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COME NASCE E COME SI CURA L’INFLAZIONE Spesso mancano le condizioni perché gli Stati possano gestire il fenomeno 27/08/2023 - Massimo Iacopi (Assisi PG) Come nasce e come si cura l’inflazione Lo Stato normalmente si trova a dover gestire da solo i fenomeni dell'economia e quelli inflattivi, ma spesso si trova a dover contemperare necessità contrastanti che alla fine provocano più danni che altro, specialmente quando il debito pubblico é eccessivo.Sebbene dall'inizio dell'anno in Italia l'inflazione abbia rallentato il suo trend negativo, l'aumento dei prezzi è rimasto un argomento sensibile. In effetti l’inflazione non é il risultato di una forte crescita della produttività economica, né quello di una crescita della domanda globale. In pratica il fenomeno contribuisce a corrodere il potere di acquisto dei risparmiatori e dei consumatori. In questo caso i salariati vengono indotti a reclamare un aumento dei loro stipendi, che porta a rialzare conseguentemente i costi delle imprese. Costi che, a loro volta, si ripercuotono sui prezzi di vendita. Lottare contro la spirale autoalimentata “salari-prezzi/prezzi-salari” impone di limitare l'aumento dei costi dei fattori di produzione, ovvero i costi del lavoro. Al fine di evitare il surriscaldamento inflazionistico, la Banca Centrale Europea, attualmente governata dalla Francese Madam La Garde, ultimamente sta procedendo con graduale solerzia ad aumentare i tassi d'interesse. La qualcosa costituisce un provvedimento che va oltre il danno alle imprese le quali vedono aumentare costantemente il costo del capitale senza ricevere alcuna rassicurazione sul futuro del loro progressivo indebitamento. La BCE si trova di fronte al dilemma se sia o meno il caso di combattere il fenomeno inflattivo. E questa difficoltà si osserva nell’immobilismo solitario della Presidente della BCE e nella pervicace insistenza di aumento dei tassi di interesse del danaro in capo alle imprese, ma anche ai privati. L’attuale pericolosa e traballante gestione francese della BCE non promette nulla di buono per l’Italia, poiché non si osserva l’adozione di quella prudenza che tuttavia dovrebbe sempre essere praticata nell’interesse di tutti gli Stati membri, piuttosto che esercitare, come purtroppo sta avvenendo, il restringimento della politica monetaria. Una politica questa che corre il rischio certo di aggravare la situazione dell'impiego ed ancora più pericolosamente il livello di indebitamento dei Paesi dell’eurozona assillati da elevati debiti pubblici elevati, come ad esempio l’Italia. Italia che potrebbe trovarsi esposta ad attacchi speculativi molto di più che in passato, cioè nel 2011 con il Governo Berlusconi costretto a dimettersi con un giochino articolato Napolitano-Merkel-Sarkozi, tra l’altro ufficialmente rivelato proprio in questi giorni dallo stesso Sarkozì . In questo particolare contesto che cosa fa e cosa potrebbe fare cumulativamente o in maniera alternativa lo Stato ?... Lo Stato fino a questo momento si é fatto carico di gran parte dell'aumento dei prezzi dell'energia e delle materie prime. Il vantaggio evidente è stato quello di contenere gli effetti dell'inflazione sul potere d'acquisto dei cittadini, pur alleggerendo, per quanto possibile, le imprese. L'inconveniente é nondimeno doppio: non si può infatti diminuire da un lato il prezzo dell'energia con forti sovvenzioni di bilancio e dall'altro annunciare simultaneamente di voler realizzare la transizione energetica, impedendo poi l'adeguamento libero dei prezzi alla domanda di energia. E’ evidente ormai che si sono dovute segnalare penurie e carenze in numerosi settori produttivi, che hanno portato all'adozione di delicate politiche di razionamento. La responsabilità della condotta da parte dello Stato nei confronti dell'inflazione presenta per di più pesanti ripercussioni sulla situazione già estremamente preoccupante delle finanze pubbliche. Parallelamente lo Stato ha inteso proteggere le persone meno protette con aiuti mirati (contributi energia a quelli al di sotto di un certo reddito annuale) allo scopo di limitare le conseguenze sociali dell'inflazione, peraltro con un possibile rischio di aggravarne le cause. Nel caso specifico, il principale inconveniente di questa politica rimane il suo elevato costo di bilancio che, nel caso di specie, ha raggiunto la somma di oltre 30 miliardi di Euro. Per diminuire il costo dei fattori di produzione, lo Stato può anche continuare ad intervenire per alleggerire la fiscalità che pesa sul lavoro e sul capitale. I margini di manovra sono grandi in questo campo. Abbassare la fiscalità applicata a questi fattori di produzione stimolerebbe spinte produttive, riducendo nel contempo la crescita dei prezzi dell'energia sui costi di produzione. Certamente questa modalità aumenterebbe a breve termine il deficit di bilancio, ma potrebbe contribuire, a medio e lungo termine, a riassorbirlo, agendo positivamente sulla produzione globale dell'economia, ovvero sulla crescita. Tutto ciò, sempre con il permesso della Commissione Europea che non vede di buon grado il continuo lievitare del debito pubblico. Un’altra modalità per la soluzione del problema dell'inflazione risiede, laddove esiste una produzione eccessiva o nella soppressione delle spese improduttive, nella diminuzione da parte dello Stato della spesa pubblica produttiva. Una tale politica potrebbe non solo risanare i conti pubblici, ma addirittura abbassare la domanda globale, cosa che notoriamente integra una politica di deflazione. In definitiva, di fronte al pericoloso fenomeno dell'inflazione, non é certo lo Stato che potrà controllare e governare da solo il fenomeno, accrescendo ciecamente il suo intervento nel sociale, ma diventa necessario ed urgente che a farlo siano le banche centrali, nel nostro caso la BCE, coadiuvando gli Stati membri nella fase degli interventi ed assistendoli poi allorché si renderà necessario un disimpegno sostanziale da qualsiasi politica interventista.
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