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Iraq Addio!

La guarnigione italiana ha lasciato Nassirija

Bentornati Ragazzi!


Dec 2 2006 12:00AM - C. SARCIA'


(Rieti) Non ho mai avuto simpatia per le missioni italiane all’estero fin da quando, in Egitto, un colpo vagante uccise il capitano di fanteria Carlo Olivieri comandante della 4ª compagnia mortai del 17° Reggimento “Acqui” di Sulmona, osservatore per conto dell’ONU nel Sinai. Non sono neanche riuscito a spiegarmi, io militare di fanteria, come possa succedere che un così alto numero di militari, 19, asserragliati in una roccaforte situata in zona scoperta al centro di Nassirija, protetti da strutture idonee, circondati da postazioni fisse e mobili e da guardie, armate fino ai denti, sorvegliati da abbondanti uomini dell’intelligence ben pagati, sguinzagliati per contattare fonti e acquisire notizie, possa farsi giocare da miliziani subdoli, ma ignoranti e maldestri, fino a perdere la vita d’un sol colpo. Non ho ancora capito inoltre che motivo avesse Berlusconi, oltre a quello della gloria personale, di trascinarci in una trappola che a ben vedere non ci ha reso altro che spese ingenti, perdite di vite umane, dissidio permanente con l’opposizione governativa e disagio in seno al contesto europeo che non ha condiviso affatto le scelte di Bush. Tra l’altro, già ai tempi di Bush-padre, pensavo che un Iraq forte nel Medioriente fosse molto più conveniente all’Occidente piuttosto che la situazione che emerge oggi nel caldissimo teatro delle terre di Israele, Palestina, Libano, Iran, Siria e Afghanistan, che mostra segni di inquietudine e Hamas ed Ezbollah ne sono soltanto le punte avanzate. Malgrado gli sforzi, Berlusconi non ha ottenuto neanche l’agognato posto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, paradossalmente, ad ottenerlo è stato D’Alema, che se n’è anche gloriato Urbi et Orbi, i cui propositi di ritiro delle truppe da Nassirija erano stati da tempo annunciati, senza reticenze, da tutto il suo schieramento. Eppure oggi, nell’osservare i bersaglieri italiani che correvano per l’ultima volta sul suolo iraqueno prima di imbarcarsi per il rientro in patria, una punta di orgoglio mi ha fatto riflettere su ciò che è stata la missione “Antica Babilonia” per ognuno dei militari italiani che vi hanno partecipato. Alcuni critici forse poco obiettivi hanno detto che i militari italiani si facessero raccomandare per far parte delle missioni all’estero, perché si guadagna molto e coi soldi che si guadagnano ci si costruisce la casa; è anche trapelata la pesante critica che, in fondo, i militari inviati all’estero non sono altro che mercenari; non dimentichiamo poi che nelle piazze italiane, in più occasioni, voci stonate hanno urlato a sproposito e vigliaccamente “10-100-1000 Nassirija”. E’ sperabile che, almeno stavolta, nessuno cerchi di attenuare le proteste della gente che lavora e produce, con il commento sui “Compagni che sbagliano!...” Sarebbe sufficiente discostarsi dalle ideologie anarcoidi e pacifiste per capire che si tratta di strumentalizzazioni contro il Governo in carica nella scorsa legislatura, ma che a ben vedere denigrano le Forze Armate, la cui funzione e serietà non merita certo giudizi negativi. Attraverso le immagini giunte da Nassirija e da Ciampino, non ho visto tra quei bersaglieri che rientravano in Italia dei mercenari prezzolati al soldo di una potenza straniera, né mi è sembrato che tra loro ci fossero individui avvezzi a cambiare bandiera o pronti a fuggire davanti ad un pericolo. Ho visto invece figli della nostra gente più sana, molto diversi dagli obiettori di coscienza di comodo, dal popolo dei centri sociali, dai Black-Block che hanno distrutto Genova e dai pacifisti alla Mc Donald con la erre moscia. Ho visto uomini fieri, passati in rassegna da un gentil signore che nella sua vita ha maturato esperienze del tutto diverse da quelle dei militari schierati e che appariva chiaramente fuori posto. Ho visto uomini ben addestrati, anche se mal pagati, ma orgogliosi, capaci di piangere davanti alla bandiera, di commuoversi quando le note del silenzio rinnovano ogni notte messaggi che parlano di onore, di sacrificio, di orgoglio, di dovere e di famiglia. Uomini capaci anche di morire, ma non per quei quattro soldi lesinati e rinfacciati da una classe politica distratta perché occupata a sospingere il carro delle beghe interne piuttosto che a partecipare ad eventi internazionali di portata storica, ma per difendere ideali alti e condivisi da un popolo civile qual è quello italiano. Senza altro chiedere se non il riconoscimento della loro professionalità e della utilità del loro lavoro. Bentornati, amici! In fondo sono contento che sia almeno finito l’incubo che il nome Nassirija continuamente evocava nei vostri e nei nostri cuori, ma soprattutto nei cuori trepidanti dei vostri cari: figli, mogli, mamme. L’incubo è finito. Ma, attenzione! Non deponete le armi. Ciò che si prepara è molto più pericoloso della missione che avete compiuto. E’ tutto sotto i nostri occhi, eppure nessuno sembra accorgersene. Le nostre case sono presidiate e controllate. Ogni notte uomini nordafricani e mediorientali, che il tam-tam degli imam accoglie, istruisce, smista e indirizza, varcano la nostra frontiera, s’infiltrano, s’insinuano, occupano i nostri spazi, mettono radici. Le nostre tradizioni vengono sostituite da altre, straniere, antistoriche ed incomprensibili. I crocifissi ed i presepi sono ormai diventati merce per massoni e per carbonari. Le scuole coraniche, pur se incitano all’odio contro gli infedeli (noi) ed anche se istigano all’uccisione dei familiari che tentano di integrarsi, stanno per essere riconosciute dallo Stato italiano e finanziate al pari delle scuole private nazionali. Ma c’è molto di più. Le cellule islamiche sono composte da persone serie, abituate alla sofferenza ed allenate alla rinuncia ed al sacrificio, che si accontentano di un pezzo di pane, di un sorso di acqua e di un tappetino, plagiate e perciò stesso motivate dalla più tenera età. Hanno fede ad oltranza ed obbediscono senza reticenza, fino a trasformarsi in bombe umane. Cosa potremo opporre noi, smidollati, pigri, svogliati, senza alcuna fede oltre a quella del dio denaro, oltre a quella dei miti del sesso libero, dell’extasis, del telefonino, della macchina di grossa cilindrata, delle discoteche e della noia stemperata dai sassi lanciati dai cavalcavia ? Non abbiamo altro da opporre che voi, ragazzi, voi che siete appena tornati da Nassirija, forse costretti ad una ritirata precipitosa e sospetta che, nelle pupille soddisfatte del ministro che vi passava in rassegna, è apparsa come un atto coraggioso, offerto all’elettorato a futura memoria. Personalmente spero che l’elettorato ne tenga conto la prossima volta, ma non nel senso evocato oggi dalla sconcertante rassegna caporettana.

 

 

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