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Storia di un’allocuzione che fa ancora paura

LE TANTE CORTINE DI FERRO DELLA STORIA D’EUROPA

Da confine invalicabile a morsa esterna la cortina di ferro è sempre un pericolo di guerra totale


22/01/2024 - Massimo Iacopi


(Assisi PG)

UNA CORTINA DI FERRO CIRCONDA L'EUROPA E PREFIGURA UNA POSSIBILE TERZA GUERRA MONDIALE

Con il mondo di fronte ad un nuovo confronto globale, animato dalla lotta sempre più muscolare fra gli USA e la Cina per la supremazia del mondo, vale la pena fare una piccola digressione sull'espressione iconica della passata guerra fredda, erroneamente attribuita a Sir Winston Churchill. Nel momento in cui tutto il mondo parla di una nuova guerra fredda, o persino di una terza guerra mondiale, appare utile fare riferimento ad una espressione ormai classica della nostra storia recente ed in particolare alla famosa “Cortina di ferro”, universalmente conosciuta per designare la divisione dell'Europa in due blocchi. La ricerca dell'origine di questa iconica espressione, divenuta simbolo della guerra fredda ha peraltro riservato qualche sorpresa riguardo la sua effettiva attribuzione. Di fatto, Sir Winston Churchill (1874-1965)é universalmente conosciuto, fra l'altro, proprio per aver utilizzato, in pubblico, questa espressione il 5 marzo 1946, presso l'Università di Fulton (Missouri). All'epoca, il politico inglese, che forse non ha vinto la guerra, ma che sicuramente ha impedito che fosse perduta, non é più il Primo Ministro del Regno Unito, poiché i Conservatori, erano stati battuti nelle elezioni del luglio 1945 dai “rossi” Laburisti. Quello che si conosce meno é il fatto che Churchill aveva già impiegato la stessa formula il 12 maggio 1945, in un telegramma segreto indirizzato ad Harry Truman (1884-1972) ,appena diventato presidente degli Stati Uniti, a seguito del decesso di Franklin Delano Roosevelt (1882-1945). L'ultimo contributo di Roosevelt era avvenuto alla conferenza di Yalta, nel febbraio precedente, salutata come un successo grazie alla “Dichiarazione sull'Europa liberata”, attraverso la quale i “Tre Grandi” si impegnavano a lasciare ai popoli europei la possibilità di scegliersi il loro futuro governo attraverso elezioni generali pluraliste. Churchill, nel telegramma, indicava al nuovo presidente, poco a conoscenza dei retroscena dei negoziati condotti con Stalin, che l'URSS non sembrava troppo convinta ad applicare questo testo e che gli Alleati occidentali non avevano nessun mezzo per sapere quello che accadeva nei paesi occupati dall'URSS, circondati da una impenetrabile “cortina di ferro” che evoca l'opacità di una impenetrabile struttura chiusa. A dire il vero, quella del 1945 non appare l’unica utilizzazione della metafora. Di fatto, essa sembra essere apparsa nel contesto della Prima Guerra Mondiale, ad esempio, quando la regina dei Belgi parla nel 1914 di “una cortina di ferro insanguinata”, che l'aggressore tedesco hanno eretto fra i due popoli. Ma, significativamente, é proprio il regime uscito dalla Rivoluzione d'ottobre che ispira ben presto questa immagine. La laburista Ethel Annakin, viscontessa Snowden (1881-1951), scrive nel 1920 di essere passata “dietro la cortina di ferro”, quando si riferisce al suo viaggio nella nuova Russia ed Andrée Viollis (1870-1959) impiega la stessa espressione nel suo racconto, del 1927, “Sola in Russia”. Churchill va più lontano, tracciando una frontiera geografica: “Da Stettino fino a Trieste, una cortina di ferro é scesa attraverso il Continente”. Questo limite parte dalla nuova frontiera occidentale della Polonia, sul fiume Oder, che é ancora provvisoria. Come tutta l'Europa centrale, queste regioni hanno assistito ad importanti spostamenti di popolazioni germanofone: alcune sono fuggite, già a partire del 1944 di fronte all'avanzata dei Sovietici, ma la maggioranza viene espulsa nel dopo guerra, per evitare nuove rivendicazioni pangermaniste. Almeno 11 milioni di “Tedeschi”, provenienti dalla Polonia, Ungheria, Romania, oltre a Jugoslavia ed URSS, arrivano in tal modo nelle zone occupate dai vincitori, principalmente quelle degli Occidentali, dove essi compensano, ampiamente, le perdite del conflitto. Essi vengono rimpiazzati in Slesia, Pomerania e Prussia orientale da 5 milioni dalla Polonia “evacuata” dalle province orientali, annesse all'URSS dal 1939, grazie al patto germano sovietico. Il punto meridionale di questa frontiera include la Yugoslavia, in quello che ancora non viene chiamato “blocco dell'Est”. Tutto questo non ci deve sorprendere, in quanto, a dispetto della leggenda propagata ai tempi di Tito, l'appoggio sovietico é stato indispensabile per i comunisti jugoslavi per assumere il potere, eliminare Draza Mihailovic (1893-1946) (1) ed abolire la monarchia che gli Occidentali, invece, ipotizzavano di ristabilire, come in Grecia. Il partito comunista iugoslavo partecipa d'altronde alla fondazione del Kominform nel 1947: sarà solamente nel 1948 che il Partito Comunista iugoslavo ne sarà escluso e che, conseguentemente, la Yugoslavia prende le sue distanze dal modello staliniano, passando dall'altro lato della cortina di ferro e richiedendo persino un aiuto americano, a danno anche dell'Italia ! La cortina di ferro di Churchill non é stata pertanto quella che é rimasta nella storia, tanto più che non faceva alcun riferimento alla Germania, il cui destino politico, si ribalterà solo nel settembre 1946, nel discorso di Stoccarda. Ed il muro di Berlino, che renderà concreta più visibile questa “cortina”, verrà costruito solo nel 1961.

NOTA

(1) Draza Mihailovic, iniziatore della resistenza anti-tedesca in Jugoslavia e capo del movimento monarchico dei “Cetnici”. La sua condanna a morte pronunciata ed eseguita nel 1946, é stata annullata dall'Alta Corte della Serbia nel 2015.


 

 

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