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LA NECESSITÀ DI PAVENTARE L’ESISTENZA DI UN NEMICO Una Regola di strategia non scritta per creare consenso, coesione e talvolta paura 22/05/2024 - Massimo Iacopi (Assisi PG) Il Trionfo del Babau La Necessità di PAVENTare L’ESISTENZA DI un Nemico Premessa. Il nemico, interno o esterno, sebbene deleterio, é un elemento indispensabile di tutte le società, sulla cui logica si basano per creare consenso, coesione e/o solo paure. Da che mondo é mondo, qualsiasi forza politica ha avuto sempre bisogno di additare alla propria parte politica un nemico da combattere e sul quale costruire il consenso per conseguire i propri fini. Cercare un nemico o instillare una paura non costituisce di certo una novità dei tempi moderni. Fra le illusioni perdute con la guerra in Ucraina figura l'idea di poter vivere in un mondo senza nemici esterni. Quest'idea, nata dall'universalismo si é infranta sulla realtà della guerra. Il nemico é ritornato al galoppo, portandosi dietro anche la sua realtà: esso rappresenta una figura intrinseca della politica, poiché consiste nel designare un nemico per poterlo combattere. (In effetti, nel dopoguerra, una parte sociale nazionale, per consolidare la sua posizione di preminenza, dopo aver simpaticamente implorato “Aridatece er Puzzone”, ha riscoperto i benefici di disporre di un nemico, il Fascismo, trascinando questo anacronistico antagonismo fino al giorno d'oggi contro un regime, condannato dalla storia e morto più di 80 anni fa. Un perpetuare una lotta contro un nemico immaginario, comodo per emarginare gli avversari ed aggravando nel contempo il solco di divisione interna nazionale). Nemico come ragione di essere; di fatto, se non ci fosse il nemico non ci sarebbe più la parte politica. Volti mutevoli. A seconda del campo e delle posizioni, il nemico non presenta lo stesso volto. Da una parte c'é la NATO e Washington, altrove c'é la RUSSIA e PUTIN, ma forse anche l'islamismo o l'Occidente. E' tutta una questione di punti di vista e di interessi. Definire un nemico, significa, in primo luogo, definire sé stessi: il nemico non può essere che assoluto, perché rappresenta tutto quello che noi rifiutiamo e rigettiamo. Grande Satana per gli uni, Hitler per gli altri, la designazione del nemico deriva dalla rispettiva posizione politica e dalla lotta polemica, essa non deriva il più delle volte da una ragione di ordine razionale o analitica. Il nemico non viene analizzato, non si cercano di individuare le sue coerenze e le sue carenze, le sue ambiguità e la sua parte di verità: tutto viene semplificato e ridotto a slogan strumentali per il gioco politico. Nella designazione del nemico, l'ipotesi, il dubbio, il “forse”, la complessità non hanno ragione di essere. Ai propagandisti di professione spetta, poi, il compito di fare il loro lavoro, vale a dire di propagare l'idea del nemico, manipolando anche le leve mediatiche. Ritorno della paura. Nella designazione del nemico, vengono di norma abbondantemente utilizzate le semplificazioni brillanti e le manipolazioni storiche. Basti ritornare agli anni 1930 oppure a Monaco, all'eterno ritornello delle “crociate” o della “Guerra Santa” o anche alla “Guerra Fredda”, poco importa che tutto questo possa essere falso, quello che conta é che l'idea determini riflessi intellettuali e che consenta in uno spazio-tempo che fornisca l'illusione di comprendere il presente, quando invece questo, molto spesso, confonde la realtà del nostro mondo. Ma designare il nemico costituisce un atto essenziale per la politica, dove spesso esso permette di giustificare la propria esistenza (Di fatto, i figli e nipoti dei resistenti del 1943-44 continuano ancora oggi, ad 80 anni dai fatti, ad agitare il fantasma del Fascismo per delegittimare gli avversari, ma soprattutto per garantirsi la loro sopravvivenza e per poter continuare a godere delle generose prebende elargite dal Ministero della Difesa per il 25 aprile). In definitiva, nemico come giustificazione, uno strumento per mobilitare l'opinione pubblica, per guadagnare prestigio e credito morale, o anche per creare una situazione di tensione o di paura. Per lungo tempo, l'Unione Europea ha voluto esistere senza nemici, unicamente attraverso le norme ed il funzione della macchina amministrativa. Poi, la realtà é tornata di nuovo a galla: esistono ormai i nemici ufficiali ed i nemici che tutti percepiscono, ma per i quali é ancora vietata la designazione. Silenzio sul vero nemico. I paesi europei stanno tutti aumentando le loro spese militari, acquistano armamenti ed annunciano investimenti massicci per il prossimo futuro. Ma sottolineare un tale atteggiamento puramente materiale potrebbe far dimenticare che in una guerra, l'armamento non é certamente l'aspetto principale. Quello che conta di più é il fattore umano, perché sono gli uomini e l'idea che essi si immaginano della loro vita e della loro morte che costituisce la base su cui poggia tutto. Per fare la guerra occorrono giovani disposti a morire per un'idea ed un valore più grande della loro vita. Gli Europei possono benissimo riarmarsi, con una popolazione che invecchia ed un tasso di fecondità che crolla. In questa prospettiva, essi avranno sempre maggiori difficoltà a reperire i mezzi per condurre una guerra ad alta intensità e di lunga durata. Tutto il resto é pura speculazione. Al giorno d'oggi ben pochi fanno la guerra solo per le idee o solo per la democrazia e forse neanche per la libertà. A meno di essere mercenari e dunque di vivere dei proventi della guerra; le armi vengono imbracciate quasi spontaneamente, quando la propria comunità viene attaccata, quando i suoi elementi vitali risultano minacciati e, quindi, quando c'é più da perdere a non combattere che a combattere. Per fare la guerra occorre il denaro, che, di fatto, esclude i paesi super indebitati (di cui noi facciamo parte); per fare la guerra occorre una indipendenza energetica e sotto questo aspetto, la situazione anche in questo caso non ci favorisce. Per fortuna, noi facciamo parte di una alleanza difensiva collettiva, dove vige il sostegno mutuo reciproco fra i membri che ne fanno parte e quindi la guerra, se si verifica, costituisce un problema collettivo, al quale tutti devono dare il proprio contributo (anche economico). In ogni caso, per combattere il nemico occorre anche tenere gli occhi aperti per designare quello buono. Poiché la forza armata é al servizio della Nazione, essa risulta inoperante se la Nazione non esiste. La frammentazione etnica in tutta l'Europa rende ogni giorno più caduca l'idea stessa di Nazione, in cui la coesione nazionale risulta il frutto di un idem sentire culturale e spirituale e di una coesione sociale. Chi andrebbe a morire sul fronte europeo, quando parti del territorio sfuggono al controllo dello Stato, perché si trovano sotto la tutela di cartelli della droga o di bande che l'hanno trasformato nel loro terreno d'azione ? Questi tipi di nemici, ormai in molti lo hanno capito, sono all'interno di ogni Nazione, ma la politica risulta ancora reticente nel designarli. Insomma, il nemico é tornato, ma non bisogna ancora parlarne.
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