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MAURO MAGNENZIO RABANO DETTO LO SPECCHIO DEI RE Fu Consigliere di Carlo Magno e commentatore dei libri dei Santi 27/11/2023 - Massimo Iacopi (Assisi PG) MAURO MAGNENZIO RABANO DETTO LO SPECCHIO DEI RE Nel IX secolo, il sapere è onorato. Il governo dei monarchi desidera essere illuminato e gli imperatori si considerano come responsabili del benessere e della salvezza del loro popolo. In tale contesto si instaura una cooperazione erudita fra i sovrani ed i chierici colti e nasce così quello che è stato chiamato “Rinascimento carolingio”. Fiorisce in questo ambiente un nuovo genere letterario: lo “specchio dei re”, che enumera le qualità necessarie per ben assolvere le funzioni di monarca e sottolinea gli errori da evitare. Questi libri, come tutto quello che concerne la politica nell’epoca carolingia, hanno una dimensione morale. Un altro genere letterario, meno conosciuto, è risultato d’altrettanta utilità a questa cooperazione fra sovrani e sapienti, anche se questa non era il suo scopo originale. Si tratta dell’esegesi, ovvero i commenti della Bibbia, destinati a far comprendere il senso dei libri in modo non solo letterale, ma anche spirituale. Nel IX secolo, un uomo, in special modo, ha largamente utilizzato questo genere letterario per consigliare i principi: Rabanus Maurus Magnentius (Mauro Rabano 780-856), il monaco che diventerà consigliere dei re. Era seguito e letto da un’elite Mauro Rabano, nato a Magonza intorno al 780, come molti dei monaci della sua epoca, è stato offerto dai suoi genitori, nobili origini franche, come puer oblatus, al Monastero di Fulda, in Germania, all’età di circa 7-8 anni. Fulda era a quel tempo un’abbazia potente e prestigiosa. Rabano vi cresce, vi s’istruisce e vi riceve la tonsura. Notato per le sue capacità, il giovane, dopo la sua consacrazione a diacono nell'802, viene inviato dall'abate Ratgario, insieme al confratello Attone, in un'altra abbazia dell’impero, a S. Martino di Tours, in Gallia, per completare la sua istruzione. Laggiù, egli segue gli insegnamenti d’Alcuino di York (735-804), uno dei consiglieri più ascoltati di Carlo Magno (742-814), che gli attribuirà il soprannome di Maurus (il discepolo prediletto di San Benedetto). Dopo circa un anno Rabano rientra a Fulda dove viene incaricato di insegnare nella scuola dell'abbazia, dove assicura la continuità del prestigio culturale dell’abbazia, come lo testimoniano il numero e la qualità dei suoi allievi, venuti da regioni diverse e fra questi Lupo Servato o di Ferrieres (805-863), abate benedettino; Walafrido Strabone (808-849), teologo e poeta franco; Rodolfo di Fulda (morto nell'865), teologo e storico tedesco; Otfrido di Weissemburg (800-870), monaco e poeta tedesco e Gotescalco d'Orbais o il Sassone (800-869), teologo tedesco. Nell’814, a poco più di 30 anni, Rabano viene ordinato prete. Nell’822 Rabano viene eletto Abate di Fulda, succedendo all'abate Eigil (Abate dal'818 all'822) ritrovandosi in tal modo alla testa di una delle più grandi abbazie del tempo, poiché conta circa 600 monaci. Egli assolve questa carica per circa 20 anni, pur continuando ad insegnare ed a comporre delle opere, lette non solo a Fulda, ma anche negli ambienti eruditi, dai re, dagli imperatori e dai vescovi. Sotto la guida di Rabano vengono incentivate l'attività dello scriptorium e l'efficienza della scuola di Fulda e conosce un notevole ampliamento anche la biblioteca, che sarebbe diventata celebre per la ricchezza del suo patrimonio librario. E’ in questo modo che Rabano diventa una specie di consigliere dei potenti e che si implica nella vita politica. Allorché l’imperatore Luigi o Lodovico I, il Pio (figlio e successore di Carlo Magno; nato nel 778) muore nell’840, i suoi tre figli sopravvissuti, Lotario (795-855), Luigi o Lodovico il Germanico (804-876) e Carlo detto il Calvo (823-877), si combattono. Rabano aderisce al partito del figlio maggiore, Lotario. La vittoria dei principi cadetti nella battaglia di Fontenoy en Puisaye, nell’842, mette l’abate in disgrazia che depone la carica di abate, ritirandosi nel monastero di Petersberg (vicino Fulda). Questo allontanamento dal potere finisce nell’847, data in cui egli riceve la prestigiosa cattedra di vescovo di Magonza che manterrà fino alla morte. E’ proprio attraverso i trattati esegetici, che ha loro inviato, che Rabano, sebbene fisicamente assente dalla corte, ha consigliato i principi. In effetti, commentare la Bibbia nel IX secolo significa anche parlare di politica: questo permette di dare un senso alla storia e di orientare le scelte dei sovrani. La Bibbia, in special modo l’Antico Testamento, fornisce una serie di situazioni che si possono ritrovare in ogni epoca: tradimento di parenti, di fedeli, successioni dinastiche litigiose, guerre giuste o ingiuste. Glossando il Libro per un governante, l’esegeta gli indica come agire in maniera corretta; egli redige in tal modo una sorte di “specchio del principe”. Si conservano ancora oggi delle lettere di Rabano che accompagnavano l’invio delle sue opere. Queste dediche confermano che l’esegeta ed il suo destinatario sono completamente coscienti della dimensione politica dei commenti biblici. Verso l’834-38, l’abate di Fulda indirizza il suo Commento sulle Cronache al principe Luigi, figlio di Luigi il Pio (e futuro re di Germania), spiegando il suo invio con le seguenti parole: “Era costume di offrire ad un re, molto cristiano e molto preoccupato di applicare i precetti divini, una storia dei re di Giuda, vale a dire di confessori (della fede), con delle spiegazioni del loro senso spirituale. Ciò perché la vostra nobile prudenza, al servizio di Dio, regni sul popolo della Chiesa, salvato dal sangue prezioso del figlio di Dio e ben abituato a confessare il nome di Dio e convenga ad un principe molto pio, vale a dire ad un rettore dei membri della vera fede, il Cristo, il figlio unico di Dio, di possedere e mettere in opera una pratica di governo secondo le Scritture Divine, con la più grande saggezza”. Per ben governare occorre essere saggi, vale a dire comprendere il senso profondo della rivelazione. Ricerca di modelli comportamentali nella Bibbia La scelta dei libri da dedicare costituisce l’oggetto di una cura molto particolare. Nell’829, Rabano invia all’arcicappellano di Luigi il Pio, Hilduino (vescovo di Colonia ed abate di Bobbio dall'850 all'859), il suo trattato sul Libro dei Re. Nell’832 egli offre l’opera allo stesso Luigi il Pio, in occasione di una visita imperiale a Fulda. Il monaco dedica poi due commenti per la seconda sposa del sovrano, l’imperatrice Giuditta di Baviera (805-843), agli inizi degli anni 830 e dedica nuovamente uno dei due predetti ad Ermengarda di Tours, moglie di Lotario, fra l’841 e l’851. Quest’ultima gli richiede, verso l’840, un commento su Ezechiele ed ottiene, in attesa della sua redazione, il trattato di Rabano su Geremia; poi Luigi, diventato re di Germania, riceve ancora da Rabano i suoi trattati sulle Cronache, Daniele ed i Maccabei. Come l’ha fatto notare la storica olandese Mayke de Jong (1950 - ), molti dei commenti di Rabano si riferiscono alla spiegazione dei libri “storici” della Bibbia, che ricordano storie di governanti. Essi sono pertanto suscettibili di guidare le azioni dei re anche nel presente. Rabano ha ugualmente commentato i quattro grandi libri profetici dell’Antico Testamento (Isaia, Ezechiele, Geremia e Daniele), che rivelano il senso di certi avvenimenti e sono ricchi di esortazioni, di prescrizioni e di ingiunzioni. Di fatto, i sovrani si ispirano ai modelli biblici: si sa, per esempio, che Carlo Magno rinnova certi precetti del Libro, chiedendo che vengano organizzate litanie, digiuni collettivi e che tutto il popolo sia esortato alla preghiera, in caso di grossa epidemia. Ordinando tali espiazioni collettive, il sovrano cerca di ristabilire la purezza della Chiesa e di calmare la collera di Dio, motivata dal disordine e dai peccati del popolo di cui è responsabile. Come si è visto, l’invio di opere esegetiche ad un sovrano risponde ad un’attesa e spesso ad una richiesta reale. Quello che è certo è che i commenti biblici circolano nell’ambito di una elite incaricata della salvezza del popolo e che comprende oltre ai re, i monaci ed i vescovi. Il fatto che certi commenti di Rabano, per esempio quello sui Re o quello su Geremia, siano destinati, sia ai suoi confratelli di Fulda, sia ad un re contemporaneo (Luigi il Pio o Lotario), è doppiamente significativo. Da un lato questo fatto mostra quanto è importante il modello monastico ivi compreso il re: i monaci esortano i fedeli con il loro comportamento ed il loro modo di vita viene eretto a modello di santità; alcune fonti suggeriscono che Luigi il Pio abbia potuto considerarsi come il padre di una comunità, una specie di abate per i sudditi dell’impero. Dall’altro lato la circolazione di testi ad alto contenuto ideologico fra i monaci, vescovi e re, suggerisce una cooperazione fra queste elites. Per contro, l’aristocrazia laica, che riveste un ruolo fondamentale nell’inquadramento militare ed amministrativo dell’impero, sembra esclusa da questo circolo di “rettori” e di guide del popolo. Rabano si compiace di precisare, nelle lettere che accompagnano i suoi commenti, l’utilizzazione che il suo destinatario ne può fare. Agli inizi degli anni 830, ad esempio, l’abate di Fulda offre alla sposa di Luigi il Pio, l’imperatrice Giuditta, due trattati che mettono in scena due eroine dell’Antico Testamento, Giuditta ed Ester. L’imperatrice carolingia è stata appena accusata di adulterio che l’hanno portata ad una penitenza forzata. Una volta uscita dal monastero di S. Croce di Poitiers, dove era stata rinchiusa, la donna deve essere ancora pubblicamente purificata. Rabano, inviandole il suo commento, la compara alle eroine bibliche che hanno entrambi salvato il loro popolo. Egli gioca sull’omonimia (Giuditta) ed utilizza la similitudine di situazioni (Ester si trova in cima agli intrighi di palazzo che cercano di indebolirla). L’abate di Fulda, nella sua lettera di dedica, incoraggia la sposa di Luigi il Pio a preservare nella fede affinché trionfi la sua vera vittoria. Il gesto è eminentemente politico: si tratta di sostenere il suo partito e di quello di Luigi contro gli oppositori dell’imperatore che avevano montato l’affare. E’ con lo stesso intento che Rabano offre a Luigi il Germanico, fra l’842 e l’846, il suo commento sui Maccabei. Rabano, che ha sostenuto Lotario contro Luigi, si trova in un periodo di disgrazia. L’impero si era lacerato in tre parti e Luigi, diventato nell’843, dopo la spartizione di Verdun, il re della parte orientale, cerca di organizzare il suo regno. Il Libro dei Maccabei tratta in effetti della difficoltà di mantenere l’unità del culto ebreo nelle avversità. Ancora una volta, Rabano esorta il re a seguire il modello proposto dall’Antico Testamento. Il commento su Daniele, ugualmente dedicati da Rabano a Luigi il Germanico e parimenti composti nel suo periodo di disgrazia, offre un bell’esempio della dimensione politica dell’esegesi. La lettera che Rabano invia al re per accompagnare la sua opera evoca i due aspetti di Daniele. In quanto uomo immerso nella vita politica del suo tempo, costituisce un modello di santità per il sovrano: “In effetti, ho pensato che fosse buona cosa che io ti inviassi le azioni molto stimate e le rivelazioni mistiche consegnate nel libro di questo profeta … affinché, applicandoti alla loro meditazione con zelo, tu possa imitare l’ardore di colui che ha saputo affrontare gli affari del mondo senza rinunciare a nulla per quanto riguarda il servizio di Dio”. Rabano, successore del profeta Daniele e saggio ispirato da Dio Ma, in maniera discreta, Rabano suggerisce che Daniele, in quanto saggio ispirato da Dio, è anche un precursore del consigliere ecclesiastico del re. Nel suo libro biblico, egli è il profeta che guida i sovrani e che interpreta i loro sogni. E’ un modo per Rabano di ricordare al re che ha bisogno del suo consiglio e del suo aiuto … e di lavorare alla sua riabilitazione. D’altronde, Rabano dichiara poco dopo: “Possa tu dunque apprendere che la mia piccolezza implora con delle preghiere devote e con zelo, che tu possa mantenere con felicità il regno terrestre sotto il governo divino, per tutto il tempo della vita”. Spiegando per il re il senso del libro biblico, l’esegeta le fa beneficare della sua intelligenza spirituale. Questa forma di governo, associando un re ed un consigliere ecclesiastico, vale a dire un predicatore erede dei profeti dell’Antico Testamento e degli apostoli nel Nuovo Testamento, era stata già spesso formulata all’epoca di Luigi il Pio. Rabano propone questa collaborazione per far fronte alle difficoltà del nuovo regno. La dedica del suo commento a Luigi il Germanico è dunque una maniera di proporre i suoi servigi al re, di rientrare nelle sue grazie e di ritrovare il perduto ruolo “politico”. Tentativo riuscito: nell’847, Rabano viene nominato arcivescovo di Magonza, una sede sedi vescovili più prestigiose della Germania. Non si sa se i commenti su Daniele o quello sui Maccabei abbiano giocato un ruolo effettivo in questa nomina ma essi testimoniano, senza ombra di dubbio, sulla volontà di Rabano di ritrovare il suo ruolo di consigliere. Per insistere sulla necessità di una cooperazione, fra autorità ecclesiastica e potenza reale, Rabano utilizza l’episodio di Bêl (Daniele 14°). La spiegazione di questo passaggio è tanto più significativa perché appartiene a Rabano, contrariamente alle altre che sono tratte dai Padri della Chiesa. Il testo biblico racconta che i preti dell’idolo di Bêl (altro nome del dio di Babilonia, Marduk), venivano di nascosto, di notte, a mangiare le offerte date alla statua. Il re, una volta convinto da Daniele della frode, fa uccidere i preti. Egli quindi consegna il tempio e l’idolo la Profeta che lo distrugge immediatamente. Rabano sottolinea la complementarietà delle azioni di Daniele e del re: “Ed il re consegna Bêl al potere di Daniele che lo distrugge, come anche il suo tempio, quando Gesù Cristo, che è il re dei re ed il signore dei signori, e che, vittorioso sui suoi avversari, umiliando la potenza terrestre, sottomette la terra ai suoi predicatori; questi ultimi, distruggendo l’idolatria e rovesciando il tempio dei demoni, affermano in tutti i luoghi il culto del solo vero Dio, insegnando la parola del signore e purificando, attraverso il sacramento del battesimo, gli uomini dal peccato; ed essi fecero dei re del mondo i servitori di Dio, i costruttori della chiesa di Cristo e loro ausiliari nella predicazione del Vangelo, di modo ché questi ultimi ordinino nel loro regno di distruggere le immagini degli idoli, di chiudere i loro templi, di aprire le chiese sacre e di offrire ai fedeli la possibilità di entrarci. Si legge nella storia che gli imperatori Costantino e Teodosio agirono di tal fatta, così come numerosi altri re Cristiani. Il commento (In un altro commento Rabano) evidenzia che gli imperatori cristiani Costantino e Teodosio hanno seguito il modello del re biblico ed hanno favorito l’espansione della Chiesa. Con questo esso ricorda la politica di evangelizzazione condotta dai Carolingi. Pertanto, Rabano invita Luigi il Germanico ad inserirsi su questa linea prestigiosa, a cristianizzare le zone pagane o in via di cristianizzazione che confinano con il suo regno. Ma l’esegeta ricorda anche la necessaria cooperazione fra i re ed i “predicatori”, i successori di Daniele, che “hanno fatto dei re del mondo i servitori di Dio, …”. L’abate decaduto suggerisce al re di ascoltare il consiglio di questi predicatori, di questi consiglieri ecclesiastici, di cui, naturalmente, egli fa parte. Alla fine di una lunga carriera, Rabano muore a Magonza nell’856. La sua opera esegetica, redatta principalmente all’epoca in cui era abate di Fulda, ha fatto di lui il modello del consigliere dei re. La carica di arcivescovo gli ha, in seguito, permesso di continuare ad assumere queste funzioni di consigliere, secondo differenti modalità. Rabano fa parte dell’elite dei grandi prelati che hanno partecipato al governo “congiunto”, teorizzato sotto il regno di Luigi il Pio, specialmente nel circolo del vescovo di Orleans, Jonas o Giona di Orleans (760-843). Egli muore nel momento in cui si cercano di individuare altri modi di dirigere la società, nel momento in cui l’esegesi diventa l’appannaggio dei sapienti e delle scuole, più che dei palazzi o delle corti.
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