei contesti in cui si sono realizzate. Da questa osservazione nascono le molte, le persino troppe, richieste di perdono che Papa Giovanni Paolo II è andato recitando in giro per il mondo in questi ultimi anni. Non dimentichiamo dunque che è all’ombra di questo genere di avvenimenti che si sono formate le gerarchie ecclesiastiche ed è possibile individuare ancor oggi nella Chiesa e nei suoi funzionari una “presunzione storica” di diritto al dominio psicologico delle masse e di indagine sui loro beni, che poggia interamente sulla sottomissione realizzata con la teorizzazione della necessità di ricevere i sacramenti e sul controllo delle coscienze mediante la confessione.

E’ quindi fin troppo facile individuare negli atteggiamenti, nelle espressioni e nelle pratiche quotidiane del Clero il convincimento, realmente radicato nell’intelletto delle gerarchie ecclesiastiche, perché acquisito come norma etica comportamentale, di essere parte sostanziale di una organizzazione perpetua, trascendentale, insindacabile ed incombente, non diversa da quella teorizzata da George Orwell nella sua Fattoria degli Animali.

L’organizzazione ecclesiastica cattolica ha potuto progredire e perpetuarsi, senza subire modifiche se non in senso peggiorativo, fino ai nostri giorni, ed assumere facciate ora più cupe, ora più scolorite, ma rimanendo sempre figlia del progetto iniziale, quello del dominio delle coscienze, da realizzare anche grazie all’osmosi di interessi mutuabili tra potere politico e potere religioso. Questo “potere” religioso, che non è un “servizio” religioso, è tuttora validamente esercitato ed ha consentito per secoli, con vicende alterne, che si realizzasse l’assoggettamento e lo sfruttamento dei popoli e il dominio delle loro coscienze.

Formazione. Oltre che nella sostanza dei comportamenti e degli enunciati, questa posizione è rimasta immutabile anche nei segni esteriori e materiali, quali l’abbigliamento delle suore, che ricalca fedelmente quello delle donne palestinesi e mussulmane. Quando la Chiesa ha inventato la “clausura”, non ha fatto altro che adottare una sorta di “burqa” afgano, creando consapevolmente le medesime condizioni esistenti per la donna nel mondo arabo, di esclusione dalla società attiva e di preconcetta indegnità, che le hanno negato l’ordinazione sacerdotale e l’hanno qualificata in permanenza come oggetto di tentazione e simbolo di peccato per antonomasia. Questi concetti non sono infatti diversi da quelli teorizzati da Maometto nel Corano ed ancora oggi praticati dai popoli islamici.

E’ la concezione giudaica della donna che si è trasferita in diverso modo nel Cristianesimo e nell’Islamismo. I Paesi islamici hanno addirittura conservato la lapidazione dell’adultera e la potestà di ripudiare la moglie, anche per motivi pretestuosi. Non diverso è il concetto che ha ispirato le esecuzioni sul rogo delle cosiddette streghe, che si inserisce nel preteso “diritto” di perseguitare comunque la donna perché oggetto di piaceri peccaminosi, destinato quindi alla soppressione mediante “purificazione”.

Non vedo eccessive differenze tra la concezione della donna così come è stata tramandata nell’organizzazione della Chiesa e la concezione della donna così come si è conservata nei Paesi di religione Islamica; ambedue sono tratte in fondo dalle pratiche in uso tra gli Ebrei ai tempi di Cristo. Del resto non c’è nulla di nuovo sotto il sole.

Gesù ha scacciato i mercanti dalle porte del tempio e dopo la Crocifissione essi sono rientrati dalla finestra ed hanno restaurato le situazioni quo ante, diversificandone la percezione grossolana esterna e camuffandole come necessarie o addirittura ispirate.

Il braccio secolare della Chiesa. Fino a poco più di un secolo fa, il potere temporale della Chiesa è stato esercitato sotto la protezione di un braccio armato, il braccio secolare della Chiesa appunto, sul quale vengono ancor oggi scaricate nefandezze inenarrabili cui il Clero, comunque, non fu mai estraneo.  Anzi.

Nel corso dei secoli gli uomini della Chiesa, Alti Prelati, Presbiteri e Diaconi, si sono andati formando in una cornice di impunibilità e di privilegio, ancor più vasta di quella esercitata per alcuni secoli dai Principi e Signorotti con i quali la Chiesa instaurò interconnessioni ed interdipendenze. Il Clero ha potuto quindi istituzionalizzare il proprio potere, come avveniva nelle grandi casate dei Regnanti. Si può quindi affermare che nelle “Corti” dei Principi della Chiesa il Clero venisse inevitabilmente abituato ad un certo genere di comportamenti e ad un certo modo di porre e di risolvere i problemi, abituato quindi a sentirsi investito di un lignaggio talmente forte, perché proveniente da Dio stesso, da non trovare riscontro in quello dei nobili delle Case regnanti o in quello delle altre categorie forti e neanche nella Magistratura. Basti pensare che l’investitura a regnare sugli Stati veniva celebrata nelle cattedrali.

Questo tipo di formazione si è perpetuato in modo naturale ed inconsapevole, quasi per trasmissione ereditaria, ed ancora oggi nei seminari il Clero viene “costruito” ed “equipaggiato” con un DNA non dissimile da quello dei suoi secolari predecessori. Malgrado l’immutabilità dei canoni ecclesiastici e dei dogmi canonici, semmai integrati in modo restrittivo, che ha sostanzialmente accompagnato la dottrina della Chiesa fino ai nostri giorni, stupisce comunque che si sia potuto derogare nei secoli a primari concetti quali la pietà, la carità e la giustizia e si sia potuto avallare e permettere ogni genere di nefandezze. Non appaia quindi pretestuoso il sospetto che la formazione seminarile possa produrre ancora oggi capacità, propositi ed atteggiamenti pressoché immutati e talvolta, addirittura, quei mostri che qualche volta si palesano nelle canoniche o nelle scuole.

Le cronache ne sono piene.

Dovrebbe stupire che lo Stato del Vaticano non abbia mai emanato una Bolla per abolire al suo interno la pena di morte. Paradossalmente oggi quelle antiche “coperture” che produssero le sofferenze che sono ancora rilevabili nelle divisioni del mondo cristiano e riscontrabili nei racconti della tradizione popolare, rappresentano in fondo una parentesi di attivismo rispetto all’immobilismo radicale della Chiesa, perché almeno allora c’era il proposito dichiarato di voler avvicinare i selvaggi a Cristo ed introdurre un modello di civiltà nelle realtà di popoli ritenuti incivili. Queste modalità di condurre l’evangelizzazione, insieme alla persecuzione di quelli che condannavano un siffatto modo di condurre l’insegnamento dell’amore cristiano, hanno procurato divisioni ancora oggi insanabili e causato il deterioramento della naturale aspirazione delle coscienze alla spiritualità e sono purtroppo di ostacolo al ricongiungimento dei Cristiani sotto l’unica Croce ed al coinvolgimento dei singoli nelle attività comunitarie e nelle pratiche di solidarietà e di fede..

I Destinatari del Messaggio. Provo invidia e smarrimento quando confronto le esigue rappresentanze che seguono le funzioni religiose cristiane, costituite in estrema maggioranza da donne, per giunta vecchie e bisbetiche, con le folle di mussulmani, tutti uomini, che partecipano compatti alla preghiera rituale e mi convinco sempre di più che “qualche errore” nell’itinerario è stato certamente fatto dalla Chiesa Cattolica. E’ innegabile.

Mi chiedo allora perché la Chiesa si ostini a perpetuare le divisioni tra i Cristiani del mondo, implicitamente affermando che tutte le Chiese hanno torto tranne quella Cattolica. Questa ostinazione mi appare come una violenza all’intelligenza. Possibile che non ci sia una via di mezzo? Credo oltretutto che una prova di comunione, o almeno una sorta di confederazione tra le confessioni cristiane, potrebbe portare arricchimento, stimolo e progresso. Riconciliati ed uniti, anche se diversi; almeno in una fase iniziale.

E’ in buona dose anche per l’incapacità della Chiesa di mettersi in discussione che oggi nelle città sono tornati i selvaggi. Ai fedeli viene invece specificamente comandato di mettersi sempre in discussione, di interrogarsi quotidianamente sulla correttezza dei pensieri, delle parole, delle opere e delle omissioni; in una parola: di rispettare il comandamento evangelico dell’Amore.

Riferimenti etici. Nella società mancano i riferimenti etici. I riferimenti etici che hanno governato e guidato le generazioni passate, oggi sono diventati cattivi esempi. La Chiesa, i sacerdoti, sono divenuti cattivi esempi; poi anche i genitori, i maestri, i magistrati, i gendarmi e, non meno degli altri, i rappresentanti del popolo al Governo del Paese. Oggi l’inciviltà si è letteralmente sovrapposta alla civiltà, mettendone in dubbio i parametri costitutivi e quindi gli ideali di fondo, negando innanzitutto il diritto di cittadinanza alla stessa fede religiosa che è sempre stata nella storia delle civiltà un valore difficilmente collocabile al di fuori delle aspirazioni dell’uomo, perché nata con l’uomo stesso e accreditatasi come diretta ed irrinunciabile conseguenza della pratica spontanea del diritto naturale.

Fa ancor oggi scandalo uno che si professa ateo; dà l’impressione che si voglia collocare fuori dalla società.

Le masse di selvaggi che popolano le nostre città, oggi non più civili, che hanno ciclicamente invaso tutto il mondo la cui storia non è altro che il frutto degli scontri fra le diverse e contrastanti “inciviltà”, non sono in grado di produrre dal loro interno altro che odio, antagonismo, violenza e isolamento. E’ l’ambiente della giungla che si ripropone in forma diversa e che ha solo modificato l’aspetto formale. Questi nuovi selvaggi sono una edizione moderna dei Lanzichenecchi; si tratta di orde nomadi che invadono le città del globo enunciando strampalate teorie e propugnando improbabili codici di comportamento; dopo ogni invasione si ritirano nei loro centri, enucleati dalla società, fino al prossimo appuntamento. Si tratta comunque di invasori che non hanno la capacità di esercitare né il Governo degli Stati, né la Politica dei Cittadini. Si propongono genericamente di “cambiare il mondo”, profetizzando catastrofi e diffondono utopie, paghi soltanto di conseguire l’obiettivo di distruggere beni e strutture, prendendosi gioco delle leggi e realizzare in definitiva l’opposto di quello che propongono. Questi selvaggi, quando si concedono intervalli, lanciano sassi dai cavalcavia, uccidono fanciulle, opprimono creature indifese, sbandierano il loro potere effimero, si auto-distruggono assumendo sostanze nocive e facilmente poi si schiantano contro ostacoli fissi a bordo di  automobili di grossa cilindrata, come in una ineluttabile celebrazione di un rito necessario. Agiscono nel nome di un Credo allettante, semplice e comprensibile: “sesso e soldi”, verso il quale la società moderna, deteriorata dall’azione irreversibile della Storia, ma anche da una evangelizzazione sbagliata che ha mancato gli obiettivi, li ha irresponsabilmente condotti non attuando in tempo le strategie efficaci per contrastare i cattivi esempi che provenivano da quegli ausili mediatici portatori di falsi modelli che di fatto si sono sostituiti alla funzione educativa familiare.

Responsabilità. Ebbene, una tale degenerata situazione non può non riguardare la Chiesa; né può essere affrontata dalla Chiesa con l’immobilismo storico dei suoi rappresentanti che da un lato affermano la libera determinazione dell’Essere, mentre dall’altro inculcano nelle coscienze, come loro metodo formativo, il convincimento di una congenita colpevolezza nata con lo stesso individuo, che non concorre di certo alla costruzione di una società responsabile e libera, ma crea presupposti di fragilità e acquiescenza alla menzogna, e quindi le premesse per una degenerazione sociale. Questa situazione va affrontata radicalmente e risolta con modalità e strategie diverse da quelle fino ad ora adottate, che hanno contribuito grandemente a realizzare le attuali conseguenze.

Il terreno sul quale si dovrebbe agire riguarda innanzitutto la formazione dei quadri dirigenti ecclesiastici, accompagnata dalla riforma della dottrina cristiana e dall’adattamento dell’insegnamento catechistico alle mutate possibilità e capacità degli attuali destinatari del messaggio evangelico.

Si dovrebbe partire dalla ricostituzione di quei modelli che non possono essere elusi da una società evoluta e restituire a ciascun individuo la speranza e la fiducia in sé stesso.

Si dovrebbe ritornare a professare gli insegnamenti di Cristo nel modo semplice che Lui stesso ha indicato, demolendo il castello di scomuniche, dogmi, supremazie, proibizioni che in duemila anni la Chiesa è riuscita ad accatastare intorno a sé stessa, perdendo pezzi consistenti e pregiati, isolandosi dalle comunità cristiane separate, facendo il vuoto di fedeli e circondandosi di farisei e di mercanti, come per agevolare un’opera disgregatrice. C’è un grande lavoro da fare e si deve volare alto: risolvere le questioni riguardanti il matrimonio dei sacerdoti e l’ordinazione sacerdotale delle donne che probabilmente sono più adatte dell’uomo a trasmettere un Messaggio che parla d’Amore. Quando il leone ruggisce, la pecora bela, e si dà il caso che un leone che vuole insegnare a qualcuno a belare non è affatto credibile. Vanno poi riesaminati i dogmi, in un quadro di comprensibilità storica, filosofica e pragmatica. Bisogna insomma avviare un processo di riunificazione dei Cristiani senza precedenti e scevro da pregiudizi di sorta. E questo compito spetta alla Chiesa Cattolica. Esistono elementi fondamentali comuni che consentono di superare ogni ostacolo. Non è una cosa assurda né impossibile accostare tra loro le liturgie praticate dalle varie Chiese e riaffermare e diffondere primariamente i cardini su cui poggia il Cristianesimo. Questi cardini che sono costituiti dalla carità e dall’amore, dalla pietà, dalla speranza e dalla giustizia  devono animare leggi, attività e funzioni ed incidere in ogni realtà civile. Ma questa azione potrà essere concretamente realizzata soltanto con il supporto di una unica comunità cristiana riconciliata e operante, in sintonia con i governanti delle nazioni, sulle esigenze effettive, piuttosto che sui principi e sulle resistenze.

Un nuovo Concilio Ecumenico. Perché questa opportunità si possa realizzare è necessario ricorrere ad uno storico grande Concilio Ecumenico che coinvolga però tutte le Chiese cristiane, non soltanto i Cattolici, e dimostri al mondo la forza del Vangelo di Cristo, finora dimostrata soltanto dai martiri. Se si vuole veramente dare credibilità al messaggio evangelico e riconquistare alla pratica religiosa quei tanti milioni di Cristiani censiti dalle Chiese cristiane cattoliche, separate e protestanti, è necessario rivedere tutta la costruzione, che è troppo vecchia, troppo complessa e troppo bugiarda per pretendere credibilità da una società diseducata, distratta, delusa, arida, fuorviata dall’inflazione mediatica e radicalmente mutata nella sua composizione e nelle prospettive per il suo futuro.

Non è più tempo di roghi, né di crociate, né di scomuniche, ma è tempo di ridare ai bimbi la famiglia, ai grandi la speranza e la capacità di collocarsi agevolmente nella propria storia ed ai sacerdoti la credibilità dei loro comportamenti nella vita e nelle pratiche di pietà e di culto, offrendo loro la soddisfazione di riuscire veramente e finalmente a contaminare la società di Vangelo dal suo interno e non da improbabili posizioni cattedratiche.

Tolto il sacrificio di pochi, rimane un Clero sordo al grido di dolore che si leva dall’umanità consunta e incapace di risvegliare nelle coscienze quei naturali sentimenti di solidarietà e determinazione che per millenni sono stati, malgrado tutto, patrimonio indistruttibile delle società civili, mentre oggi sono divenuti pratica di pochi sognatori, negletta e risibile per una intollerabile maggioranza.


 

 

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