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AVERE O ESSERE: QUESTO IL DILEMMA Nella sociologia di Erich Fromm le avvisaglie della globalizzazione e della cancel culture 18/02/2023 - MAX IACOPI (Assisi PG) LA SOCIOLOGIA DI ERICH FROMM <AVERE O ESSERE> La pubblicazione, nel 1976, del libro del filosofo tedesco Erich Fromm (1900-1980), “Avere o Essere”, ha proposto all'uomo, ed indirettamente alle Nazioni, la misura chiave della loro esistenza. L'avere, riferito alle cose, cioè le cose descrivibili e misurabili, l’essere, riferito ai sentimenti e all'esperienza umana in particolare, che risulta, in via di principio, indescrivibile e non misurabile. Il XX secolo è stato il secolo dell'avere, mentre il XXI sembra essere iniziato sotto la problematica dell'essere. Nel secolo precedente, l'umanità ha conosciuto una formidabile crescita materiale, invenzioni fondamentali e trasformazioni profonde dei modi di vita. Grazie al genio umano, all'aumento della produttività, alla meccanizzazione, l'umanità ha abbandonato una condizione di penuria, dove la morte regnava sovrana, per entrare in una società dell'abbondanza, in cui la vita diventa la norma. Un fenomeno ampiamente studiato da diversi sociologi ed economisti, fra i quali l'economista francese Jean Fourastié (19071-1990), al quale si deve, attraverso il suo libro “Les trente glorieuses: ou, La Révolution invisible de 1946 à 1975” l'espressione dei “Trenta Gloriosi”, che ha inventato e reso popolare. Questa crescita della produttività e dell'innovazione, iniziata agli già agli inizi del XVIII secolo, ha consentito i progressi della medicina e dell'agricoltura e lo sviluppo dell'industria, nonché la nascita di nuovi mestieri. La morte si é allontanata dall'orizzonte umano e la vita degli uomini ha fatto numerosi progressi e, fatto nuovo, i tempo libero, i piaceri e le vacanze sono diventati accessibili all'insieme della popolazione europea. Con essi lo sviluppo del turismo, della cultura, degli sport collettivi ed individuali. Noi siamo oggi talmente abituati a questo mondo dell'avere e dell'abbondanza come norma, che incontriamo serie difficoltà ad immaginare che cosa può essere stato il mondo di prima, quello della penuria come norma, della morte immanente e della carenza di agi e di comodità nella vita quotidiana. L'avere, duramente acquisito grazie al lavoro ed alle invenzioni, ha modificato le condizioni materiali e culturali dell'uomo. La civiltà dell'Avere non si è limitata solo all'Europa. La Corea del Sud ed il Vietnam, rovinati dalla guerra, assediati dalla povertà, non sembravano potessero avere un avvenire agli inizi degli anni 1960-70 ed invece essi sono ora paesi potenti ed esportatori. All'avere materiale si é aggiunto l'avere politico: i paesi dell'Africa sono nati ed hanno la loro indipendenza ed i movimenti di decolonizzazione possono essere letti come fenomeni di acquisizione di questo avere politico. La Cina ha ottenuto il suo posto sulla scena mondiale ed il concerto delle Nazioni, per molto tempo limitato ai paesi europei più occidentali, si è allargato all'insieme dei continenti. Per certuni, l'acquisizione dell'avere doveva portare alla fine della storia e non pochi continuano a pensarlo; per altri doveva, invece, condurre ad una uniformizzazione del mondo, sotto l'effetto della crescita della globalizzazione. Ma niente di tutto questo si é verificato., specialmente perché noi siamo passati dall'avere all'essere. Il mondo di fronte all'Essere Avendo ottenuto le condizioni materiali, politiche e sociali della loro esistenza, molti popoli si sono ormai posti la questione di conoscere chi sono. Questo interrogativo sull'essere, che non si riduce alla sola identità, rappresenta la grande problematica degli anni attuali. La globalizzazione ha certamente ha indubbiamente cancellato le culture più deboli, vale a dire quelle che non possedevano più la volontà di vivere, ma per contro ha rinforzato le culture forti, ovvero quelle che vogliono continuare ad esercitare un ruolo sulla scena mondiale. La modernizzazione non ha portato all'occidentalizzazione del mondo: se anche molti popoli aspirano alle condizioni materiali dell'Occidente (il suo avere), essi vogliono preservare e coltivare le loro specificità identitarie (il loro essere). Questo fenomeno spiega la presa del potere da parte dei Mullah in Persia (1979), la crescita del jihadismo in certi paesi mussulmani, il risveglio e la crescita dell'animismo e del voodoo in Africa, l'indigenismo sempre più marcato nell'America latina. Questo avviene perché i popoli, una volta ottenuto l'avere, ovvero l'abbondanza vitale e materiale, cominciano a porsi la questione dell'essere, sviluppandola, approfondendola o respingendola. Questa esigenza di conoscere chi siamo (l'essere) o per una nazione quale é il suo ruolo sulla scena mondiale, contribuisce alla fine dell'universalismo occidentale, al declino di questo mondo, che pensava di poter esportare agli altri popoli la sua visione messianica del mondo (la democrazia) e dell'uomo, vale a dire il suo essere. Noi ci troviamo ormai in un mondo multipolare, ma la cui multipolarità non si basa più sull'esistenza politica e sul fatto di avere un seggio all'ONU, ma sulla multipolarità delle esistenze, che si appoggia sul pluralismo delle culture, delle identità e delle storie. Questo mondo dell'essere costituisce una novità contemporanea e di fronte alla sua comparsa sulla scena del mondo gli Europei e, singolarmente, noi Italiani, dovranno nuovamente definire chi sono se non vogliono progressivamente perdere sia il loro avere che il loro essere.
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