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Revisione della codificazione deontologica forense Spunti di riflessione May 31 2006 12:00AM - Avv. Raffaella Ginanneschi (Rieti) Nell’attività
forense quotidiana la deontologia è oggetto di un discrezionale apprezzamento
da parte di molti avvocati, poiché le modalità perseguite per un corretto
espletamento del mandato professionale sono spesso ricondotte ai rapporti di
cortesia, al comune sentire, ovvero a ragioni di
opportunità e di convenienza. Invero,
l’intero corpus normativo
deontologico incide sulla qualità della prestazione professionale dell’avvocato
nei confronti del cliente, della controparte, dei magistrati e dei terzi, poiché
costituisce l’espressione di principi fondanti l’etica professionale: la
fiducia, l’indipendenza, l’integrità morale, la estraneità
alla lite. Questi valori sono soggetti allo sfaldamento nel concreto ogni
qualvolta non vengono osservate quelle regole
deontologiche di facile rispetto che dovrebbero ricevere uno spontaneo
riconoscimento: puntualità alle udienze, divieto di espressioni sconvenienti ed
offensive, rispetto del segreto professionale….“Il prestigio dell’Avvocatura
dipende dalla immagine che di essa ciascuno può dare, nella difesa delle
ragioni delle parti assistite e nella salvaguardia dei valori della giustizia”
(Remo Danovi). La
disciplina deontologica, come ci ricordano gli illustri rappresentanti, rectius,
amministratori dell’Avvocatura Italiana, è norma giuridica dell’ordinamento
professionale e, come tale, è destinata ad essere recepita
incondizionatamente dalla giurisprudenza; pertanto, le norme del codice
deontologico integrano il diritto oggettivo ai fini della configurazione dell’illecito
disciplinare (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 23 marzo 2004, n.5776). La
continua evoluzione del tessuto sociale ed economico
in cui opera l’avvocato richiede necessariamente anche la revisione della
codificazione deontologica, proprio al fine di adeguare le modalità
dell’esercizio dell’attività forense ai nuovi contesti. L’ultimo
aggiornamento del codice deontologico forense, risalente al
mese di gennaio di quest’anno, propone la figura
professionale dell’avvocato europeo, che opera anche al di là della propria
frontiera, in sintonia con la progressiva unificazione dei valori etici e
deontologici dei singoli ordinamenti normativi forensi degli Stati membri. Il
principio della doppia fedeltà, sancito anche dalla deontologia europea,
prospetta una vera e propria missione per l’avvocato: nel momento in cui assume
l’incarico, il professionista si obbliga all’osservanza delle norme
dell’ordinamento verso il proprio assistito, lo Stato e ogni altro potere,
giacché egli è investito del ruolo di garante di interessi
intesi sia come diritti del singolo individuo, sia come diritti dell’uomo, in
qualità di membro dell’intera collettività. Tuttavia,
la revisione non è sempre idonea a ricostituire un
punto di equilibrio tra l’astrattezza delle norme e la concretezza delle
problematiche sottese all’attività forense. A
tal proposito, si osserva che una precisa regolamentazione sui sistemi
informativi dell’attività professionale è stata opportuna, perché l’avvocato ha
diritto di partecipare alla diffusione dei servizi professionali, secondo le
regole del mercato. I limiti imposti dalla normativa sono diretti certamente ad
impedire che l’informazione si trasformi in un’attività pubblicitaria volta a
realizzare il fine indiretto dell’accaparramento della clientela. Tuttavia,
il canone specifico che riguarda i rapporti con la stampa non elimina la
possibilità di atteggiamenti concorrenziali, anche
subdoli, verso la colleganza. Ad esempio, è consentita la partecipazione
dell’avvocato a rubriche fisse televisive o radiofoniche,
dietro parere favorevole del Consiglio dell’Ordine di appartenenza; ma
le emittenti prediligeranno comunque la
presenza di determinati avvocati a discapito degli altri colleghi. In tal caso,
la norma deontologica non risolve la problematica attinente ai divari che
persistono in generale tra
gli avvocati. Si
consideri, inoltre, l’incarico di arbitro che può
essere rivestito dall’avvocato: è sempre più incisiva nella società la
risoluzione delle controversie attraverso l’arbitrato, in via alternativa alla
giurisdizione ordinaria; perciò, è stata opportuna una puntualizzazione degli
oneri collegati all’esercizio di questa particolare funzione giudicante da
parte dell’avvocato. La previsione della dichiarazione di indipendenza
iniziale (come variante aggiuntiva) dovrebbe escludere ogni rapporto
particolare tra arbitro e parti; tuttavia, rimane possibile l’espletamento del
detto incarico anche in presenza di ragioni ostative, in mancanza di
opposizione delle parti coinvolte nel procedimento. Quindi, la norma non è
idonea a fugare ogni dubbio circa la imparzialità e la
ininfluenzabilità dell’avvocato nel momento in cui
accetta il ruolo di arbitro, se poi è prevista la eventualità della presenza di
circostanze che potrebbero pregiudicarne l’autonomia. E’ discutibile, altresì,
la particolare disponibilità attribuita alle parti; a prescindere dal fatto che
la decisione dell’arbitro può aver efficacia di sentenza o assumere valenza di
un atto negoziale, siamo comunque di fronte ad un
procedimento attivato da una domanda di giustizia. Ma
la revisione alla codificazione deontologia dà adito
ad altre osservazioni. Diverse
volte noi avvocati, riceviamo incarichi di domiciliazioni
da parte di cortesi colleghi, appartenenti ad altri fori, senza ricevere alcun
riconoscimento economico, almeno inizialmente, ovvero
senza neanche un preavviso. Si pensi ad un giovane avvocato corrispondente, non
supportato adeguatamente: secondo la modifica codicistica,
quest’ultimo dovrebbe subire il rischio di non veder
riconosciuto economicamente il proprio operato, a
causa della dimostrata infruttuosa attivazione del collega nei confronti del
suo cliente. Non si potrebbero così mai risolvere casi di sospette compiacenti
complicità o condiscendenze. Altra
questione: il decorso di un biennio dalla cessazione del rapporto professionale
è stato ritenuto congruo per assumere incarichi contro ex clienti. Nonostante
la diversità dell’oggetto del nuovo incarico rispetto a quello precedente, è
sempre possibile non tener conto di notizie acquisite in ragione di un mandato
esaurito così recentemente? Pertanto,
la formulazione di queste “nostre” norme è sicuramente condizionata dalle varie
opere di ponderazione che hanno ad oggetto le diverse esigenze e istanze presenti all’interno della classe forense; tuttavia,
incombe su ciascun avvocato l’onere di agire nel rispetto di siffatte regole,
senza interferenze di interessi estranei a quelli della difesa che è stata
assunta.
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