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Attualitą

GUERRA DI MONETE, GUERRA DI IMPERI

Quando si parla di economia é inevitabile parlare della sua base, la moneta


15/03/2023 - Massimo Iacopi


(Assisi PG)

Parlare di guerra di monete significa, quindi, di parlare di lotta per l’egemonia nel mondo. Per gran dispiacere di quelli che riducono l’Economia alla Matematica o che la confondono con la Finanza, essa é in primo luogo una filosofia. Studiare l’economia significa analizzare la filosofia politica, la visione dell’uomo, i rapporti sociali, le conseguenze degli scambi. Alla base dell’economia si trova la moneta che ne costituisce l’elemento fondamentale. La guerra delle monete, rappresenta, pertanto ed in primo luogo, la guerra fra sistemi politici e fra visioni antagoniste o alternative del mondo. Il termine “economia” é stato forgiato da Senofonte (-430 / -355) nel Trattato dallo stesso nome (o “Leggi per il Governo della Casa”), dialogo fra Socrate e Crisobulo. Dialogo sull’arte e la maniera di gestire una proprietà agricola, ma anche sulla logica di comando, questo testo pone le basi dell’economia politica, così come lo era il nomos (la norma, il diritto) della Casa. Tutto é basato sullo scambio, di cui il dialogo ne é uno degli esempi, inteso come scambio di parole e di pensieri. E quello che consente lo scambio é proprio la moneta. Riferimento di valore, riserva di cambio, la moneta rappresenta anche la manifestazione del potere politico. Dai Talenti ai Fiorini. La Dracma ateniese manifesta la potenza della città, come più tardi il denaro d’argento e l’aureo di Ottaviano Augusto (-63/ 14) simbolizzeranno la stabilità ed il potere di Roma. L’adesione della popolazione all’Impero si misura con la diffusione e l’utilizzo della moneta al di fuori della sua città d’origine. Il tesoro di Delos, ai tempi di Pericle, ha favorito l’uso della Dracma ateniese e del talento, unità di misura che equivale a 6 mila dracme. Nell’epoca in cui le monete risultano fatte di metallo, possedere miniere d’argento e d’oro garantisce la produzione mineraria e quindi, direttamente, la potenza della moneta. Durante la guerra del Peloponneso, le città erano costrette a proteggere, allo stesso tempo, il loro accesso alle risorse in cereali (Mar Nero, Sicilia) e quello alle miniere di metalli preziosi. Roma riprende e prosegue questa logica di potenza monetaria, unificando l’uso delle monete nell’Impero, anche se numerose monete continueranno comunque a circolare localmente. La riforma e l’organizzazione di Giulio Cesare (-100 / -44) e di Augusto si manifestano nel campo politico e giuridico, come anche nel settore monetario. Il denario costituisce una moneta d’argento del peso di 3-4 grammi, a seconda delle epoche ed equivaleva a dieci Assi (Aes in bronzo; presso i Romani i dieci Assi erano chiamati decussis, da cui deriva denaro). Augusto creerà l’aureo, moneta d’oro che equivale a 25 denari, utilizzata essenzialmente come riserva di valore. Ma la potenza di una moneta si estrinseca anche attraverso il suo impiego, la sua grammatura, ma anche per il suo conio. La testa dell’imperatore ed i simboli coniati ci riferiscono indubbiamente qualche elemento della politica e dell’immagine di colui che cerca di promuoverla. Questo aspetto in una moneta è ad essa intrinseco e si impone come manifestazione di una potenza politica che, oltre ad avere un impiego economico, costituisce un tratto parlante per quelli che l’utilizzano. Quale miglior moneta agli occhi della popolazione quella d’oro o d’argento, del peso giusto e che, per di più, é il simbolo di un potere senza limiti ? In definitiva, per la popolazione, una certa moneta rappresenta una garanzia di solvibilità, mentre per il potere costituisce un elemento basilare per la condotta della sua politica e per il mantenimento della sua influenza. Dopo la caduta dell’Impero romano e del suo sistema economico, nel corso del Medioevo si riproduce, a livello locale l’abbinamento fra potere e moneta e nella lotta per il predominio regionale, non cesserà di svilupparsi, diventando uno dei mezzi insieme alla forza militare per la ricostruzione dell’Impero Carolingio e Romano Germanico. Di fatto, con la fine dell’impero, la moneta mette in evidenzia la concorrenza fra le città, le città stato, i regni, i grandi vescovi e le abbazie. Coniare la propria moneta costituisce un segno di sovranità e di indipendenza ed allo stesso significa l’inserimento in un tessuto economico, affermando, nel contempo, la sua esistenza e la propria potenza di fronte agli altri. L’abbazia di Cluny, che dal suo feudo borgognone, si é sparsa per tutta l’Europa, dispone di un suo proprio denaro d’argento, coniato con le sue proprie armi. La Firenze del XIII secolo conia la sua moneta che prende il nome di Fiorino, con riferimento al giglio, simbolo della città e presente sul verso della moneta. Una delle lotte politiche di Luigi IX di Francia (1214- 1270) é stata quella di imporre il grosso tornese (di Tours) d’argento, per mezzo di un’ordinanza del 1266; fatto che consentiva di garantire una stabilità monetaria del regno e di limitare la concorrenza delle monete battute dai grandi feudali e dai grandi vescovi. Disporre di un propria moneta costituisce sempre una manifestazione di libertà e di potenza politica. La lira tornese viene coniata a Tours dall’Abbazia di San Martino, polo spirituale principale del nord della Francia. Essa risulta in concorrenza con la lira parisis, coniata a Parigi, prima ancora di rimpiazzarla, nel 1203, quando la Turenna (regione di Tours) viene annessa al regno di Francia. Nel 1360 viene creato, nel Regno di Francia, il franco a cavallo, al fine di contribuire a pagare il riscatto del re, Giovanni II il Buono (1319-1364). Ancora una volta, la moneta é stata utilizzata come strumento politico per affermare il potere del regno e come mezzo per permettere la sua indipendenza nei confronti dell’Inghilterra. Esiste una ragguardevole continuità nell’uso della moneta, dai Greci ai nostri giorni e nella doppia presenza di una moneta d’argento e di una moneta d’oro, il noto sistema bimetallico. Quest’ultimo scompare alla fine del XIX secolo, quando si impone il modello fiduciario, vale a dire la moneta di fiducia, basato non più su uno quantitativo d’oro posseduto dagli Stati, ma sulla fiducia intrinseca nei confronti di una moneta, in quanto la stessa rappresenta il valore politico di uno Stato. Il caso tipico lo troviamo oggi con il dollaro e l’euro, la cui potenza non si basa sull’oro della FED o della BCE, ma sulla potenza economica degli Stati, che queste monete rappresentano. Un euro che può essere utilizzato al di là dell’Unione Europea, poiché rappresenta la moneta indicata nell’aeroporto di Istanbul, di San Pietroburgo e di Baku e perché risulta possibile pagare in euro nella maggior parte dei paesi del Maghreb. Sotto questo aspetto, a partire da Senofonte, la moneta non ha cambiato la sua natura: é sempre la fiducia che predomina nel suo impiego.

Diritto e moneta

La moneta impone anche il diritto. Dopo la messa in opera, da parte degli USA, delle leggi di extraterritorialità, tutte le imprese che fanno uso del dollaro per le loro transazioni risultano suscettibili di incorrere nell’intervento dei tribunali americani ed in particolare, del Dipartimento di Giustizia (DoJ), se accade che le imprese infrangano il diritto americano. Sono numerose le imprese europee ad averne subito le conseguenze, per mezzo di ammende e di pressioni che le hanno costrette ad allinearsi alle norme americane. Gli USA, forti del loro monopolio, non hanno avuto alcuna difficoltà ad imporre il loro ordine giuridico. Ormai, tenuto conto che il potere del dollaro si é indebolito, da un lato, a seguito dell’introduzione delle cripto-monete e dall’altro soprattutto da parte della Cina, la guerra di diritto attraverso il dollaro, non potrà avere luogo che nell’ambito dei paesi che rimangono nell’orbita dello stesso, e nel caso specifico, essenzialmente gli Europei. In effetti, come la storia largamente insegna, non esiste diritto senza una polizia in grado di fare applicare le leggi. La potenza economica degli USA, rendendo non aggirabile il loro mercato, impediva alle imprese, a prescindere dalle loro dimensioni, di liberarsi dalla tutela della extraterritorialità. Impossibile, inoltre, di fare ricorso all’uso di un’altra moneta, specialmente nell’acquisto di energia. L’Euro, che doveva assolvere questo ruolo e che é stato considerato come tale alle popolazioni europee, non é stato mai in misura di rivalizzare con il dollaro. La vera rivalità é arrivata dalla Cina, che, per effetto della sua massa geografica e demografica e la sua potenza economica, pazientemente edificata, può ormai creare un suo proprio mondo monetario (rembimbi), che non raggiunge, però, una sfera monetaria mondiale, ma solo regionale. Ma sembra che al momento, la Cina sia soddisfatta dei risultati conseguiti, anche perché é riuscita a catalizzare intorno a sé i nemici o gli esclusi dall’America, in special modo la Russia. Un nuovo ordine del mondo attraverso la moneta. Non esiste economia senza moneta, che consente gli scambi e testimonia lo stretto legame fra economia e politica. Non esiste, tra l’altro, economia senza energia ad un prezzo ragionevole, nel sistema che consente di trasformare l’energia in produzione. Esistono due tipi di energia: l’alimentazione (energia per l’uomo e per l’animale) ed energia per la produzione come il petrolio, il gas, il nucleare. La guerra d’Ucraina ha riportato all’attenzione questa realtà, spesso occultata; l’energia e con essa l’accesso ad una energia abbondante ed a buon mercato, costituisce il fondamento di ogni politica economica. Per molto tempo il dollaro ha avuto il monopolio delle transazioni sul mercato energetico. Da diversi anni, la Cina tenta di spezzare questo monopolio, creando le condizioni di un mercato finanziario parallelo che gli consenta di acquistare la sua energia non più in dollari, ma in Yuan Rembimbi (RMB). Quando questo si verifica, non solo le transazioni sfuggono al diritto americano e quindi alla giurisdizione americana, ma nello stesso tempo il paese si affranca dalla tutela americana e dal privilegio del dollaro. Si tratta dei primi segni della fine di un monopolio che non é unicamente monetario e finanziario, ma anche, politico. Neanche durante il grande periodo della Guerra Fredda, il Rublo é riuscito a svolgere un ruolo paritario con il dollaro. Quello, invece, che la Cina é in grado oggi di realizzare ci riporta, per certi aspetti, a quello che ha già conosciuto l’Europa durante l’epoca medievale e moderna, quando esisteva una vera concorrenza fra monete, conseguenza della concorrenza fra gli Stati.

La fiducia cinese

Se la Cina paga il suo petrolio in RMB, tutta l’Asia, eccetto il Giappone e la Corea del Sud, farà la stessa cosa. I paesi nemici dell’America, come la Russia, il Venezuela, probabilmente l’Iran, venderanno, a loro volta, il loro petrolio in RMB e non più in dollari. La questione oggi si pone per i Sauditi. Resteranno questi fedeli all’alleanza americana oppure giocheranno sulla concorrenza fra le potenze, avvicinandosi alla Cina ? Se il dollaro perde il suo monopolio della transazione energetica, l’America non potrà più finanziare le sue spese attraverso il debito e la creazione di moneta, fatto che avrà importanti conseguenze non solo negli USA, ma anche e soprattutto in Europa. La Cina dispone già di tutti gli strumenti per operare il rovesciamento finanziario del mondo e per affrancarsi dal monopolio americano: a termine un mercato del petrolio a Shanghai, quotato in loco, una banca internazionale per fare concorrenza al Fondo Monetario Internazionale (FMI) ed alla Banca Mondiale, per la stabilizzazione dei tassi di cambio asiatici nei confronti del RMB, ecc. Il mondo consuma circa 100 milioni di barili di petrolio al giorno e risulta abituale da parte degli utilizzatori di mantenere circa tre mesi di stoccaggi. A 70 dollari al barile, questa riserva vale all’incirca 600 miliardi di dollari, il cui valore può essere raddoppiato, tenendo conto dei prodotti finiti. Se gli acquisti non vengono più fatti unicamente in dollari, ma anche in RMB, si viene ad avere, per effetto della diminuzione delle riserve petrolifere, un eccedente rilevante di dollari impiegati nei fondi di circolazione dell’industria petrolifera, che verrebbero, inevitabilmente, impiegati sul mercato. Questa liquidità in surplus, iniettata sui mercati internazionali, contribuirebbe a rendere più fragile il valore del dollaro, favorendo l’inflazione negli USA, poiché, in effetti, l’inflazione non é determinata dall’aumento dei prezzi, ma soprattutto dal deprezzamento del valore della moneta (per effetto di un surplus di liquidità). Affinché il dollaro possa conservare la sua pozione privilegiata, occorre che gli altri paesi mantengano la fiducia nello Stato a cui appartengono, ovvero gli USA. Allo stesso modo, le imprese e gli Stati utilizzeranno il RMB solo se essi ripongono la loro fiducia sulla Cina, o se essi cercano di spezzare il monopolio americano. E’ un fatto inoppugnabile constatare che la fiducia negli USA si sta erodendo. Fra un presidente dai segni inquietanti di senilità, un atteggiamento che “annulla” (cancel  culture), che devasta le Università ed i luoghi di pensiero e di riflessione, la fiducia nella potenza culturale e politica americana si sta indebolendo. A tutto questo, si aggiunga la perdita di fiducia nella sua potenza economica, a causa del suo massiccio indebitamento derivato dalle politiche di bilancio ed economiche keynesiane, che, di fatto, la rendono meno solida. Alla perdita di fiducia culturale ed economica si aggiunge uno stato di quasi abbandono militare. Gli USA, praticamente cacciati dall’Afghanistan, messi in grave difficoltà in Iraq ed in Siria, non sembrano più capaci di imporre il loro ordine attraverso le loro forze armate, sebbene siano le più grandi e potenti al mondo, un settore che, peraltro, accaparra una grande parte del bilancio statale. Di fronte agli Americani, la Cina riesce a guadagnare punti nella fiducia internazionale, attraverso investimenti massicci nella sua marina, aprendosi all’Eurasia con le rotte della Seta e soprattutto insediandosi in Africa. In un avvenire, probabilmente prossimo, appare del tutto probabile, come primo passo nella suddetta direzione, che la Cina proponga la sostituzione del Franco CFA - Comunità Finanziaria Africana) con un Rembimbi africano, che farebbe passare i paesi francofoni africani, dalla dipendenza della Francia a quella della Cina.

 


 

 

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