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Pubblicità informativa o pubblicità concorrenziale?

L’avvocato in rete


Feb 28 2006 12:00AM - A. Mostocotto


(Rieti) Sempre più spesso nella navigazione in rete ci si imbatte nelle pagine web di studi che offrono notizie sulla propria attività ma anche pagine in cui taluni, raramente avvocati, sempre più spesso soggetti non individuabili né identificabili, offrono la propria voce, la propria “consulenza” per suggerire al navigatore la soluzione al “problema del giorno”. In questo quadro si pone il problema della presenza in rete degli studi legali, i limiti di questa, il significato di questi limiti. La recente riforma del Codice Deontologico Forense, (riforma che, approvata con seduta del 27 gennaio 2006, verrà presentata il 25 febbraio prossimo) si sofferma approfonditamente su questi temi, normando e limitando in modo chiaro e perentorio la presenza degli studi in rete di cui viene ribadita la mera di funzione informativa; rimane fermo, dunque, il granitico, forse anacronistico, divieto per l’avvocato di svolgere pubblicità di tipo concorrenziale che, anzi, viene sotto un certo profilo ancor più aggravato: il codice deontologico del 2002 prevedeva espressamente la facoltà per l’Avvocato di utilizzare la rete per l’offerta di consulenze (non on line, si intende, ma off line, tramite e mail); tale facoltà non è stata riproposta nel nuovo testo del codice deontologico. Segno, questo, della espressa volontà del Consiglio Nazionale Forense di differenziare l’Attività del professionista Avvocato che deve essere esercitata “nel rispetto dei doveri che la sua funzione gli impone verso la collettività” rispetto a quella di tutti quei soggetti che operano al di fuori della professione e dai vincoli della stessa? Seppur comprensibile nella volontà di donare prestigio e decoro alla professione ed allontanarla dalle ragioni del mercato e del profitto, siffatta scelta rischia da un lato di esporre “senza difese” l’Avvocato alla concorrenza di altri soggetti che siano al di fuori della Avvocatura stessa e, dall’altra, di impedire all’avvocato stesso di partecipare l’utente non cliente della propria maggiore capacità qualifica e qualità professionale.

Ad oggi uno studio professionale con la propria presenza in rete può solo autoreferenziarsi ed emergere rispetto agli altri studi che, viceversa, non siano presenti in rete o a quelli che, seppur presenti, non trovano in rete i propri stessi spazi. Ma allora il dubbio di alcuni: la presenza stessa in rete non costituisce di per sé una forma di pubblicità concorrenziale fra avvocati? Ed allora non si ha che la Avvocatura non solo non ha strumenti per difendersi da sé stessa, ma rischia altresì trovarsi impreparata dinanzi alle novità che questa era ci propone ed impone e dalle spinte che premono dalle porte dell’Europa?

 

 

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