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Le fissazioni dei protagonisti Verdi del Terzo Millennio

LA GUERRA SI FA COL PETROLIO NON CON LE FONTI RINNOVABILI

Nei sogni dei green, carri armati, caccia bombardieri e fregate a propulsione elettricc


24/02/2023 - M. Iacopi - C.Sarcià


(Assisi PG)

LA GUERRA SI FA COL PETROLIO

I GREEN SE NE FARANNO UNA RAGIONE

Da anni sentiamo parlare di decrescita felice come corollario di una non meglio identificata “transizione ecologica” santificata dall’aggettivo “green” (in italiano “verde”) posto che, malgrado l’Inghilterra sia uscita dall’Unione Europea, si è deciso che la lingua ufficiale dell’Europa deve essere, ahi noi, quella inglese. Furono per primi i Movimentisti filo cinesi detti “5 Stelle, del Governo Giallo-Verde, ad introdurre nei lavori parlamentari l’allocuzione “decrescita felice” mutuata dal fitto parlottio installatosi da tempo nei palazzi UE di Bruxelles. Una decrescita felice che è un ossimoro poiché diffusa senza spiegarne il senso, si propone di gabbare gli sprovveduti. Come si fa ad essere felici dopo che gli Italiani saranno diventati poveri come i Greci, dopo che non potranno più circolare automezzi a motore diesel e a scoppio, dopo che le costruzioni abitative non potranno più essere vendute o cedute i locazione se non saranno state oggetto di una riqualificazione ecologica dai costi proibitivi, per conseguire il risparmio energetico, dopo che chiuderanno o falliranno migliaia di attività artigiane ed industriali, dopo che si razioneranno medicinali e cure agli over 65 che una sopraffina mente europea considera un peso per l’economia degli stati membri, dopo che i prodotti alimentari italiani non potranno più essere prodotti e l’alimentazione dovrà essere costituita da prodotti proveniente dalla trasformazione di insetti e da surrogati delle carni prodotti in laboratorio da cellule animali?... Mentre noi italiani, come al solito, ci diamo la zappa sui piedi sottoscrivendo protocolli europei nocivi alla nostra vita e alla nostra economia, per poi arrivare nudi alla meta, probabilmente alla stregua di altri stati membri anche loro poco accorti, il resto del mondo (Cina ed India per prime) continuano ad emettere CO2 in quantità sproporzionate, gli Stati dell’UE vengono inutilmente costretti ad abbandonare i loro stile di vita per conseguire risparmi energetici infimi che incideranno in misura ridicola sul programma di arresto del riscaldamento terrestre. A questo punto sorge spontanea una riflessione semplice che è alla portata di chiunque abbia a cuore il problema. Quando gli Italiani sono passati dai mezzi a trazione animale, ai mezzi a motore i Governi non concesse incentivi ai cittadini per incoraggiare l’utilizzo delle automobili. Tutto avvenne con naturalezza e ben presto il mondo imprenditoriale, le famiglie, lo Stato stesso, compresero quanto il salto di qualità avrebbe rappresentato arricchimento e facilitazione in ogni campo del vivere civile. Così non è stato per l’introduzione delle preziose centrali nucleari in Italia, avversate da minoranze extraparlamentari (Verdi e Radicali), appoggiate dai famosi Pretori d’Assalto, che hanno impedito la naturale evoluzione della nazione, al contrario degli Stati confinanti che da decenni ci vendono energia elettrica proveniente da centrali nucleare ammassate ai confini dell’Italia (non solo il danno, ma anche le beffe). Adesso, a distanza di circa 50 anni, Verdi, Radicali e Progressisti, coi new entry Pentastellati, hanno compreso quale danno fecero all’Italia e tacciono allorché si comincia a parlare di ripartire con il nucleare. Purtroppo occorrono oltre 10 anni per costruire una centrale nucleare di ultima generazione. In ogni caso l'elettrificazione del campo di battaglia non sarà una realtà della prossima guerra. Il legame fra la guerra ed il petrolio ci sembra molto evidente: da più di un secolo gli idrocarburi sono la principale fonte di energia, come anche una materia prima più importante (ad esempio per la produzione di plastica) nelle economie avanzate. Disporre del controllo sull'approvvigionamento (disponibilità e prezzi) degli idrocarburi costituisce, conseguentemente, una sfida fondamentale per tutti gli Stati ed una posta in palio vitale per le potenze. Sarebbe impossibile essere una potenza senza essere in condizioni di assicurare la disponibilità di questa risorsa, senza interruzioni ed a prezzi abbordabili. A tal fine, risulta necessario creare e controllare una catena di rifornimenti e di stoccaggio che, partendo dai campi di produzione arrivi all'utilizzatore finale, passando attraverso il trasporto via terra e via mare e la raffinazione. Occorre ugualmente assicurarsi della buona salute di un immenso ecosistema: l'industria (l'industria petrolchimica, ma anche le filiere di ingegneria e di tecnologia, che producono macchine e tubi), i servizi, la formazione del personale per le differenti attività, l'esplorazione (ricerca di campi petroliferi di produzione per i prossimi 10 o 20 anni) ed altri settori importanti, come i professionisti del finanziamento di queste differenti attività.

Necessità dell'ecosistema del petrolio.

Tuttavia, con la transizione energetica, i politici e le opinioni pubbliche tendono ad allontanarsi dal petrolio ed in minor misura dal gas, per investire e sviluppare energie rinnovabili senza base di carbone. Investire nel petrolio, peraltro, diventa sempre più complicato: l'Agenzia Internazionale dell'Energia (AIE) raccomanda di smettere di costruire nuove infrastrutture ed installazioni, i giovani si allontanano dai mestieri connessi con questo ecosistema ed, a poco a poco, si perdono competenze e capacità. Nella prospettiva di una transizione verso una mobilità elettrica e di una energia elettrica sempre più prodotta dal nucleare, dal solare e dal vento, il declino ed il deperimento dell'ecosistema del petrolio sembra allo stesso tempo ineluttabile e forse, desiderabile. Certamente, esistono attività e settori in cui le soluzioni di ricambio sembrano lontane, se non inesistenti (ad esempio l'aviazione), ma globalmente, la fine del petrolio, o almeno la sua marginalizzazione sono ormai largamente accettati. Ma senza petrolio, risulta certamente impossibile condurre una guerra e questo è tanto più vero ed a lungo per il fatto che la Cina e la Russia continuano nel perseguimento delle loro strategie di potenza, basate su grandi eserciti di carri armati, blindati, fregate ed aerei. In questa situazione, rinunciare alla possibilità di approvvigionarsi di petrolio, abbondante e non troppo caro, equivale, più semplicemente a disarmarsi.

Senza petrolio niente guerra

Se noi oggi ipotizziamo già i mezzi di trasporto disponibili ed efficaci che non hanno bisogno di petrolio (vetture elettriche con pile elettriche oppure ad idrogeno), questo tipo di tecnologie sono completamente inadatte alle esigenze/necessità di un esercito. Carri armati elettrici a batteria pongono talmente tanti problemi tecnici e logistici, che possono essere considerati come impossibili. Così, come per tutto quello che scorre sul terreno (veicoli blindati, artiglieria, macchinari del genio, veicoli leggeri ogni terreno, camion). I motori a combustione interna ed il suo carburante sono talmente efficaci, efficienti e flessibili, che sarebbe semplicemente un suicidio sostituirli anche nel medio periodo. Per l'aviazione militare, la dimostrazione risulta ancora più facile: chi può immaginare un aereo da caccia di ultima generazione o un aereo da trasporto elettrico?... Nella Marina, una motorizzazione nucleare, appare ipotizzabile da un punto di vista tecnologico, ma a lungo termine e non applicabile a tutti i tipi di battello in servizio. Diversi eserciti si sono già lanciati nello sviluppo di una nuova generazione di veicoli elettrici. Per quanto attiene il veicolo individuale e le sue prestazioni, sono stati già sperimentati alcuni prototipi negli USA, nel Regno Unito ed in Australia. Alcuni motori per impiego militare godono già di una autonomia di 300-350 km., vale a dire all'incirca l'autonomia dei loro omologhi a diesel. Tuttavia, saremo in condizioni di vedere, in un avvenire prossimo, Brigate da combattimento che si appoggiano sull'elettrico per far fronte alle loro necessità di energia?... Molto probabilmente no. Una delle maggiori difficoltà consiste nella capacità di ricarica. Per i camion rifornitori che operano nelle retrovie, potrà non essere un problema. Ma dispiegare colonnine sul campo di battaglia, stazioni di rifornimento operative ed affidabili, capaci di ricaricare rapidamente diversi veicoli simultaneamente sulla linea del fronte e del fuoco nemico, costituisce più semplicemente un altro dipartimento.

Problemi di impiego delle batterie

Oggi, nessun esercito dispone della capacità di ricaricare un veicolo tattico o da combattimento, interamente elettrico o ibrido, nel contesto di un campo di battaglia ad alta intensità, come in Ucraina. Sebbene gli eserciti possano trarre vantaggio dalla tecnologia, dalle tecniche e dall'esperienza di ricarica, sviluppate e cumulate per i veicoli elettrici civili, l'ambiente del campo di battaglia presenta diverse esigenze particolari e specifiche. Le stazioni di ricarica commerciali sono oggi fisse e pesanti, mentre le forze terrestri hanno bisogno di stazioni di ricarica mobili, che possano essere rapidamente trasportabili da un luogo all'altro, in zone di combattimento, su terreno difficile ed in condizioni metereologiche complesse. Questo livello di mobilità e di flessibilità rende praticamente impossibile l'alimentazione attraverso una rete elettrica.Le stazioni di ricarica ad uso civile sono oggi su cavi sulla rete commerciale, che ben raramente potrà essere disponibile sul campo di battaglia, diventando la stessa obiettivo prioritario dell'avversario. Tutto questo presuppone la necessità di sviluppare una capacità di produzione di energia di diversi megawatt all'interno di ogni stazione campale di ricarica. Altro problema: le stazioni di ricarica commerciali variano fra i 400 Kilowatt ed i 400 megawatt. Ma, tenuto conto delle dimensioni dei veicoli militari e l'insopprimibile imperativo di ricaricare rapidamente e simultaneamente diverse piattaforme a partire da una sola stazione di ricarica, occorrerà disporre sul terreno di stazioni di ricarica molto più grandi. Infine, queste stazioni di ricarica dovranno essere idonee ad operare efficacemente, sia nel deserto, come nella jungla, in condizioni di temperature estreme, di esposizione al sale ed alla sabbia e sotto l'immanenza di urti e di vibrazioni, rilevanti. Questo problema di ricarica tattica limita fortemente la capacità di sfruttare i vantaggi dei veicoli militari altamente elettrificati e tali vantaggi sono numerosi e non irrilevanti: in primo luogo la furtività (poco rumore, nessun fumo, emissione di poco calore ai fini del rilevamento termico) e la logistica semplificata (meno pezzi di ricambio, cessata necessità di rifornire di petrolio ed olio lubrificante, le unità in prima linea, manutenzione più facile). La conclusione di questa riflessione appare alquanto semplice. Per diversi decenni ancora, la nostra capacità di condurre conflitti di alta intensità e di lunga durata di fronte ad avversari potenti, di livello statale, dipenderà ancora dal petrolio. E per poter garantire il funzionamento di questo strumento bellico dovremo continuare a mantenere in buono stato tutte le filiere di produzione, di stoccaggio e di rifornimento degli idrocarburi. Altrimenti, in una prossima guerra (che la storia dalla nascita dell'uomo e la statistica non esclude a priori), prima di soffrire di una carenza di uomini, di munizioni o più semplicemente di volontà, saremo costretti a correre il rischio di rimanere “a secco”. In definitiva, oggi e credo per molto tempo ancora, il petrolio costituirà l'ultimo presidio a garanzia della nostra libertà. Assistiamo da tempo al delirio “green” della “transizione ecologica”. L'elettrificazione del campo di battaglia non sarà una realtà della prossima guerra. Il legame fra la guerra ed il petrolio ci sembra molto evidente: da più di un secolo, gli idrocarburi sono la principale fonte di energia, come anche una materia prima più importante (ad esempio per la produzione di plastica) nelle economie avanzate. Disporre del controllo sull'approvvigionamento (disponibilità e prezzi) degli idrocarburi costituisce, conseguentemente, una sfida fondamentale per tutti gli Stati ed una posta in palio vitale per le potenze. Sarebbe impossibile essere una potenza senza essere in condizioni di assicurare la disponibilità di questa risorsa, senza interruzioni ed a prezzi abbordabili. A tal fine, risulta necessario creare e controllare una catena di rifornimenti e di stoccaggio che, partendo dai campi di produzione arrivi all'utilizzatore finale, passando attraverso il trasporto via terra e via mare e la raffinazione. Occorre ugualmente assicurarsi della buona salute di un immenso ecosistema: l'industria (l'industria petrolchimica, ma anche le filiere di ingegneria e di tecnologia, che producono macchine e tubi), i servizi, la formazione del personale per le differenti attività, l'esplorazione (ricerca di campi petroliferi di produzione per i prossimi 10 o 20 anni) ed altri settori importanti, come i professionisti del finanziamento di queste differenti attività.


 

 

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