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Centralità della famiglia e società dei consumi L’incontro del 24 novembre 2006 Nov 28 2006 12:00AM - Nazzareno Figorilli (Rieti) Figorilli ha indicato alcuni elementi di riflessione sulla situazione della famiglia italiana.
L’ultimo censimento 2001 indica che le famiglie in Italia sono 21.810.676. Di queste ben
5.427.621 sono costituite da una sola persona, 5.905.411 da due, 4.706.206 da tre,
4.136.206 da quattro, 1.265.826 da cinque, 369.406 da sei o più persone. Le famiglie
costituite da una sola persona, in genere single o donne anziane considerato che vivono
più degli uomini, e quelle costituite da due persone che possono essere due anziani o una
coppia di giovani senza figli, sono 11.333.032 e costituiscono il 50% delle famiglie italiane
senza figli. Le famiglie che hanno uno o al massimo due figli sono 8.842.412 e
costituiscono il 40,5% delle famiglie italiane. Un altro dato assai significativo riguarda l’età
media nella quale si concepisce il primo figlio. Dal 1980 al 2000 l’età media nella quale le
donne hanno avuto il primo figlio è passata da 27,5 a 30,4 anni. Dal 2000 al 2005 le donne
di quaranta anni hanno avuto più figli delle ventenni. La percentuale delle madri
quarantenni è salita infatti dal 12,2 al 16,1 per mille, mentre quella delle ventenni è scesa
dal 74,3 al 20,7 per mille. I dati presentano aspetti preoccupanti e la considerazione da
fare è che senza figli non c’è futuro per il nostro Paese. La scelta di non avere figli è legata
a problemi di natura spirituale e culturale ma soprattutto di natura economica e sociale.
L’aspetto culturale risale alla considerazione che si ha della persona umana. L’articolo 1
della Costituzione Italiana recita “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
E’ una concezione ideologica che produce un tipo di cultura poiché fonda la Repubblica su
una “funzione”, il lavoro, anziché sulla persona umana. L’uomo è primario rispetto al
lavoro. Il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro dice Giovanni Paolo II°. Nello
sviluppo sociale ed economico del popolo italiano la persona umana è stata spesso
culturalmente considerata un elemento secondario e non primario, uno degli elementi e
non il soggetto dello sviluppo. Da questa considerazione costituzionale nasce e si sviluppa
il concetto secondo il quale la persona vive se ha una funzione nella organizzazione
economica della società civile. Un figlio può essere abortito per problemi economici, può
essere abortito se malato o portatore di handicap. Una persona può chiedere l’eutanasia
se malato terminale poiché la realtà culturale e sociale lo fa sentire un peso e un costo per
la società.
Altro elemento di riflessione sulla situazione della famiglia – ha detto Figorilli -, è l’articolo
29 della Costituzione Italiana che recita” la Repubblica riconosce i diritti della famiglia
come società naturale fondata sul matrimonio”. Il concetto è un recupero dei costituenti sul
valore famiglia rispetto al compromesso tra cattolici e comunisti avvenuto sull’articolo 1, e
non una condivisione di valore. La società fondata sul matrimonio tra uomo e donna come
fatto secondo natura e di valore religioso. Tante argomentazioni però stanno fiaccando,
distruggendo la famiglia fondata sul matrimonio, poiché la sinistra tutta vuole riconoscere e
tutelare “forme di fatto”, “patti di coppia”, matrimoni tra persone dello stesso sesso
nonostante la chiarezza costituzionale sulla centralità della famiglia fondata sul matrimonio
tra uomo e donna. Si vuole prendere atto del mutato costume sociale scaturito dalla
considerazione che la persona umana è una “funzione”, se “utile” resta, diversamente può
essere allontanata come una qualsiasi altra cosa. Il diritto non può essere ricettore di fatti,
di situazioni – ha detto Figorilli -, deve “legalizzare i valori”, come la persona umana e la
famiglia, renderli centrali nel sistema della società civile, rendere loro dignità
costituzionale. Se si abusa di stupefacenti non si può legalizzarli, se molti rubano non si
può legalizzare il furto, se i reati sono molti non possono essere derubricati a non reati per
non creare problemi economici e organizzativi alla giustizia.
E’ la cultura ideologica libertaria e permissiva del consumo di tutto ciò che soddisfa l’istinto
senza morale e senza ragione, che ha trovato alimento nella cultura comunista italiana nel
ridurre la famiglia qual è descritta nei numeri dell’ultimo rilevamento dell’Istat.
E’ necessario l’impegno di noi cattolici per liberare la famiglia dalla cultura del “benessere”,
secondo la quale la famiglia è “felice” se consuma, è necessario liberarla dall’oppressione
dello Stato che la considera strumento di consumo di servizi e di beni non durevoli.
E’ necessario che lo Stato riconosca la “soggettività” della famiglia, il suo “protagonismo
sociale”, artefice della scelta e dell’iniziativa secondo il concetto di “sussidiarietà”
coadiuvando la sua formazione e il suo mantenimento.
E’ necessario che la politica economica punti verso una società sobria, con interventi a
favore della produzione di beni durevoli e non di consumo, come la casa, la sanità,
l’istruzione, il risparmio previdenziale, i servizi alla persona e alla famiglia come necessità
e non come consumo. E’ necessario che la politica economica dello Stato ricentri i cittadini
e la famiglia nel sistema sociale considerandoli non più strumenti di consumo, ma soggetti
protagonisti, artefici dello sviluppo della più grande famiglia che è la società civile.
Nell’incontro del 1° dicembre si tratterà il tema: “Legge Biagi e mercato del lavoro. Centralità o ideologia.”
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