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Il disprezzo dei Francesi verso gli Italiani nacque quando Cesare passò il Rubicone

GINO SEVERINI E’ UNO DEI SETTE PITTORI METECHI DETTI DAI FRANCESI LES ITALIENS

L’Accademia Francese guardava con sospetto gli artisti italiani perché rubavano la scena ai Francesi


31/08/2023 - Massimo Iacopi


(Assisi PG)

GINO SEVERINI UNO DEI SETTE LES ITALIENS

L’esposizione di qualche anno fa presso il Museo Nazionale dell’Orangerie a Parigi ha offerto l’opportunità di riscoprire, attraverso 70 opere, questo pittore italiano degli inizi del XX secolo, che è passato dal Futurismo al Neoclassicismo, per poi tornare al Futurismo. A dire il vero,  noi che siamo Italiani come Severini, andiamo orgogliosi soprattutto della grande mostra che gli ha dedicato la sua Patria nello stesso periodo di quella francese. Una mostra che ricostruisce l’itinerario artistico di Severini attraverso una selezione di circa 80 (ottanta) opere, provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private italiane e internazionali, al MART di Rovereto, Provincia autonoma di Trento. Ci sono periodi storici che, nella memoria collettiva, si legano indissolubilmente a una città. Se il simbolo del Rinascimento è Firenze, degli anni sessanta la swinging London, la Belle Époque per tutti si incarna in Parigi. All’inizio del Novecento è qui che si concentrano gli spiriti più inquieti e creativi del tempo. Tra i suoi boulevard, nei tavoli dei caffè celebri come La Rotonde o La Coupole, nelle gallerie e negli atelier, si possono incrociare Modigliani con l’amata Jeanne, Dalí con il suo formichiere al guinzaglio, Picasso e la sua bande, e ancora Marc Chagall, Max Jacob, Jean Cocteau. Sono anni febbrili, ogni giorno alla Gare de Lyon sbarcano decine di giovani artisti bohémien pieni di ambizioni. Tra questi c’è un gruppo di italiani destinato a lasciare un segno nella storia dell’arte. Giorgio de Chirico e suo fratello Alberto Savinio arrivano a Parigi nel 1911, poco dopo saranno raggiunti da Mario Tozzi, René Paresce, Massimo Campigli e Filippo De Pisis. Gino Severini si è già trasferito a Parigi da qualche anno. Sette artisti “metechi”, come li chiamano con disprezzo i francesi. Les Italiens nel 1928 si riuniscono intorno a Tozzi per la prima grande mostra collettiva del gruppo suscitando l’ammirazione dei colleghi e le critiche indispettite dei detrattori. Già da qualche tempo, l’“accademia” francese guarda con sospetto tutti questi artisti stranieri che stanno rubando la scena ai francesi. L’esplosione dei nazionalismi tra le due guerre destabilizza ulteriormente la posizione degli italiani a Parigi, e presto sono costretti a lasciare la città. La “festa mobile”, nella celebre definizione di Hemingway, è terminata, lo spirito del tempo sembra pronto ad abbandonare Parigi. A oltre vent'anni dall'ultima rassegna dedicata al grande artista italiano, dal 17 settembre il Mart ha presentato l'opera completa di Gino Severini in un percorso di circa 80 opere provenienti dalle più importanti collezioni internazionali. Scopo della rassegna monografica era quella di riportare al centro del dibattito artistico la figura di uno degli indiscussi protagonisti del movimento futurista. Intitolata 'Gino Severini 1883-1966', la mostra è stata organizzata in collaborazione con il Musee de l'Orangerie di Parigi, dove in aprile si è svolta la prima edizione, con capolavori provenienti dalle maggiori collezioni internazionali tra cui la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, il Centre Pompidou, la Estorick Collection di Londra e la Fondazione Thyssen di Madrid e il Moma di New York. Protagonista del movimento futurista, Gino Severini svolse un ruolo fondamentale come punto di contatto tra l’arte italiana e francese nel periodo delle avanguardie e, successivamente, del ritorno al classico. Nato a Cortona nel 1883, dopo gli anni trascorsi presso lo studio di Giacomo Balla a Roma, Severini compie la sua formazione tra l’Italia e la Francia, dove si trasferisce nel 1906. La ricerca divisionista, che si fonde con l’influenza del “pointillisme”, è alla base della sua originale interpretazione del futurismo. Il linguaggio dell’avanguardia italiana si incrocia a sua volta in maniera determinante con le suggestioni del cubismo e dell’orfismo. A partire dalla metà degli anni ‘10, Severini è tra i protagonisti della stagione del “ritorno all’ordine”, di cui pone le basi con la straordinaria Maternità del 1916 (riportata parzialmente nell’illustrazione), cronologicamente vicina alle opere di Picasso nell’anticipare la tendenza di un nuovo classicismo che toccherà tutta l’Europa. I legami con la Francia sono presenti costantemente durante tutta la carriera dell’artista, a partire dal testo “Du Cubisme au classicisme. Estetique du compas et du nombre”, pubblicato a Parigi nel 1921, fino alla sua vicinanza, negli anni Trenta, al gruppo Les Italiens de Paris, un gruppo storico che ha animato la vita culturale ed artistica di Parigi e della Francia tutta, nella fase più fiorente della pittura Europea. Nel maggio 1915 l’Italia entra in guerra a fianco della Triplice Intesa (Francia, Russia, Gran Bretagna) ed il conflitto suscita l’entusiasmo del gruppo dei Futuristi, movimento artistico essenzialmente italiano. “La guerra è un motore per l’Arte” dichiarano i Futuristi, auspicando l’avvento di una nuova identità nazionale. Tre anni più tardi, da questa terribile esperienza, l’Italia ha perduto 650 mila uomini, conta ben 947 mila feriti e può celebrare appena una “vittoria mutilata”, essendo uscita dai Trattati di Versailles, con, in gestazione ulteriori sussulti preparati dalla sua storia. Il costo umano contribuisce ad esacerbare le tensioni politiche. La retorica fascista, nella quale alcuni futuristi si riconosceranno, si farà ben presto sentire. Nel marzo 1919, sotto l’impulso di Benito Mussolini (1883-1945), vengono creati i Fasci Italiani di Combattimento. Fra i suoi membri troviamo il poeta Filippo Tommaso Marinetti (1866-1944), il fondatore del Futurismo e da questa adesione ne deriva oggi la poca “audience” del movimento, che pure ha portato del vento nuovo nel campo dell’arte. L’equazione è semplice: rivoluzionari nell’arte, reazionari in politica. Ma i futuristi non sono stati tutti fascisti. Alcuni, come Gino Severini (1883-1966), erano sorretti solamente dal desiderio di rappresentare una società nuova, nata dalle mutazioni del XIX secolo e per lui il futurismo costituiva un movimento fiero e bellicoso ed una prima avanguardia del XX secolo. Nel febbraio 1909, sulle pagine del Figaro, Marinetti pubblica il suo Manifesto del Futurismo (1). Egli critica una società soffocata dal suo passato e dichiara, in maniera provocate e lirica, che “Una automobile ruggente che ha l’aria di correre sotto il mitragliamento è più bella della Vittoria di Samotracia”. Un anno più tardi compare il Manifesto dei pittori futuristi. Gli autori celebrano la velocità ed il progresso meccanico ed esigono, per dieci anni, “la soppressione totale del nudo nella pittura”. Essi vogliono rivitalizzare l’Italia “patria di cadaveri, immensa Pompei di sepolcri imbiancati” e sputano sul cubismo. Fra i suoi firmatari, la giovane avanguardia italiana: Giacomo Balla (1871-1958), Umberto Boccioni (1872-1916), Luigi Russolo (1885-1947, Carlo Carrà (1881-1966) e l’immancabile Gino Severini. Essi dipingono le rivolte e la strada, il movimento dei danzatori e delle automobili e le stazioni. Nella sua autobiografia Severini ricorda: “Io sono stato sempre pronto ad accettare l’avventura, la novità, è per questo che ho scritto a Boccioni che era autorizzato a mettere la mia firma sotto il celebre manifesto”. Il caso di Gino Severini, nato il 7 aprile 1883 a Cortona, in Toscana, intensamente impegnato in una ricerca estetica fino alla sua morte, avvenuta nel 1966 a Parigi, resta emblematico degli orientamenti del movimento futurista. Egli è stato uno dei pittori italiani che ha saputo unire scienza ed arte, rigore costruttivo,  fantasia e inventiva, raggiungendo la più completa forma espressiva quando, tra il 1910 ed il 1915, riesce ad innestare i valori dinamici del futurismo su quelli costruttivi del cubismo. Giunto sedicenne a Roma, egli viene avviato da Giacomo Balla alla Pittura Divisionista e nel 1910, Severini, ormai trasferito da quattro anni a Parigi, continua a praticare il divisionismo (Primavera a Montmartre, 1909) e frequenta Amedeo Modigliani (1884-1920), Georges Bracque (1882-1963), Paul Signac (1863-1935), Pablo Picasso (1881-1973) ed i poeti Guillaume Apollinaire de Kostrowitzky (1880-1918) e Max Jacob (1875-1944). Il suo unico atto politico risulta l’invio, nel 1906, di qualche disegno per il giornale socialista l’Avanti della Domenica.

Il Futurismo.

Severini è stato, in ogni caso, tra i firmatari nel 1910 del Manifesto della Pittura Futurista insieme a Balla, Boccioni, Carrà e Russolo. Nel 1912 egli sollecita Umberto Boccioni e Carlo Carrà a raggiungerlo a Parigi dove, organizza la prima mostra dei futuristi presso la Galleria Bernheim-Jeune. In seguito l’artista partecipa alle successive esposizioni futuriste in Europa e negli Stati Uniti. Per circa 6 anni, dal 1910 al 1916, il pittore risulta uno degli animatori del movimento futurista e si mette in luce, specialmente quando l’Italia entra in guerra. I futuristi si dedicano in quel momento ad una propaganda bellicista ed intervenzionista. Il loro slogan: “la guerra, l’unica igiene del mondo”. Su richiesta di Marinetti, Severini realizza dei “dipinti di guerra”, dando una sua personale immagine all’entusiasmo dei primi mesi. Nella sua tela “Cannoni in azione” (parole in libertà e forme), egli dissemina parole ed onomatopeici per evocare il fragore della battaglia, anticipando le vociferazioni, ben presto fasciste, di Marinetti e del vate scrittore, Gabriele d’Annunzio (1863-1938). Nel 1913 sposò Jeanne, la figlia del poeta Paul Fort (1872-1960), da cui nasceranno tre figli: Gina (1915), Romana (1937) e Jacques (1927-1933), morto prematuro. Sempre nel 1913 a Londra, presso la Marlborough Gallery, è allestita la sua prima mostra personale, che successivamente viene presentata alla galleria Der Sturm di Berlino. Durante questo periodo parigino, Severini svolge un importante ruolo di collegamento fra gli ambienti artistici francesi ed italiani, in particolar modo tra sensibilità cubiste e futuriste. Fra l'ottobre 1917 e l'agosto 1918 pubblica una serie di articoli dal titolo La Peinture d'avant-garde nella rivista De Stijl e Theo van Doesburg (1883-1931) definirà lo stile di Severini psychisch kubisme (in italiano: cubismo psichico). Ma, Severini, a partire dal 1916, a contatto con Pablo Picasso, Georges Braque, Juan Gris (1887-1927) e Guillaume Apollinaire, si allontana dal movimento per evolvere verso un’altra espressione artistica, partecipando al nascere e allo svilupparsi del cubismo (2) e quindi del classicismo (3). Egli lascia alcuni suoi compagni spingere l’avventura futurista fino alle tentazioni fasciste, quelle che hanno poi ricoperto di un velo di diffidenza questo movimento, ma che ha scosso la storia della pittura, introducendovi, velocità sonorità e luce. In questo periodo Severini rappresenta, in modo molto efficace ed originale, quel mondo notturno di luci e danze in capolavori come La danza del pan pan al Monico (1911), Geroglifico dinamico del bal tabarin e Ballerina in blu (1912), giungendo a una visione caleidoscopica (dal greco vedere bello), in cui spazio e tempo, presente e passato, insieme e particolare si fondono in una festa di luci e colori.

Dal Cubofuturismo al Classicismo.

Nel 1921 l’artista pubblica il trattato Du cubisme au classicisme (Dal cubismo al Classicismo) e passa da un'estetica cubofuturista ad una pittura che si può definire neoclassica con influenze metafisiche, (corrente pittorica del XX secolo che vuole rappresentare ciò che è oltre l'apparenza fisica della realtà, al di là dell'esperienza dei sensi), dimostrandosi buon termometro di un sentire diffuso in tutta Europa dopo il grande trauma del primo conflitto mondiale. Questa evoluzione classicista, rientra pienamente in quella tendenza, al suo interno molto variegata (da Picasso a De Chirico), che viene definita “ritorno o richiamo all’ordine”, o in francese “rappel à l'ordre”, propensione analoga a quel “ritorno al mestiere”, introdotta da un famoso articolo di Giorgio De Chirico, pubblicato nel 1919 nella rivista “Valori Plastici”. Dal 1924 al 1934, anche a seguito di una crisi religiosa, il pittore si dedica quasi esclusivamente all'arte sacra in grandi affreschi e mosaici, in particolare per le chiese svizzere di Semsales e La Roche. Nel 1930, selezionato per la Biennale di Venezia, Severini si trasferisce a Roma, dove partecipa alla Quadriennale nel 1931 e nel 1935, anno in cui vince il Gran Premio per la Pittura, presentando un'intera sala a lui dedicata. Tornato poi a Parigi, dove realizza una grande decorazione per l'Esposizione Universale, l’artista alterna soggiorni tra la Francia e Roma. Ritorno al Futurismo. Nel secondo dopoguerra, ritorna ai soggetti del suo periodo Futurista, riscrivendo, in chiave di decorativismo astratto, alcune delle proprie opere futuriste ed aderisce al progetto della importante Collezione Verzocchi (oggi conservata presso la Pinacoteca Civica di Forlì), sul tema del lavoro, inviando, oltre ad un autoritratto, l'opera Simboli del lavoro. Si trasferisce, quindi, definitivamente a Parigi, dove avrà una cattedra di mosaico, con Riccardo Licata (1929-2014), come assistente. Il 26 febbraio 1966 muore a Parigi nella sua casa al n. 11 di rue Schoelcher. Il 15 aprile dello stesso anno le sue spoglie vengono traslate a Cortona, sua città natale.

NOTE

(1) Futurismo: è stato un movimento artistico e culturale italiano del XX secolo. Questo movimento artistico ebbe influenza su movimenti artistici che si svilupparono in altri Paesi, in particolare in Russia e Francia. I futuristi esplorarono ogni forma di espressione, dalla pittura alla scultura, alla letteratura (poesia e teatro), la musica, l'architettura, la danza, la fotografia, il cinema e persino la gastronomia. La denominazione ufficiale del movimento si deve al poeta italiano Filippo Tommaso Marinetti.

(2) Cubismo: è un'espressione con cui si è soliti designare una corrente artistica ben riconoscibile, distinta e specifica rispetto a molte altre correnti e movimenti che si sarebbero successivamente sviluppati. Tuttavia il cubismo non è un movimento capeggiato da un solo fondatore e non evidenzia una direzione unitaria. Il termine cubismo è occasionale: nel 1908 Matisse, osservando alcune opere di Braque, composte da piccoli cubi. le giudicò negativamente, e Louis Vauxcelles, l'anno dopo, le chiamò bizzarrie cubiste. Da allora le opere di Picasso, Braque e altri verranno denominate cubiste.

(3) Neoclassicismo: è una tendenza artistica e letteraria sorta nella seconda metà del '700 e sviluppatasi sino ai primi decenni del secolo successivo. si diffuse in Europa grazie alla generazione di artisti che si recavano in Italia (a Napoli per esempio c'erano gli scavi di Pompei). Nata come reazione al tardo barocco ed al rococò e ispiratasi all'arte antica, in particolar modo quella greco-romana, fu variamente caratterizzata, ma ben riconoscibile nelle varie arti, nella letteratura, in campo teatrale, musicale e nell'architettura.


 

 

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