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Geopolitica
L’INVASIONE DELLA GEORGIA CHIODO FISSO DELLA RUSSIA
Nel 1921 l'URSS e nel 2008 la Russia danno luogo a politiche invasive vecchie 250 anni.
09/06/2023 - Massimo Iacopi
(Assisi PG) L’invasione della Georgia chiodo fisso della Russia Questo paese del Caucaso viene concupito dalla Russia da oltre 250 anni. Nel 1921 l'URSS, con l'invasione da parte dell'Armata Rossa, pensa erroneamente di aver definitivamente regolato la questione. Riacquisita l'indipendenza dopo la caduta dell'URSS, la Georgia subisce una ulteriore invasione da parte della nuova Russia con l'amputazione della Abkhazia e della Ossezia del sud. Per Tbilisi l’offensiva del presidente Medvedev, nell'estate del 2008, non è stata altro che l’ultimo episodio in ordine di tempo di un conflitto secolare. Gennaio 1919. Le relazioni fra Mosca e Tbilisi sono particolarmente tese. I Georgiani, approfittando della rivoluzione bolscevica d’ottobre 1917 e della prima guerra mondiale, hanno proclamato la loro indipendenza il 26 maggio 1918. Coscienti del fatto che non potranno resistere a lungo al loro potente vicino del nord, nel caso che questi si decidesse a recuperare quello che fino a poco tempo prima era una delle sue province, i Georgiani si pongono sotto la protezione dei Tedeschi, nella speranza che questi ultimi saranno ugualmente in condizioni di contenere anche le mire espansionistiche della Turchia a sud. Un corpo di 3 mila uomini, comandato dal barone Friedrich Kress von Kressenstein (1870-1948) viene inviato a Poti nel giugno 1918. Allorché, nell’autunno 1918, si profila ormai per le truppe del Kaiser una pesante sconfitta, Tbilisi invia alcuni emissari nelle capitali europee al fine di assicurare la sopravvivenza della giovane repubblica georgiana. L’offerta georgiana è allettante. Tbilisi propone una concessione trentennale sullo sfruttamento dei principali giacimenti di carbone, in cambio di un trattato di assistenza militare, che servirebbe a dissuadere i Sovietici dall’intervenire ed i Turchi dal conquistare nuovi territori. Questi negoziati dureranno per tutto il 1919. La Francia, sollecitata in tal senso ma spossata dalla guerra, declina l’offerta. La Germania, la cui regione mineraria della Ruhr è sotto occupazione, sulla base del Trattato di Versailles, accetta. In gran segreto dei consiglieri militari vengono inviati da Berlino nel Caucaso, già dalla fine del 1919, proprio nel momento in cui i contingenti tedeschi lasciano il paese e che i britannici si sono accasermati a Batum dal novembre 1918. L’ammiraglio Sir Arthur Somerset Gough Calthorpe (1865-1937), che comanda questo corpo composto da diverse centinaia di uomini, risulta incaricato di contenere eventuali intrusioni ottomane. Mosca, già invischiata nella guerra civile con i Russi bianchi, non ha altra scelta che riconoscere l’indipendenza della Georgia il 7 maggio 1920 ed il giorno stesso viene firmato un “Trattato di non ingerenza” fra i due paesi. La Russia si impegna, sulla base dell’articolo 1, a “rinunciare a qualsiasi intervento negli affari interni della Georgia”. Ma la redazione del testo risulta ambigua. Forse i negoziatori georgiani, nella fretta di firmare l’accordo, non hanno avuto il tempo sufficiente per analizzare approfonditamente le condizioni dell’apertura di normali relazioni diplomatiche fra i due paesi ! Mosca esige che gli eserciti stranieri siano evacuati dalla Georgia e che i comunisti, accusati di attentati dai tribunali di Tbilisi, siano liberati. Due pretesti sognati e preparati da Mosca per il futuro. E’, di fatto, in virtù del preteso non rispetto di queste due clausole che Lenin invia l’Armata Rossa a riconquistare la Georgia, l’11 febbraio 1921. Eppure proprio in quel momento i negoziati diplomatici intrapresi con le capitali occidentali sembravano portare i loro frutti. Il governo georgiano nutre buone speranze di ottenere il suo riconoscimento da parte della Società delle Nazioni di Ginevra ed il 27 gennaio 1921 il ministro degli esteri francese Aristide Briand (1862-1932) informa il suo omologo georgiano Evgenij Gegechkori (1851-1954) che la Francia riconosce l’indipendenza del suo paese: “dopo aver preso conoscenza della decisione con la quale il Consiglio supremo (di Versailles), alla data del 26 gennaio 1921, ha deciso di riconoscere de jure l’indipendenza della Georgia, le potenze alleate sono felici di poter nuovamente testimoniare la simpatia con la quale esse hanno seguito gli sforzi del popolo georgiano verso l’indipendenza e l’ammirazione che loro ha ispirato l’opera sin qui compiuta”. Speranza delusa. 15 giorni più tardi, l’11 febbraio, 50 mila soldati dell’Armata Rossa attaccano la Georgia. Mosca fa man bassa nel Caucaso senza che l’Occidente abbia una minima reazione. In meno di due settimane, Tbilisi cade, anche se alcune sacche di resistenza continueranno per qualche tempo i combattimenti. Il 25 febbraio la Repubblica democratica della Georgia, diventa la Repubblica socialista sovietica della Georgia, proclamata dagli invasori, prima di formare, nel 1922, con l’Armenia e l’Azerbaigian, la Repubblica socialista sovietica federale di Transcaucasia, a sua volta membro dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). L’Occidente scopre a quel punto, impietrito, che il Soviet Supremo intende proseguire la politica della Russia zarista. Un documento del partito comunista georgiano riassume il colpo di mano: “La nostra rivoluzione georgiana è cominciata nel 1921 attraverso la conquista della Georgia con le baionette dell’armata Rossa. La sovietizzazione della Georgia si è presentata sotto la forma di una occupazione da parte delle truppe russe”. Si legge più avanti: “Nel 1921 il Partito è rimasto quasi passivo durante l’offensiva dell’Armata Rossa in Georgia. Questo dimostra che, anche nel passato, i bolscevichi georgiani hanno evidenziato gravi deviazioni nei riguardi del bolscevismo ufficiale e veramente leninista”. Dimostrazione più che evidente dell’esistenza di un grave conflitto fra i partiti comunisti di Mosca e Tbilisi. Il 16 marzo, l’Assemblea Nazionale, riunita a Batum, vota una mozione che raccomanda al governo georgiano di continuare la lotta dall’estero. Un esilio forzato che conduce Noé Nikolaevic Zhordania (1868-1953) ed i suoi principali ministri, prima a Costantinopoli, quindi a Parigi, dove si organizzerà la resistenza. Mosca riprende il controllo di questa posizione strategica, aperta sul Mar Nero. Il suo esercito, in effetti, occupava già la regione dal 1801, in quanto la Georgia risulta nell’orbita russa sin dal XVIII secolo ! Epoca in cui Pietro I il Grande decide di impossessarsi della Crimea, al fine di ottenere uno sbocco per il suo impero sui “mari caldi”. La Georgia, conquistata nell’antichità, a turno, dai Persiani, dai Greci, dai Romani e dai Bizantini e, nel VII secolo, dagli Arabi, convertita al Cristianesimo nel IV secolo, riesce a riunificarsi solo nel X secolo con l’avvento della dinastia del Bagratidi (da nome del re Bagrat III (960-1014), che ascende al trono del paese nel 975). Questa dinastia regnerà dodici secoli ed una delle sue più grandi figure è rappresentata da una donna: la regina Thamar, o Tamara (1160-1213), il cui regno (1184-1213) sarà a lungo considerato come l’età d’oro della Georgia. La giovane donna, dotata di una grande intelligenza, prende il potere a 24 anni, ingrandisce il suo reame fino al Mar Caspio, si mostra sensibile nei confronti dei poveri per i quali fa costruire degli istituti di carità, sviluppa le arti e le lettere, ma soprattutto, mantiene la pace con i suoi vicini. Ma la prosperità del paese attira delle brame, nel XIII secolo da parte di un nuovo conquistatore: il capo mongolo Gengis Khan (1162-1227), i cui cavalieri della Orda d’Oro invadono il Caucaso nel 1222 ed impongono il loro dominio dal 1238 fino all’inizio del XIV secolo. Il tempo di una breve rinascita georgiana è interrotto nel 1387 da un secondo flagello mongolo, Timur Lang (Timur lo Zoppo) o Tamerlano (1336-1405) ed i suoi discendenti, che regneranno sulla Georgia fino al XV secolo. Dopo la firma del Trattato di Amasya, nel 1555, Ottomani e Persiani occupano rispettivamente l’occidente e l’oriente del Caucaso, ogni legame della Georgia con il mondo occidentale viene ad interrompersi ed il paese si trasforma in un terreno di scontro fra le due superpotenze della regione: la Sublime Porta di Felicità e l’Impero persiano. Irakli (Eraclio) II, re di Kartlia e Kakhezia (1720-1798) (piccola enclave orientale della Georgia, riuscita a preservare l’integrità del suo territorio), nella speranza di preservare il suo popolo dai suoi ingombranti vicini, si getta nella bocca del lupo: il 24 luglio 1783 firma un “Trattato di amicizia e di assistenza” con la corte di San Pietroburgo. Occasione favolosa per l’imperatrice Caterina II (1729-1796). Questo accordo pone la Georgia sotto la protezione – e la dipendenza - dell’esercito russo. Irakli ritiene che questa alleanza militare gli permetterà di affrancarsi dal doppio giogo di Costantinopoli e di Isfahan. In un primo tempo, San Pietroburgo gli darà persino dei pegni, inviandogli, in particolare, il generale Grigorj Aleksandrovic Potiomkin (1739-1791) nel 1784 per organizzare il suo dispositivo difensivo. Ma questa missione non riesce ad impedire una offensiva dei Persiani contro Tbilisi nel 1795. Peggio ancora ! All’indomani della morte di Irakli, nel 1798, il suo paese viene consegnato alla Russia ed in tal modo la Georgia si ritrova annessa da parte del suo “protettore” il 16 febbraio 1801. I Russi intendono fare del passato della Georgia “tabula rasa”. Fra i provvedimenti più significativi, essi vietano ai Georgiani di praticare la propria lingua. Fra il 1803 ed il 1805, le famiglie più influenti del paese vengono deportate in Siberia. Nel 1810 l’esercito zarista reprime nel sangue le insurrezioni della Kakhezia, prima di ridisegnare la frontiera occidentale, riprendendo il porto di Poti alla Turchia nel 1828. L’occupante fa anche venire degli immigranti russi che, beneficiando di un clima molto clemente, svilupperanno una agricoltura intensiva. La chiesa ortodossa russa, viene impegnata in questo processo di colonizzazione. I Sovietici, riacquisendo il controllo della Georgia nel 1921 non fanno altro che riaprire il vecchio discorso imperiale. Molti comunisti georgiani risultano favorevoli a questo ricongiungimento forzato. Il più celebre è il nuovo Segretario Generale del partito (nominato nell’aprile del 1922): Josif Vissarionovich Giugasvili (1878-1953), più conosciuto sotto il nome di Giuseppe Stalin. Soprannominato il “montanaro del Cremlino” o l’uomo dal “largo viso di Osseta”, Stalin rivendicherà fieramente le sue origini durante tutta la sua vita. Anche se si reca raramente in Georgia per ragioni di sicurezza (egli effettua il suo ultimo viaggio nel 1935 e non si recherà neanche alla cerimonia funebre di sua madre nel 1937), egli ama risiedere sulle rive del Mar Nero a Soci, in territorio russo (la città è stata scelta per l’effettuazione dei giochi olimpici invernali del 2014). All’epoca della guerra fredda, vengono installati in Georgia decine di batterie di missili, puntate verso Occidente ed un robusto contingente di quasi 100 mila uomini staziona in permanenza nella repubblica, che rimarrà fino al crollo dell’Unione Sovietica, nel dicembre 1991. Nel frattempo in Francia, per un certo periodo, i Georgiani in esilio si organizzano. Il 24 giugno 1922 acquistano una proprietà a Leuville sur Orge, 25 chilometri a sud di Parigi, che diventa il cuore della resistenza all’occupazione sovietica. Noé Khomeriki (1883-1924), ex ministro dell’agricoltura, ritorna nel 1924 in Georgia per preparare una sollevazione generale. Per due settimane una parte della Georgia riesce a liberarsi. Ma alla fine tutto finisce con un fallimento che viene pagato molto caro. Khomeriki viene arrestato e giustiziato, insieme ad altri 3 mila fautori, ai quali vanno aggiunti circa 100 mila Georgiani deportati o detenuti. Alcuni insorti riescono a riguadagnare la Francia e si installano a loro volta nei dintorni di Parigi. Noé Besarionis dze Ramishivili (1881-1930), presidente del Consiglio, dal maggio alla fine del luglio 1918 viene assassinato a Parigi nel 1930, poiché egli rappresenta un pericolo per Mosca. Per quanto concerne Noé Nikolaevic Zhordania, egli mantiene il contatto con il suo paese inviandovi degli emissari clandestini. Egli muore nel 1953 e viene inumato nel settore georgiano del cimitero di Leuville sur Orge, dove sono sepolti tutti gli esiliati georgiani con il seguente epitaffio: “Anche le nostre ossa pensano alla Georgia”. La Georgia ridiventa repubblica indipendente il 9 aprile 1991, all’indomani di un referendum, attraverso il quale la popolazione si è massicciamente pronunciata per l’affrancamento dalla tutela di Mosca, eleggendo il suo primo Presidente Sviad Gamsakurdia (1939-1993) con l'86% dei voti. Nel 2003, dopo un periodo di turbolenze e guerre interne, sotto la presidenza di Eduard Amvrosis Shevarnadze (1928-2014), il paese imbocca decisamente, la via della democrazia con l'avvocata Nino Burjanadze (1964- ) e soprattutto dal 2004 con la presidenza di Mikheil Saakashvili (1967- ). La Georgia, Membro del Consiglio dell’Europa dal 27 aprile 1999, si rivolge ormai ostensivamente verso l’Occidente. Ma il Cremlino non ha evidentemente rinunciato a questa provincia. Ne è testimonianza la crisi diplomatica e militare dell’agosto 2008, con la guerra in Ossezia del sud ed in Abkhazia, due enclave russofone nel paese. Parata militare d’onore per la Russia ed avvertimento senza sconti agli altri vecchi paesi fratelli, come l’Ukraina, tentati da un avvicinamento troppo stretto con l’Occidente. Di fatto, l'annessione forzosa della Crimea del 2014, la vassallizzazione della Bielorussia e l'invasione russa dell'Ukraina del 2022 dimostreranno, con ogni evidenza, che si trattava più semplicemente di preparativi per una pianificata azione di riconquista delle province esterne dell'URSS, di fronte all'inazione politica e militare dell'Occidente. BIBLIOGRAFIA Assatiani N., Bendianachvili A., Histoire de la Géorgie, Paris-Montréal, L'Harmattan, 1997; Brosset F.: Histoire de la Géorgie depuis l'Antiquité jusqu'au XIXe siècle, St. Péterbourg 1856; Lang M., A Modern History of Georgia, London 1962; Lomouri N., A History of Georgia, Tbilisi, Sarangi Publishers, 1993; Karumidze Z., Wertsch J. V., Enough!: The Rose Revolution in the Republic of Georgia 2003, New York, Nova Science Publications, 2005; Khakhanov A., Histoire de la Géorgie, Paris 1900, Manvelichvili A., Histoire de la Géorgie, Paris 1951;
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