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Narratori Siciliani

Elena

Un racconto incredibile


Mar 24 2006 12:00AM - Avv. Antonino Rera


(Rieti) Paolo, 19 anni, colpito da una rarissima malattia che gli bloccava i centri nervosi e pertanto destinato a vivere una vita su di un fondo di letto o su di una sedia a rotelle. La malattia l’aveva colpito un anno prima, un “ maledetto virus”- diceva lui. Non vi erano cure né speranze. I suoi genitori, entrambi 50enni, erano distrutti. Anni prima avevano già perso un figlio, Enrico, a causa di un incidente stradale. Il giovane, di appena 19 anni ed al primo anno di biologia, nell’affrontare una curva con la sua moto perse il controllo ed andò ad urtare contro un palo che si trovava sul ciglio della strada, morendo sul colpo. Immensa tragedia e anni di lutto finché anche Paolo, ormai loro unico figlio, era destinato, sicuramente, ad una fine immatura. Poteva solo parlare girare la testa, nient’altro. Era stato visitato dai più grandi luminari del pianeta e la risposta era sempre unanime: che, al momento, non c’era nulla da fare. La scienza era impotente. Abitava a Roma, in quartiere residenziale. Il padre, Domenico, era amministratore di una multinazionale e sua moglie Rosanna, docente di storia moderna presso l’università “ la Sapienza “. L’anno prima, il ragazzo frequentava l’ultimo anno di liceo classico con buoni risultati, era un atleta e giocava come terzino nella locale squadra nella categoria promozione. Proprio una mattina di domenica stava giocando, quando all’improvviso si sentì mancare e prontamente soccorso fu portato in ospedale, dove si pensava ad un attacco di cuore. Dopo una serie di esami la risposta fu quella ferale che lo costringeva durante la sua vita all’immobilità assoluta. Ovviamente non aveva più conseguito la maturità. Paolo era legatissimo ad una sua cuginetta di un anno più giovane di lui: Elena, anch’ella figlia unica e di una bellezza rara. I suoi genitori Adriano e Cristina adoravano l’unica loro figlia la quale ricambiava questo grande amore; era una ragazza modello, amava molto studiare, si dedicava tantissimo alla vita sociale, ed era oltremodo altruista. Papà Adriano e mamma Cristina erano veramente orgogliosi della loro fanciulla. La gente che la conosceva rimaneva estasiata. Elena, tutti i giorni, si recava da Paolo, non solo per portargli conforto, ma soprattutto per stargli vicino, perché vi era tra loro due, sin dalla tenera età, un rapporto d’amore puro e leale. Prima del fatidico incidente il ragazzo si era legato ad una sua coetanea, Valentina, ma questa, appena successa la disgrazia, si era allontanata, lasciando così, il giovane a soffrire più intensamente. In seguito Paolo accettò questa situazione comprendendo, in un certo senso, la scelta di Valentina. Il 10 luglio 2016 Elena, proprio nel suo diciottesimo compleanno, si matura presso il Liceo classico della sua città. Grande festa, baci, abbracci da parte di tutti, e principalmente da Paolo, che dalla sua sedia a rotelle aveva gli occhi sempre fissi su di lei. La ragazza aveva sempre manifestato la volontà di laurearsi in scienze politiche, e la notte prima dell’iscrizione ebbe un sogno: suo cugino Enrico, con indosso un camice bianco, la prendeva per mano e la conduceva in un ambulatorio clinico immenso, dicendole queste testuali parole: “Elena, so quanto vuoi bene alla mia famiglia, soprattutto a Paolo, e se davvero vuoi fare qualcosa per lui, iscriviti a biologia. Sono certo che con la tua enorme capacità aiuterai mio fratello”. La ragazza a queste parole si svegliò di soprassalto e, quasi spaventata, allungò la mano verso il comodino e prese la bottiglia d’acqua che teneva sempre a portata di mano e bevve. Dopo un po’, ripensando a quel sogno, si riaddormentò e sognò nuovamente Enrico che la aiutava a seguire il consiglio che le aveva dato nella prima parte del sogno. La mattina dopo mamma Cristina chiama Elena dicendole di sbrigarsi dato che insieme dovevano recarsi presso la segreteria studenti per fare l’iscrizione. La ragazza non parlò alla madre del sogno, ma le disse: “Senti, mamma, stanotte ho ripensato a tutto ed anche al mio futuro: voglio iscrivermi a biologia” e Cristina. “Come tuo cugino Enrico?”, “Si, mamma, avrei deciso così, se tu e papà siete d’accordo”. Cristina, ripensando al nipote defunto, disse: “Figlia mia, non volevo dirtelo, ma questa è stata sempre la speranza mia e di papà: non volevamo influenzarti nel prendere questa decisione proprio per non influire sul tuo futuro; appena comunicheremo a papà la tua volontà ne rimarrà felice”. Nei sei anni precedenti la laurea, vediamo Elena sempre affaccendata con gli esami ma sempre più vicina al cugino Paolo che nel frattempo rimaneva nella sua malattia. L’amore per questo ragazzo non era per nulla scemato e veniva ampiamente ricambiato dal giovane. Un giorno, anzi, il ragazzo disse ad Elena: “ Chissà che tu non riesca a trovare una cura, non dico per guarirmi del tutto, ma almeno per alleviarmi queste sofferenze. Pensa che se non amassi tanto te ed i miei genitori, io avrei già cercato di concludere questa vita da vegetale; ma non posso dare un ulteriore dispiacere ai miei, per il fatto che Enrico non c’è più”. A quelle parole la ragazza scoppiò in lacrime e abbracciando Paolo gli disse: “ Farò del tutto per aiutarti a guarire. Abbi fede! “ Nel fatidico giorno della laurea erano tutti lì a complimentarsi con la “ Dottoressa Elena “ e principalmente Paolo che ne era estasiato. Non passò molto tempo, e rivediamo Elena, che intanto aveva vinto il concorso per il dottorato di ricerca presso l’università di Milano, alle prese con un microscopio, alla ricerca della causa della malattia di Paolo. Giornalmente si metteva in contatto sia con i suoi genitori che con il cugino e parlava loro dei suoi continui successi nel campo della biologia, ma mai nessun cenno sulla ricerca riguardante la malattia del ragazzo. Una notte ebbe un sogno e rivide il fratello di Paolo, Enrico, che presala per mano la riconduceva in quello che sembrava il suo ambulatorio, dicendole: “ Elena, presto troverai ciò che cerchi! “. Si risvegliò madida di sudore e per giorni ricordò quel sogno. Un pomeriggio, per prendersi una pausa, si recò, ancora con il camice da lavoro, assieme ad una sua amica e collega di laboratorio, Laura, presso il mercatino che era proprio di fronte all’università, per visitare le bancarelle. Laura si fermò presso un rivenditore di frutta secca e comprò delle carrube invitando Elena a mangiarle. La ragazza non aveva mai assaggiato quel frutto, però le piacque. I semini dello stesso frutto la incuriosivano, perciò non li buttò per strada, ma se li mise nella tasca del camice. Giunte che furono al lavoro, si recarono nuovamente nel loro ambulatorio ed Elena, ricordandosi dei semini intasca, per giocò iniziò a lanciarli verso Laura che stando al gioco, glieli rilanciava. Proprio uno di quei semini, senza che nessuno se ne accorgesse, cadde dentro l’ampollina in cui c’era una parte del midollo di Paolo in fase di esame. La mattina dopo Elena riprendendo le analisi sui reperti di Paolo, mise in un vetrino un po’ del materiale contenuto nell’ampolla e lo collocò nel microscopio per studiarlo. Tale fu lo sbigottimento che per poco non svenne: il virus della malattia di Paolo nel corso della notte era stato debellato. Nel riprendere l’ampolla per ripetere l’esame, si accorse che dentro vi era il semino di carruba. Allora ripeté le analisi decine di volte e tutte fornivano il medesimo inequivocabile risultato negativo: il virus era scomparso. La contentezza della ragazza era al limite. Paolo si sottopose subito e di buon grado alla nuova e miracolosa cura scoperta grazie alle ricerche di sua cugina Elena ed al fortuito “incidente” del semino di carruba. I miglioramenti furono repentini e sorprendenti. Il giovane seguì, con pazienza e con tanta voglia di guarire, tutte le sedute di fisioterapia necessarie per riabilitare il suo fisico, senza sottrarsi ai vari esercizi di riabilitazione che gli venivano imposti, seppur dolorosi, con impegno e costanza. Il suo coraggio e la sua determinazione lo fecero guarire nel giro di due anni, dopo i quali riprese lentamente la sua vita iniziando a coltivare di nuovo i suoi hobbies e i suoi interessi. Divenne l’allenatore di calcio della squadra di calcio in cui aveva militato prima di ammalarsi, incontrando anche l’amore per una ragazza: Luisa. Elena, nel frattempo, proseguì le sue ricerche e i suoi studi, ai quali dedicò tutta la vita. Sei anni dopo la scoperta della cura per suo cugino Paolo, Elena fu chiamata a Stoccolma per ricevere il premio Nobel per la medicina e nello stesso giorno Paolo, completamente guarito e felicemente sposato, battezzava i suoi due gemelli: Enrico ed Elena.

 

 

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