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Affido condiviso Due genitori o farse neanche uno? Feb 28 2006 12:00AM - Rita Chiucchiuini (Rieti) Il giorno 24 Gennaio 2006 il Senato della Repubblica ha approvato, in via definitiva, la modifica alle disposizioni in materia di separazione dei genitori ed affidamento condiviso dei figli. Finalmente, «i miei figli li posso educare anche io», dicono i papà alla riscossa del nuovo millennio, con replica delle mamme arrabbiate «in questo modo, il “lui di turno” imparerà ad assumersi le sue responsabilità». In realtà, nessuno di essi ha riflettuto ben bene sulle modifiche volute fortemente da una parte sociale, poco attenta alle esigenze del “figlio”. Il nuovo testo dell’art. 155 c.c. riconosce al minore il diritto di essere educato, curato ed istruito da entrambe i genitori e di poter conservare rapporti significativi con gli ascendenti e discendenti di ciascun ramo genitoriale. Il diritto alla cosiddetta “bigenitorialità” è un valore che esiste sin dal momento in cui il bambino viene al mondo; non era, quindi, necessario codificarlo. L’essere un buon padre o una buona madre, presente nella vita di un figlio, non è regolabile da alcuna normativa. Ma il legislatore si è spinto oltre, e sono state previste delle “pene” per chi non esercita bene la potestà genitoriale. Secondo le nuove disposizioni se «il genitore è inadempiente o carente nell’esercizio della potestà», il giudice lo può ammonire (come nel calcio?), può condannarlo al risarcimento dei danni nei confronti del minore o peggio ancora nei confronti dell’altro genitore (a quale schema di illecito corrisponda questa nuova figura non è dato sapere), può, infine, applicargli una sanzione amministrativa (un modo come un altro per aumentare le entrate dello Stato). Quali i parametri di valutazione? Quali le prove da fornire? Di questo il legislatore del 2006 non si occupa. Non ha forse pensato che, magari, dando la possibilità ai genitori di giudicarsi a vicenda, potrebbe aver solo aumentato i motivi di conflittualità tra i due ex coniugi? Viceversa, si potrebbe anche verificare il caso di due genitori che per paura di essere valutati negativamente l’uno dall’altro e per non correre il rischio di affrontare giudizi, evitano di assumere nei confronti del minore un atteggiamento deciso, di fare da guida su scelte importanti. Il figlio, in questi casi, dovrebbe rivolgersi ad un terzo per avere consigli… ma questo inconveniente non è previsto dalla legge! Chi è del mestiere o forse semplicemente ha buon senso sa che l’unica vera “pena” per il genitore assente è il rifiuto del figlio e la perdita di anni preziosi, che in seguito è sempre più difficile recuperare. Ma le “invenzioni o meglio le innovazioni” non sono finite qui. Sempre secondo la nuova disciplina, il provvedimento di assegnazione della casa coniugale (sinora adottato nell’esclusivo interesse del minore) perde ogni efficacia se l’ex coniuge convive o si sposa con altra persona. Il diritto dell’ex coniuge proprietario della casa coniugale prevale, quindi, sul diritto del minore a non essere “trapiantato” in un ambiente estraneo in un momento di crisi? Una legge che avrebbe dovuto essere più attenta alle esigenze dei figli sembra avere piuttosto attenzione per gli aspetti patrimoniali dei due ex coniugi e non da ultimo per le casse dello Stato. Queste le modifiche e le considerazioni sugli aspetti sostanziali della riforma. Molto più complessi gli aspetti procedurali, che probabilmente non permetteranno alle nuove disposizioni di essere attuate (per fortuna, diciamo noi!).
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